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I token

Nel documento Profili penali delle criptovalute (pagine 38-41)

I token, nell’ambito della sicurezza informatica, sono un insieme di informazioni sostitutive di altre che si desiderano mantenere non visibili a soggetti terzi. In relazione alla blockchain e alle criptovalute, il token è considerato un contenitore di informazioni e dati appartenenti a colui che ne risulti il “proprietario” in base alle transazioni tracciate sulla blockchain105. Tecnicamente, esso è l’hash della transazione, ossia una stringa di valori che si riferisce solo e soltanto ad una specifica transazione e può essere scambiato liberamente e condiviso. Pertanto, esso certifica la titolarità della transazione da parte del soggetto a cui il token è “intestato”, il quale può essere scambiato sulla blockchain o anche conferire diritti eterogenei eseguibili automaticamente grazie al funzionamento degli smart contract.

104«essentially, PoAu can be seen as a modi ed PoS algorithm, where validators’ stake is their own identity. Network members put their trust into authorised nodes and a block is accepted if the majority of authorised nodes signs the block. Any new validators can be added to the system via voting», ANDONI

M.,-ROBU V.,- FLYNN D.,-ABRAM S.,-GEACH D.,- JENKINS D.,-MCCALLUM P.,-PEACOCK A., Op.

cit., 150

105 FISCH C., Initial coin offerings (ICOs) to finance new ventures in Journal of Business Venturing n.

34, 2019, 3

Lo scambio e l’emissione di nuovi token presentano problematiche di inquadramento giuridico106, pertanto è necessario distinguere tre categorie di token in base ai diritti esercitabili grazie attraverso essi, nei confronti o meno di una controparte107.

La prima categoria di token è la criptovaluta strettamente intesa, dove non è presente alcuna controparte e ha l’unica funzione di esplicitare la titolarità dello stesso token. Esso non conferisce diritti oltre alla proprietà stessa del token, ed esempi tipici di questa tipologia sono i token Bitcoin, semplici unità di valore interscambiabili.

La seconda categoria di token invece, assegna al titolare diritti esercitabili nei confronti dell’emittente del token o di terzi. Essi sono verosimilmente inquadrabili sotto lo stesso schema tipico dei titoli di credito poiché, similarmente, conferiscono a chi dimostra la titolarità del token il diritto ad una prestazione in esso indicata (1992 c.c.). Alternativamente, i token dove il titolare ha diritto a ricevere un pagamento di un importo specifico, sono inquadrabili come promesse di pagamento (1988 c.c.).

La terza categoria, infine, consiste in token che rappresentano una proprietà ma al contempo conferiscono anche determinati diritti, quali diritto di voto, ma non conferiscono al titolare diritti reclamabili verso l’emittente o verso terzi.

Procedendo ad un’analisi giuridica più approfondita, è possibile inquadrare le diverse categorie di token in diversi istituti codicistici108.

I token della prima categoria, anticipando quanto verrà più esaustivamente analizzato nei successivi paragrafi, possono essere ricondotti alla definizione di “valuta virtuale” contenuta nel d.lgs. 21 dicembre 2007, n. 231 (normativa antiriciclaggio) alla lettera qq), comma 2 dell’art 1109.

I token appartenenti alla seconda categoria, possono assumere diverse vesti e, in base ad esse, si prestano a un differente inquadramento giuridico.

106 GIUDICI P., ICO e diritto dei mercati finanziari: la prima sentenza americana in Le società n. 1/2019, 62

107 SARZANA DI S.IPPOLITO F.NICOTRA M.,op. cit., 44

108 SARZANA DI S.IPPOLITO F.NICOTRA M.op. cit., 44

109 «rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente»

Nel caso di token che garantiscono un pagamento di una somma determinata, possono essere considerati alla stregua dei valori mobiliari, strumenti finanziari110 o azioni. In questo caso, sarebbero applicabili le norme in tema di diritto societario, la direttiva MIFID 2, la disciplina degli emittenti del TUF come anche il regolamento CONSOB 11971/1999.

Qualora presentino tratti essenziali comuni con gli strumenti partecipativi al capitale di rischio, è da considerare la possibilità di applicare le norme in tema di equity crowfunding.

Infine, resta da considerare l’ipotesi che il token non configuri uno strumento finanziario, ma comunque la relativa emissione sia assimilabile all’attività, riservata alle banche, di raccolta del pubblico risparmio.

I token non configuranti uno strumento finanziario, o che conferiscono un diritto a prestazioni di servizi o beni, sono difficilmente inquadrabili in un singolo istituto, dando vita a negozi misti, disciplinati dall’autonomia contrattuale delle parti. Possono rientrare nella fattispecie di cui all’ art. 1992 c.c. dei titoli rappresentativi di diritti di credito, rappresentativi di merci o documenti di legittimazione.

Riguardo i token della terza categoria, essi conferiscono diritti di comproprietà non rivolti all’emittente alla quale è possibile ricollegare l’istituto della comunione111.

Dal versatile utilizzo che caratterizza i token ne consegue che non è possibile inquadrarli sotto un’unica disciplina giuridica. A seconda di come è configurato il funzionamento del token variano anche i possibili utilizzi distorti da parte degli

110 BOCCHINI R., Lo sviluppo della moneta virtuale: primi tentativi di inquadramento e disciplina tra prospettive economiche e giuridiche, in Diritto e informatica., 2017, 34

111 È stata anche teorizzata la possibilità di ricondurre i token e le criptovalute alla stregua di bene giuridico ma «l’ostacolo principale rispetto a questa ricostruzione è costituito dalla concezione tradizionalmente “corporale” attribuita al termine «cosa» di cui all’art. 810 c.c. Secondo tale consolidata interpretazione, le entità immateriali non rientrano nel novero delle “cose” in quanto, appunto, prive del requisito della corporeità. Per conseguenza, i diritti di esclusiva (ivi compreso il diritto di proprietà) sulle entità diverse dalle “cose” sono regolati da un sistema sostanzialmente tipico:

l’attribuibilità di tali diritti resta subordinata a un esplicito riconoscimento da parte dell’ordinamento.

Ne discende che un’entità o risorsa incorporale può essere qualificata come «bene» in senso giuridico soltanto in presenza di una positiva statuizione normativa e non, semplicemente, sulla base del riferimento all’art. 810 c.c.», RINALDI G., op. cit., 290; sul punto anche BOCCHINI R., op. cit. 33, il

«nostro ordinamento, ancora troppo legato ad una nozione di cosa corporale e di bene materiale; e ciò, a nostro parere, rischia di non consentire una sicura e piena inclusione del Bitcoin nella sfera del diritto proprietario a causa della sua intrinseca natura, talmente immateriale da rimanere addirittura diffusa all'interno di una rete di comunicazione elettronica ad architettura distribuita.».

individui, con la conseguente applicazione di un differenziato regime giuridico e sanzionatorio; ma tutto ciò a patto che nell’ambito applicativo delle norme attualmente in vigore rientri l’utilizzo dei token. Nei prossimi paragrafi verrà approfondita l’applicabilità di determinati reati nel caso in cui vengono utilizzate valute virtuali e si vedrà come non sempre le norme vigenti riescano a punire e prevenire efficacemente le condotte commesse attraverso tali tipologie di token.

Nel documento Profili penali delle criptovalute (pagine 38-41)