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Steatosi epatica non alcolica nel diabete mellito

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Academic year: 2021

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I. Pichiri, G. Targher

Sezione di Endocrinologia, Diabetologia e Metabolismo, Università ed Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, Verona

Corrispondenza: dott. Giovanni Targher, Sezione di Endocrinologia, Diabetologia e Metabolismo, Università ed Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, Ospedale Civile Maggiore, piazzale A. Stefani 1, 37126 Verona

e-mail: giovanni.targher@univr.it G It Diabetol Metab 2012;32:79-89 Pervenuto in Redazione il 20-02-2012 Accettato per la pubblicazione il 19-03-2012 Parole chiave: steatosi epatica non alcolica, steatoepatite non alcolica, malattia cardiovascolare, malattia renale cronica, diabete

Key words: non-alcoholic fatty liver disease,

non-alcoholic steatohepatitis, cardiovascular disease, chronic kidney disease, diabetes

Rassegna

Steatosi epatica non alcolica nel diabete mellito

RIASSUNTO

L’epatopatia steatosica non alcolica (non-alcoholic fatty liver dis- ease, NAFLD) ha raggiunto proporzioni pressoché epidemiche e rappresenta attualmente la causa più frequente di epatopatia cronica nella pratica clinica. Circa il 20-35% della popolazione adulta dei Paesi occidentali è affetta da NAFLD e la sua preva- lenza sale a oltre il 60-70% nei soggetti affetti da diabete di tipo 2, che è una malattia che si associa anche a un maggior rischio di progressione della NAFLD verso i suoi stadi istologici più avan- zati, quali la steatoepatite (non-alcoholic steatohepatitis, NASH), la cirrosi, l’insufficienza epatica terminale e, più raramente, l’epa- tocarcinoma. Molti studi clinici hanno documentato che la NAFLD peggiora l’insulino-resistenza e si associa a un aumen- tato rischio di sviluppare diabete di tipo 2. Sono inoltre sempre più numerosi in letteratura gli studi che suggeriscono l’esistenza di un legame tra NAFLD e aumentato rischio di malattia cardio- vascolare (cardiovascular disease, CVD) e malattia renale croni- ca (chronic kidney disease, CKD). La NAFLD rappresenta quin- di un importante problema di salute con possibili complicanze sia epatiche sia extraepatiche. Gli obiettivi principali di questa rassegna sono: discutere brevemente i principali aspetti di epi- demiologia e patogenesi della NAFLD, analizzare la relazione esistente fra NAFLD e diabete di tipo 2, esaminare il possibile ruolo prognostico della NAFLD nello sviluppo e nella progressio- ne di CVD/CKD e discutere alcune opzioni terapeutiche che possono esercitare effetti favorevoli sulla NAFLD e sulle compli- canze croniche del diabete.

SUMMARY

Non-alcoholic fatty liver disease in diabetes mellitus

Non-alcoholic fatty liver disease (NAFLD) has reached epidem- ic proportions and is the most common cause of chronic liver disease in clinical practice. Approximately 20-35% of adults in the general population in developed countries have NAFLD, and its prevalence reaches 60-70% among type 2 diabetes patients. Although until recently it was thought that NAFLD was harmless, it is now recognised as a progressive liver condition that raises the risk of steatohepatitis, cirrhosis, end-stage liver

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disease and hepatocellular carcinoma. It also exacerbates insulin resistance and raises the risk of developing type 2 dia- betes. There is growing evidence that NAFLD is also strongly related with increases in the prevalence and incidence of car- diovascular disease (CVD) and chronic kidney disease (CKD) in patients with diabetes. This is therefore a complex problem with implications far beyond the liver. This review briefly discusses the epidemiology and pathogenesis of NAFLD, the relationship of NAFLD with type 2 diabetes, its potential role in the develop- ment and progression of CVD and CKD, and some of the treat- ment options that may influence NAFLD and the chronic com- plications of diabetes.

Introduzione

L’epatopatia steatosica non alcolica, nota con l’acronimo inglese di NAFLD (non-alcoholic fatty liver disease), è un’en- tità clinica caratterizzata da un accumulo di trigliceridi a livel- lo epatico (steatosi) che si manifesta in soggetti con anam- nesi negativa per eccessivo consumo giornaliero di alcolici.

Benché il consumo alcolico giornaliero imputabile di un pos- sibile danno epatico vari in base a molteplici fattori nutrizio- nali e costituzionali, tra cui principalmente il sesso, l’età e la razza, è stato convenzionalmente definito come eccessivo un consumo alcolico di oltre 30 grammi/die per l’uomo e di oltre 20 grammi/die per la donna1-4.

La classificazione della NAFLD comprende una forma pri- maria (o idiopatica) e una forma secondaria (dovuta a mol- teplici cause note). La NAFLD primaria rappresenta, attual- mente, la forma più frequente ed è tipicamente caratterizza- ta da un background patogenetico di sovrappeso/obesità e aumentata resistenza insulinica che si presenta in soggetti che non hanno un eccessivo consumo di alcolici né altre cause note di epatopatia cronica (virali, autoimmunitarie, farmacologiche, tossiche, metaboliche, da sovraccarico marziale ecc.)1-4.

In tabella 1 sono riassunti i principali criteri clinici, laboratori- stici e strumentali utili per la diagnosi di NAFLD nella pratica clinica. È utile rimarcare che per formulare una diagnosi di NAFLD deve essere documentata la presenza di steatosi

Tabella 1 Principali criteri clinici, laboratoristici e strumentali utili per la diagnosi di NAFLD primaria.

• Anamnesi negativa per eccessivo consumo alcolico (> 20 grammi di alcol/die nella donna e > 30 g/die nel maschio)

• Anamnesi negativa per altre cause note di epatopatia cronica (per es. virus, autoimmunità, emocromatosi, uso cronico di farmaci epatotossici tra cui corticosteroidi, amiodarone, tamoxifene, metotrexate, acido valproico Clinici e alcuni antibiotici)

• Moderata epatomegalia

• Splenomegalia e ascite solo se presente cirrosi

• Coesistenza di sovrappeso/obesità, diabete e altre caratteristiche tipiche della sindrome metabolica

• Sintomatologia spesso assente o aspecifica (se non già presente cirrosi)

• Persistente aumento degli enzimi epatici di grado lieve-moderato (benché il 60-70% dei pazienti con NAFLD abbiano enzimi epatici nella norma)

• Rapporto AST/ALT < 1 (tale rapporto è generalmente invertito nell’epatopatia alcolica e nelle forme di NAFLD con grado avanzato di fibrosi)

Laboratoristici • Normalità di emocromo, albumina, profilo proteico, PT e APTT (se non è presente cirrosi)

• Negatività dei marker di epatite virale B e C, emocromatosi (ferritina, sideremia e saturazione della transferrina) ed epatite autoimmune (ANA, ASMA, anti-LKM)

• Normalità dei livelli di ceruloplasmina, alfa-1 antitripsina e anti-transglutaminasi (da eseguire in casi selezionati)

• Presenza di aumentata insulino-resistenza (stimabile mediante indici surrogati come l’indice HOMA)

• Ecografia epatica (ha un’ottima sensibilità e specificità in presenza di infiltrazione epatica di grasso > 30%)

• TAC e RMN epatica (vedi sopra)

• RMN in spettroscopia (è la metodica radiologica più sensibile per misurare in maniera non invasiva la quantità di grasso intra-epatico)

Strumentali • Fibroscan (elastografia per la misura non invasiva del grado di fibrosi intra-epatica)

• Biopsia epatica (rappresenta il “gold standard” per la diagnosi ed è l’unica metodica in grado di quantificare la necro-infiammazione e fibrosi epatica; la biopsia può essere riservata ai pazienti con elevata probabilità di forme avanzate di NAFLD, stimabile mediante l’uso di elastografia e/o mediante l’uso di score non invasivi di fibrosi come NAFLD fibrosis score, BARD, ELF test e altri)

• Steatosi macrovescicolare diffusa e/o centrolobulare

• Infiltrati infiammatori multifocali, corpi ialini di Mallory, necrosi epatocitaria (apoptosi e/o ballonizzazione) Istologici • Fibrosi di grado variabile

• Il quadro istologico è molto simile a quello della epatopatia alcolica (la diagnosi di NAFLD può essere formulata esclusivamente associando informazioni di tipo clinico-anamnestico)

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epatica (mediante l’uso delle più comuni metodiche radiolo- giche quali ecografia, TAC e/o RMN epatica) e deve sempre essere escluso l’abuso cronico di alcolici e le principali cause secondarie di epatopatia cronica. Da ciò deriva che la NAFLD è sempre una diagnosi di esclusione.

Le alterazioni istopatologiche della NAFLD sono pressoché identiche a quelle indotte dall’abuso cronico di alcol e inclu- dono uno spettro di patologie quali la steatosi semplice, la steatoepatite (non-alcoholic steatohepatitis, NASH), la fibro- si avanzata e la cirrosi, che può ulteriormente progredire a epatocarcinoma (hepatocellular carcinoma, HCC) (Fig. 1)1-4.

La steatosi semplice ha una prognosi generalmente benigna ed evolve raramente verso gli stadi più avanzati di epatopa- tia (fibrosi e cirrosi), mentre la NASH è associata a un rischio elevato di progressione verso cirrosi, insufficienza epatica terminale e, seppur più raramente, verso l’HCC1-4.

In questa rassegna accenneremo brevemente alla fisiopato- logia ed epidemiologia della NAFLD nella popolazione gene- rale e nel diabete di tipo 2. Inoltre, come schematicamente riportato nella figura 2, verranno discussi in maniera più approfondita i possibili legami della NAFLD con il diabete di tipo 2 e il suo possibile ruolo nello sviluppo e nella progres- Figura 1 Spettro del le mani-

festazioni istopatologiche della NAFLD.

Figura 2 Schema dei possi- bili legami della NAFLD/NASH con il diabete di tipo 2 e le sue principali complicanze croniche vascolari, la malattia cardiovascolare (CVD) e la malattia renale cronica (CKD).

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sione delle principali complicanze croniche del diabete, quali la malattia cardiovascolare e la malattia renale cronica (chronic kidney disease, CKD).

Cenni di fisiopatologia della NAFLD

In considerazione della crescente rilevanza clinica ed epide- miologica della NAFLD, la ricerca scientifica nell’ultimo decennio ha cercato di identificare i principali meccanismi fisiopatologici che sono coinvolti nello sviluppo e nella pro- gressione della NAFLD, mettendo in particolare evidenza lo stretto legame che esiste fra tale patologia e la sindrome metabolica1-4.

La NAFLD presenta, infatti, una forte associazione con tutte le componenti della sindrome metabolica, ossia l’obesità addominale, l’insulino-resistenza, il diabete di tipo 2, l’iper- tensione arteriosa e la dislipidemia aterogena. Nei soggetti con NAFLD il contenuto di trigliceridi all’interno del fegato aumenta in maniera direttamente proporzionale con il nume- ro delle componenti della sindrome metabolica5,6. Circa il 70- 80% dei pazienti con NAFLD presenta almeno uno dei tratti clinici della sindrome metabolica e circa il 30% dei pazienti li presenta tutti7. La prevalenza dell’obesità tra i pazienti con NAFLD varia dal 30% al 50%, mentre quella della dislipide- mia aterogena varia dal 40% al 70%1-5. Oltre l’80% dei pazienti affetti da obesità grave, che vengono sottoposti a interventi di chirurgia bariatrica, hanno la NAFLD con preva- lenze particolarmente elevate delle sue forme più severe (NASH e cirrosi misconosciuta)8,9. Per quanto riguarda l’iper- tensione arteriosa, alcuni studi condotti su pazienti ipertesi non obesi hanno mostrato una prevalenza di NAFLD che è circa doppia rispetto ai soggetti normotesi di controllo, con una significativa correlazione tra grado di steatosi epatica e livelli pressori10.

Molti investigatori sono pertanto concordi nel ritenere che la NAFLD debba essere considerata come la manifestazione epatica della sindrome metabolica1-4,11. Peraltro, la sindrome metabolica rappresenta anche un fattore di rischio di insor- genza di NAFLD. In uno studio prospettico, condotto su oltre 4000 individui, è stato infatti dimostrato che la presenza di sindrome metabolica al baseline conferiva un rischio di circa 4 volte maggiore nell’uomo e di circa 11 volte maggiore nella donna di sviluppare NAFLD (all’esame ecografico) durante il periodo di follow-up12.

Alla luce di questi dati, non stupisce pertanto che i principali fattori patogenetici dell’aumentato accumulo di trigliceridi a livello intraepatico siano l’obesità viscerale e l’aumentata resistenza insulinica, che comportano un aumentato afflusso di acidi grassi liberi (free fatty acid, FFA) a livello epatico con conseguente accumulo di trigliceridi all’interno degli epatoci- ti1,13-16. Nella NAFLD, in condizioni di digiuno, l’accumulo di trigliceridi negli epatociti deriva, in larga parte (~60-65% del totale), dall’elevato afflusso di FFA provenienti dall’aumenta- ta lipolisi dei trigliceridi nel tessuto adiposo indotta dallo stato di insulino-resistenza e, in minor misura, da un’aumentata lipogenesi de novo (~20-25%) indotta dall’iperinsulinemia

(attraverso la stimolazione di due fattori di trascrizione quali la membrane-bound transcriptional factor sterol regulatory element-binding protein-1c – SREBP-1c – e la carbohydrate response element-binding protein – ChREBP) e da un iper- afflusso di chilomicroni con la dieta da parte dell’intestino (~10-15%, ma tale quota aumenta sensibilmente nella fase postprandiale)1,16. Recenti evidenze suggeriscono inoltre che l’accumulo di trigliceridi a livello epatico possa rappresenta- re, esso stesso, una fonte di ulteriore esacerbazione dell’in- sulino-resistenza a livello epatico, muscolare e del tessuto adiposo mediante la secrezione da parte del fegato di diver- se citochine in grado di antagonizzare l’azione insulinica sistemica13-16. La NAFLD di per sé può diventare, pertanto, un importante fattore in grado di peggiorare lo stato di insu- lino-resistenza epatica e sistemica, innescando un circolo vizioso in grado di amplificare e peggiorare ulteriormente entrambe le condizioni.

Tuttavia, la notevole rilevanza clinica della NAFLD è rappre- sentata non solo dalla sua forte associazione con l’obesità e le altre comorbilità tipiche della sindrome metabolica, ma anche dalla sua potenzialità evolutiva verso gli stadi istologi- ci più avanzati di epatopatia come la cirrosi, l’insufficienza epatica terminale e l’HCC1-4.

Come accennato in precedenza, tuttavia, solo una piccola parte di pazienti con steatosi semplice progredisce verso le forme più avanzate di NAFLD. I meccanismi fisiopatologici che favoriscono la progressione da steatosi semplice a NASH sono complessi e non ancora del tutto chiariti, ma certamente coinvolgono molteplici fattori genetici e acquisiti (tra cui l’insulino-resistenza, l’iperferritinemia e la riduzione dell’adiponectina) con conseguente danno mitocondriale, incremento di sostanze reattive dell’ossigeno (reactive oxi- gen species, ROS), perossidazione dei lipidi epatocitari, induzione di Fas-ligando e di svariate citochine proinfiamma- torie e profibrotiche che inducono infiammazione, danno e apoptosi degli epatociti, attivazione delle cellule stellate e progressione verso le forme più severe della NAFLD1,4,16-18. Recenti studi suggeriscono il coinvolgimento di diversi geni (tra cui varianti genetiche del gene patatin-like phospholipa- se encoding 3 – PNPLA3 – e del gene apolipoprotein C3) nello sviluppo e nella progressione della NAFLD17,18. Tuttavia, i risultati di tali studi, benché rivestano un potenziale di note- vole interesse per la comprensione dei meccanismi biologici che spiegano lo sviluppo e la progressione della NAFLD, necessitano di essere confermati in più ampie casistiche e in vari gruppi etnici.

Epidemiologia della NAFLD nella popolazione generale

La reale prevalenza della NAFLD non è nota sia per la man- canza di indagini diagnostiche sufficientemente specifiche e sensibili da essere utilizzabili su larga scala sia perché tale patologia risulta spesso asintomatica e priva di alterazioni significative dei parametri ematochimici di laboratorio. Le stime di prevalenza vengono pertanto dedotte da criteri indi-

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retti, come il rialzo sierico delle transaminasi o la presenza di steatosi all’ecografia epatica, e possono quindi variare ampiamente nei diversi studi epidemiologici a seconda del criterio diagnostico che viene utilizzato.

Pur tuttavia, la NAFLD rappresenta attualmente la causa più frequente di alterazione degli enzimi epatici nella pratica cli- nica, rappresentando circa il 70-80% delle cause di elevazio- ne cronica degli enzimi epatici nella popolazione generale adulta negli Stati Uniti e in Europa1-4,19,20. Diversi studi di popolazione, che hanno diagnosticato la NAFLD mediante l’ecografia epatica (che è una metodica che ha un’ottima sensibilità e sensibilità nella diagnosi di steatosi quando l’in- filtrazione di grasso nel fegato è superiore al 30%), stimano che il 20-35% degli individui adulti nei Paesi occidentali è affetto da NAFLD3,4,20. Nel Dallas Heart Study, condotto su oltre 2000 soggetti di differente etnia, la NAFLD è invece stata diagnosticata mediante RMN in spettroscopia che è attualmente l’unica metodica radiologica in grado di misura- re in maniera accurata la quantità dei trigliceridi intraepatici.

La prevalenza globale della NAFLD in tale studio è risultata essere pari al 31% con prevalenze più elevate negli Ispanici americani (45%), intermedie nei bianchi (32%) e più basse negli Americani di razza nera (24%)5. La prevalenza della NASH nella popolazione generale è stimabile con ancora maggiore difficoltà rispetto alla steatosi in quanto presuppo- ne l’uso della biopsia epatica (che è l’unica metodica in grado di valutare esattamente il grado di necroinfiammazio- ne e fibrosi epatica), ma pare essere pari al 3-5%3,4,20. Benché la prevalenza della NAFLD sia maggiore nella fascia di età compresa fra 40 e 70 anni3,4,20, la NAFLD è presente pressoché in tutte le fasce d’età, inclusa quella pediatrica, come segnalato da recenti dati epidemiologici che hanno evidenziato una prevalenza della NAFLD pari a ~10% in bambini e adolescenti, e che hanno tra l’altro stimato che nei prossimi anni vi sarà un progressivo incremento della preva- lenza e incidenza della NAFLD a causa della crescente epi- demia di obesità nell’età pediatrica e scolare21.

Epidemiologia della NAFLD nel diabete di tipo 2

In considerazione del fatto che la resistenza insulinica rap- presenta un fattore patogenetico essenziale nella comparsa del diabete mellito di tipo 2 e che un’aumentata resistenza insulinica è riscontrabile in circa il 60-80% dei pazienti affetti da NAFLD (e pressoché nel 100% di tali pazienti se misura- ta mediante clamp euglicemico iperinsulinemico)1-6,22, non stupisce che la NAFLD sia presente in un’ampia proporzione di pazienti affetti da diabete di tipo 2.

La prevalenza della NAFLD nel diabete di tipo 2 varia fra il

~50 e 75% dei pazienti diabetici di tipo 2, potendo arrivare anche a valori più elevati a seconda del grado di obesità pre- sente nella popolazione esaminata23-26. A tale proposito, in uno studio condotto su una coorte di 2839 diabetici di tipo 2 ambulatoriali del Valpolicella Heart Diabetes Study, abbia- mo documentato una prevalenza di steatosi epatica all’eco-

grafia addominale pari al 70%, individuando nella NAFLD la causa più frequente (~80%) di tale alterazione ecografica24. I diabetici di tipo 2 con NAFLD, rispetto a quelli senza, pre- sentano inoltre anomalie metaboliche più severe, incluso un maggior grado di obesità addominale, una maggiore fre- quenza di dislipidemia aterogena e ipertensione arteriosa, un compenso glicemico peggiore oltre a livelli più elevati di diversi marker infiammatori, tra i quali proteina C reattiva, interleuchina-6 e tumor necrosis factor-α23-28.

Rispetto ai soggetti non diabetici, i diabetici di tipo 2 non solo hanno una maggiore probabilità di avere la NAFLD, ma anche una maggiore probabilità di avere le forme istologiche più severe, come la fibrosi avanzata, la cirrosi e l’HCC1-4,18. In particolare, i pazienti con diabete di tipo 2 e NAFLD sono a maggior rischio di sviluppare NASH (la prevalenza della quale è pari a ~10-12% nei diabetici di tipo 2 vs 3-5% nei non dia- betici) e, conseguentemente, anche cirrosi e HCC29. In studi autoptici, la prevalenza della NASH risulta ancora più eleva- ta, pari circa al 25-40%, in caso di coesistenza di diabete di tipo 2 e obesità30. Mediante l’uso di marker non invasivi (come il fibrotest), la prevalenza di fibrosi epatica avanzata in una popolazione di oltre 1000 diabetici di tipo 2 è risultata essere assai elevata e pari al 5%31.

NAFLD e aumentato rischio di sviluppare diabete di tipo 2

In considerazione della forte associazione fra NAFLD e aumentata insulino-resistenza, diversi studi epidemiologici hanno valutato il possibile ruolo della NAFLD nel predire lo sviluppo di diabete di tipo 2. In alcuni di questi studi, la dia- gnosi di NAFLD è stata formulata mediante l’uso degli enzi- mi epatici, mentre in altri la NAFLD è stata diagnosticata mediante l’ecografia epatica.

Gli studi che hanno utilizzato gli enzimi epatici per la diagno- si di NAFLD (che sono tuttavia solo dei marker surrogati di NAFLD) hanno dimostrato che livelli moderatamente elevati di transaminasi e/o gamma-glutamiltransferasi (GGT) si associavano a un’aumentata incidenza di diabete di tipo 2 e di altre componenti della sindrome metabolica, indipenden- temente dai principali fattori di rischio concomitanti32-36. Tali conclusioni sono state confermate anche dai recenti risultati del “Bogalusa Heart Study” che includeva un’ampia coorte di soggetti di età giovane-adulta, che erano seguiti per un follow-up di oltre 15 anni37. Una recente metanalisi di 18 ampi studi prospettici ha confermato che moderati incre- menti di ALT e GGT erano indipendentemente associati a un rischio, rispettivamente, doppio e triplo di sviluppare diabete di tipo 236.

Negli ultimi anni sono stati pubblicati una serie di ampi studi prospettici, prevalentemente condotti su popolazioni asiati- che, che hanno chiaramente dimostrato che la presenza di NAFLD, diagnosticata mediante ecografia epatica, si asso- ciava a un rischio 2-4 volte più elevato di sviluppare diabete di tipo 2, indipendentemente dai principali fattori di rischio concomitanti38-41. In un recente studio longitudinale condot-

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to su una popolazione di ~8000 soggetti non diabetici è stato, tra l’altro, rilevato che il potere predittivo della NAFLD, diagnosticata mediante ecografia, nei confronti dello svilup- po di diabete, era più spiccato in caso di coesistenza di alte- rata glicemia a digiuno42.

Infine, è importante ricordare che in uno studio condotto su una coorte di 129 pazienti con NAFLD diagnosticata mediante biopsia epatica, è stato documentato che i pazien- ti con NASH avevano un rischio marcatamente elevato di sviluppare diabete di tipo 2 e/o alterata tolleranza glucidica rispetto ai pazienti con steatosi semplice nel corso di un follow-up della durata di ~14 anni43.

Diabete e aumentato rischio di progressione della NAFLD

Nella coorte di diabetici di tipo 2 del Verona Diabetes Study (n = 7148, seguiti per un follow-up medio di 5 anni) il rischio di morte per cause epatiche (principalmente dovute a cirro- si) era significativamente più elevato rispetto a quello della popolazione generale e superiore perfino al rischio di morte per cause cardiovascolari (il tasso standardizzato di mortali- tà – standardized mortality ratio, SMR – nei diabetici era infatti di 2,5 per le cause di morte epatiche e di 1,3 per quel- le cardiovascolari)44.

Un recente studio osservazionale, condotto da investigatori canadesi su circa 2 milioni e mezzo di soggetti, ha conferma- to che la presenza di diabete neodiagnosticato si associava a un rischio pressoché doppio di sviluppare forme di epatopa- tia severa (quali cirrosi, scompenso epatico e necessità di tra- pianto) rispetto alla popolazione non diabetica, indipendente- mente dai fattori di rischio classici45. In questo studio, tuttavia, come anche nel Verona Diabetes Study, non era possibile dif- ferenziare la NAFLD dalle altre cause di epatopatia cronica.

Come già ricordato in precedenza, in letteratura esiste una consistente evidenza che il diabete di tipo 2 e l’obesità – assieme a un’età di oltre 45 anni e a un rapporto AST/ALT superiore a 1 – rappresentino i principali e più importanti fat- tori di rischio di progressione della NAFLD verso la fibrosi avanzata e la cirrosi1-4. La presenza della NASH ha un eleva- to rischio di progressione verso la cirrosi e l’insufficienza epa- tica terminale, con incremento significativo del tasso di mor- talità legata a complicanze epatiche che, nei pazienti con NASH, può raggiungere livelli fino al 20-25% dei casi, nel corso di un follow-up di circa 20 anni1-4. La steatosi sempli- ce ha, al contrario, una prognosi generalmente benigna con un rischio minimo di evoluzione agli stadi più avanzati di epa- topatia; l’evoluzione in cirrosi avviene nell’1-3% dei casi nel- l’arco di 15-20 anni con un tasso di mortalità per cause lega- te a complicanze epatiche nell’1% dei casi1-4. Globalmente, la presenza del diabete di tipo 2 nei pazienti con NAFLD determina un aumento di circa 2-4 volte del rischio di morta- lità totale e un incremento di oltre 20 volte del rischio di morte per cause epatiche18,29,46.

Recenti studi epidemiologici hanno inoltre evidenziato una significativa associazione tra diabete di tipo 2, NAFLD/NASH

e rischio di sviluppare HCC, indipendentemente dai fattori di rischio classici (quali abuso alcolico ed epatite virale C)47. I meccanismi alla base di tale associazione non sono comple- tamente noti anche se viene riconosciuto un potenziale ruolo causale a fattori quali l’iperinsulinemia/insulino-resistenza, la lipotossicità, il rilascio di citochine proinfiammatorie e l’au- mentato stress ossidativo47. Globalmente, la progressione della NAFLD verso l’HCC rimane una complicanza piuttosto rara ma è significativamente più elevata nei pazienti affetti da obesità e diabete di tipo 2. Vari studi epidemiologici hanno sti- mato che il rischio di sviluppare HCC è aumentato da 2 a 4 volte nella popolazione affetta da diabete rispetto alla popola- zione non diabetica47. Alcuni studi retrospettivi condotti su pazienti affetti da NAFLD suggeriscono che circa il 5-20% dei pazienti con NASH (la maggioranza dei quali è affetta da dia- bete o da alterata tolleranza glucidica) che hanno sviluppato cirrosi progrediscono poi verso l’HCC durante il follow-up dello studio35,43,46. La prevalenza di HCC al termine degli studi longitudinali, che hanno arruolato pazienti affetti da NASH, è di circa 0,5-3% dopo circa 15 anni di follow-up43,46. In alcune recenti e ampie casistiche di pazienti affetti da HCC, la preva- lenza della NASH/cirrosi come possibile causa della neopla- sia epatica era compresa fra il 7% e il 20%47. Pur rimanendo la cirrosi HCV-correlata e la cirrosi alcolica le principali cause di HCC, la NAFLD rappresenta attualmente una causa emer- gente che avrà un considerevole impatto clinico in futuro, in considerazione del notevole e progressivo incremento della sua prevalenza nei Paesi occidentali.

NAFLD e aumentato rischio

di complicanze croniche nel diabete

NAFLD e aumentata prevalenza e incidenza di malattia cardiovascolare nel diabete

È noto che la NAFLD/NASH si associa a un aumentato rischio cardiovascolare sia nella popolazione non diabetica sia in quella affetta da diabete di tipo 248.

Per quanto riguarda gli studi condotti specificatamente su diabetici di tipo 2 con NAFLD, è stata documentata un’asso- ciazione significativa tra NAFLD e aumentata prevalenza di malattia cardiovascolare sia preclinica (disfunzione endotelia- le e aumentato ispessimento medio-intimale carotideo) sia clinicamente manifesta.

Benché non confermata da tutti gli studi49,50, una recente metanalisi di 7 studi osservazionali (che includeva ~3500 soggetti con e senza diabete) ha confermato l’esistenza di una forte associazione della NAFLD, diagnosticata mediante ecografia, con un elevato spessore medio-intimale carotideo e con un’aumentata prevalenza di placche aterosclerotiche carotidee51. Per esempio, in un nostro studio, abbiamo evi- denziato che diabetici di tipo 2 (in trattamento dietetico) con NAFLD avevano uno spessore medio-intimale carotideo marcatamente più elevato rispetto ai diabetici senza steato- si all’ecografia epatica; tali differenze rimanevano significative

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dopo aggiustamento per età, sesso, BMI, durata del diabe- te, emoglobina A1c, microalbuminuria e presenza di sindrome metabolica, ma venivano attenuate in caso di ulteriore aggiu- stamento per resistenza insulinica52. In un altro studio, che includeva sia pazienti diabetici sia non diabetici, abbiamo documentato che esisteva una forte associazione fra spes- sore carotideo e severità istologica della NAFLD con valori più elevati di spessore carotideo in quelli con NASH, inter- medi in quelli con steatosi semplice e più bassi nei soggetti senza steatosi53.

Altri autori hanno dimostrato che un’aumentata quantità di grasso intraepatico, misurato mediante RMN in spettrosco- pia, risultava essere associata a una ridotta perfusione mio- cardica in diabetici di tipo 2 affetti da cardiopatia ischemica cronica, indipendentemente dai fattori di rischio cardiova- scolare concomitanti, incluse adiposità viscerale e sensibilità insulinica54,55. Recentemente, abbiamo dimostrato che dia- betici di tipo 2 con NAFLD manifestano delle alterazioni pre- coci di disfunzione diastolica ventricolare (valutata mediante ecocardiogramma combinata con metodica tissue doppler) rispetto ai diabetici senza steatosi, indipendentemente dai fattori di rischio cardiovascolare concomitanti56.

In riferimento all’associazione tra NAFLD e aumentata preva- lenza di malattia cardiovascolare clinicamente manifesta, il nostro gruppo ha dimostrato, in circa 3000 diabetici di tipo 2 ambulatoriali, che la prevalenza di malattia cardiovascolare a livello coronarico, cerebrovascolare e agli arti inferiori è signi- ficativamente maggiore nei diabetici di tipo 2 con NAFLD rispetto a quelli che non avevano steatosi all’ecografia, indi- pendentemente da molteplici fattori di rischio cardiovascola- re concomitanti, inclusi le componenti della sindrome meta- bolica e l’uso di farmaci ipolipemizzanti, antiaggreganti e antipertensivi24. Analoghi risultati sono stati rilevati anche in pazienti adulti affetti da diabete di tipo 157.

Nonostante sia noto che la NAFLD si associa a un aumen - tato rischio cardiovascolare48, in letteratura esistono pochi studi che abbiano valutato l’associazione tra NAFLD e aumentata incidenza di mortalità e morbilità cardiovascolare nei diabetici di tipo 2. In uno studio retrospettivo condotto da Adams e collaboratori su un campione di 337 diabetici di tipo 2 con e senza NAFLD, che erano seguiti per un follow- up di circa 11 anni, è emerso un tasso di mortalità totale (più frequentemente per malattia cardiovascolare e neoplasie) che era maggiore nei pazienti con NAFLD rispetto a quelli senza steatosi, indipendentemente dai fattori di rischio con- comitanti58. Infine, nel Valpolicella Heart Diabetes Study, con- dotto su una coorte di oltre 2000 diabetici di tipo 2 ambula- toriali, che erano esenti da malattia cardiovascolare, cirrosi ed epatite virale al baseline, la presenza di NAFLD, diagno- sticata mediante ecografia, era significativamente associata a un’aumentata incidenza di mortalità e morbilità cardiova- scolare, indipendentemente dai fattori di rischio cardiovasco- lare concomitanti59,60.

Sono tuttavia necessari ulteriori studi per valutare il ruolo pre- dittivo della NAFLD nei confronti del rischio di mortalità e morbilità cardiovascolare nei diabetici di tipo 2 e per chiarire il possibile nesso patogenetico esistente tra NAFLD e malat- tia cardiovascolare.

NAFLD e aumentata prevalenza e incidenza di malattia renale cronica nel diabete

Come documentato in una nostra recente rassegna, vi è cre- scente evidenza in letteratura che la NAFLD si associ a un’aumentata prevalenza e incidenza di CKD sia nella popo- lazione non diabetica sia in quella affetta da diabete61. Tra gli investigatori che hanno valutato tale associazione nella popolazione diabetica, Hwang e collaboratori hanno dimo- strato che, in una coorte di ~1300 pazienti con ridotta tolle- ranza ai carboidrati e/o diabete neodiagnosticato dopo curva da carico orale di glucosio, vi era una prevalenza di microalbuminuria che era da 4 a 6 volte maggiore nei pazien- ti con NAFLD rispetto a quelli che non avevano steatosi all’e- cografia epatica62. Recentemente, nello studio NHANES-III (Third National Health and Nutrition Examination Survey), che è un’ampio studio di popolazione che include oltre 13.000 Americani di età oltre 18 anni, è stato documentato che livelli moderatamente elevati di GGT si associavano indipendente- mente a un’elevata prevalenza di CKD sia nella popolazione in toto sia nella sottopopolazione di quelli affetti da diabete63. Nel Valpolicella Heart Diabetes Study è stata dimostrata una prevalenza circa doppia di CKD (15% vs 9% rispettivamen- te, p < 0,001) nei diabetici di tipo 2 con NAFLD rispetto a quelli che non avevano steatosi all’ecografica epatica64. In tale studio è stata anche rilevata la presenza di una significa- tiva associazione fra NAFLD e presenza di un’altra compli- canza microvascolare tipica del diabete, quale la retinopatia.

La presenza della NAFLD risultava inoltre associata con CKD e retinopatia proliferativa e/o già laser-trattata, indipendente- mente dai fattori di rischio concomitanti, incluse le compo- nenti della sindrome metabolica64. Analoghi risultati sono stati rilevati in pazienti adulti affetti da diabete di tipo 165. Attualmente esiste in letteratura un unico studio prospettico che ha esaminato l’associazione tra NAFLD e incidenza di CKD nella popolazione diabetica66. Nella coorte originale del Valpolicella Heart Diabetes Study abbiamo selezionato un gruppo di ~1800 diabetici di tipo 2 con preservata funzione renale al baseline. Durante un follow-up della durata di

~6 anni, la NAFLD si associava in maniera indipendente a una maggiore incidenza di CKD (definita come filtrato glome- rulare stimato < 60 ml/min/1,73 m2e/o macroalbuminuria)66. Complessivamente i risultati di questi studi suggeriscono l’e- sistenza di una significativa associazione tra NAFLD e aumentata prevalenza di CKD nella popolazione diabetica.

Ulteriori studi sono necessari per verificare l’effettivo valore prognostico della NAFLD nei confronti dello sviluppo e della progressione della CKD nei diabetici.

NAFLD e complicanze croniche del diabete:

possibili legami fisiopatologici

I possibili meccanismi attraverso cui la NAFLD può determi- nare un incremento del rischio di sviluppare complicanze croniche vascolari del diabete non sono completamente chiari. Le strette interconnessioni della NAFLD con l’obesità viscerale e l’insulino-resistenza rendono estremamente diffi-

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cile discriminare con precisione i possibili meccanismi fisio- patologici che legano la NAFLD con lo sviluppo di tali com- plicanze.

È ancora dibattuto se la NAFLD possa contribuire di per sé all’aumentato rischio cardiovascolare e renale o se tale rela- zione sia mediata esclusivamente dalla presenza dei fattori di rischio coesistenti. Tuttavia, sulla base delle attuali cono- scenze – come anche schematizzato nella tabella 2 – sem- bra che la NAFLD, specie nella sua forma necroinfiammato- ria (NASH), possa contribuire direttamente allo sviluppo e alla progressione delle complicanze cardiovascolari e renali attraverso il rilascio di molteplici mediatori proinfiammatori e procoagulanti da parte del fegato grasso e infiammato, tra cui proteina C reattiva, TNF-α, transforming growth factor-β, interleuchina-6, fibrinogeno, inibitore dell’attivatore del plasminogeno (PAI-1) e altri fattori coagulativi. La NAFLD/NASH potrebbe inoltre contribuire allo sviluppo di complicanze macro- e microvascolari tramite un peggiora- mento del grado di insulino-resistenza epatico e sistemico e la comparsa di dislipidemia aterogena, che è tipicamente caratterizzata da elevati livelli di trigliceridi, ridotti livelli di colesterolo HDL, iperlipemia postprandiale e alterazioni qualitative del colesterolo LDL.

Per una più approfondita analisi dei possibili meccanismi che legano la NAFLD con lo sviluppo e la progressione delle complicanze macro- e microvascolari rimandiamo a recenti rassegne pubblicate dal nostro gruppo e da altri investiga- tori11,14,15,48,61,67,68.

Terapia della NAFLD nel diabete di tipo 2

La maggior parte degli studi di intervento che sono stati con- dotti al fine di trattare la NAFLD sono basati sulle medesime strategie terapeutiche comunemente impiegate per la tera- pia del diabete di tipo 2.

Attualmente, non è infatti ancora disponibile un trattamento eziologico della NAFLD. In considerazione della stretta asso- ciazione fisiopatologica esistente tra NAFLD, sindrome metabolica e aumentata insulino-resistenza, gli schemi tera- peutici sono principalmente indirizzati a migliorare la sensibi- lità insulinica, a modificare i fattori di rischio cardiometabolici eventualmente presenti e a proteggere il fegato dallo stress ossidativo e da altre possibili noxae patogene1-4,69.

Il trattamento della NAFLD, sia nel paziente diabetico sia in

quello non diabetico, dovrebbe pertanto iniziare con lo screening e la correzione dei principali fattori di rischio car- diometabolico presenti e potenzialmente coinvolti nella pato- genesi del danno epatico e di quello vascolare.

Il trattamento di primo livello in tutti i pazienti affetti da NAFLD consiste nel cambiamento dello stile di vita con la diminuzione dell’introito calorico giornaliero e l’incremento dell’attività fisica al fine di ottenere un moderato e progres- sivo calo ponderale e un contestuale miglioramento della sensibilità insulinica con conseguente correzione dei singoli componenti della sindrome metabolica eventualmente pre- senti1-4,69. In tutti i casi, i pazienti con NAFLD devono evita- re l’assunzione di bevande alcoliche, anche in quantità moderata, e l’uso cronico di farmaci potenzialmente epato- lesivi. Analoghe raccomandazioni dovranno riguardare la dismissione dell’abitudine tabagica, al fine di evitare un ulte- riore aggravamento del profilo di rischio cardiovascolare dei pazienti con NAFLD, soprattutto in caso di coesistente sin- drome metabolica.

Attualmente, la decisione di avviare un trattamento farmaco- logico dovrebbe essere limitata a quei pazienti con NAFLD che sono a rischio più elevato di sviluppare quadri epatici più severi, in particolar modo quelli con NASH e con obesità grave (su questi ultimi la chirurgia bariatrica risulta essere un trattamento estremamente efficace anche per la NASH, inducendo notevoli miglioramenti a livello dell’istologia epati- ca), con l’intento di arrestare la progressione della malattia epatica1-4,69.

Il problema principale riguardante la scelta del farmaco da impiegare per il trattamento della NASH deriva attualmente dalla scarsa disponibilità di trial clinici dotati di sufficiente qualità, che siano cioè stati disegnati in maniera randomizza- ta e in doppio-cieco, che abbiano incluso un sufficiente gruppo di pazienti, che abbiano utilizzato la biopsia epatica per la diagnosi e il monitoraggio della NASH e che abbiano un follow-up di durata adeguata. Va rimarcato inoltre il fatto che la maggior parte dei trial clinici attualmente disponibili hanno escluso i pazienti affetti da diabete di tipo 2, cosa abba stanza sorprendente se si considera l’elevata preva - lenza di diabete riscontrabile nella popolazione affetta da NAFLD/NASH.

Diversi studi con follow-up della durata fino a circa 2 anni, hanno dimostrato come i farmaci insulino-sensibilizzanti, specialmente i tiazolidinedioni, siano non solo in grado di migliorare i livelli circolanti degli enzimi epatici, ma anche l’i- stologia epatica, riducendo significativamente il grado di

Tabella 2 Possibili meccanismi attraverso cui la NAFLD/NASH può contribuire allo sviluppo e alla progressio- ne delle complicanze cardiovascolari e renali nel diabete.

1. Aumentato rilascio da parte del fegato di diversi mediatori pro-infiammatori (aumento di proteina C reattiva, interleuchina-6, tumor necrosis factor-α e altre proteine di fase acuta) e di fattori pro-coagulanti (aumento di inibitore dell’attivatore del plasminogeno [PAI-1], fibrinogeno, fattore VII, fattore VIII e altri fattori della coagulazione)

2. Aggravamento del grado di resistenza insulinica epatica e sistemica

3. Sviluppo della dislipidemia aterogena (attraverso l’aumentata produzione di particelle VLDL ricche di trigli- ceridi) e iperlipemia postprandiale

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steatosi e infiammazione, ma mantenendo sostanzialmente invariato il grado di fibrosi epatica nei pazienti con NASH70. Al contrario, gli studi che hanno valutato l’uso della metfor- mina nei pazienti con NASH hanno fornito risultati più con- trastanti ma, globalmente, sembrano suggerire che tale far- maco sia in grado di ridurre solo i livelli delle transaminasi senza migliorare in maniera significativa le caratteristiche istopatologiche della NASH69. Oltre ai farmaci insulino-sensi- bilizzanti è stato anche studiato il possibile ruolo terapeutico nella NASH degli inibitori del sistema renina-angiotensina (che sembrerebbero agire con meccanismo antifibrotico, agendo prevalentemente sulle cellule stellate intraepatiche), dei fibrati e di varie sostanze antiossidanti e di agenti epato- protettivi, come vitamina E, probucolo, betaina, pentossifilli- na e acido ursodesossicolico2-4,69. Tuttavia, al momento attuale, non esistono ancora dati sufficienti per raccomanda- re o sconsigliare l’impiego di tali sostanze per il trattamento della NAFLD/NASH.

Ulteriori ampi trial clinici randomizzati sono, tra l’altro, neces- sari per valutare l’efficacia e la sicurezza a lungo termine dei farmaci insulino-sensibilizzanti e di altri farmaci ipoglicemiz- zanti (per esempio, insulina, exenatide, liraglutide e altri incretino-mimetici) per il trattamento della NAFLD/NASH nei pazienti diabetici.

Conclusioni

L’interesse medico e scientifico per la NAFLD è progressiva- mente aumentato negli ultimi 5-6 anni a causa della crescen- te rilevanza epidemiologica di tale patologia sia nella popola- zione generale sia in quella diabetica e al suo potenziale ruolo prognostico nello sviluppo e nella progressione delle complicanze cardiovascolari e renali.

Vi è attualmente in letteratura una consolidata evidenza del fatto che la prevalenza di NAFLD è molto elevata nei pazien- ti affetti da diabete di tipo 2 e anche in quelli con diabete di tipo 1. La presenza di diabete rappresenta inoltre un impor- tante fattore di rischio di comparsa di NAFLD e di progres- sione di tale patologia verso le sue forme istologiche più severe (NASH, fibrosi avanzata e cirrosi). Nonostante il cre- scente numero dei dati clinici e sperimentali che suggerisco- no l’esistenza di un’associazione significativa della NAFLD/NASH con la presenza di malattia cardiovascolare e CKD nei diabetici, rimane tuttavia ancora da chiarire in maniera definitiva l’esistenza di un reale nesso causale tra tali condizioni. Ulteriori studi sono necessari per chiarire l’effetti- vo ruolo prognostico della NAFLD riguardo al rischio di svi- luppo e progressione delle complicanze cardiovascolari e renali nei diabetici e per verificare l’eventuale impatto benefi- co sortito dal trattamento della NAFLD sulla prevenzione e/o rallentamento della comparsa di tali complicanze.

In attesa di una delucidazione di tali aspetti, riteniamo tutta- via che il risvolto pratico derivante dalla constatazione dell’e- sistenza nel diabete di una elevata prevalenza ed evolutività della NAFLD e di una significativa associazione con la malat- tia cardiovascolare e renale, dovrebbe essere quello di rac-

comandare uno screening periodico della NAFLD (mediante l’esecuzione di ecografia e il dosaggio degli enzimi epatici e di altri semplici parametri ematochimici di routine che posso- no essere utili per il calcolo di score non invasivi di fibrosi epatica quali NAFLD fibrosis score, BARD score, FIB4 index e altri)2,3in tutti i pazienti diabetici, analogamente a quanto viene fatto periodicamente per le più importanti complicanze d’organo macro- e microvascolari del diabete (Tab. 1). I dia- betici con cirrosi e quelli con NAFLD che abbiano enzimi epatici cronicamente elevati e score non invasivi di fibrosi alterati dovranno successivamente essere inviati al gastroen- terologo per l’esecuzione delle indagini di secondo livello (tra cui elastografia con fibroscan e biopsia epatica) e per il moni- toraggio clinico della patologia epatica2,3.

Riteniamo inoltre utile raccomandare un approccio terapeu- tico multidisciplinare, dei pazienti diabetici affetti da NAFLD, che sia basato su un’attenta ricerca degli eventuali fattori di rischio coesistenti e su una vigile sorveglianza delle possibi- li complicanze cardiovascolari, renali ed epatiche. I medici di medicina generale e gli specialisti (diabetologi e gastroente- rologi) che curano i pazienti diabetici con NAFLD, e ancora di più quelli con NASH, dovrebbero non solo focalizzarsi sulla patologia epatica, ma anche riconoscere l’aumentato rischio di complicanze cardiovascolari e renali, trattando in maniera tempestiva e aggressiva tutti gli eventuali fattori di rischio coesistenti.

Conflitto di interessi

Nessuno.

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