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ANIA

via della Frezza, 70 00186 Roma • tel. +39 06 326881 fax +39 06 3227135

F a b i o C e r c h i a i

R o m a 2 l u g l i o 2 0 0 9

B O Z Z A D I S T A M P A

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A S S E M B L E A A N N U A L E A N I A

R e l a z i o n e d e l P r e s i d e n t e F a b i o C e r c h i a i

R o m a 2 l u g l i o 2 0 0 9

B O Z Z A D I S T A M P A

ANIA

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Autorità, Signore e Signori, cari Colleghi,

benvenuti e grazie per aver accolto l’invito a partecipare alla nostra assemblea annuale.

Lo scorso settembre, il dissesto di una grande banca d’investimento americana è stato il detonatore di fortissime turbolenze sui mercati finanziari internazionali, provocando una crisi di imprevedibile dimen- sione e durata.

Essa si è propagata con una velocità mai sperimentata, anche per la globalizzazione dell’economia e del commercio.

I mercati finanziari sono stati vicini al collasso.

Ne è derivata una brusca caduta dell’economia mondiale. Consumatori, risparmiatori, imprese sono precipitati in un clima di ansia e di pro- fonda sfiducia.

Ovunque sono state introdotte misure di sostegno al credito e all’eco- nomia.

La politica economica è divenuta fortemente espansiva e, dopo alcune incertezze iniziali, si è finalmente realizzato un coordinamento delle diverse iniziative nazionali.

Il Governo italiano ha prontamente compreso la gravità della crisi e la necessità di interventi straordinari. Si è impegnato nel disegno di global legal standards per la proprietà, l’integrità e la trasparenza dell’attivi- tà economica e finanziaria internazionale. Ha proposto misure volte a contenere il rischio del ripetersi di una siffatta tempesta finanziaria.

È importante che lo sforzo riformatore si concentri su poche, efficien- ti regole di vigilanza comuni a tutti gli operatori.

L’affastellarsi di norme e controlli avrebbe solo l’effetto indesiderato di rendere inefficienti i mercati finanziari.

Sul piano internazionale e su quello nazionale si intravedono segnali di recupero dell’economia. I prezzi delle materie prime e dei titoli azio- nari sono tornati a salire, indicando una ripresa degli scambi e della produzione.

Sono segnali positivi, ma tuttora deboli. Si manifestano in un perdu- rante clima di incertezza e preoccupazione.

Per tornare a crescere stabilmente, per recuperare il terreno perduto, occorre ristabilire condizioni di fiducia. “L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”, disse, nell’anno più buio della Grande Depressione, il Presidente Roosevelt.

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Ma, per recuperare la fiducia, occorre affrontare i nodi delle riforme.

Dobbiamo guardare con realistico spirito critico e con volontà riforma- trice al nostro modello economico e sociale di sviluppo.

Individuare i suoi punti di forza. Correggere quelli di debolezza. Senza timori di impopolarità e rifuggendo da considerazioni utilitaristiche di breve periodo.

Sentirci parte attiva, con coeso spirito di squadra, di un Paese che dispone di grandi energie.

Un Paese che vuole proteggere i più deboli, che intende valorizzare il merito, premiare il coraggio, liberalizzare il mercato a vantaggio dei consumatori e delle imprese.

La risposta dell’assicurazione italiana alla crisi

Non è stato possibile evitare che la crisi mondiale avesse un impatto anche sui bilanci delle imprese di assicurazione. Non poteva essere diversamente, considerato il grado di integrazione del sistema italiano nel mercato internazionale.

Ma si è trattato in larga parte di effetti indiretti: diminuzioni di valo- re contabile degli investimenti in azioni e in obbligazioni emesse da società solide e, quindi, penalizzate oltre ogni logica dall’irregolare andamento dei mercati.

I prezzi dei titoli, infatti, nella maggior parte dei casi, risultavano non più rappresentativi del reale fair value delle imprese emittenti.

È stata davvero saggia la misura anticiclica introdotta dal Governo ita- liano, per le società di qualunque settore economico, che ha consen- tito di eliminare, in una situazione di eccezionale turbolenza finanzia- ria, la spinta a dismettere titoli destinati a una ripresa di valore. Si è così evitato di alimentare la negativa reazione a catena che spingeva al ribasso i mercati.

Sino a quando non si ritornerà a condizioni di normalità, è bene che queste disposizioni siano rinnovate. La misura aiuterà non solo a soste- nere il gettito fiscale, ma eviterà anche il rischio di soffocare la ripre- sa delle Borse.

I risultati finanziari, dunque, hanno risentito inevitabilmente della crisi, ma la gestione industriale si è mantenuta ancora positiva, sia pure in presenza di preoccupanti segnali di peggioramento nel settore r.c. auto.

Nel complesso, comunque, l’industria assicurativa italiana ha reagito alla crisi meglio di quella di altri paesi.

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Il livello di capitalizzazione delle nostre compagnie è sempre rimasto adeguato.

A dicembre, i mezzi propri erano pari al doppio del margine di solvi- bilità richiesto. Anche calcolata con le nuove regole di Solvency II, la patrimonializzazione resta più che soddisfacente.

Non si sono registrati casi di crisi aziendale, né richieste di aiuti pubblici.

Criteri di gestione prudenti e appropriate regole di vigilanza emanate dall’ISVAP hanno garantito un’adeguata protezione dei consumatori.

Il nostro sistema finanziario, bancario e assicurativo, in passato rite- nuto troppo prudente e tradizionale, alla prova dei fatti si è dimostra- to più sano e meglio attrezzato per garantire sviluppo nel medio e lungo termine.

Ciò non sarebbe stato possibile se l’intero tessuto economico e socia- le italiano non avesse mostrato un’elevata capacità di resistere alle turbolenze più forti, grazie ad alcune specificità che si sono rivelate dei veri e propri punti di forza.

Innanzitutto, l’elevato risparmio delle famiglie e il loro contenuto inde- bitamento.

In secondo luogo, un sistema produttivo flessibile, formato da moltissi- me piccole e medie imprese, aperto all’innovazione, capace di ade- g u a r s i a l l e m u t a t e c i r c o s t a n z e e d i c o m p e t e r e s u i m e r c a t i i n t e r n a - zionali.

Questi fattori hanno consentito al Paese di non farsi travolgere dalla crisi. Ma potrebbero non essere sufficienti a garantire un pronto rilan- cio della nostra economia una volta superata la fase più difficile.

Non dobbiamo dimenticare che sono almeno quindici anni che l’Italia cresce meno della media dei paesi europei.

Per rafforzare le probabilità di una veloce ripresa, occorre che il nostro Paese recuperi alcuni ritardi storici che ne frenano il dinamismo.

La priorità è un ammodernamento del sistema di welfare che continui, come in passato, ad assicurare coesione sociale, ma che divenga più efficiente e sostenibile.

L’interesse generale e il ruolo dell’assicurazione

L’assicurazione è una componente essenziale per la crescita dell’eco- nomia in tutti i paesi avanzati.

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Non ha, in Italia, un grado di sviluppo adeguato.

L’incidenza della spesa assicurativa rispetto al PIL è, nei rami danni, t r a l a m e t à e u n t e r z o d i q u e l l a c h e s i r e g i s t r a a l l ’ e s t e r o . N e l - l’assicurazione vita, il risparmio affidatoci dagli italiani è, in rapporto al PIL, ancora largamente inferiore alla media europea.

Poca assicurazione rende famiglie e imprese più vulnerabili all’impatto di eventi esterni. Non consente di concentrare negli investimenti e nella produzione le risorse disponibili.

P o c a a s s i c u r a z i o n e i n d e b o l i s c e l ’ I t a l i a n e l c o m p e t e r e c o n s u c c e s s o sullo scacchiere internazionale. È un freno alla capacità di reagire in situazioni di crisi profonda come quella che stiamo vivendo.

Molto si è discusso circa le ragioni di questo preoccupante ritardo.

Ad esso concorrono motivazioni storiche e culturali. Vi sono sempre margini di miglioramento nella qualità dell’offerta e questo è certo il nostro impegno. Anche se dobbiamo ricordare che operano in Italia, con successo e ampie quote di mercato, tutte le principali compagnie d’Europa.

L a r a g i o n e d e c i s i v a , p e r ò , d e l c o n t e n u t o s v i l u p p o d e l l ’ a s s i c u r a z i o n e risiede in un sistema di welfare che, ad oggi, risulta privo di un’im- postazione moderna e lungimirante circa il ruolo che può svolgere con efficacia il settore privato.

È un sistema che vede la spesa fortemente sbilanciata verso le pre- stazioni pensionistiche. È un sistema che si affida ancora troppo, come nel caso della sanità, o in via esclusiva, come nel caso delle calamità naturali, all’intervento dello Stato. Non appare idoneo a rispondere alle esigenze di un’economia e di una società che cambiano rapidamente.

Il processo di invecchiamento demografico, ad esempio, in sé fatto positivo, aumenta la probabilità che in età anziana non si disponga delle risorse necessarie per mantenere un tenore di vita adeguato e far fronte a spese mediche e di assistenza elevate.

Il cambiamento climatico, ecco un altro esempio, concorre a un aumen- to della frequenza e della gravità dei danni da catastrofi naturali.

In tale scenario, non si può pensare che un modello basato esclusi- vamente sul finanziamento pubblico possa ancora essere efficace in futuro. E che, soprattutto, possa essere sostenibile ed efficiente.

La spesa pubblica corrente è già oggi a livelli molto elevati. La crisi sta rapidamente aggravando i conti: secondo le stime del Governo, il rapporto fra debito pubblico e PIL supererà il 118% nel 2011. I margi- ni di manovra si assottigliano sempre di più.

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L’unica alternativa è un sistema fondato sulla collaborazione fra pubbli- co e privato. È la strada giusta, già imboccata da tutti i più importanti paesi con interventi di riforma che – si tratti di previdenza, sanità, assi- stenza o catastrofi – attribuiscono all’assicurazione un ruolo primario.

Non è più possibile, non è accettabile, tanto in finanza e in economia quanto in politica, rinunziare a una visione di lungo periodo.

Siamo convinti che l’interesse generale richieda di affrontare subito questi grandi temi, senza ulteriori indugi e senza valutazioni di conve- nienza temporale.

I tempi, anche i tempi di crisi, sono sempre giusti per riforme irrinun- ciabili e già tardive. Riforme senza le quali non sarà possibile coglie- re le opportunità di crescita, una volta che la crisi avrà esaurito i suoi effetti.

Chiediamo al Governo, per primo, di fare propria questa esigenza e condividerla con tutte le Parti sociali.

A questo punto, lasciatemi essere esplicito.

Appare davvero sorprendente il dibattito sviluppatosi di recente – in concomitanza del tragico sisma in Abruzzo – a proposito dei danni da calamità naturale.

L’ipotesi di una norma che prevedesse l’assicurazione per tutte le abita- zioni civili – considerata in altri paesi europei strumento essenziale di efficienza – è stata vissuta come una tassa in più a carico dei cittadini.

Come se, già oggi, i danni, risarciti in via esclusiva dallo Stato, non fossero a tutti gli effetti pagati dalla collettività.

O g n i i t a l i a n o p a g a , a t t u a l m e n t e , u n p r e z z o s i c u r a m e n t e s u p e r i o r e a quello prevedibile in un sistema di cooperazione tra pubblico e priva- to per l’assicurazione delle calamità naturali.

Il motivo è semplice. Accumulando riserve e investendole, l’assicura- zione aumenta le risorse disponibili quando avviene il disastro.

Ma, soprattutto, l’intervento dell’assicurazione consente di elevare gli standard della prevenzione. Il premio di assicurazione è correlato al rischio e, dunque, vi è un incentivo per proprietari e costruttori a met- tere in atto tutte le misure idonee a mitigare l’impatto delle catastro- fi e a ridurne il danno economico.

Avremmo finalmente edifici costruiti nel rispetto delle regole. Potremmo dare certezze ai danneggiati, evitare gli sprechi e accelerare il pro- cesso di indennizzo.

Non è possibile evitare che le catastrofi naturali avvengano, ma si può, con opportuni interventi preventivi, contenerne gli effetti negativi.

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Occorre avviare, con tutte le Parti sociali, un’approfondita riflessione in merito, facendo tesoro delle esperienze di altri paesi europei e del prezioso lavoro svolto in questi anni dalla Protezione Civile, cui va il nostro ringraziamento.

Rafforzare la previdenza complementare

Previdenza, sanità, assistenza ai non autosufficienti sono aree ineludi- bili di intervento per uno Stato moderno, che basi lo sviluppo econo- mico sulle fondamenta della responsabilità e dell’equità.

Soluzioni adeguate ed efficaci a queste problematiche sono essenziali se si vuole dare sostenibilità alla crescita ed equilibrio alla conviven- za sociale.

E anche se, in questi ambiti, nel nostro Paese molto è stato fatto, molto resta ancora da fare.

G l i i s c r i t t i a l l a p r e v i d e n z a c o m p l e m e n t a r e s o n o m e n o d i 5 m i l i o n i . Troppo pochi rispetto all’obiettivo di colmare il gap previdenziale inne- scato dall’inevitabile riduzione dei livelli di pensione garantiti dalla pre- videnza pubblica.

Mancano all’appello soprattutto i giovani e gran parte dei lavoratori delle piccole e medie imprese, dei dipendenti pubblici e dei lavoratori autonomi.

Il tasso di incremento delle nuove adesioni è andato riducendosi nel 2008 e nei primissimi mesi dell’anno in corso. A questo ritmo, servi- ranno almeno 12 anni perché i due terzi dei lavoratori dipendenti pri- vati arrivino ad aderire a una forma di previdenza complementare.

Le cause di questa situazione sono diverse e complesse.

Innanzitutto, manca un’adeguata informazione sul livello della pensione pubblica che si percepirà al termine dell’attività lavorativa.

Ci sono troppi vincoli nell’attuale sistema.

È l’interesse del lavoratore che deve prevalere, sempre. Questa è la stella polare che deve orientare ogni intervento.

Occorre trovare i giusti accorgimenti per offrire al lavoratore il più ampio diritto di scelta e di ripensamento.

È doveroso lasciare alla sua esclusiva volontà la piena portabilità del contributo del datore di lavoro e realizzare finalmente un mercato libe- ro, ampio e competitivo dell’offerta previdenziale.

Pur tenendo conto delle esigenze di finanza pubblica, il trattamento fiscale deve essere ulteriormente migliorato, esentando dalla tassazio-

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ne i rendimenti finanziari durante la fase di accumulo. Inoltre, il limi- te di deducibilità fiscale, fermo da tempo a circa 5.000 euro, dovreb- be essere innalzato e indicizzato.

È urgente rimuovere il divieto per i fondi negoziali di investire nelle polizze assicurative tradizionali, di rami I e V, caratterizzate da garan- zie di rendimento minimo, consolidamento annuale del risultato e bassa volatilità dei rendimenti.

Questi prodotti rappresentano una risposta concreta alla domanda dei lavoratori, che richiedono, innanzitutto, sicurezza dell’investimento e certezza del rendimento.

Le imprese di assicurazione possono arrivare a garantire un rendimen- to minimo pari a quello del TFR.

Sviluppare la sanità integrativa

Il sistema sanitario italiano si colloca nelle prime posizioni delle gra- duatorie dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

La politica e la buona amministrazione non possono, però, esimersi dal guardare avanti, alla luce delle tendenze demografiche e dell’evoluzio- ne della scienza e della tecnologia medica.

La spesa sanitaria pubblica italiana, che già oggi rappresenta il 7% del PIL, è destinata, in assenza di politiche correttive e di riequilibrio, a raddoppiare.

Sarà inevitabile, dunque, come già avviene in altri paesi, indirizzare la spesa privata, oggi fondamentalmente out-of-pocket – cioè disorganiz- zata e dettata dall’emergenza – verso un articolato sistema formato da fondi, casse sanitarie, mutue e compagnie di assicurazione.

L’elevata incidenza delle spese sanitarie private, infatti, comporta gravi conseguenze sociali e penalizza le persone meno abbienti, per le quali il ricorso ai servizi privati ha un costo, in rapporto al reddito disponi- bile, molto più elevato.

Serve un disegno riformatore ampio.

Il settore assicurativo ha la possibilità, la capacità e le competenze per assumere un ruolo di maggior rilievo.

Può fornire, per gli eventi più gravi, protezione e capacità di servizio a fondi e casse di assistenza sanitaria attraverso la stipula di polizze collettive.

Può, con opportune convenzioni, mitigare il costo dei servizi sanitari garantendone – anzi, elevandone – la qualità, in quanto già oggi, per

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oltre un milione e mezzo di assicurati, gestisce un altissimo numero di richieste di assistenza.

È davvero incomprensibile che le polizze salute siano escluse dai bene- fici fiscali concessi a fondi sanitari e società di mutuo soccorso e con- tinuino a essere penalizzate con un’imposta sul premio.

Strumenti di protezione che rientrano nei medesimi ambiti di interven- to devono avere un trattamento omogeneo.

Proteggere la non autosufficienza

Merita poi una speciale attenzione il tema della non autosufficienza.

Si tratta di un problema reale, destinato a divenire sempre più rile- vante alla luce del processo di invecchiamento della popolazione ita- liana.

Nella gran parte dei casi, la cura delle persone non autosufficienti è oggi lasciata sulle spalle delle famiglie, che spesso vedono travolto il loro equilibrio affettivo ed economico per l’insorgere di questa emer- genza.

Il settore assicurativo si è mosso per tempo. Quattro anni fa, d’intesa con le organizzazioni sindacali, è stato istituito un Fondo volto a for- nire ai dipendenti, anche dopo il ritiro dal lavoro, prestazioni assi- stenziali per lo stato di non autosufficienza. Il Fondo è finanziato inte- ramente con un contributo dei datori di lavoro, circa 130 euro annui per dipendente. Eroga, al verificarsi dell’evento, una rendita vitalizia pari a oltre 12.000 euro all’anno.

Esistono, quindi, soluzioni concrete. Devono essere promosse, anche attraverso la contrattazione collettiva o accordi territoriali, e incenti- vate da idonei interventi normativi.

Abbiamo proposto, nei diversi comparti della sicurezza sociale, una serie di interventi che riteniamo indispensabili.

Sono interventi che ben si inseriscono nella necessaria e non rinvia- bile riforma del nostro sistema di welfare, delineata con chiarezza nel Libro Bianco redatto dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali.

Non perdiamo altro tempo, nell’interesse di tutti gli italiani.

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L’assicurazione r.c. auto

È a tutti ben noto il ruolo che l’assicurazione r.c. auto riveste sul piano economico e sociale nel nostro Paese; proprio per questo voglia- mo, ancora una volta, affrontare il tema nella massima trasparenza.

Nel 2008 si è registrata una significativa riduzione del prezzo medio delle coperture r.c. auto (-3,6%). È una tendenza che dura da un quinquennio e che ha determinato, dal 2004 ad oggi, una diminuzione complessiva dell’8,3% in termini nominali e di quasi il 16% al netto dell’inflazione.

Nonostante il periodico proliferare delle cifre, questi sono i soli dati obiettivi e da questi dobbiamo partire.

La forte concorrenza tra imprese ha giocato un ruolo decisivo, anche attraverso l’applicazione diffusa di sconti rispetto ai prezzi di listino.

L’introduzione del risarcimento diretto ha prodotto risultati positivi in ter- mini di qualità del servizio di liquidazione. Questa importante riforma, che a suo tempo ha visto protagonista il Ministro Scajola, ha migliora- to i tempi di liquidazione e attenuato il contenzioso con i danneggiati.

Alla diminuzione dei prezzi e al miglioramento della qualità del servi- zio, però, non è corrisposta una riduzione dei costi dei sinistri e dei costi di gestione per le imprese.

Tale evoluzione si è riflessa negativamente sull’andamento economico del settore che, dallo scorso anno, non è più in equilibrio.

Nel 2008, su 100 euro di premi incassati dalle imprese ne sono stati spesi 101 per sinistri e costi gestionali.

Il conto economico della r.c. auto, per la prima volta dal 2001, ha dun- que registrato, per il complesso dell’industria assicurativa italiana, un risultato in perdita, seppur lieve.

È un indicatore preoccupante. Preoccupante per le imprese, ma non meno per la collettività degli assicurati.

Facciamo nostre le recenti sollecitazioni del Presidente dell’ISVAP a rendere ancora più efficiente il servizio di liquidazione dei danni.

Dobbiamo tuttavia osservare che le aree decisive di intervento per il contenimento dei costi delle imprese e dei prezzi per gli utenti sono esterne all’azione diretta delle compagnie di assicurazione.

Se non si riuscirà a intervenire incisivamente sui costi, la tendenza a l l a p r o g r e s s i v a r i d u z i o n e d e i p r e z z i v e r i f i c a t a s i n e g l i u l t i m i a n n i è destinata verosimilmente a interrompersi.

È responsabilità e interesse di tutti fare ogni sforzo per cercare di evi- tare che ciò avvenga.

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I l p r i m o v e r o p r o b l e m a r e s t a l a f r e q u e n z a d e i s i n i s t r i , c h e s i p o n e a l i v e l l i b e n s u p e r i o r i a q u e l l i d e g l i a l t r i p a e s i e u r o p e i : è d e l 4 0 % p i ù e l e v a t a d e l l a G e r m a n i a e i l d o p p i o d e l l a F r a n c i a . A n c h e i l c o s t o m e d i o d e i s i n i s t r i è i n I t a l i a p i ù a l t o d i q u e l l o d e l r e s t o d ’ E u r o p a . I n q u e s t a g i à c o m p l e s s a e d i f f i c i l e s i t u a z i o n e , s o n o r i s u l t a t i d i r o m - p e n t i , d i s t o r s i v i e n e g a t i v i g l i e f f e t t i d e l l e d i s p o s i z i o n i i n t r o d o t t e p e r l e g g e , d u e a n n i o r s o n o , i n m a t e r i a d i c l a u s o l e b o n u s / m a l u s . L e p i ù f a v o r e v o l i c o n d i z i o n i d i p r e z z o , c o s ì i m p o s t e p e r n o r m a i n f a v o r e d e i n u o v i a s s i c u r a t i e d e i r e s p o n s a b i l i d i s i n i s t r i i n c o n c o r s o d i c o l p a , s o n o d e s t i n a t e a d e t e r m i n a r e , n e l t e m p o , u n m a g g i o r c o s t o a c a r i c o d i t u t t i g l i a l t r i a s s i c u r a t i . G l i a s s i c u r a t i “ v i r t u o s i ” v e n g o n o c o s ì c h i a m a t i a p a g a r e a l p o s t o d e i g u i d a t o r i i n e s p e r t i e d i q u e l l i i n d i - s c i p l i n a t i .

F o r s e i n c o n s a p e v o l m e n t e , m a c o n e v i d e n t e s u p e r f i c i a l i t à , s i s o n o c o m p r o m e s s i e q u i l i b r i i n d i s p e n s a b i l i n e l l a l o g i c a t a r i f f a r i a d e l s i s t e - m a b o n u s / m a l u s . U n s i s t e m a c h e r i c o n d u c e n e c e s s a r i a m e n t e d i m i n u - z i o n i d i p r e z z o a v i r t u o s i t à d i c o m p o r t a m e n t i d i g u i d a . È s t a t a c o s ì m i n a t a a l l a b a s e l a p o s s i b i l i t à s t e s s a d i c o n t i n u a r e a d a p p l i c a r l o i n f u t u r o .

Non è mai troppo tardi per correggere norme sbagliate.

R e s t a n o p o i i m m u t a t i i p r o b l e m i d i s e m p r e : c a r e n z e n e l l a s i c u r e z z a stradale, frodi e oneri impropri continuano a gravare in termini patolo- gici e senza riscontro in Europa sull’ammontare dei risarcimenti.

Sul fronte della sicurezza stradale, il nostro impegno è sempre più intenso. La Fondazione ANIA è ormai un punto di riferimento per la dif- fusione della cultura della prevenzione e contribuisce a numerose ini- ziative concrete sul territorio. È essenziale che le istituzioni intensifi- chino ulteriormente la loro azione, indispensabile per ridurre il numero degli incidenti e delle vittime.

Per quanto concerne le frodi, le nostre proposte per un efficace con- trasto del fenomeno sono note e risultano condivise dalla politica.

Manca però “l’ultimo miglio”, quello decisivo: l’attivazione di efficienti banche dati e di sistematiche indagini preventive, affidando a un orga- nismo specificatamente preposto tutte le necessarie azioni di contra- sto. A partire da quella più semplice e preliminare: individuare coloro che si sottraggono all’obbligo di assicurarsi previsto dalla legge.

Basterebbe, allo scopo, che si incrociassero due banche dati già di- sponibili.

È infine urgente definire certezze giuridiche nell’accertamento e nella valutazione dei danni alla persona, che risultano di gran lunga supe- riori nel numero e negli importi rispetto alla media europea.

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Un milione di feriti in incidenti stradali, su tre milioni e settecentomi- la sinistri risarciti, è un dato spiegabile soltanto con l’esistenza di una diffusa speculazione.

Nel nostro Paese appare quasi impossibile addivenire a verifiche rigo- rose sull’effettiva esistenza e sul carattere permanente delle lesioni di lieve entità, dato l’atteggiamento tenuto nei confronti degli infortunati da parte sia dei medici legali sia della stessa Magistratura.

La valutazione economica dei danni alla persona deve essere ricondot- ta a parametri oggettivi, che tocca al Governo individuare. Non può essere esclusivamente lasciata alle decisioni dei Tribunali che, elabo- rando proprie tabelle di riferimento, portano sovente a quantificazioni eterogenee che non trovano riscontro nel resto d’Europa.

Avanziamo forte preoccupazione per la preannunciata nuova tabella del Tribunale di Milano sul danno non patrimoniale, che potrebbe avere un forte impatto sui costi.

Ogni volta che i costi aumentano è sempre alta la possibilità che vi siano ripercussioni negative per i consumatori.

È i n d i s p e n s a b i l e d a r e s u b i t o a t t u a z i o n e a l l e d i s p o s i z i o n i d e l C o d i c e delle assicurazioni in materia di definizione delle tabelle di riferimento anche per le lesioni più gravi.

Non chiediamo speciali interventi a nostro favore, ma solo di poter operare nelle medesime condizioni di legalità e di mercato che carat- terizzano i paesi più evoluti.

Le imprese non possono giocare in perdita, con il rischio di incrinare nel tempo la loro stabilità economica, con evidente pregiudizio per gli stessi assicurati.

Liberalizzazioni e distribuzione

La distribuzione rappresenta un anello essenziale della catena del valo- re anche per l’industria assicurativa. È il punto di incontro tra doman- da e offerta, lo snodo cruciale in cui vengono intercettate le esigen- ze di protezione di famiglie e imprese.

È dunque ben comprensibile l’attenzione ad essa rivolta dalla politica, dalle Autorità di mercato, dai consumatori.

L a d i s c u s s i o n e s u i p r e s u n t i e f f e t t i p o s i t i v i d e l d i v i e t o i m p o s t o a l l e imprese di mantenere o stipulare contratti di distribuzione in esclusiva con i propri agenti è sempre molto accesa.

Ad oggi, tuttavia, al di là delle affermazioni di principio, non immuni da aspetti ideologici, nessuno è riuscito a dimostrare un solo vantag- gio concreto per i consumatori.

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Al contrario, i costi di distribuzione, come era prevedibile, sono aumen- tati e ciò costituisce nuova preoccupazione per le tendenze prospetti- che della spesa.

È un dato di fatto che il modello distributivo che caratterizza i mer- cati assicurativi dei paesi più evoluti sia la pluralità dei canali. Il plu- rimandato agenziale è ovunque presente, ma nelle dimensioni che il mercato ha sviluppato in modo libero e naturale.

Da tempo – già prima del decreto Bersani – il 20% degli agenti ope- ranti in Italia aveva scelto il plurimandato. Non è casuale che tale q u o t a s i a r i m a s t a s o s t a n z i a l m e n t e s t a b i l e a n c h e d o p o l ’ i n t r o d u z i o n e della nuova normativa.

L’agente di assicurazione deve poter liberamente scegliere se avere o meno un contratto di esclusiva e le imprese devono essere libere di organizzarsi sul territorio con una rete mono e/o plurimandataria.

Non è possibile determinare per legge lo sviluppo di un canale distri- butivo ed è inopportuno e controproducente condizionare scelte che rien- trano esclusivamente nella valutazione dei singoli operatori economici.

L’imposizione del divieto di esclusiva nei rapporti di agenzia ha gene- rato confusione nei consumatori. Li ha erroneamente indotti a ritenere che l’agente plurimandatario sia un consulente indipendente. In realtà egli agisce sulla base di un contratto con le imprese mandanti – di solito due o tre – e non può che rappresentare la loro offerta.

Questa misura non ha rappresentato – e non può rappresentare – una reale liberalizzazione del mercato.

È, piuttosto, una distorsione che penalizza le imprese assicuratrici ita- liane, ponendole in una posizione di svantaggio rispetto ai concorrenti degli altri paesi europei.

Siamo l’unico Paese in Europa in cui esiste una tale, rigida normativa.

A b b i a m o r i c o n o s c e n z a e a p p r e z z a m e n t o p e r l ’ i m p o r t a n t e o p e r a c h e l ’ A u t o r i t à i t a l i a n a a n t i t r u s t s v o l g e a t u t e l a d e l l a c o n c o r r e n z a e d e l mercato.

Non riusciamo tuttavia a condividere quanto dalla stessa anche recen- temente affermato in termini di opportunità del divieto del mandato agenziale in esclusiva.

Francia, Germania, Spagna, moltissimi altri paesi europei e gli stessi Stati Uniti sono forse paesi non aperti alla concorrenza? Eppure sono caratterizzati da reti agenziali monomandatarie che hanno un importan- te ruolo nella distribuzione.

Abbiamo la massima considerazione per i nostri agenti; da sempre con- tiamo sulla loro professionalità e sulla loro capacità di servizio sul ter-

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ritorio. Non crediamo di sminuirne la figura se continuiamo a conside- rarli parte integrante del sistema, stessa squadra con ruoli diversi e, in base a una reciproca libera scelta, stessa maglia portata con orgoglio.

Lo sviluppo dell’assicurazione passa in larga parte attraverso la capa- cità di proposta delle reti distributive, che deve essere sempre più pro- fessionale ed efficiente.

Il sistema assicurativo deve poter contare su tutte le potenzialità offer- te dal mercato.

Le imprese non sono arroccate su un unico modello, non sono chiuse rispetto alle trasformazioni in atto nella distribuzione dei prodotti, ma devono – lo ripetiamo – essere libere di organizzarsi al pari dei con- correnti degli altri paesi.

Siamo convinti che questo sia un interesse generale e auspichiamo che il Governo voglia tutelarlo, rendendosi disponibile, fatte le opportune valutazioni e verifiche, a correggere norme improprie e controproducenti.

Manifestiamo apprezzamento per il provvedimento recentemente appro- vato dal Parlamento con cui viene ristabilita, in ambito assicurativo, la facoltà di sottoscrivere contratti di durata anche poliennale laddove l’assicurato in ciò ravvisi un suo concreto vantaggio.

È interesse di tutti che l’offerta sia sempre più completa e adeguata alle esigenze di una domanda che è sempre più articolata.

Resta alla professionalità e alla responsabilità degli intermediari, dei nostri agenti, formulare le proposte più convenienti per l’utenza.

Autorità, Signore e Signori, cari Colleghi,

nonostante la crisi economica e finanziaria sia seria e profonda, si intravedono segnali positivi.

È i m p o r t a n t e r a f f o r z a r l i . D o b b i a m o p r o d i g a r c i a f f i n c h é i l l a v o r o , i l risparmio, il fare impresa siano circondati da quella fiducia che rende possibile l’innovazione, l’investimento, la crescita. È solo facendo leva sulla fiducia che possiamo valorizzare i punti di forza che hanno con- sentito al Paese di far fronte, meglio di altri, alla congiuntura econo- mica negativa e alle turbolenze finanziarie.

Per raggiungere l’obiettivo, è necessario il contributo di tutti.

Come Associazione di categoria abbiamo certo un ruolo di rappresen- tanza di interessi specifici.

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Siamo, però, ben consapevoli del fatto che una rappresentanza effica- ce non può mai essere disgiunta dalla ricerca e dal rispetto dell’inte- r e s s e g e n e r a l e . È c o n q u e s t o c o n v i n c i m e n t o c h e , u n i t a m e n t e a l - l’Associazione bancaria, abbiamo dato vita a un patto federativo aper- to ad altre associazioni imprenditoriali. Restiamo convinti che questa sia una strada da perseguire con rinnovata determinazione.

Gli sviluppi della crisi hanno inevitabilmente riaperto il dibattito sui confini tra Stato e mercato. Si è spesso perorato, negli ultimi tempi, un intervento più ampio dello Stato nella fase acuta della crisi.

Ma faremmo un grave errore se pensassimo che una maggiore presen- za dello Stato nell’economia debba rimanere nel tempo. Soprattutto, non si può pensare che ampliando l’intervento pubblico ci si ponga al ripa- ro dal rischio.

Non è possibile eliminare il rischio e, in verità, non è nemmeno utile.

I sistemi in cui si è cercato di sopprimerlo hanno azzerato anche l’at- tività imprenditoriale, che è il cardine dello sviluppo economico. Senza rischio non si crea ricchezza né benessere.

Con il rischio si deve di necessità convivere. Semplicemente, dobbia- mo dotarci degli strumenti più efficaci per gestirlo al meglio, dobbia- mo far sì che le famiglie, gli investitori, gli imprenditori, dispongano di tutti i mezzi necessari per far fronte agli imprevisti.

L’assicurazione è uno di questi strumenti. Non a caso, essa trova mag- giore diffusione nei paesi a sviluppo più avanzato.

Le sfide che attendono il nostro Paese sono numerose.

Occorre rafforzare il sistema educativo. Vi è urgente bisogno di infra- strutture efficienti. Serve una giustizia meno lenta e che dia più cer- tezze. Sicurezza e legalità sono sempre più esigenze irrinunciabili e sono davvero apprezzabili tutte le iniziative assunte dal Governo in questo ambito.

A p p a r e , s o p r a t t u t t o , i n d i s p e n s a b i l e r i v e d e r e l ’ a t t u a l e s t r u t t u r a d e l nostro modello di welfare. I rischi dell’invecchiamento, i rischi sanita- ri, i rischi ambientali e di calamità naturali sono destinati ad aumen- tare sensibilmente in futuro. Non si potrà fronteggiarli ricorrendo esclu- sivamente o in prevalenza alle finanze dello Stato, già gravate da un indebitamento ai limiti della sopportabilità economica.

Tanto meno sarà possibile lasciare gli individui soli davanti alle av- versità.

L’evoluzione del rischio richiede l’innovazione del modello. Non serve insistere nella sterile contrapposizione – quasi sempre ideologica – fra Stato e mercato. Quello che veramente serve al nostro Paese è una

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m i g l i o r e c o l l a b o r a z i o n e t r a S t a t o e m e r c a t o . N o n o c c o r r e i n v e n t a r e nulla, basta guardare alle esperienze di importanti paesi a noi vicini.

Un sistema di welfare che poggi su un’ampia collaborazione fra pub- blico e privato e che veda un ruolo importante dell’assicurazione può consentire di irrobustire quel “capitalismo di risparmio” che, da parte di autorevoli commentatori, è ritenuto la migliore cura contro il ripre- sentarsi di crisi gravi come quella attuale.

Siamo pronti ad assumerci compiti più impegnativi e maggiori respon- sabilità sul piano economico e su quello sociale.

Confermiamo al Governo piena disponibilità a fornire il nostro contri- buto per individuare le migliori soluzioni.

In una crisi intensa e difficile, abbiamo mostrato, ancora una volta, la nostra solidità.

Abbiamo mantenuto senza difficoltà gli impegni assunti nei confronti dei n o s t r i a s s i c u r a t i , a n d a n d o a d d i r i t t u r a , i n u n r e c e n t e c a s o d e l t u t t o eccezionale, oltre gli obblighi strettamente contrattuali.

Non abbiamo avuto bisogno di aiuti pubblici.

Al contrario, abbiamo contribuito a ridurre la volatilità dei mercati e sostenuto il finanziamento del debito pubblico e quello di importanti società private.

Siamo aperti all’innovazione e orientati al cambiamento.

Dobbiamo, sempre di più, essere in grado di offrire vicinanza agli assi- curati, trasparenza nei comportamenti, tempestività nel trovare soluzio- ni, innovazione dei prodotti. Dobbiamo, come sempre, garantire solidità e sicurezza.

Auspichiamo le liberalizzazioni, quelle vere; che siano nell’interesse del mercato, ossia dei consumatori e delle imprese.

Sappiamo di poter contare su collaboratori professionali e impegnati, siano essi agenti o dipendenti.

Crediamo in un confronto leale e sincero con il Governo, con le Parti sociali, con i Sindacati e le Associazioni dei consumatori.

Ci sentiamo in grado di fornire un adeguato sostegno al processo di ripresa del Paese e siamo certi di poter mantenere questi impegni, n e l l a c o n v i n z i o n e c h e r a p p r e s e n t i n o u n p i l a s t r o i m p o r t a n t e p e r l a costruzione dell’Italia di domani.

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