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All’inizio delle conclusioni del suo articolo sulle ribellioni in Fenicia, Siria e Cilicia, Ehling

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Academic year: 2021

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CONCLUSIONI

All’inizio delle conclusioni del suo articolo sulle ribellioni in Fenicia, Siria e Cilicia, Ehling

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sottolinea come due elementi principalmente differenziano il fenomeno in queste regioni rispetto a quello presente in Egitto e, più tardi, nell’Impero Romano. Il primo punto su cui l’autore si sofferma è il fatto che, a differenza delle fonti tolemaiche, per quanto riguarda l’impero seleucide le nostre testimonianze non parlano mai di insurrezioni di portata nazionale o di ribellioni causate da determinati gruppi etnici. Infatti, per prendere un esempio che noi stessi abbiamo incontrato, la seditio domestica

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in Egitto del 245 a.C., che avrebbe costretto Tolomeo a ritornare in patria, non è confrontabile con nessuno degli episodi di cui abbiamo trattato a proposito della Siria. Altro episodio a cui Ehling fa riferimento, sono i disordini narrati da Polibio dopo la battaglia di Rafia del 217 a.C.:

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la popolazione indigena egiziano si sarebbe ribellata al sovrano poiché, dopo essere stata arruolata nell’esercito ed essere riuscita a dare la vittoria al re Tolomeo IV, non era più disposta a continuare ad avere un ruolo marginale nella vita dell’impero.

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Lo studioso sostiene che l’unico episodio simile può essere considerato il tumulto dell’esercito provocato dal mancato pagamento al tempo di Antioco III, di cui abbiamo fatto riferimento in relazione al cancelliere Ermia.

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Anche dopo il pagamento del soldo da parte di quest’ultimo, infatti, un contingente di soldati in Cirrestica non aveva posto fine alle tensioni: i più erano andati incontro alla morte, mentre i pochi superstiti si erano affidati alla misericordia del re. Tuttavia, poiché Ehling ritiene che i soldati non fossero originari della Cirrestica, quanto piuttosto di origine greco-macedone, il confronto con quanto avvenuto nel regno tolemaico, dove invece al centro degli scontri erano stati gli indigeni, non è pregnante.

1 Ehling (2003) pp. 327-329.

2 Iust. XXVII, 1, 9.

3 Pol. V, 107, 1-3.

4 Per la critica a quest’interpretazione di Polibio da parte degli studiosi moderni v. Ehling (2003) n. 168 p. 327.

5 V. p. 49.

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Il secondo punto che lo studioso sottolinea è che, a differenza di quanto accadde nell’Impero Romano, non sembrano esserci casi di ribellioni dovute alla fame causata da una cattiva distribuzione dei generi alimentari nelle grandi città come nei fronti di guerra.

Dopo queste due osservazioni, Ehling procede con una catalogazione in primo luogo delle cause dei disordini e delle insurrezioni, poi dei tentativi di defezione. Nel primo caso le ragioni possono essere principalmente due: l’aumento delle tasse o la concessione del re di alcuni territori a mogli, cortigiane o funzionari da una parte, dall’altra la particolare antipatia nei confronti di un singolo funzionario o re. Per i casi più gravi, quelli ovvero di defezione in favore del nemico, essi vengono tutti considerati come conseguenza della presenza di un movimento simpatizzante per i Tolomei.

Per quanto riguarda la prima ragione che Ehling identifica, ovvero la tassazione eccessiva, essa caratterizza le ribellioni estranee alla Siria; ad esempio nel caso di una ribellione in Cilicia successiva all’entrata di Tolomeo VI in Siria e Fenicia e alla fuga di Alessandro I. Le antipatie della popolazione della Cilicia nei confronti del sovrano potrebbero essere state causate dalle «(unberechtigten?) Geldforderungen»

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che il sovrano aveva richiesto per poter finanziare la sua guerra contro Demetrio II. Diversa è invece la questione per quanto riguarda le insurrezioni causate dall’antipatia nutrita di confronti di funzionari e re. I casi di uccisioni di persone che ricoprivano alte cariche sono, come abbiamo visto, due: quello di Aribazo e quello di Ammonio. A questi si può aggiungere la lapidazione dei familiari di Ermia. Sebbene Ehling sottolinei che nelle fonti, per i primi due casi, non venga fornita una causa particolare per l’omicidio,

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per quel che riguarda la famiglia di Ermia possiamo affermare che l’odio fu la componente principale dell’azione della popolazione. L’impopolarità di numerosi sovrani è poi testimoniata dalle fonti: Alessandro I fu al centro di numerosi intrighi di corte e fu per questo odiato particolarmente dalla popolazione di Antiochia,

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Demetrio I era considerato arrogante e inaccessibile (per via del luogo distante da Antiochia dove aveva fatto costruire la sua fortezza) e inoltre non si occupava dei bisogni della popolazione,

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Demetrio II infine era considerato come un tiranno pericoloso per il suo desiderio di vendicare il padre.

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6 Ehling (2003) p. 330.

7 Ehling (2003) p. 330.

8 Ios. AI. XIII, 108; 112.

9 Ios. AI. XIII, 35-36.

10 Ios. AI. XIII, 135.

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Secondo Ehling

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causa principale dell’odio nei confronti di particolari re e alti funzionari è il fatto che essi, con il loro comportamento, avevano dimostrato di non rispondere alle caratteristiche che avrebbero dovuto contraddistinguere il re ideale (e dunque il funzionario ideale).

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La ragione principale di insubordinazione del popolo, insubordinazione che portò inoltre alla defezione di esso in favore di un sovrano nemico, resta la tendenza a parteggiare per i Tolomei. Quattro sono i casi in cui Ehling

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riconosce che le fonti, seppur con evidenze diverse, testimoniano questa simpatia: gli avvenimenti più eclatanti sono quelli del 246 e del 146 a.C., con l’accoglienza piena di entusiasmo riservata a Tolomeo III da Antiochia e Seleucia prima e la proposta di concessione del trono d’Asia a Tolomeo VI cent’anni più tardi. Inoltre, l’autore è convinto che anche l’insurrezione della capitale nel 235 ad opera di Stratonice vada interpretata come testimonianza della collaborazione con Tolomeo III piuttosto che con Antioco Ierace. Possibile influenza da parte dei Tolomei potrebbe esserci infine stata anche per gli eventi del 280 in Seleukìs, per quanto, come abbiamo visto, non ce ne sia alcuna conferma nelle fonti. Le ragioni concrete per cui i siriani avrebbero dovuto allontanarsi dai Seleucidi e accostarsi ai Tolomei non sono effettivamente fornite dalle fonti, tuttavia Ehling ritiene corretta la supposizione secondo la quale l’elemento più importante sarebbe stata la maggiore prosperità che i Tolomei potevano assicurare. Anche il passare da un regnante all’altro più di una volta poteva essere motivato dal desiderio di migliorare la propria posizione.

Come abbiamo già avuto modo di vedere, Mittag

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fornisce un punto di vista completamente diverso sugli episodi del III secolo: considerandoli dalla prospettiva del ruolo della classe dirigente ad Antiochia, per individuare quale autonomia politica essa abbia all’interno dell’impero, egli constata che questa si muove in modo da accondiscendere il più possibile al volere della famiglia reale. Le figure di Berenice e Stratonice sarebbero dunque state capaci, grazie alla loro influenza, di condizionare anche la classe dirigente. Inoltre, la mancata presenza della figura del re (a causa della sua morte o di una spedizione), vista la debolezza del popolo, sarebbe stata, con il vuoto che si era venuto a creare, la ragione principale di crisi e insurrezioni.

11 Ehling (2003) pp. 331-332.

12 Per una bibliografia sul tema del sovrano ideale v. Ehling (2003) p. 331 n. 183.

13 Ehling (2003) pp. 332-336.

14 Mittag (2000) pp. 424-425.

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Prima di passare all’analisi dei risultati che la nostra stessa ricerca ha dato, vorremmo commentare la classificazione operata da Ehling. Innanzitutto bisogna considerare che, vista la scarsità di fonti, la mancanza di prove di ribellioni guidate da un determinato gruppo etnico non deve necessariamente portarci a credere che esse non siano avvenute. Proprio a causa del grosso dibattito che coinvolge la composizione etnica dell’esercito e della classe dirigente,

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non si può dare per scontato che i tumulti in Cirrestica fossero stati guidati da un gruppo greco-macedone. È pur vero che, se questo tumulto non viene analizzato da Ehling nel suo testo e non lo è stato da noi, è perché l’analisi che è stata qui condotta si basava su tutte quelle ribellioni che dimostravano una grossa insofferenza nei confronti di un regnante, insofferenza che portava alla ricerca di un sostituto. È evidente dunque che il caso di un contingente dell’esercito in rivolta per un ritardo nel pagamento non può fornire, anche se si trattasse di un gruppo etnico particolare, esempio soddisfacente per il nostro tema. Per quanto riguarda invece l’inesistenza di insurrezioni a carattere nazionale, crediamo che Ehling abbia pienamente ragione: il nord della Siria ha una storia diversa dalla Commagene, dalla Celesiria, dalla Fenicia e dalla Giudea e in nessun caso abbiamo testimonianza di una ribellione che abbia toccato tutte queste regioni contemporaneamente. Non consideriamo in questo caso la seconda ribellione riportata da noi in appendice, per la quale Giustino ci dice che sia stato il popolo siriano (senza specificare se della capitale o di tutta la Siria) a chiedere a Tigrane che fosse il nuovo re. Come vedremo, la descrizione è molto vaga e la testimonianza non del tutto affidabile, motivo per cui non c’è ragione di contraddire l’assunto di Ehling sull’inesistenza di ribellioni nazionali.

Un’altra riflessione che non condividiamo pienamente è quella che Ehling fa riguardo alla figura del re o del funzionario ideale. Secondo lo studioso, infatti, tutta una serie di ribellioni sarebbero state causate dal fatto che la popolazione era tanto più insofferente nei confronti del sovrano quanto più vedeva che quest’ultimo non dimostrava, con il suo comportamento, i valori che lo avrebbero dovuto contraddistinguere. Non vogliamo qui entrare nel grosso dibattito riguardo al re ideale e alle sue qualità, in quanto molto semplicemente riteniamo che per quasi tutti gli episodi nei quali Ehling lo chiama in causa, si possano in realtà trovare altre giustificazioni a nostro avviso più valide.

Vediamo più da vicino a cosa la nostra ricerca ha portato, partendo naturalmente dagli episodi del III secolo. Per quanto ci riguarda, non c’è motivo di ascrivere la ribellione della

15 Sul dibattito v. cap. III pp. 51-58.

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Seleukìs, avvenuta all’inizio del regno di Antioco I, nel gruppo delle ribellioni causate o favorite dai Tolomei. Come abbiamo più volte ribadito, la situazione della fonte è tale da non permetterci di evincere quasi nulla; tuttavia riteniamo l’ipotesi di Orth,

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secondo cui si potrebbe trattare di un solo nemico da identificare con gli invasori Celti, la più probabile.

Dall’analisi del papiro di Gurob, pur considerando che si tratti di una fonte tolemaica, Ehling evince che non si debba ritenere falsa l’informazione secondo cui i siriani avrebbero accolto con giubilo l’ingresso in città del sovrano: questa fonte è infatti catalogata tra le diserzioni causate da una simpatia nei confronti dei Tolomei, simpatia dovuta alla maggiore prosperità che essi potevano assicurare. Pur ritenendo questo assunto di base valido, con la nostra analisi abbiamo potuto constatare che l’accoglienza delle città siriane non era totalmente svincolata dalle pressioni militari crescenti, probabilmente nel mar Egeo (battaglia di Andro) ma sicuramente nelle coste meridionali dell’Asia Minore (Kildara e Mysala). Non concordiamo con l’ipotesi di Ehling che giustifica l’uccisione del funzionario Aribazo alla luce di una probabile mancanza in questo degli attributi che lo avrebbero reso un perfetto funzionario.

Qui, come vedremo per un altro episodio successivamente, sembra piuttosto che alla presa della città da parte dei Tolomei la popolazione si schieri automaticamente dalla parte del più forte, rendendo evidente con un gesto gradito al sovrano il suo orientamento. Anche questo potrebbe essere considerato non tanto come forma di simpatia nei confronti dei Tolomei quanto come forma di sottomissione.

Passando all’episodio successivo, pur ammettendo la mancanza di fonti sufficienti per poter inquadrare con sicurezza gli eventi legati alla ribellione stimolata ad Antiochia da Stratonice, crediamo che dietro la sua azione si possa vedere la volontà di favorire Antioco Ierace, piuttosto che la testimonianza di un accordo con Tolomeo. Tuttavia bisogna ammettere che il fatto che ella fosse fuggita a Seleucia, città sotto il dominio di Tolomeo, possa suggerire quantomeno una protezione da parte di quest’ultimo. Alla luce di questo sosteniamo l’idea di Mehl secondo la quale la morte o la lontananza del sovrano creavano facili occasioni per lo scoppio di una ribellione ma riteniamo la fedeltà alla casa reale meno importante di quanto lo storico creda. Come abbiamo visto, non si può propriamente dire che fu la fedeltà a Berenice a spingere il popolo di Seleucia e Antiochia ad accogliere Tolomeo e allo stesso modo non si può ritenere che Stratonice, da sola, avesse richiamato nella classe dirigente i valori del rispetto per la casa regnante. Forse questo sarebbe potuto essere stimolato da Antioco Ierace

16 Orth (1997).

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nei confronti di chi non riconosceva Seleuco II come legittimo re e che dunque se ne voleva sbarazzare mentre era in spedizione, più difficilmente che da una zia di questo ritornata in Siria dopo la fine del suo matrimonio con Demetrio II. Per quanto riguarda poi la strage dei famigliari di Ermia, essa testimonia la assoluta dipendenza del volere del popolo da quello del sovrano e, come abbiamo già sottolineato, anche un odio particolarmente forte nei suoi confronti. Questo per quanto riguarda il III secolo.

Una certa continuità con il secolo precedente è riscontrabile nel II secolo per quel che riguarda la seconda ribellione di cui abbiamo trattato, ovvero quella che causò la caduta di Demetrio II in favore di Alessandro I Balas: l’influenza di Tolomeo, pur non essendo l’unica, fu determinante e probabilmente più forte di quanto non fosse mai stata fino a quel momento.

Tuttavia il fenomeno si sviluppò in maniera totalmente differente rispetto a quello che abbiamo potuto riscontrare nel III secolo. Secondo l’opinione di Ehling, l’insurrezione contro Demetrio I ad Antiochia, causata da Oroferne, sarebbe stata accolta favorevolmente dalla popolazione in quanto quest’ultimo, come Demetrio II, aveva una pessima reputazione. È effettivamente vero che storici come Flavio Giuseppe o Giustiniano marcano particolarmente questi aspetti del carattere, tuttavia questa non può essere considerata l’unica ragione valida.

Se vogliamo guardare la teoria di Mehl dal punto di vista del II secolo, possiamo vedere che

effettivamente il rispetto dell’autorità del sovrano è molto minore in questo secolo e che è più

facile per un discendente lontano (come Oroferne) o per un falso discendente (Alessandro

Balas) riuscire a far presa sulla popolazione o addirittura a prendere il potere. Interessante è

poi notare che solo due delle fonti da noi esaminate sembrano fare allusione a una misura

punitiva da parte del sovrano nei confronti della popolazione che si è ribellata. Il primo caso,

anche se molto vago, è in OGIS 219 dove si parla del fatto che Antioco I è riuscito a riportare

la pace, il secondo invece è quello testimoniato dall’ultima fonte da noi affrontata, ovvero

quella della strage di Antiochia operata da un contingente ebraico e dai mercenari di Demetrio

II. Soprattutto per questo secondo avvenimento, abbiamo la descrizione chiara della strage di

cittadini operata dal sovrano. Come abbiamo visto, l’importanza di questa fonte risulta

fondamentale in quanto suggerisce un collegamento tra l’ostilità dei cittadini contro Demetrio

(e la loro conseguente ribellione) e la rivolta dell’esercito sotto Diodoto Trifone. Questo

collegamento potrebbe suggerire tanto una maggiore coscienza della propria forza politica da

parte dei cittadini della capitale, quanto una loro sottomissione e vessazione economica da

parte di un usurpatore che ha in mano la forza dell’esercito (Trifone). Un’interpretazione

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univoca di ciò non è possibile, ma è già sufficientemente significativo il fatto che per la prima volta le nostre fonti riportino in maniera dettagliata le misure di repressione operate da un sovrano ai danni della popolazione. Escludendo, infatti, che misure tali non fossero mai state esercitate, rimane il dubbio che gli storici abbiano sentito la necessità di menzionare la popolazione laddove essa aveva avuto un ruolo più importante.

Più in generale, dal confronto con i due secoli risulta evidente che l’influenza tolemaica fu

sempre presente ed anzi si fece sempre più forte e che nel II secolo, a differenza che nel III,

l’autorità era più facilmente messa in discussione. Come abbiamo detto, questo secondo noi

non può essere giustificato con il fatto che i sovrani successivi siano stati meno capaci di

quelli precedenti, quanto piuttosto potrebbe suggerire che la classe dirigente aveva più

autonomia e autorità all’interno dei giochi di potere che potevano portare a un cambio di

reggente.

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