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2. Il fondo antico Delio Cantimori: generalità 9

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Academic year: 2021

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I Sommario

Introduzione III

1. Delio Cantimori: cenni biografici 1

2. Il fondo antico Delio Cantimori: generalità 9

3. Nuove prospettive di studio sul libro del Seicento 13

4. Le Seicentine: composizione e caratteristiche 19

5. Analisi degli esemplari 5.1 Forme e contenuti delle principali tracce di provenienza 26

5.2 Legature omogenee 39

5.3 Esemplari pregevoli 45

6. Criteri descrittivi 47

7. Le edizioni del XVII secolo: schede descrittive 53

8. Appendice 232 9. Tavole 240

10. Glossario 252 11. Indici 11.1 Indice topografico 256 11.2 Indice degli autori e dei titoli delle opere anonime 262 11.3 Indice cronologico 268 11.4 Indice dei luoghi di stampa 270

11.5 Indice dei tipografi e degli editori 276

11.6 Indice dei possessori e delle provenienze 281 12. Tabelle

12.1 Esemplari con tracce di restauri, maculature e riusi 286

(2)

II 12.2 Esemplari che presentano attestazioni esplicite

di possesso 286

12.3 Esemplari che presentano tracce manoscritte non

riconducibili all’attestazione esplicita di un possesso 287

13. Riferimenti bibliografici 289

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III Introduzione

Nella prefazione al catalogo della sua raccolta di libri antichi contenenti annotazioni manoscritte il libraio e collezionista Bernard M. Rosenthal scrive:

[...] I came to feel that early printed books without some sort of evidence of use were lacking an important dimension, that somehow they didn’t really come alive until their margins or fly-leaves or bindings revealed to us something about the book’s life after it left the printer’s shop

1

.

Guidato da questa singolare concezione del libro, Rosenthal si avventurò a partire dagli anni ’60 in una paziente e precocissima esperienza di ricerca, raccolta e studio di esemplari recanti segni riconducibili all’uso, e, anticipando notevolmente l’avvio di sistematici studi volti al rilevamento dei dati di esemplare e delle provenienze, superò due radicati pregiudizi che bibliofili e antiquari nutrivano, e nutrono tuttora, nei confronti di postille, annotazioni e tracce d’uso: innanzitutto comprese che l’interesse per quell’insieme così complesso di segni non poteva e non doveva limitarsi alle sole annotazioni prodotte da lettori “famosi”, e in secondo luogo intuì che la sola presenza di una traccia manoscritta non rappresentava un ostacolo alla perfetta conservazione di un esemplare, ma che, al contrario, poteva contribuire ad aumentarne il valore e il pregio.

A partire dagli ultimi due decenni del Novecento, in particolare grazie ad un forte impulso proveniente dall’area anglo-americana, ricercatori e bibliotecari hanno rivolto un’attenzione sempre crescente allo studio e al rilevamento dei dati relativi alla storia dell’esemplare

2

, ricavando informazioni preziose sui percorsi di

1

B.M. R

OSENTHAL

, The Rosenthal collection of printed books with manuscript annotations. A catalog of 242 editions mostly before 1600, annotated by contemporary or near-contemporary readers. New Haven [Conn.], Yale University Press, 1997, p. 10.

2

Per il concetto di esemplare riporto qui di seguito la definizione proposta dalle Regole di catalogazione (REICAT) nella bozza complessiva del gennaio 2009: Per esemplare si intende il singolo oggetto materiale (copia) prodotto e posto in circolazione come supporto di una pubblicazione [...]. Un esemplare può presentare differenze rispetto ad altri esemplari della stessa pubblicazione, sia fin dal momento della sua produzione sia per eventi o interventi successivi. Al singolo esemplare si riferiscono, inoltre, informazioni relative alla proprietà, disponibilità, collocazione, etc.

Cfr: http://www.iccu.sbn.it/upload/documenti/REICA_bozza_complessiva_genn2009.pdf. Per la

versione cartacea, pubblicata nell’autunno del 2009 e dunque da poco entrata in uso, vedi: Regole

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IV circolazione dei libri e sulla trasformazione delle pratiche di lettura del testo, e riuscendo, in modo particolare, a ricostruire le vicende provenienziali di singoli esemplari o di intere raccolte. Il presente studio, che costituisce la mia tesi di laurea specialistica in Scienze del libro della biblioteca e dell’archivio, si inserisce in questo particolare filone di studi e si propone l’obiettivo esclusivo di condurre un’indagine sistematica sulle caratteristiche di esemplare e sulle provenienze delle edizioni del XVII secolo del fondo Delio Cantimori, conservato presso la Biblioteca della Scuola Normale Superiore di Pisa.

Il fondo antico Cantimori, acquistato dalla Scuola nel 1969 insieme alla raccolta di libri moderni, di opuscoli e miscellanee e all’archivio dello storico, è costituito da circa 2.900 edizioni comprese tra il XVI e il XVIII secolo ed è conservato in un’area non accessibile al pubblico del Palazzo del Capitano, una delle sedi in cui si articola la Biblioteca della Scuola Normale. Può essere sufficiente una rapida consultazione del catalogo della raccolta per individuare almeno due aspetti che le conferiscono un carattere di eccezionalità: il valore, insieme economico, culturale e bibliografico, delle edizioni che costituiscono il fondo, e il legame profondissimo tra le opere in esso contenute e le principali direttrici di ricerca seguite da Cantimori nel corso della sua carriera, legame che contribuisce a riconoscere nella raccolta i caratteri di una perfetta biblioteca di studio. Tuttavia sfogliando a lungo le pagine dei 419 esemplari presi in esame, nel tentativo di rilevare e registrare le modificazioni prodotte nei secoli da generazioni di lettori, librai, bibliotecari o semplici possessori, ho avuto modo di osservare che questa raccolta di libri antichi può dirsi prestigiosa anche sotto il profilo strettamente provenienziale.

Un primo motivo di interesse è costituito dalla quantità di tracce di possesso rilevabili (circa il 50% degli esemplari ne riporta almeno una) e dalla eterogeneità formale e contenutistica che le caratterizza. Dallo studio delle seicentine del fondo è stato inoltre possibile individuare gruppi di volumi certamente riconducibili a possessori e a collezioni di prestigio: si pensi ad esempio ad alcuni volumi

italiane di catalogazione REICAT, a cura della Commissione permanente per la revisione delle regole

italiane di catalogazione, Roma, ICCU, 2009.

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V provenienti dalla biblioteca personale di Eugenio Garin o a quelli provenienti da importanti raccolte disperse, come quella costituita nel XIX secolo dal barone Horace Landau, o ancora alla grande biblioteca appartenuta alla nobile famiglia veronese dei Giuliari. Guardando poi alle seicentine del fondo secondo la prospettiva suggerita da Bernard Rosenthal, e tentando quindi di rilevare e valorizzare ogni traccia genericamente riconducibile all’uso (memorie familiari affidate ad un’edizione della Bibbia, preghiere, ricette per vivere in salute, minacce per scoraggiare ladri di libri, annotazioni di anonimi lettori del passato preoccupati di incorrere nelle maglie della censura) è stato possibile ricavare informazioni preziose per la conoscenza delle diverse pratiche di lettura e del rapporto, sempre mutevole nei secoli, tra uomini e libri. Resta da fare un’ulteriore osservazione che riguarda direttamente l’ultimo possessore del fondo, Delio Cantimori. Tra le edizioni del XVII secolo numerosi esemplari riportano infatti note manoscritte di possesso dello storico ravennate, spesso accompagnate da indicazioni topiche e cronologiche che in molti casi coincidono con la presenza di Cantimori in diverse città italiane, e che consentono di ricostruire le circostanze di acquisto di molti esemplari. Ma ancor più significative, benché rare, risultano le annotazioni e i segni di lettura a margine del testo presenti in alcuni esemplari presi in esame e certamente riconducibili alla mano di Cantimori: quei segni spessi, impressi con naturalezza nella carta e i commenti brillanti, a volte inaspettatamente sarcastici e divertiti, costituiscono l’espressione più vera e concreta di un metodo di indagine scrupoloso, fondato su un confronto continuo e serrato con il testo e su una profonda conoscenza del contesto storico entro il quale un libro è venuto alla luce.

Se per un verso dal lavoro fin qui svolto sono emerse informazioni certe e significative sul percorso seguito nel corso della loro esistenza da numerosi esemplari, è necessario tuttavia considerare anche la presenza di dati parziali e incerti, che potranno essere completati e verificati solo attraverso un sistematico raffronto delle provenienze di tutti gli esemplari che fanno parte del fondo.

Avendo avuto l’opportunità di studiare in maniera davvero ravvicinata le edizioni del

XVII secolo del fondo Cantimori, prima nell’ambito di un tirocinio formativo svolto

nella prima metà del 2009 e successivamente nel corso della preparazione della tesi,

(6)

VI

sento di dover ringraziare la dott.ssa Sandra Di Majo, direttrice della Biblioteca della

Scuola Normale, e la dott.ssa Arianna Andrei, che è stata la mia tutor nel corso del

tirocinio formativo e a cui ho continuato a fare riferimento nel corso della stesura

della tesi. Rivolgo un ulteriore ringraziamento alla dott.ssa Agnese Lorenzini, che si

è occupata dello studio delle provenienze nelle edizioni del XVI secolo del fondo

Cantimori, con la quale ho avuto modo di confrontare e verificare a più riprese le

informazioni confluite in questa tesi.

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