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Capitolo 1 1.1.

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – Introduzione

Capitolo 1

1.1. Introduzione

L’impermeabilizzazione del territorio, a seguito della realizzazione di nuovi insediamenti abitativi o industriali, ha messo in evidenza diverse problematiche connesse con lo smaltimento delle acque meteoriche da tali aree.

In particolare si possono avere gravi conseguenze sia idrauliche, quale l’insufficienza delle reti di fognatura esistenti e dei corsi d’acqua recettori, sia ambientali come la necessità di trattare la frazione più inquinata delle acque meteoriche e di ridurre i volumi idrici ed i carichi inquinanti immessi nei corsi d’acqua attraverso gli scaricatori di piena.

Queste conseguenze possono essere controllate inserendo nelle reti di collettamento manufatti che abbiano la funzione di invasare provvisoriamente una parte dei volumi idrici derivanti dagli eventi meteorici, per inviarli successivamente alla depurazione o per restituirli alla rete a valle e al ricettore finale con portata ridotta e con essi compatibile.

Ad esempio le Autorità di Bacino hanno emanato delle norme atte a contenere gli eccessi di portata in funzione delle capacità ricettive dei corsi d’acqua. Ossia tali norme, contenute nei Piani di Bacino, cercano di far si che la portata proveniente da un nuovo insediamento non sia superiore a quella che proveniva da esso prima che fosse realizzata l’urbanizzazione.

Tali provvedimenti mirano ad invasare parte della portata in bacini di laminazione, costruiti normalmente all’interno delle zone che si vanno ad urbanizzare, con non pochi problemi sia di tipo costruttivo, sia di tipo gestionale.

Le vasche di laminazione sono dotate di una bocca di uscita tarata in modo tale che la portata smaltita non sia mai superiore ad un valore assegnato, compatibile con le caratteristiche del corpo idrico.

Le portate in eccesso vengono trattenute all’interno della vasca e smaltite gradualmente. In questo modo si riesce a ridurre il picco di portata che altrimenti sarebbe inviata al ricettore nella sua interezza.

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – Introduzione

In alternativa a tali opere, dispendiose e spesso di grande impatto, potrebbero essere adottati degli interventi di tipo “diffuso” ossia distribuiti sull’intera area urbanizzata. Tra questi si possono includere tutti gli interventi idonei a favorire l’infiltrazione nel suolo come pavimentazioni o tubazioni drenanti, o interventi di laminazione diffusi. Per quanto riguarda l’aspetto ambientale, è usuale progettare degli invasi comunemente chiamati “vasche di prima pioggia” adibiti a contenere la prima parte dell’evento meteorico.

E’ infatti noto che la prima pioggia che dilava strade e piazzali, sedi di traffico automobilistico, trasporti dei carichi inquinanti particolarmente elevati.

Per fronteggiare questo problema si dimensionano vasche temporanee di accumulo tale da trattenere le prime piogge e abbatterne il carico inquinante.

Tali vasche sono dimensionate con volumi pari a 50 m3 per ogni ettaro di superficie

impermeabile, corrispondente cioè a trattenere i primi 5 mm di pioggia secondo quanto prescritto dalla Legge della Regione Lombardia 62/85.

Tale normativa costituisce uno dei primi esempi di indicazioni per il dimensionamento delle vasche di prima pioggia in quanto le normative nazionali quali il Decreto Legislativo 152/99 e la successiva modifica costituita dal D. Lgs 258/00, delegano la disciplina delle acque di prima pioggia alle Regioni senza dare particolari indicazioni di carattere progettuale.

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – Le precipitazioni

1.2. Le precipitazioni

Le precipitazioni sono causate, principalmente, dal raffreddamento e condensazione di masse d’aria a causa di moti ascensionali. Questi sono provocati da differenti temperature stagionali tra oceani e continenti, dalla successione delle aree cicloniche, dall’intensità e direzione dei venti, ecc.

La condensazione può essere causata da differenti situazioni che concorrono nella classificazione delle piogge

L’altezza di pioggia h verificatasi in un determinato intervallo di tempo viene definita come il rapporto tra il volume V di pioggia caduto in tale intervallo su una determinata superficie e l’area A di tale superficie:

h = V / A

Per la definizione dell’altezza h di pioggia è indispensabile precisare l’intervallo di tempo al quale essa è riferita che può variare da alcuni minuti fino ad un anno; si parla quindi di altezze di pioggia orarie, giornaliere, mensili, annue.

Altra grandezza importante nell’idrologia è l’intensità di pioggia I riferita ad un intervallo di tempo t, definita come il rapporto tra l’altezza di pioggia e il tempo:

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – Le precipitazioni

Gli apparecchi di misura delle piogge

L’altezza di pioggia viene in genere misurata in mm o in m, mentre l’intensità di pioggia è espressa in mm/ora, mm/giorno, m/s, ecc..

La misura delle precipitazioni viene effettuata con appositi strumenti detti pluviometri in stazioni diffuse sul territorio nazionale (una stazione circa ogni 80 Km2).

A seconda delle grandezze rilevabili si hanno pluviometri:

a) Ordinari : Lo strumento si compone di un recipiente cilindrico con fondo ad imbuto e bocca intercettatrice del diametro di 35,7 cm (area della bocca 1/10

m2); la precipitazione raccolta viene misurata, volumetricamente, ogni giorno

(per convenzione alle ore 9). Il rapporto tra volume ed area della bocca fornisce il valore dell’altezza di precipitazione nelle 24 ore precedenti. Nelle zone montane ove le precipitazioni sono nevose, al pluviometro ordinario viene sostituito il Nivopluviometro. Questo, privo di imbuto, ha il fondo piatto che può essere rimosso per la fusione della neve e la misura della corrispondente altezza di precipitazione allo stato liquido nell’intervallo di tempo considerato.

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – Le precipitazioni

b) Registratori o pluviografi : hanno il dispositivo di intercettazione identico all’ordinario, ma l’acqua raccolta è condotta con continuità ad apparecchi registratori. Sono finalizzati a conoscere la distribuzione e le durate delle precipitazioni nell’arco delle 24 ore. Essenzialmente sono di due tipi: a sifone ed

a bilanciere.

Pluviografo a sifone: la pioggia intercettata dalla bocca viene raccolta in un

recipiente R munito di un galleggiante G al quale è associata una punta scrivente P che registra su un rullo, ruotante a velocità nota e costante, l’aumento del livello nel recipiente. Quando l’acqua raggiunge un prefissato livello è libera di uscire solo attraverso il sifone S; il recipiente si vuota bruscamente, e la punta scrivente traccia una linea verticale sul tamburo. Per risalire all’altezza di precipitazione ed alla corrispondente durata è sufficiente sommare i tratti salienti.

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – Le precipitazioni

Pluviografo a bilanciere: l’acqua raccolta dalla bocca riempie alternativamente

due vaschette triangolari B che costituiscono il bilanciere il cui funzionamento è legato al peso dell’acqua ed alla quantità di precipitazione raccolta. Al moto del bilanciere è associata un’ancora che, agendo su una ruota dentata, mette in rotazione l’eccentrico E, al quale è solidarizzata una punta scrivente su un tamburo rotante, anche in questo caso a velocità nota e costante. Poiché il movimento del bilanciere è a scatti il diagramma risultante è a gradini. Un impulso corrisponde a 0,2 mm di pioggia, le strisce sono normalmente di durata settimanale.

L’altezza di precipitazione e la durata relativa si ricavano dal diagramma ribaltando i tratti discendenti.

Fig. 1.3. Schema di un pluviografo a bilanciere e relativo tracciato di registrazione

Il funzionamento di questo strumento è tale che in assenza di precipitazioni l'indice dello strumento rimanga fermo nell'ultima posizione

raggiunta. Una linea orizzontale sul grafico rappresenta assenza di precipitazioni e non và letta con il valore riportato sulla scala pre-stampata.

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – Le precipitazioni

Fig. 1.4. Esempio di pluviogramma tracciato da un pluviografo

c) Totalizzatori: vengono usati in stazioni dove, per particolari condizioni ambientali, non è possibile effettuare rilevazioni a breve periodo. La bocca di

intercettazione è più piccola del tipo ordinario, 1/40 m2, ma il recipiente di

raccolta, privo di imbuto, ha capacità maggiore e nel suo interno vengono poste quantità misurate di cloruro di calce per sciogliere la neve e di olio di vaselina per contenere l’evaporazione. Per ridurre gli errori di misura causati dal vento si può montare una protezione detta schermo di Nipher.

Fig. 1.5. Pluviometri totalizzatori

Poiché le gocce di pioggia crescono nell’attraversare strati di atmosfera, vicini al suolo e prossimi alla saturazione, l’altezza minima della bocca dal suolo è fissata in 1,5 m per i pluviometri ordinari e 3,00 m per i pluviometri totalizzatori.

La raccolta delle osservazioni di piogge ed una loro prima elaborazione viene effettuata dagli Uffici Idrografici e pubblicata negli Annali Idrologici.

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – Le precipitazioni

Piogge di breve durata e forte intensità

Le indagini sulle piogge intense sono dirette alla determinazione del legame che intercorre tra l’altezza della precipitazione verificatasi in una data stazione pluviometrica, la sua durata e la frequenza probabile con cui tale altezza può verificarsi. Dalle registrazioni pluviografiche è possibile selezionare gli eventi più intensi e per ognuno di essi ricavare la massima altezza di pioggia caduta per tutta la durata dell’evento e per le durate intercalari.

Considerando un certo numero di eventi, per ogni durata, i valori delle precipitazioni possono essere ordinati in senso decrescente. L’ordine rappresenta il numero delle volte che, nel periodo di osservazione, si è verificata, per la durata considerata, una pioggia d’intensità uguale o superiore.

I punti di pari ordine possono essere uniti da una spezzata o, meglio, dalla curva che li inviluppa: la curva dei punti dell’ordine i-esimo inviluppo è detta curva segnalatrice di

possibilità climatica o pluviometrica. Tale curva presenta sempre la concavità rivolta

verso il basso, dato che con l’aumento della durata l’intensità media di pioggia diminuisce.

Le curve di possibilità climatica possono esprimersi in genere analiticamente con una espressione di tipo monomio:

h = a tn

h = altezza di pioggia in mm t = durata corrispondente in ore

a , n = parametri caratteristici della curva

0 10 20 30 40 50 0,00 0,50 1,00 1,50 2,00 2,50 3,00 3,50 4,00 t (ore) h ( mm)

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – Le precipitazioni

Con l’elaborazione descritta si ammette che l’ordine di una pioggia rappresenta, oltre che la frequenza con cui essa si è manifestata nel passato, anche la probabilità che si verifichi in futuro. È preferibile elaborare i dati delle piogge intense con metodi statistici che consistono nel ricercare la distribuzione di probabilità che meglio approssima la curva di frequenza cumulata dei campioni costituiti dai massimi annuali delle precipitazioni di differente durata. In genere si adotta la distribuzione di Gumbel.

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – I sistemi di fognatura

1.3. I sistemi di fognatura

Per impianto di fognatura si intende il complesso di canalizzazioni, generalmente sotterranee, atte a raccogliere ed allontanare da insediamenti civili e produttivi le acque superficiali (meteoriche, di lavaggio ecc.), dette acque bianche, e quelle reflue provenienti dalle attività umane dette acque nere. Le canalizzazioni funzionano a pelo libero anche se in tratti particolari il loro funzionamento può essere in pressione.

L’allontanamento delle acque dai centri urbani può essere realizzato mediante un’unica rete di canalizzazioni per le acque bianche e le acque nere (sistema di fognatura unitario o misto)

Fig. 1.7. Schema di fognatura con sistema unitario

o mediante due distinte reti di canalizzazione (sistema separato o doppio).

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – I sistemi di fognatura

Un terzo sistema, detto separatore misto, consiste nel realizzare un sistema separato, nel quale, però , le prime acque di pioggia, che hanno un maggior grado di inquinamento, vengono convogliate alla rete nera, anziché alla rete bianca; ciò avviene mediante particolari caditoie e pozzetti di raccolta delle acque pluviali. Tale sistema è poco diffuso ma presenta indubbi pregi sotto il profilo igienico.

Fig. 1.9. Separatore di acque di prima pioggia

La portata di punta delle acque bianche risulta da 50 a 100 volte maggiore di quella delle acque nere e per questo, in un sistema di fognatura separato, i collettori della rete bianca hanno sezioni molto più grandi di quelli della rete nera.

Poiché il funzionamento dei collettori fognari è a pelo libero, in un sistema separato, occorre che le reti siano disposte a quote diverse per evitare problemi di allaccio e confluenza. Generalmente le condotte delle acque nere vengono posizionate a

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – I sistemi di fognatura

profondità maggiori per facilitare il funzionamento a gravità e per motivi economici in quanto si riduce la larghezza e la profondità di scavo.

Fig. 1.10. Schema di allacciamenti

Le pendenze di fondo dei collettori fognari devono seguire, solo indicativamente, quelle medie stradali.

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – I sistemi di fognatura

I materiali per le condotte della rete bianca

I collettori fognari per la rete bianca hanno sezione circolare del diametro minimo di 300 mm e allacciamenti a sezione circolare del diametro minimo di 200 mm.

I materiali più utilizzati sono il calcestruzzo e il PVC.

Tubazioni di calcestruzzo: Si distinguono in tubazioni di calcestruzzo armato e di

calcestruzzo non armato, nelle quali l’eventuale armatura metallica è minore di 0,25%. Le tubazioni vengono prodotte con o senza piede di appoggio.

Fig. 1.11. Tubazioni di calcestruzzo

Fig. 1.12. Tubazioni di calcestruzzo con e senza piede d’appoggio

Il giunto è a bicchiere, con anello di gomma per la tenuta.

Le tubazioni di calcestruzzo non armato vengono prodotte fino a diametri di 3 m e oltre; queste tubazioni sono impiegate nelle fognature bianche poiché non presentano un’elevata resistenza né all’abrasione né all’aggressione chimica delle acque.

Tubazioni in PVC: Si utilizza il PVC rigido; vengono prodotti tubi fino a 1400 mm e il

diametro nominale coincide con il diametro esterno.

Il giunto comunemente impiegato è quello a bicchiere con anello elastomerico per la tenuta. I maggiori pregi del PVC sono il basso costo e la leggerezza, che facilita e rende quindi più economica la posa in opera; di contro questi tubi offrono minori garanzie di durata, per effetto del decadimento delle caratteristiche meccaniche del materiale nel tempo e hanno minore resistenza alle azioni esterne rispetto agli altri tipi di tubi.

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – I sistemi di fognatura

I pozzetti di ispezione

Lungo un collettore fognario si prevede un pozzetto di ispezione in corrispondenza dei punti in cui si ha una deviazione planimetrica, per evitare di inserire delle curve che danno luogo ad un rallentamento della corrente e possono provocare occlusioni. Altri pozzetti di ispezione vengono realizzati anche lungo i tratti rettilinei dei collettori per permettere le operazioni di manutenzione.

Fig. 1.13. Schemi e dimensioni di pozzetti di ispezione

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La distanza tra i pozzetti aumenta all’aumentare delle dimensioni dei collettori: per sezioni circolari di diametro da 200 a 300 mm è consigliata una distanza di 20 - 30 m; per diametri da 300 a 600 mm di 30 – 40 m; per diametri di 1000 mm si possono raggiungere distanze di 50 – 60 m; la distanza massima non deve superare gli 80 m. I pozzetti in calcestruzzo gettato in opera sono generalmente a sezione rettangolare, con dimensione interna di 1,20 m in senso longitudinale, mentre la dimensione trasversale deve essere idonea a contenere i collettori in arrivo e in partenza; in ogni caso la dimensione trasversale minima consigliata è di 0,80 m.

Per i collettori aventi sezioni trasversali praticabili è sufficiente realizzare, al posto dei pozzetti, dei semplici colli di accesso opportunamente distanziati.

Fig. 1.15. Pozzetto in calcestruzzo

Il pozzetto è dotato di una soletta superiore al di sopra della quale viene realizzato un collo di accesso di sezione trasversale uguale a quella del sovrastante chiusino in ghisa. Il fondo è sagomato in modo diverso a seconda del tipo di fognatura, per i collettori della rete nera prevede una cunetta mentre per quelli della rete bianca in sistema separato non è necessaria. Al contrario della rete nera si può realizzare il fondo del pozzetto a quota più bassa rispetto al fondo del collettore di partenza, in modo che la parte inferiore possa contenere il deposito del materiale terroso trasportato.

I pozzetti possono essere realizzati anche con una serie di elementi prefabbricati assemblati in opera. Tali manufatti, che sono in genere a sezione circolare, sono composti da un elemento cilindrico inferiore di una certa altezza, la cui base costituisce il fondo del pozzetto, da una serie di elementi cilindrici di varie altezze e da un elemento troncoconico che riduce la sezione del pozzetto fino a quella del collo sul quale viene posizionato il chiusino stradale. L’anello inferiore è dotato di fori per

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – I sistemi di fognatura

l’ingresso e l’uscita della tubazione, il cui innesto nel pozzetto risulta a perfetta tenuta grazie all’impiego di anelli elastomerici.

Fig. 1.16. Schema di pozzetto prefabbricato in calcestruzzo

I pozzetti più diffusi sono quelli di calcestruzzo ma si stanno diffondendo anche quelli di fibrocemento (CPC) e di materiali plastici.

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – I sistemi di fognatura

Oltre a permettere l’ispezione della fognatura i pozzetti consentono di ridurre la pendenza del fondo del collettore, realizzando un salto tra le quote di fondo delle tubazioni in arrivo e in partenza.

Fig. 1.18. Pozzetto con salto per fognatura bianca

I chiusini possono essere di ghisa o di calcestruzzo. Per le strade carrabili sono più indicati quelli di ghisa.

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Le forme sono di vario tipo: rettangolari, quadrati, circolari, con o senza griglia.

EN 124 B 125 EN 124 B 125 B 125 EN 124 EN 124 B 125 B 125 EN 124 EN 124 D 400 EN 124 D 400 D 400 EN 124 D 400 EN 124 EN 124 D 400

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U N I E N 1 2 4

Allaccio Caditoia - Pozzetto ispezione

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – I sistemi di fognatura

Oggi è possibile ispezionare tratti di fogna, tra pozzetto e pozzetto, inserendo un piccolo veicolo radio comandato con a bordo una mini telecamera che consente di rilevare la presenza di rotture o di mal funzionamenti del tratto in esame, o più in generale, di acquisire immagini sullo stato di conservazione del collettore.

Fig. 1.22. Veicolo radio comandato

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Manufatti di raccolta delle acque

Le acque pluviali vengono raccolte in appositi pozzetti, detti caditoie, dai quali vengono convogliate alla rete fognaria mediante tubazioni di allaccio del diametro di 200 mm. Le caditoie sono dotate di dispositivi che permettono l’ingresso delle acque e devono essere collocate opportunamente in modo da intercettare adeguati quantitativi d’acqua.

Fig. 1.23. Caditoia con setto Fig. 1.24. Caditoia con sifone

Lungo le strade, per effetto della pendenza trasversale della piattaforma, l’acqua

piovana scorre verso le cunette laterali giungendo alle caditoie attraverso delle griglie o mediante delle feritoie praticate tra il marciapiede e la cunetta dette bocche di lupo.

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Fig. 1.26. Caditoia con bocca di lupo

Le caditoie hanno dimensioni interne dell’ordine di 0,40 – 0,60 m e sono dotate di chiusura idraulica (sifone o setto) per impedire che i cattivi odori possano risalire verso l’esterno. Nel caso di strade con forti pendenze longitudinali, le acque piovane,

percorrerebbero tratti molto lunghi prima di raggiungere le caditoie poste lungo i lati; per evitare ciò si sostituiscono le caditoie con griglie poste lungo l’intera sezione trasversale della sede stradale. Le acque intercettate vengono raccolte in una sottostante vasca da cui partono gli allacciamenti alla fognatura.

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – Follonica

1.4. Follonica

Lo sviluppo e la storia

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Fig. 1.29. Particolare della posizione geografica di Follonica

Fig. 1.30. Vista aerea di Follonica

Lungo la splendida costa del litorale maremmano, davanti all' Isola d'Elba e protetta dai promontori di Piombino e Punt'Ala, si trova la città di Follonica, in provincia di Grosseto, al centro dell'ampio golfo a cui dà il nome.

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Frequentata località balneare in pieno sviluppo, Follonica è anche dotata di un buon numero di aziende, generalmente di modeste dimensioni, operanti nei settori della lavorazione del legno e del sughero, alimentare e della carta.

Fig. 1.31. La costa di Follonica

Il suo sviluppo ebbe inizio verso la metà del secolo scorso, quando il governo granducale vi pose la sede amministrativa delle miniere e delle fonderie di ferro.

Già dall’esposizione geografica si può capire come l’ubicazione del Golfo di Follonica appaia centrale rispetto alle grandi civiltà che attorno a questo litorale hanno gravitato: dalla civiltà volterrana a quella fiorentina, dalla pisana alla senese, esprimendo però, al tempo stesso, una propria importante civiltà che affonda, come le altre, le proprie radici nel grande, meraviglioso ceppo del popolo etrusco.

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Follonica si trova al centro di un’ ampia insenatura che ha alle due opposte estremità le testimonianze ancor vive di due tra le più grandi e note città-stato dell’Etruria:

Populonia, dalla quale deriverà la moderna Piombino e influenzerà l’Elba, la Val di

Cornia e parte della Valle del Pecora, e Vetulonia, anch’essa protagonista in un lungo eccelso periodo storico le cui testimonianze hanno permeato ogni luogo di questa vasta area.

Fig. 1.33. Reperti archeologici

La presenza di una piccola fonderia di proprietà dei principi Appiani, è attestata nella zona di Follonica fin dal 1546.

Fig. 1.34. Lo stabilimento siderurgico di Follonica con la sua gora alimentatrice nel 1584

Nel 1577, passata in affitto al Granducato di Toscana, fu ampliata mediante la costruzione di un forno fusorio. Nel 1806 essa risultava composta da tre impianti distinti con i nomi di Forno, Ferriera e Distendino. Ma è a partire dal 1836 che Follonica diventa il principale luogo di lavorazione del ferro dello Stato Toscano, quando cioè

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Leopoldo II affida tutti gli impianti per la lavorazione del ferro della Maremma alla Imperiale e Regia Amministrazione delle Miniere di Rio (le miniere elbane) e delle Fonderie del Ferro, la cosiddetta Magona.

Fig. 1.35. I due edifici del mulino e del forno e ferriera di Follonica nel 1618

Il granduca, curando personalmente il potenziamento degli impianti ed adeguandone le attrezzature di servizio, fece del piccolo centro siderurgico il punto di appoggio del piano di bonifica integrale della Maremma. Nella fonderia (attorno alla quale si sviluppò il nucleo iniziale della cittadina di Follonica) venivano realizzati sia manufatti destinati a strutture architettoniche che elementi di arredo domestico e urbano: nel 1833 vi fu realizzato il “tempietto” neogotico destinato a coprire il Cisternone di Piazza Grande a Grosseto.

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – Follonica

La chiesa di San Leopoldo di Follonica, uno dei primi casi di “architettura del ferro” in Toscana, è un concreto esempio del produttivo rapporto fra tecnica, arte e industria che veniva delineandosi nel granducato nella prima metà dell’Ottocento con un certo ritardo rispetto ai paesi d’oltralpe.

Progettata da Carlo Reishammer e consacrata nel 1838 alla presenza del granduca Leopoldo II, presenta numerosi elementi in ghisa (pronao, rosone della facciata, abside, vari arredi interni, coronamento del campanile) realizzati dal reparto di fonderia artistica, aperto nel 1835 nello stabilimento di Follonica.

Fig. 1.37. C. Reishammer, Chiesa di San Leopoldo, 1838

Il ricorso alla ghisa, che era accostata alla struttura muraria, permetteva di comprendere le potenzialità espressive del materiale in campo artistico.

La nuova tecnologia era presente anche a Firenze: basti pensare alla lanterna in vetro e ghisa della Tribuna di Galileo oppure, in un diverso ambiente, ai due ponti sospesi sull’Arno (San Leopoldo e San Ferdinando).

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – Follonica

Fig. 1.38. Veduta di Follonica, di F. Fontani

Leopoldo II di Toscana, della casata degli Asburgo Lorena, è, in senso vero della parola il padre della Follonica moderna (1832); il principe illuminato ebbe la netta percezione che per modernizzare e migliorare l’economia della zona doveva percorrere la strada del rinnovamento tecnologico ed indirizzare ogni sforzo su due precise direzioni: miglioramento dell’agricoltura ed una più accentuata industrializzazione; due indirizzi che furono perseguiti con tenacia.

A quel tempo, la Maremma era la cenerentola della Toscana, ma il Granduca,grazie anche ai suggerimenti di alcuni suoi consiglieri decise di attuare una imponente opera di risanamento delle vaste pianure paludose ed una sana politica industriale.

Fig. 1.39. Interno stabilimento Ilva, sullo sfondo Fig. 1.40. Castello di Valli. Foto aerea S. Leopoldo (l’edificio sul bordo destro è

l’attuale Biblioteca comunale)

Follonica a quel tempo era al centro di queste due opere di miglioramento:

• le zone paludose di Scarlino e Piombino furono divise in vaste “preselle” e Follonica, la presella “Numero Uno”, era di circa 600 ettari e divenne proprietà

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – Follonica

della famiglia Bicocche, nel 1905 le terre coltivate dalla famiglia raggiunsero i 1068 ettari, gran parte dei quali sono poi divenuti territorio urbano.

• l’industria metallurgica toscana di allora era tutta concentrata nelle zone di Pistoia e montagna pistoiese (Maresca, Campo Tizzoro, S. Marcello Pistoiese); il Granduca decise di costruire proprio a Follonica un secondo “polo industriale”; fu così che ai piedi del Castello di Valli (884 d. C.), nella zona che veniva indicata come Follonica, nel luogo dove sorgevano ancora le antiche fonderie medicee, fece costruire tra il 1832 e il 1836 una grande fonderia che, per concezione tecnologica, fu per decine di anni tra le più moderne d’Europa.

Fig. 1.41. Torre idraulica e fonderia granducale n. 2, ex Complesso Siderurgico ILVA.

Fig. 1.42. Sede del Museo del Ferro e della Ghisa. L’edificio ha avuto diverse destinazioni: Mulino (1500-1805), Ferriera (1546-1805), Forno quadrato piccolo (1805-1817), Forno tondo San Ferdinando

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – Follonica

La rete di fognatura di Follonica

Follonica ha una rete di fognatura di tipo separato. I collettori della rete bianca sono affiancati a quelli della rete nera nella quasi totalità del sistema.

Per quanto riguarda la fognatura bianca, oggetto della tesi, i collettori hanno sezione circolare e sono prevalentemente in calcestruzzo. I diametri variano da un minimo di 300 mm fino al massimo di 1000 mm.

In alcuni tratti sono utilizzate condotte in PVC con diametri minori e per gli allacci dei pozzetti con le caditoie.

I pozzetti di ispezione sono di vario tipo: nella zona bassa della rete sono in calcestruzzo o in muratura a sezione rettangolare con chiusini quadrati di ghisa, mentre nella zona alta vi sono anche pozzetti di tipo prefabbricato di forma cilindrica con chiusini di ghisa circolari.

Fig. 1.43. Pozzetti di ispezione della rete bianca di Follonica

Le ispezioni nei collettori principali di diametro 1000 mm avvengono attraverso aperture dirette nel cielo dei collettori stessi.

I chiusini sono del tipo indicato poiché i pozzetti sono in prevalenza lungo strade carrabili.

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Analisi dell’insufficienza delle reti di drenaggio urbano Capitolo 1 – Follonica

Vicino a via Lazio si trova una zona pedonale residenziale dove i pozzetti sono in linea con la fognatura con chiusini di ghisa a griglia.

Fig. 1.44. Pozzetto con griglia

In questa zona inoltre sono presenti varie griglie lungo l’intera sezione trasversale della sede stradale in quanto l’afflusso di acque piovane è molto abbondante e le pendenze sono marcate.

Fig. 1.45. Griglia

Le caditoie sono del tipo con griglia.

Figura

Fig. 1.2. Schema di un pluviografo a sifone e relativo tracciato di registrazione
Fig. 1.3. Schema di un pluviografo a bilanciere e relativo tracciato di registrazione
Fig. 1.6. curva segnalatrice di possibilità climatica
Fig. 1.8. Schema di fognatura con sistema separato
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