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Ferite penetranti da arma bianca versus ferite da arma da fuoco Evitare laparotomie inutili Trauma addominale penetrante* 34

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Academic year: 2022

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Trauma addominale penetrante* 34

AVERYB. NATHENS

“È di fondamentale importanza che il chirurgo cerchi personalmente le ferite, che all’inizio non son state medicate da lui, per scoprirne la natura e l’estensione.”

(A. Belloste, 1701)

Secondo molti chirurghi dedicati prevalentemente all’urgenza, è molto più faci- le prendere una decisione in pazienti con trauma addominale penetrante che non in pazienti con trauma chiuso. La ragione principale? Nei pazienti con trauma addomi- nale penetrante non vi è quella “alterazione del sensorio” causata da un trauma cra- nico che renderebbe più difficile l’esame clinico ed inoltre si è visto poi che la causa di una eventuale emorragia in pazienti instabili è, di solito, localizzata in addome.

Questi fattori rendono inutile l’esecuzione di una serie di lunghi e costosi esami radiologici e, di fatti, a parte le eccezioni (descritte in questo capitolo),la diagnostica per immagini non svolge alcun ruolo nei pazienti con lesioni addominali penetranti.

Evitare laparotomie inutili

L’obiettivo fondamentale è operare tempestivamente i pazienti, senza eccede- re in interventi inutili. A tal fine molti chirurghi si dilungano nel sottolineare la distinzione tra una laparotomia negativa ed una laparotomia non terapeutica, intendendo per laparotomia negativa un intervento durante il quale la lesione non viene identificata, mentre per laparotomia non terapeutica, un intervento in cui la lesione è sì identificata ma, in realtà, non sarebbe stato necessario alcun intervento chirurgico per trattare tale lesione. Ad esempio, un intervento durante il quale ven- ga identificata una ferita penetrante da arma “bianca” del fegato, non sanguinante, è considerato una laparotomia non terapeutica. Potrei definire questi “distinguo”

una questione di “lana caprina” in quanto, in entrambi i casi, il paziente SUBISCE le conseguenze di un trattamento costoso ed INUTILE, senza trarne beneficio.

Ferite penetranti da arma bianca versus ferite da arma da fuoco L’approccio ai pazienti con ferite addominali da arma da fuoco è significati- vamente diverso da quello per ferite penetranti da arma bianca (o da altro tipo di impalamento). Di fatti, quasi tutte le ferite da arma da fuoco che interessano l’ad-

* Al termine del capitolo troverete un commento dei curatori.

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dome, richiedono un intervento chirurgico e, in quasi tutti i casi, l’intervento rile- va lesioni che necessitano di una riparazione chirurgica.

La percentuale di lesioni, invece, riscontrate nelle ferite penetranti da arma bianca, è molto più bassa e, per tale motivo, la maggior parte dei chirurghi (intel- ligenti) adotta un “approccio selettivo” che giustifichi la necessità di un intervento.

Ora, da quando i chirurghi hanno acquisito una maggiore esperienza nel tratta- mento selettivo non chirurgico delle ferite penetranti da arma bianca (ferite da punta, taglio, punta e taglio), alcuni di essi hanno iniziato ad adottare un approc- cio simile anche nei pazienti con ferite da arma da fuoco.

Ferite penetranti addominali da arma bianca

Il decision-making nei pazienti con ferite penetranti addominali da arma bianca richiede una iniziale valutazione dei segni vitali.In tutti i pazienti con segni vitali instabili – ipotensione o tachicardia persistente – nel caso in cui si sospetti che questi siano dovuti ad una emorragia, è indicata una laparotomia esplorativa d’urgenza.

Nei pazienti con ferite penetranti da arma bianca localizzate ai quadranti addominali superiori o toraco-addominali (tra i capezzoli e l’arcata costale), è necessario innanzitutto eseguire una Rx del torace per escludere un emotorace o un pneumotorace importante – che potrebbero rappresentare un pericolo immediato per la vita del paziente e/o alterare i piani chirurgici. Nei pazienti con lesioni in epi- gastrio è importante prendere in considerazione anche l’eventualità di un tampo- namento cardiaco dovuto ad una lacerazione ventricolare: di solito non c’è né il tempo né il bisogno di eseguire un accertamento radiologico per diagnosticare il tamponamento, in quanto alla laparotomia, scopriremo se la traiettoria della ferita è al di sopra del diaframma o se lo attraversa. In questo caso è d’obbligo l’esecu- zione rapida di una finestra pericardica e la conversione in una sternotomia.

Se il paziente ha valori emodinamici normali, l’altro fattore determinante è la comparsa di una peritonite, e quindi un quadro clinico che indica la presenza di un danno ad un viscere cavo (ad es. stomaco, intestino tenue o colon). La diagnosi di peritonite non è subito evidente poiché, molti di questi pazienti presentano dolore localizzato in sede di penetrazione. Naturalmente, se è presente una peritonite dif- fusa, è d’obbligo una laparotomia esplorativa.

Oltre alla peritonite diffusa ed all’instabilità emodinamica, la sola altra indi- cazione ad una laparotomia esplorativa, al momento del ricovero, è la presenza di un coltello o altro strumento appuntito, rimasto conficcato in addome. Dato che questo potrebbe tamponare una grave lesione arteriosa o venosa, deve essere rimos- so sotto visione diretta in sala operatoria!

A volte, una penetrazione in cavità addominale si manifesta con la eviscera- zione dell’omento o dell’intestino attraverso la ferita. È possibile che questi pazien- ti abbiano un viscere cavo lesionato, perciò devono essere sottoposti ad una lapa- rotomia esplorativa per riportare il contenuto erniato in cavità, sotto visione diret- ta, escludendo poi all’esplorazione altre lesioni, quindi, suturare correttamente la fascia.

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Il paziente “asintomatico”

È più complicato prendere delle decisioni nei pazienti relativamente asinto- matici, che non fanno parte di quel gruppo – sopraelencato – con manifestazioni cliniche ed indicazioni all’intervento ben definite. Il primo problema da risolvere è se vi sia o meno penetrazione in cavità addominale.Di tutte le ferite penetranti da punta/taglio dell’addome, un terzo non presenta penetrazione in cavità addomina- le ed un altro terzo presenta penetrazione senza però una lesione addominale signi- ficativa.Di solito, l’esplorazione della ferita in anestesia locale, provvisti di corretta illuminazione, consente di valutare se il peritoneo è stato danneggiato.

Se è possibile stabilire con certezza che non c’è penetrazione in cavità addo- minale, il paziente può essere tranquillamente dimesso dal Pronto Soccorso.

In caso di penetrazione in cavità addominale, confermata all’esplorazione del- la ferita, esistono due diversi atteggiamenti:

Il primo, adottato da molti chirurghi esperti, è il ricovero in osservazione e l’esecuzione di indagini e visite a breve intervallo l’una dall’altra (esami seriati): si tratta di un controllo attivo che richiede l’esame ripetuto, ad intervalli predefiniti, dell’ematocrito, il monitoraggio dei segni vitali ogni ora e ripetute rivalutazioni cli- niche dell’addome, ad intervalli non superiori alle 4 ore per 24 ore. Qualsiasi segno di deterioramento o variazioni all’esame clinico dell’addome richiede l’esecuzione di una laparotomia esplorativa.

Il secondo, adottato in alcuni ospedali, utilizza il lavaggio peritoneale per arrivare, eventualmente, ad una diagnosi più tempestiva della lesione endo-addo- minale. Il limite del numero dei globuli rossi, considerato indicazione alla laparo- tomia, è inferiore a quello per i traumi chiusi: di solito tra 1000 e 10000 cellule/dl.

Più basso è il limite, più alta sarà la percentuale di laparotomie negative o non terapeutiche. L’alta percentuale di laparotomie negative rappresenta il problema principale di questo approccio. Invece, la percentuale di laparotomie negative in coloro che attuano “l’osservazione attiva” è, come c’è da aspettarsi, molto più bassa.

Esami radiologici aggiuntivi

Nei pazienti con ferite penetranti da arma bianca al dorso, in regione lomba- re, o al fianco, il rischio di lesioni addominali è piuttosto basso. Tuttavia, il colon retroperitoneale, il duodeno, i reni, l’uretere e le maggiori strutture vascolari sono tutti a rischio. Le lesioni retroperitoneali del colon o del duodeno si manifestano, naturalmente, sempre più tardivamente di quelle intraperitoneali e sono associate ad una significativa morbilità.

Può invece non essere necessario operare ferite penetranti da arma bianca ai reni. Data la potenziale morbilità dovuta ad un notevole ritardo nella diagnosi delle lesioni retroperitoneali, dovrebbe essere eseguita una TC addome con mezzo di con- trasto ev, per os e rettale che opacizzi tutto il colon: ci consentirà una tempestiva dia-

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gnosi di quelle lesioni che richiederanno una riparazione chirurgica. Questo approc- cio, naturalmente, è indicato soltanto se non ci sono altre ragioni per cui intervenire.

Il diaframma

Esistono numerose controversie sulla storia naturale delle ferite da arma bian- ca al diaframma. È probabile che molte di queste rimangano silenti, senza alcuna conseguenza per tutto il periodo di vita del paziente. Oppure potrebbe esserci il rischio di una erniazione trans-diaframmatica “cronica” con possibili complicanze tardive, come uno strangolamento viscerale, il che richiederà, in seguito, una ripa- razione più complessa.

Per questo motivo, nei pazienti con ferite toraco-addominali penetranti da arma bianca senza altre indicazioni all’intervento, dovrebbe essere eseguita una laparoscopia (o toracoscopia) diagnostica per valutare le condizioni del diaframma.

Se c’è una lesione diaframmatica convertiamo in laparotomia per escludere even- tuali danni ad organi cavi dato che la sensibilità della laparoscopia nell’identificare tali lesioni è bassa. In corso di laparotomia, è eseguita una esplorazione completa con riparazione delle lesioni. Se alla laparoscopia per una ferita toraco-addomina- le destra viene identificata una lacerazione epatica non sanguinante, il più delle vol- te sarà possibile riparare la lacerazione diaframmatica laparoscopicamente evitan- do così una laparotomia.

Ferite da arma da fuoco all’addome

Un tempo il trattamento standard delle ferite da arma da fuoco all’addome era la laparotomia.La base logica su cui si basava questo approccio era duplice. In primo luogo, l’incidenza delle lesioni che richiedevano una riparazione era considerata così alta che la percentuale di laparotomie negative era minima. In secondo luogo, la mor- bilità associata ad una laparotomia negativa era considerata poco importante.

Trattamento non chirurgico

Poiché nella popolazione civile le percentuali di laparotomie negative sono più elevate (per l’uso di proiettili meno distruttivi) e poiché vi è una maggiore consape- volezza che una laparotomia negativa si associa ad un’alta percentuale di compli- canze e costi, alcuni chirurghi, dedicati prevalentemente all’urgenza, hanno iniziato a rivalutare la situazione.C’è un trend in crescita che riguarda il trattamento seletti- vo non chirurgico di pazienti stabili senza manifestazioni cliniche di peritonite.

Questi pazienti sono tenuti sotto osservazione attiva, come nel caso delle ferite pene- tranti da arma bianca. Se i pazienti sono stati ben selezionati, circa 1/3 se la cava sen- za essere sottoposto ad una laparotomia. La mancata risposta da parte del paziente al trattamento non chirurgico avviene generalmente nelle prime 4 ore. Per il succes- so del trattamento conservativo, sono necessari esperienza, buon senso clinico e, non

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di rado, l’utilizzo della TC addome – di ausilio nell’individuare la traiettoria del proiettile. Certi scenari clinici sono più idonei ad un trattamento selettivo. Ad esem- pio, una ferita da arma da fuoco in regione toraco-addominale destra (tra il capez- zolo e l’arcata costale destra) interessa il fegato ed il diaframma. Poiché il fegato impedisce l’erniazione dei visceri attraverso il diaframma lesionato, ci sarebbe ben poco da guadagnare sottoponendo un paziente stabile ad intervento chirurgico!

Quindi, come per le ferite penetranti da arma bianca, la storia naturale di questo tipo di lesioni diaframmatiche è sconosciuta e potrebbe essere associata a percentuali significative di morbilità tardiva. Un altro scenario clinico idoneo al trattamento conservativo selettivo è quello di una ferita da arma da fuoco transpelvica bassa.

Questo tipo di ferita può danneggiare il retto, la vescica ed i vasi iliaci. Nel caso fos- se possibile determinare, associando una sigmoidoscopia, una TC ed una cistografia, che la traiettoria del proiettile è extra-peritoneale ed escludere un danno a queste strutture, allora potrebbe essere corretto adottare un trattamento non chirurgico.

Se non fosse possibile escludere con certezza una lesione intra-peritoneale con una TC, potrebbe essere necessario eseguire un lavaggio peritoneale diagnostico.

Come per le ferite penetranti da punta/taglio, un trattamento non chirurgico riuscito implica un “controllo attivo”. Se la mancanza di risorse o di personale non garantisce la possibilità di poter effettuare una rivalutazione seriata ed un monitorag- gio attento, allora si deve convenire, in questo caso, che l’atteggiamento più saggio da seguire nelle ferite da arma da fuoco è l’esecuzione di una laparotomia di routine.

Come eseguire la laparotomia

Il paziente deve essere preparato dal collo alle ginocchia così che il chirurgo possa accedere sia alle strutture intra-toraciche che ai vasi inguinali. Con una inci- sione mediana xifo-pubica si accede a tutto l’addome: questa dovrebbe essere l’in- cisione di scelta nei pazienti instabili. Non è opportuno perdere troppo tempo per cercare di ottenere una esposizione migliore mentre si tenta di controllare l’emor- ragia. In pazienti stabili con ferite penetranti da arma bianca o da fuoco potrebbe- ro essere eseguite incisioni più limitate. Se è presente un cospicuo emoperitoneo, tamponare (packing) tutti e quattro i quadranti – sia per arrestare una emorragia in atto che per consentire all’anestesista di reintegrare il volume intra-vascolare. Le pezze vengono rimosse in sequenza, iniziando con quelle dei quadranti in cui è meno probabile che vi sia un sanguinamento in atto.

Individuata e dominata la causa dell’emorragia, si riesamina più accuratamente tutta la cavità addominale. È fondamentale crearsi una immagine mentale della traiet- toria del proiettile (o dell’arnese appuntito) in modo da eseguire una completa valu- tazione di tutte le strutture lungo la traiettoria. Al tempo stesso dovete considerare che il paziente avrebbe potuto presentarsi all’assalitore in una posizione contorta o ran- nicchiata nel tentativo di evitare di essere ferito, perciò lesioni intra-peritoneali singo- le potrebbero essere anatomicamente distanti le une dalle altre. Quando valutate una lesione ad un organo cavo, c’è quasi sempre un numero uguale di fori. In casi rari que- sta regola non è valida, ad esempio quando la lesione è tangenziale all’intestino o i

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frammenti del proiettile penetrano nel lume intestinale. È necessaria molta accuratez- za, soprattutto per le ferite da arma bianca all’intestino: queste di fatti potrebbero esse- re poco visibili. Non ha senso sottoporre il paziente ad un intervento per poi non rico- noscere una lesione. Per l’esplorazione addominale consultate anche ilCap. 11. Il trattamento delle lesioni ad organi specifici è accennato nel Cap. 35.

Sintesi

Le ferite penetranti da arma bianca all’addome devono essere trattate seletti- vamente, evitando un numero elevato di laparotomie negative (Fig. 34.1).

Se una esplorazione locale della ferita non dimostra penetrazione peritonea- le, il paziente può essere dimesso.

Se il paziente è stabile, senza peritonite o eviscerazione intestinale od omen- tale, deve essere tenuto sotto osservazione mediante esami seriati dell’addo- me, dell’emoglobina e dei globuli bianchi. In caso di peggioramento dello sta- to clinico è necessario eseguire una laparotomia.

Nei pazienti con ferite toraco-addominali penetranti da arma bianca, senza ulteriori indicazioni ad una laparotomia, un intervento laparoscopico esclude lesioni diaframmatiche.

Gli esami radiologici non hanno alcun ruolo se non nei pazienti con ferite penetranti da arma bianca al dorso, in regione lombare o al fianco; in questo caso una TC con mezzo di contrasto ev, per os e rettale per opacizzare il colon, può identificare i pochi pazienti che devono essere operati.

Ferita da arma bianca

Instabilità emodinamica o peritonite diffusa

o eviscerante Dimissione

dal PS

No Nessuna

penetrazione fasciale

Esplorazione della ferita

Penetrazione fasciale provata o incerta

Addome anteriore

Dorso o fianco

Regione

toraco-addominale

Esami seriati

TC addome con triplo contrasto Laparoscopia o toracoscopia

Lesione diaframmatica Lesione identificabile Deterioramento

Laparotomia

Fig. 34.1. Algoritmo del trattamento delle ferite addominali penetranti da arma bian- ca (vedi testo per maggiori dettagli)

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L’approccio selettivo non è ben accetto nei pazienti con ferite da arma da fuo- co perciò, personalmente, preferisco sottoporli ad una laparotomia esplorati- va data l’elevata probabilità di lesioni intra-addominali che richiedono un intervento chirurgico.

“È decisamente opinabile che chiunque si occupi di chirurgia di guerra sia di mentalità aperta così da essere pronto ad abbandonare metodi che si rivelano insoddisfacenti rispetto ad altri che, inizialmente, possono sembrare rivoluzionari ed addirittura non esenti da rischi.” (H.H. Sampson, 1940)

Commento dei curatori

Il dott. Nathens ci ha fornito un approccio equilibrato ai pazienti con lesioni addominali penetranti – non troppo aggressivo, non troppo conservativo ed estre- mamente sicuro.

Ma ovunque esercitiate e qualunque sia la vostra esperienza, sappiate che i 2/3 delle ferite penetranti addominali da arma bianca non richiedono un intervento chirurgico. La presenza di shock e/o di peritonite pone l’indicazione ad una lapa- rotomia – se sono assenti, seguite il consiglio del dott. Nathens ed esplorate la feri- ta per individuare una eventuale penetrazione peritoneale; dimettete invece quei pazienti con ferite superficiali accertate.

Tutti gli altri pazienti dovrebbero essere sottoposti a “trattamento conservati- vo selettivo”, con frequenti (ogni 1–3 ore) rivalutazioni dell’addome, preferibil- mente da parte dello stesso chirurgo. La ferita da arma bianca e la zona circostan- te sono di solito dolorabili. È utile demarcare con una penna l’area dolorabile che circonda la ferita per monitorare una eventuale diffusione del dolore oltre l’area demarcata. Anche se ritenete che il paziente possa protestare per essere trattato come un tavolo da disegno, il principio di base è quello di cercare le prove di un ampliamento della dolorabilità della ferita da punta/taglio.

Fateci il favore, non sottoponete i pazienti con ferite penetranti da arma bianca della parete addominale anteriore ad una TC e ad una laparoscopia dia- gnostica. Coloro che eseguono tali esami inutili lo fanno perché non hanno né capacità cliniche né esperienza. Presso di noi, ma anche presso altri, l’approccio clinico si è dimostrato affidabile e sicuro. Volete diventare dei clinici esperti?

Comportatevi come tali!

Se la ferita è a sinistra, può essere ragionevole eseguire una laparoscopia o una toracoscopia per identificare lesioni diaframmatiche. Personalmente siamo scettici per quanto riguarda i vantaggi di un trattamento chirurgico di lesioni sopra il lobo epatico destro; è improbabile che, in questi casi, si formi un’ernia. Sta a voi decide- re se esplorare ogni ferita da arma da fuoco all’addome, comprese quelle in un addome apparentemente “innocente” – che denotano l’assenza di penetrazione peritoneale o una traiettoria tangenziale sulla parete addominale da parte del

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proiettile. Tuttavia, nella maggior parte di questi pazienti, i segni vitali e l’esame cli- nico dell’addome vi indicheranno se eseguire o meno una laparotomia esplorativa tempestiva. Quando il paziente è emodinamicamente stabile con un addome clini- camente “innocente”, troviamo inutile sottoporlo ad un trattamento diverso da quello conservativo selettivo sopra descritto (Fig. 34.2).

“La tragedia dei traumi è quando non riusciamo a identificare e a trattare tem- pestivamente delle semplici lesioni potenzialmente letali e non quando siamo inca- paci di gestire lesioni catastrofiche o complicate.” (F. William Blaisdell)

Fig. 34.2. “Siamo conservativi!”

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