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La posizione dell’avvocatura. Tra aspetti critici e prospettive positive, uno sguardo tecnico-applicativo dal punto di vista forense.

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TAGETE -ARCHIVES OF LEGAL MEDICINE AND DENTISTRY

TAGETE 1-2011 Year XVII

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MEDIAZIONE E CONCILIAZIONE.

La posizione dell’avvocatura. Tra aspetti critici e prospettive positive, uno sguardo tecnico-applicativo dal punto di vista forense.

Flavio Peccenini

Credo che il miglior incipit, per sintetizzare come l’Avvocatura si ponga nei confronti della mediazione finalizzata alla conciliazione, sia utilizzare le parole del prof. Guido Alpa – Presidente neo confermato – del CNF

“L’avvocatura deve dimostrarsi capace di accettare la sfida che la complessità del momento richiede … in particolare con l’introduzione della condizione obbligatoria di procedibilità e la previsione di Organismi gestiti dagli Ordini presso i Tribunali, il legislatore ha inteso affidare all’avvocatura un compito particolarmente impegnativo”.

A fronte di ciò si deve rilevare come la disciplina normativa emanata (ed ora completata con la pubblicazione del D.M. regolamentare) è ben lontana dalla valorizzazione del ruolo dell’Avvocatura, anzi, come hanno concordato le voci di tutti i protagonisti (componenti istituzionali ed associative CNF, ANF, OUA, AIGA), dalla stessa traspare una latente sfiducia, di cui è un significativo indice la mancata previsione della necessaria assistenza tecnica durante il procedimento.

Allora dire semplicisticamente che la media conciliazione (come ormai dice la vulgata) “non piace agli avvocati” è un eufemismo ed una verità solo a metà.

E mi spiego.

 Associato di Diritto Privato, Facoltà di Giurisprudenza, Università di Bologna, membro del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna

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249 E’ un eufemismo se guardiamo alle parole del Presidente dell’OUA (avv. Detilla) quando afferma che “è stato varato un sistema allucinante, formulato contro i diritti dei cittadini, che subiranno con certezza gravissimi pregiudizi fondato sul presupposto erroneo che i sistemi di risoluzione alternativa delle controversie costituiscano una alternativa alla giurisdizione ordinaria con la quale concorrono per offrire una scelta ulteriore (volontaria e non coercitiva) offerta ai cittadini” ed all’elenco dei perché la media conciliazione contravviene a principi elementari di diritto:

- perché determinerà un più difficile accesso alla giurisdizione da parte del cittadino;

- perché determinerà un ulteriore dilatamento dei tempi (almeno un anno) per la presentazione della richiesta di giustizia al giudice;

- perché determinerà un aumento degli oneri e una lievitazione dei costi, tutti a carico del cittadino;

- perché costituirà un ulteriore strumento dilatorio per la parte inadempiente che non ha alcuna volontà di conciliare la lite;

- perché appare, sul piano sistematico, in totale disarmonia con aspetti processuali e tecnici con l’effetto perverso di un probabile corto circuito per innumerevoli domande.

Fino a giungere alla proclamata necessità di impugnare al TAR il regolamento alternativo nel testo del quale sono rimaste inascoltate le osservazioni critiche sollevate da tutta l’Avvocatura.

Nel contempo altre istanze (le cui motivazioni sono oramai note) venivano portate all’attenzione del Governo (unico legislatore in questa occasione) dall’ANF:

“1) abrogare immediatamente e con effetto retroattivo il comma 3 dell’art. 4 (obbligo dell’Avvocato di dare al cliente, al conferimento dell’incarico, informativa scritta della possibilità di conciliare la vertenza e di

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250 allegare suddetta informativa al fascicolo di causa, a pena dell’annullabilità del contratto d’opera professionale);

2) limitare l’obbligatorietà del preventivo procedimento di conciliazione solo ad alcune delle controversie attualmente indicate dall’art. 5, espungendo quelle introdotte successivamente (risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti) e quelle che, per loro natura, hanno evidentemente scarsa possibilità di successo (ad esempio la divisione e le successioni ereditarie);

3) prevedere un periodo di sperimentazione dell’istituto della conciliazione, limitandone la sua applicazione obbligatoria, onde valutarne in concreto pregi e problematiche;

4) differire comunque il termine di entrata in vigore dell’obbligatorietà del procedimento di conciliazione ad almeno 12 mesi dalla pubblicazione dei decreti attuativi;

5) prevedere l’obbligatorietà dell’assistenza legale nel procedimento di mediazione;

6) abrogare la facoltà del mediatore di formulare una proposta conciliativa, in assenza del consenso di tutte le parti;

7) abrogare tutte le disposizioni che prevedono, a carico delle parti, una conseguenza nel successivo giudizio per effetto del comportamento tenuto nel corso del procedimento di mediazione;

8) prevedere la competenza territoriale degli Organismi di Conciliazione, da collegarsi comunque a quella del Giudice competente a conoscere l’eventuale, successivo, processo giudiziario”.

Anche queste istanze sono rimaste lettera morta (anche quelle concernenti proroga e sperimentazione, che sono frutto di mero buon senso e delle esperienze già fatte altrove), così come non ha trovato riscontro nell’articolato del regolamento il parere tecnico inviato dal CNF all’Ufficio legislativo di via Arenula.

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251 Troppe le discordanze, troppi i no che ci convincono dell’eufemismo, che trova conferma nelle parole di Giuseppe Sileci presidente dell’AIGA:

“Questa manifesta impotenza dello Stato, che non è in grado di assicurare un rpocesso in tempi brevi e di fare rispettare le sue stesse decisioni, mina irrimediabilmente la fiducia di ogni cittadino nella Giustizia e, di riflesso, appanna il ruolo e la funzione dell’avvocato, visto dai più come colui il quale

«vende» una prestazione alla quale, con sempre maggiore frequenza, non corrisponde alcuna concreta utilità”.

Cercherò ora di chiarire perché è una mezza verità.

E’ vero la necessità dell’assistenza tecnica è stata negata, ma così come nell’arbitrato (ove del pari l’assistenza obbligatoria non è contemplata) anche nella media conciliazione l’opportunità dell’assistenza tecnica è evidente in tutte le fasi del procedimento di mediazione, da quella introduttiva (valutazione del rischio giuridico e corretta formulazione della domanda) attraverso la fase delle sessioni, in particolare quelle separate, fino al momento di raggiungimento dell’accordo conciliativo, nella formulazione del testo da allegare al processo verbale (anche in previsione della omologa del Presidente del Tribunale).

Allora qual è l’altra metà della verità se già “regulis sic stantibus” la media conciliazione presenta margini di effettiva opportunità per l’avvocatura? E’ evidente che, mentre non ci è consentito desistere dalla battaglia di una adeguata riscrittura delle norme e di un ragionevole periodo di sperimentazione, per riportare la mediazione alla sua natura, di attenzione non ai diritti bensì agli interessi, all’Avvocatura non è consentito opporre un cieco ostruzionismo al nuovo strumento che può assegnare (fin da ora) un ruolo chiave ad una Avvocatura (attenta, appunto, più agli interessi che ai diritti) pronta a misurarsi con il nuovo, anche per evitare che l’eventuale fallimento anche di questa sfida (ancorché malamente proposta dal legislatore) venga addebitato unicamente alla classe forense.

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