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I L RIORDINO DELLA MEDICINA PENITENZIARIA

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1999 il S.S.N. è definitivamente l’unica istituzione chiamata a fornire le prestazioni sanitarie alle persone private della libertà personale, senza che vi sia più alcuna possibile sovrapposizione di competenze fra l’Amministrazione penitenziaria e il Servizio in parola. Nessuna partecipazione alla spesa sanitaria può pertanto essere richiesta ai detenuti o agli internati138.

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dal legislatore della riforma come un valore che appartiene all’uomo in quanto tale, a prescindere dalla condizione di detenzione o da qualsiasi altra contingenza140. Prima di questo intervento di riforma, la situazione della medicina penitenziaria si basava su quanto disposto dalla l. 9 ottobre 1970, n. 740, la quale, oltre a istituire servizi di guardia medica e infermieristica negli istituti di pena, creava la figura del

“medico incaricato” che, non appartenendo al ruolo dell’amministrazione penitenziaria, intratteneva comunque un rapporto di tipo fiduciario con questa141. Il sistema penitenziario era dunque dotato di un proprio ed autonomo apparato sanitario, dipendente e inglobato all’interno dell’Amministrazione penitenziaria142. Successivamente all’entrata in vigore della legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale nel 1978143, è venuto meno il modello di assistenza sanitaria mutualistica, parcellizzata e settoriale, con la contestuale creazione di un sistema sanitario basato sui principi della universalità dei destinatari, dell’eguaglianza di trattamento e della globalità delle prestazioni sanitarie144. La stessa normativa stabiliva in maniera tassativa quali fossero le uniche competenze sanitarie a rimanere autonome rispetto

140 La posizione dei sostenitori del processo di riordino della medicina penitenziaria si fonda sui principi di uguaglianza del diritto di accesso alle cure fra liberi e reclusi, quello di garantire alla popolazione detenuta un servizio sanitario più efficace nel generale processo di recupero sociale, nonché quello di assicurare un sostegno efficiente da parte della realtà sanitaria territoriale alla situazione carceraria, già di per sé considerata patologica. Tale posizione, sottoscritta fra gli altri dall’on. Livia Turco (Ministro della salute dal 2006 al 2008), dall’on. Leda Colombini ( allora Presidente del Forum nazionale per il diritto alla salute delle persone detenute), dall’Avv. Angiolo Marroni (Garante dei diritti dei detenuti del Lazio),è stata ben riportata da B.BENIGNI,Sani dentro, cronistoria di una riforma, Verona, Noema ed., 2008.

141 Il medico incaricato veniva selezionato tramite pubblico concorso per titoli (art. 3, l. 740/70) e l’incarico veniva conferito con Decreto del Ministro della giustizia. Al medico incaricato non erano applicabili le norme relative alla incompatibilità ed al cumulo degli impieghi (art. 2, ivi).

142 Le ragioni tale scelta possono ritrovarsi all’interno del parere del Consiglio di Stato del 7 luglio 1978, n.

305 che confermò l’esclusiva competenza dell’Amministrazione penitenziaria in tema di salute delle persone recluse, ritenendo tale assistenza “tra i compiti riservati allo Stato, da svolgere con le preesistenti strutture del servizio sanitario penitenziario.

143 L. 23 dicembre 1978, n. 833, Gazzetta Ufficiale, Suppl. Ord., 28 dicembre 1978, n. 360.

144 L’art. 1, comma 3 prevede infatti che a tutti i cittadini, gli stranieri e gli apolidi, indipendentemente dalla loro condizione o stato venga garantita la stessa forma di assistenza medico sanitaria (art. 1 l. 833/1978).

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al S.S.N. e alla sua distribuzione capillare (art.6 comma 1, lett. v-z)145. Il fatto che il legislatore del 1978 non abbia specificato a quale regime dovesse considerarsi assoggettata la sanità penitenziaria ha determinato l’insorgere di dubbi circa la legittimità di un servizio sanitario penitenziario autonomo ed autosufficiente rispetto al S.S.N.: da un lato c’è stato chi ha interpretato il silenzio del legislatore come implicita abrogazione del servizio sanitario carcerario146, dall’altro invece si è andata formando una tesi che ne affermava la legittimità anche alla luce della l.

833/1978147. E’ evidente come si fosse venuta a creare una situazione di ambiguità e incertezza in merito alle competenze e alle responsabilità tra Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e Servizio sanitario nazionale in ordine all’assistenza sanitaria nelle carceri, con pregiudizio della qualità del servizio offerto148. Solo per portare alcuni esempi, i problemi più importanti derivavano dal conflitto di norme in materia di iscrizione agli elenchi delle A.s.l. territoriali e legge sull’ordinamento delle anagrafi149; dalla mancanza di un ricettario regionale per l’acquisto straordinario ed urgente di farmaci di fascia “A” o “B”, acquisto che può essere fatto solo da un medico dipendente o convenzionato con la A.s.l. locale150, ed in generale ad una serie di ritardi diagnostico-terapeutici dovuti ad una eccessiva burocratizzazione del sistema.

145 In particolare rimangono competenze sanitarie autonome rispetto al S.S.N.: l’organizzazione sanitaria militare (n.1), l’assistenza sanitaria alle forze armate (n.2), ai corpi di polizia (n.3), agli agenti di custodia (n.4), al Corpo forestale dello Stato (n.5) e al personale delle FF SS.

146 G.TERRANOVA, la tutela della salute in carcere, in Quaderni del CSM, Roma, 1983, I, 42.

147G.MAROTTA GIGLI, L’assistenza sanitaria negli istituti penitenziari,in Rass. Penit. e crim., 1984, 64.

148 M.CANEPA-S.MERLO,op. cit.,143. Gli autori mettono in luce come già da prima dell’entrata in vigore della riforma del 1999 il Testo Unico in materia di disciplina degli stupefacenti (d.P.R. 309/1990) prevedesse forme di cooperazione fra Ministero di giustizia e servizi sanitari territoriali al fine di garantire le cure necessarie ai programmi terapeutici per le tossicodipendenze all’interno degli istituti di pena.

149 Ai sensi della l. 7 agosto 1982, n. 526 sono assistiti dalla A.s.l. territoriale coloro che hanno la propria residenza o il luogo di abituale dimora nel Comune in cui l’azienda sanitaria esercita la propria competenza.

Tuttavia secondo l’ordinamento anagrafico (l. 24 dicembre 1954, n. 1228) ciascuno ha l’obbligo d’iscriversi all’anagrafe del Comune di abituale dimora, salvo i condannati, per i quali è conservata l’iscrizione al Comune di residenza per non più di 5 anni.

150 Per tale discrasia normativa il Direttore d’istituto si vedeva in dovere di acquistare il farmaco a prezzo intero.

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A questo stato di incertezza e di carenza di programmi sanitari concordati, ha cercato di porre rimedio l’Amministrazione penitenziaria con lo strumento delle circolari amministrative151. Tuttavia il mondo del carcere stava conoscendo mutamenti consistenti, fra cui l’accrescersi della popolazione detenuta con problemi di tossicodipendenza, di sieropositività e di ulteriori rilevanti patologie infettive.

Queste problematiche (evidenziate oltretutto dal Documento conclusivo dell’indagine parlamentare istituita nel 1994), richiedevano un intervento di riforma strutturale in materia sanitaria che permettesse di abbandonare il previgente sistema frammentario e disarticolato152.