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Academic year: 2021

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RIASSUNTO

I  Campi  Flegrei  rappresentano  un'area  vulcanica  complessa,  costituita  da un  sistema  calderico  originatosi in seguito a due grandi collassi (Ignimbrite Campana, 39ka; Tufo Giallo Napoletano,  15ka), su cui si sono innestate numerose caldere minori. Negli ultimi 5 ka solo i centri di Averno1,  Averno2 e l’eruzione del Monte Nuovo sono stati localizzati nel settore occidentale della caldera,  all’intersezione dei sistemi di faglie orientati NE­SW e NW­SE. Sulla base di studi recenti tale  settore rappresenta una delle aree a maggiore probabilità di apertura di bocche eruttive future e  l'eruzione di Averno2 (3700 14C yr B.P.) può essere considerata rappresentativa degli eventi di media  intensità dell'ultima epoca (4.8­3.8 ka). Questa eruzione è stata caratterizzata da una fase iniziale di colonna convettiva sostenuta (Membro  A), una fase transizionale (Membro B) ed una fase finale, durante la quale è prevalsa una dinamica  di trasporto per flusso (Membro C). Alcuni autori hanno invocato un significativo coinvolgimento  di acqua esterna per poter spiegare la transizione tra le differenti dinamiche eruttive, interpretate  come   un'alternanza   tra   episodi   magmatici   e   freatomagmatici.   In   opposizione,   studi   recenti  sostengono che tale passaggio sia controllato da processi puramente magmatici e, se è presente  acqua, svolge un ruolo secondario nella frammentazione e messa in posto dei surges.

Il lavoro di tesi concerne lo studio della dinamica eruttiva dell'eruzione di Averno2, sulla base delle  evidenze   stratigrafiche,   dell'analisi   dei   prodotti   emessi   e   della   modellizzazione   fisica   della  dispersione atmosferica della miscela eruttiva. 

Durante   il   lavoro   di   campagna   sono   state   analizzate   due   sezioni   stratigrafiche,   scelte   come  rappresentative delle due fasi principali dell'eruzione in esame. Per ciascuna sono stati descritti, con  il  dettaglio  del  centimetro,  i  caratteri  litologici  e  sedimentologici  di  ogni  strato. In  seguito,  il  materiale campionato è stato sottoposto ad indagini di laboratorio (analisi granulometriche e dei  componenti), in particolare l'analisi dei componenti è stata rivolta ad un solo campione scelto  tramite la tecnica statistica che sfrutta il test del  2. Le curve ottenute sono state interpretateχ   attraverso l'utilizzo di opportuni parametri statistici, che hanno consentito di individuare, per i vari  depositi, popolazioni modali differenti, attribuite a specifici meccanismi di trasporto. Infine i dati  ricavati dalle analisi sono stati utilizzati come dati di input per le simulazioni.

La   dinamica   eruttiva   del   Membro   A   è   stata   studiata   utilizzando   un   modello   di  plume  unidimensionale,   omogeneo   e   stazionario,   per   evidenziare   la   variazione   dell'evoluzione   di   una  colonna vulcanica in funzione dei parametri eruttivi al vent e l'eventuale transizione da un regime  convettivo ad uno collassante. Tramite un altro modello è stata considerata l'eventuale aggiunta di  acqua esterna all'interno del plume, includendo anche gli effetti della condensazione del vapore  acqueo. In seguito sono state effettuate simulazioni 2D e 3D con un modello multifase e transiente  (PDAC ­ Pyroclastic Dispersal Analysis Code), per valutare gli effetti della granulometria sulla  dinamica del plume e per studiare la dispersione atmosferica dei piroclasti durante la prima fase  dell'eruzione presa in esame. Il Membro C è caratterizzato da una sequenza di depositi da flusso in cui sono intercalati materiali  da caduta. Per descrivere tale alternanza sono stati ipotizzati diversi regimi eruttivi, imponendo  un'alimentazione non­stazionaria al vent o simulando la dinamica eruttiva (di tipo vulcaniano)  associata allo svuotamento del condotto vulcanico. I risultati delle simulazioni 2D, ottenuti tramite il modello vulcaniano, mostrano la transizione dalla  fase   convettiva   ad   una   fase   di   collasso   di   colonna,   con   generazione   di   correnti   di   densità  piroclastiche.   In   tal   modo   è   stato   possibile   evidenziare   come   la   formazione   di   tali   flussi   non  necessariamente richiede il coinvolgimento di acqua esterna.

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