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Academic year: 2021

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2 Il contesto

2.1 Il contesto normativo

2.1.1 Quadro normativo

Alla fine degli anni ’90 è iniziato in Italia un processo di snellimento della burocrazia all’interno della Pubblica Amministrazione col fine di rendere disponibili le tecnologie, soprattutto informatiche, anche a quel settore che è sempre stato restio ad affrontare grossi cambiamenti.

Dal punto di vista giuridico le leggi precursorie di questo cambiamento sono le cosiddette “leggi Bassanini” nate allo scopo di riformare le strutture della pubblica amministrazione attraverso un esteso decentramento di funzioni e competenze amministrative dallo Stato alle Regioni e agli enti locali.

In una di queste leggi, la n. 59 del 15 Marzo 1997 [LEX5], si stabilisce tra l’altro che “gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge [...]”. Per la prima volta viene equiparato un documento informatico ad uno analogico, sotto certe condizioni che vengono espresse nel DPR 10 novembre 1997 n. 513 cioè il regolamento recante criteri e modalità per la formazione, l’archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici [LEX1], e nel DPCM 8 febbraio 1999 ovvero le regole tecniche per la formazione, la trasmissione, la conservazione, la duplicazione, la riproduzione, anche temporale, dei documenti informatici [LEX6].

La problematica della conservazione ha quindi radici che partono fin già dagli anni ‘90.

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Una naturale conseguenza dei regolamenti appena citati è il “Protocollo Informatico”, progetto che fa capo al Ministero dell’Innovazione e delle Tecnologie (DPR 445/2000 [LEX7]). Questo progetto ha come scopo principale la realizzazione di una gestione completamente automatizzata dei flussi documentali.

Più recentemente il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD [LEX8]) ha in parte sostituito e ridefinito il DPR 445/2000, che comunque per alcuni aspetti non trattati dal CAD resta sempre in vigore.

Così come per molte delle regole che governano l’informatica nella società, anche per l’ambito della conservazione digitale dei documenti il codice di riferimento è proprio il CAD, secondo il quale “i documenti degli archivi, le scritture contabili, la corrispondenza ed ogni atto, dato o documento di cui è prescritta la conservazione per legge o regolamento, ove riprodotti su supporti informatici sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge, se la riproduzione sia effettuata in modo da garantire la conformità dei documenti agli originali e la loro conservazione nel tempo, nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71.” (art. 43 comma 1). Il CAD delega al Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (CNIPA) l’indicazione degli aspetti tecnologici e procedurali per ottenere la validità indicata dall’articolo citato.

Il primo regolamento emanato dal CNIPA risale al 2001 [LEX2], il successivo, ancora in vigore, è del 2004 (“Regole tecniche per la riproduzione e conservazione di documenti su supporto ottico idoneo a garantire la conformità dei documenti originali”, Deliberazione CNIPA n.11/2004 [LEX3]).

Nel Gennaio 2008 è stata resa pubblica la “Proposta di regole tecniche in materia di formazione e conservazione di documenti informatici” [LEX4], documento che sembra essere una versione finale delle regole tecniche ufficiali che disciplineranno in maniera definitiva la conservazione informatica dei documenti.

Il CNIPA è stato delegato a redigere delle regole tecniche “generali”, valide per ogni tipologia di archivio (e documento) digitale. Indicazioni più dettagliate su come conservare documenti di tipologie ben precise (ad esempio documenti sanitari oppure documenti di carattere amministrativo), devono invece essere

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disposte dai ministeri preposti (es. Ministero della Sanità oppure Ministero dell’Economia).

Ad oggi solo il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha presentato regolamentazioni precise per mezzo di alcune circolari dell’Agenzia delle Entrate.

Il Ministero dei Beni Culturali ha la giurisdizione su tutti gli archivi, di qualsiasi tipologia, che devono essere conservati per più di quaranta anni, in quanto potenzialmente di interesse storico-culturale. Per questo motivo il Ministero ha predisposto regolamenti per impedire la distruzione di tali archivi, anche nel caso in cui questi venissero digitalizzati.

Oltre a quelle appena citate le altre norme che in qualche modo riguardano la conservazione informatica di documenti sono:

- il Decreto Legislativo 22 Gennaio 2004, n. 42 – Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio;

- il DPR 11 Febbraio 2005, n. 68 – Disposizioni per l’utilizzo della PEC; - il Decreto Legislativo 30 Giugno 2003, n. 196 – Codice in materia di

protezione dei dati personali;

- la legge 11 Febbraio 2005, n. 15 – Integrazioni alla legge n. 241/1990 recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi; - il DPR 12 Aprile 2006, n. 184 – Regolamento di disciplina in maniera di

accesso ai documenti amministrativi.

È in base a questo quadro normativo che va progettato un sistema informatico per la conservazione a lungo termine dei documenti.

2.1.2 Regole tecniche per la dematerializzazione dei documenti

La deliberazione CNIPA n.11 2004 [LEX3] regola le modalità di conservazione di documenti informatici e documenti analogici (trasposti in formati elettronici, ovvero la cosiddetta “riproduzione sostitutiva”) in sistemi di archiviazione digitali.

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Nel gennaio 2008 è stata pubblicata, sempre dal CNIPA la “Proposta di regole tecniche in materia di formazione e conservazione di documenti informatici” [LEX4]; si presume che a breve seguano le nuove regole tecniche ufficiali che andranno a sostituire la deliberazione CNIPA vigente.

Archiviazione e conservazione

La Deliberazione CNIPA n. 11/2004 definisce il termine archiviazione elettronica come “processo di memorizzazione […] di documenti informatici […] univocamente determinati mediante un codice di riferimento […]“. In tale deliberazione si utilizza il termine conservazione sostitutiva per indicare il processo tramite il quale si realizza la conservazione a norma dei documenti digitali.

Nella più recente proposta di regole tecniche non compaiono più i termini archiviazione elettronica e conservazione sostitutiva, ma viene definito più in generale il termine conservazione, con cui si intende “il processo finalizzato ad assicurare la permanenza nel tempo dell’integrità, della disponibilità, della leggibilità del documento, nonché dei dati necessari per la sua rappresentazione ed individuazione, quali i metadati ed i dati relativi alle firme elettroniche”.

In ogni caso il significato di “archiviazione” non è da intendersi nel senso comune del termine, ovvero come il processo che consente di gestire i passi necessari per amministrare un flusso documentale, tenendo conto delle relazioni archivistiche tra i vari documenti. L’archiviazione di un documento in un sistema di conservazione, comporta sostanzialmente la più semplice gestione dei soli dati necessari all’individuazione di un documento nel sistema. La gestione documentale corretta dal punto di vista prettamente archivistico è un processo che va effettuato a monte del sistema di conservazione, il cui compito appunto è quello di conservare ed esibire in modo inalterato e leggibile documenti archiviati nel sistema.

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Formazione e archiviazione del documento informatico

Secondo le regole tecniche del CNIPA un documento informatico può essere prodotto in due possibili modi:

- tramite procedure informatizzate che generano documenti elettronici; - tramite l’attività di redazione del testo svolta utilizzando prodotti

informatici di mercato o a codice aperto.

Una terza modalità di generazione di documenti informatici riguarda la cosiddetta conservazione sostitutiva, cioè la riproduzione in formato elettronico di documenti analogici.

Dalla deliberazione ancora in vigore, ma anche dalla proposta di regole tecniche, si evince che i passi principali per conservare un documento sono i seguenti:

- ricezione del documento (analogico o digitale); - verifica dell’integrità del documento:

- verifica della validità della firma associata (se il documento è digitale);

- trasposizione del documento da analogico a digitale (se il documento ricevuto è cartaceo);

- memorizzazione del documento su di un supporto informatico persistente;

- apposizione di una firma digitale e di una marca temporale sul documento oppure apposizione di una firma digitale e di una marca temporale su di un elenco contenente le impronte hash (indici) di vari documenti da conservare.

L’operazione fondamentale che costituisce prova della corretta archiviazione è proprio l’apposizione di una firma digitale sui documenti o sulle loro impronte.

Nella deliberazione non si fa riferimento a database e metadati per l’indicizzazione dei documenti, ma questi strumenti vengono comunque considerati necessari tra gli “addetti ai lavori” per la creazione di un sistema di conservazione facilmente fruibile.

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Si può invece intuire il riferimento ai cosiddetti “volumi” di archiviazione, termine che ricorre spesso quando si parla di conservazione di documenti informatici, ma che non è discusso dettagliatamente nella deliberazione. I volumi di archiviazione sono set di documenti che vengono conservati tutti insieme. Come detto nel capitolo introduttivo, spesso viene confuso il volume di archiviazione con il supporto di memorizzazione (cioè si fa coincidere un volume ad un supporto). I volumi di archiviazione invece sono da relazionarsi con i documenti, più che con i supporti e dovrebbero quindi consistere in insiemi di documenti omogenei per qualche loro aspetto (ad esempio tipologia, provenienza oppure data di scadenza); in questo modo, più correttamente, un supporto quindi potrebbe contenere più di un volume.

I volumi devono possedere un elenco firmato digitalmente delle impronte hash dei documenti che fanno parte del volume.

Riversamento diretto (riproduzione digitale) e riversamento sostitutivo (riproduzione sostitutiva)

Due aspetti importanti della deliberazione riguardano il “riversamento diretto” e il “riversamento sostitutivo”.

Il riversamento diretto, denominato nella proposta di regole tecniche “riproduzione digitale” è il processo che trasferisce documenti da un supporto di memorizzazione ad un altro, operazione prevista per prevenire l’obsolescenza dei supporti e la loro deteriorabilità: sostanzialmente è un “travaso” delle informazioni presenti in un supporto, in un nuovo supporto di memorizzazione. L’operazione non modifica la rappresentazione digitale dei documenti.

Il riversamento sostitutivo, denominato nella proposta di regole tecniche “riproduzione sostitutiva” è il processo che trasferisce i documenti da un supporto analogico ad uno digitale (ad esempio una scansione). Per riproduzione sostitutiva, però, si intende anche l’operazione di trasferimento di documenti informatici in un formato diverso da quello originale, processo previsto per prevenire l’obsolescenza del formato di rappresentazione del documento. In questo caso l’operazione modifica la rappresentazione digitale dei documenti e

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per questo al processo di riproduzione deve assistere un pubblico ufficiale che verifica le procedure utilizzate e certifica che la rappresentazione del documenti “riprodotti” sia rimasta immutata (secondo la proposta di deliberazione il compito del pubblico ufficiale non è quello di garantire che ogni singolo documento riprodotto sia immutato nella rappresentazione, ma di certificare la conformità del processo di riproduzione dei documenti).

Il responsabile della conservazione

La deliberazione definisce inoltre la figura del responsabile della conservazione, cioè colui che è delegato a definire i requisiti del sistema di conservazione in funzione della tipologia dei documenti da conservare, ed è responsabile delle modalità di archiviazione, verifica ed esibizione dei documenti conservati nell’archivio: la deliberazione prevede che ogni documento debba essere leggibile in qualsiasi momento e, su richiesta, essere disponibile su supporto cartaceo.

Il responsabile della conservazione inoltre deve adottare le procedure di sicurezza necessarie e verificare periodicamente, con cadenza non superiore a tre anni, l’effettiva leggibilità dei documenti conservati, provvedendo, se necessario alla loro riproduzione.

Supporti di memorizzazione

La normativa in vigore, come già detto, fa riferimento soltanto ai supporti ottici di memorizzazione per la conservazione dei documenti. Si dà comunque per “accettato” l’articolo 8 della deliberazione CNIPA, anche se considerato dai giuristi non corretto formalmente, in quanto un regolamento non può modificare una normativa precedente: l’articolo permette l’utilizzo di supporti memorizzazione alternativi a quelli ottici, sempre che garantiscano la non modificabilità dei documenti conservati. Questo articolo viene ritenuto non formalmente corretto anche perchè in contraddizione con il resto del

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regolamento, dove, come detto, si riconoscono come supporti di memorizzazione validi solo quelli a tecnologia ottica.

La proposta di regole tecniche, più recente della deliberazione CNIPA, non predilige alcun supporto particolare e non dà alcuna indicazione su quale tecnologia usare. Si ritiene che questa proposta verrà a breve convertita in legge e, in questo caso, il problema del formalismo sull’utilizzo dei supporti verrà risolto.

Considerare come supporti validi solo quelli a tecnologia ottica è comunque errato poiché l’operazione di riproduzione digitale (il “travaso” dei documenti da un supporto di memorizzazione ad un altro) potrebbe essere causata proprio dall’obsolescenza della tecnologia ottica del vecchio supporto e la riproduzione in tal caso potrebbe essere effettuata su di un supporto basato su tecnologia differente.

2.2 Il contesto operativo

Il sistema è stato progettato nell’ambito del processo di dematerializzazione che sta avvenendo all’interno dell’Istituto di Fisiologia Clinica e che, come già detto, si sta sviluppando su tre filoni principali:

- produzione di documentazione direttamente in formato elettronico; - conversione dei documenti cartacei presenti negli archivi in

documenti elettronici;

- sviluppo di procedure che utilizzano lo scambio elettronico di dati al fine di ridurre produzione cartacea.

Il sistema progettato necessita di avere almeno i primi due punti del processo già operativi e presuppone che la documentazione entrante sia già in formato digitale.

Uno dei requisiti di un sistema che deve conservare documenti a lungo termine è quello di essere il più semplice e aperto possibile. Per questo motivo è stato scelto

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di progettare e realizzare in toto il sistema: questa scelta ha comportato sicuramente un maggiore impegno, ma ha avuto allo stesso tempo notevoli lati positivi.

Innanzitutto il lato economico: comprare un sistema “prefabbricato” avrebbe comportato un impegno economico notevole, non solo dovuto per l’acquisto del sistema, ma anche per l’aggiornamento e le operazioni di manutenzione o personalizzazione che il sistema avrebbe richiesto.

Inoltre, molte delle soluzioni private in commercio gestiscono i dati archiviati con tecniche e codifiche proprietarie e sono, per di più, prive di una documentazione adeguata sugli effettivi processi di conservazione elettronica dei documenti.

Fra i vincoli progettuali è stato posto in evidenza l’utilizzo di formati noti per l’archiviazione. Era inoltre richiesto che fossero ben chiare le fasi del processo di archiviazione e le modalità di conservazione.

Da notare che esistono alcuni software Open Source che forniscono implementazioni per una gestione documentale dal punto di vista prettamente archivistico. Il management dei documenti che effettuano tali software non è da confondere con il processo di conservazione effettuato dai sistemi per la conservazione a norma dei documenti: lo scopo dei due sistemi è completamente diverso. Una gestione del flusso documentale dovrebbe essere effettuata a monte del sistema di archiviazione, non in sostituzione di esso.

Le tipologie di documenti da conservare sono estremamente disomogenee, anche se ovviamente l’interesse principale è rivolto ai documenti di tipo sanitario. È stato inoltre richiesto che il sistema fosse capace di accogliere possibili tipologie di documenti non previste allo stato attuale. Per questo motivo è stata necessaria una complessa analisi dei documenti, in base alla quale sono stati selezionati metadati il più possibile generici ed attributi indispensabili per una corretta indicizzazione dei documenti e delle informazioni in essi contenuti.

Il sistema è stato studiato per la conservazione di documenti “originali” e l’archiviazione dei dati relativi ai documenti, utili per effettuare ricerche nel sistema. La validità legale di un documento non risiede solamente nei dati che il

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documento contiene, ma anche nella forma con cui i dati sono rappresentati (la validità riguarda l’intero documento). Questa concezione deriva dal senso comune di identificare il dato con il suo supporto (il documento cartaceo su cui è scritto). In un futuro non troppo remoto probabilmente non si parlerà più di conservazione di documenti, ma di dati. Per adesso è necessario, secondo la normativa, archiviare i documenti con la stessa rappresentazione con cui sono stati prodotti.

Il sistema progettato, però, oltre che per la corretta archiviazione e conservazione dei documenti, potrebbe essere utilizzato come database per la ricerca di dati per indagini epidemiologiche o statistiche, in funzione del numero di attributi (relativi ai documenti) archiviabili.

L’archivio è stato pensato infatti per accogliere qualsiasi tipologia di documenti, ed in effetti la sua “prima” finalità è quella di conservare documentazione digitale così come è stata prodotta (come detto è necessario per norma conservare la forma originale oltre che il contenuto di un documento).

Se però ad ogni documento fossero aggiunti attributi descrittivi del suo contenuto, o meglio ancora se ogni documento fosse prodotto direttamente in un formato auto-descrittivo, come ad esempio l’XML (ma anche, per documentazione digitale medica, il DICOM), allora la ricerca delle informazioni sull’archivio potrebbe riguardare qualsiasi aspetto del contenuto dei documenti archiviati.

Ulteriore richiesta che è stata posta ha riguardato la possibilità del sistema di potersi interfacciare, oltre che verso l’Istituto, anche verso sistemi gestionali di diverse organizzazioni, in modo tale da poter permettere in futuro di offrire il servizio ad altre utenze e, in particolar modo, alle Aziende Sanitarie presenti nel Sistema Sanitario Regionale.

Questo requisito ha implicato una ulteriore problematica relativa all’autenticazione sul sistema dell’utenza esterna l’Istituto.

Aver progettato autonomamente un sistema ad hoc per documenti di tipo sanitario, presumibilmente comporterà, in futuro, la possibilità per l’Istituto di

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offrire il servizio anche ad altre utenze, in particolar modo alle Aziende Sanitarie presenti nel Sistema Sanitario Regionale.

La possibilità di partire con un progetto di tesi interno all’Istituto ha consentito inoltre una maggiore flessibilità nelle scelte progettuali del sistema. In particolare è stato possibile valutare l’utilizzo di software Open Source per la realizzazione di diversi sottosistemi.

2.3 Conclusioni

Le deliberazioni CNIPA di riferimento, precedentemente esposte, non danno indicazioni precise sull’organizzazione di un sistema di conservazione di documenti informatici, ma forniscono alcuni vincoli su cui un tale sistema andrebbe fondato.

Una profonda analisi della normativa è stata sviluppata durante i cosiddetti “tavoli tecnici interministeriali” organizzati dal CNIPA nel 2006 [CNIPA2/11]; dai documenti prodotti durante tali consessi è possibile ricavare informazioni utili e sufficientemente dettagliate non solo sulla normativa, ma anche su aspetti organizzativi che nella deliberazione non sono trattati. In particolare in tali documenti vengono ben definite le fasi di costituzione di un sistema a norma per la conservazione di documenti informatici.

Le informazioni fornite dai tavoli tecnici sono state utilizzate durante la progettazione del sistema, che ha altrsì posto come riferimento lo standard ISO OAIS (Open Archive Information System [DOC10]); l’OAIS è uno standard relativo alla costituzione di un sistema archivistico per la conservazione a lungo termine di documenti al quale i tavoli tecnici stessi fanno riferimento.

I tavoli tecnici interministeriali ed il documento OAIS, sono stati di fondamentale importanza per la progettazione del sistema.

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Il fine di un sistema per la conservazione dei documenti, secondo la normativa, è quello di conservare documenti “originali”, con la stessa rappresentazione in cui essi sono stati prodotti. Il sistema deve poter conservare, cioè la rappresentazione del documento.

Come già detto precedentemente in questo capitolo, è stato pensato di poter utilizzare il sistema di archiviazione anche come database per indagini cliniche e statistiche. Il sistema è stato progettato quindi, in modo da poter ottenere non solo documenti “originali”, ma anche attributi (informazioni) relativi al contenuto stesso dei documenti. In questo modo è possibile utilizzare l’archivio anche per fini di ricerca, e non solo come contenitore di documenti. Infatti, come detto, si pensa che in un futuro prossimo si possa parlare di conservazione di “dati”, non di documenti. In tal caso i documenti potranno essere prodotti in formato “autodescrittivo” (come XML o DICOM). Il sistema è stato progettato in modo da non richiedere particolari modifiche al momento in cui documenti con tali formati cominceranno a pervenire.

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