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La Risoluzione 1373 del 2001

Nel documento Dipartimento di Scienze Politiche (pagine 63-68)

2. Il sistema delle sanzioni individuali

2.6 La Risoluzione 1373 del 2001

(d) Prevent those who finance, plan, facilitate or commit terrorist acts from using their respective territories for those purposes against other States or their citizens;

(e) Ensure that any person who participates in the financing, planning, preparation or perpetration of terrorist acts or in supporting terrorist acts is brought to justice and ensure that, in addition to any other measures against them, such terrorist acts are established as serious criminal offences in domestic laws and regulations and that the punishment duly reflects the seriousness of such terrorist acts;

(f) Afford one another the greatest measure of assistance in connection with criminal investigations or criminal proceedings relating to the financing or support of terrorist acts, including assistance in obtaining evidence in their possession necessary for the proceedings;

(g) Prevent the movement of terrorists or terrorist groups by effective border controls and controls on issuance of identity papers and travel documents, and through measures for preventing counterfeiting, forgery or fraudulent use of identity papers and travel documents”.170

Nonostante la Risoluzione 1373 non includa la ricerca di una definizione di tale fenomeno;171 né tantomeno cerchi di identificare terroristi specifici. In realtà, l’obiettivo della risoluzione 1373 e della sua commissione nel suo complesso è forse più ambizioso:

aumentare il livello medio delle prestazioni dei governi contro il terrorismo a livello globale. Ciò significa migliorare la capacità della legislazione e dell’apparato esecutivo di ogni nazione nella lotta contro il terrorismo. Tale risoluzione richiede a tutti gli Stati di prendere provvedimenti per combattere il terrorismo; crea obblighi uniformi per tutti i 191 Stati membri delle Nazioni Unite, andando così oltre le esistenti convenzioni e protocolli internazionali antiterrorismo esistenti i quali vincolano solo coloro che ne sono divenuti parte; questo è certamente un passo avanti molto grande ed importante per il Consiglio di Sicurezza. Il Consiglio difatti ha ripreso disposizioni da una varietà di strumenti giuridici internazionali che non hanno ancora un sostegno universale, come la Convenzione sul finanziamento del terrorismo, e le ha incorporate in una risoluzione che è vincolante per tutti gli stati membri delle Nazioni Unite. In effetti, è stato già notato che il Consiglio “broke new ground by using, for the first time, its Chapter VII powers under the Charter to order all states to take or to refrain from specified actions in a context not limited to disciplining a particular country”.172

170 V. Consiglio di Sicurezza, Risoluzione n. 1373 (2001), cit., par. 2.

171 La ragione principale per cui la Risoluzione 1373 non ha tentato di dare una definizione al terrorismo internazionale è stata quella di evitare il dibattito che ha creato divisioni nel Consiglio di Sicurezza, che ha rallentato il lavoro del Sesto Comitato sulla Convenzione Comprensiva. Infatti, i promotori della Risoluzione 1373 volevano una risoluzione che passasse celermente.

172P.C.SZASZ, The Security Council Starts Legislating, in The American Journal of International Law,2002, vol.

96, n. 4, p. 901.

La Risoluzione 1373 affronta nuovamente il tema del finanziamento del terrorismo, le disposizioni riguardanti questo tema sono chiaramente basate sulla Convenzione internazionale per la soppressione del finanziamento del terrorismo, adottata dall’Assemblea generale senza votazione il 9 dicembre 1999, solamente che nel momento in cui il Consiglio ha deliberato su tale Convenzione solo quattro Stati la avevano ratificata (Botswana, Sri Lanka, Regno Unito e Uzbekistan) e altri quarantasei l’avevano solo firmata. La risoluzione 1373 non tocca soltanto questo argomento cruciale, ma allo stesso tempo richiede e sollecita anche altre misure da parte degli Stati contro i terroristi, le loro organizzazioni e i loro sostenitori. Per esempio, aggiornare le leggi e portare i terroristi davanti alla giustizia, migliorare la sicurezza dei confini e controllare il traffico di armi, cooperare e scambiare informazioni con altri Stati riguardo ai terroristi, e fornire assistenza giudiziaria ad altri Stati nei procedimenti penali relativi al terrorismo. Più in generale, richiede a tutti gli stati membri di rivedere le loro leggi e pratiche interne per assicurare che i terroristi non possano finanziarsi o trovare rifugi sicuri per i loro aderenti o per le loro operazioni sul territorio di questi stati.173La sopracitata Risoluzione ha quindi dato inizio ad un’epoca di vigilanza molto stretta, contraddistinta da svariati controlli in tutti quegli spazi in cui si verifica un maggior spostamento di individui, come aeroporti e dogane, cercando di puntare soprattutto alla prevenzione di suddetti attacchi terroristici.

Il ruolo di legislatore ricoperto dal Consiglio di Sicurezza in questa occasione ha suscitato pareri discordanti: da una parte questa funzione del CdS è stata ben accolta e vista quasi come un’opera pioneristica del Consiglio, la quale ha aperto la porta a tale attività che, utilizzata con prudenza, potrebbe migliorare i lavori delle Nazioni Unite e giovare all’intera comunità internazionale;174 dall’altra parte di certo non sono mancati dibattiti in merito. Se il Consiglio ha finito per diventare quasi un legislatore a livello internazionale, le motivazioni risiedono in diverse lacune del diritto internazionale in tema di mantenimento di pace e sicurezza internazionale. La prima di queste ragioni risiede nel fatto che non vi sono strumenti attraverso i quali poter reagire in maniera tempestiva a possibili attacchi che minaccino la pace mondiale; la seconda ragione, strettamente connessa con la precedente, risulta nella poca rapidità dei processi di negoziazione ed anche di azione presenti nelle convenzioni e nei trattati relativi al fenomeno del terrorismo internazionale.175 La terza ragione, molto importante anch’essa poiché spinge gli Stati a

173E.ROSAND, Security council resolution 1373, the counter-terrorism committee, and the fight against terrorism, in American Journal of International Law, 2003, vol. 97, n. 2, p. 334.

174M.HAPPOLD, Security Council resolution 1373 and the constitution of the United Nations, in Leiden Journal of International Law, 2003, vol.16, n. 3, p. 608.

175A.BIANCHI, Enforcing international law norms against terrorism, 2004.

favorire le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza rispetto ad altri strumenti attraverso cui reagire a minacce della sicurezza internazionale, risiede nella mancanza di vincoli giuridici e norme procedurali che una Risoluzione del CdS non possiede e che invece fanno parte di un trattato o di una Convenzione internazionale.176 Di conseguenza le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza consistono nello strumento più semplice e tempestivo con cui affrontare il fenomeno terroristico e salvaguardare la pace e la stabilità internazionale. Le Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza hanno quindi tentato di colmare tali lacune e assottigliare le incongruenze del loro sistema di sicurezza, seppur non attuando modifiche di grande rilievo.177

2.6.1 Il Comitato antiterrorismo

La Risoluzione 1373 ha istituito un comitato del Consiglio di sicurezza, il Comitato antiterrorismo (il CTC) composto da tutti i membri del Consiglio, per monitorare l’attuazione della risoluzione; e chiede a tutti gli Stati di riferire al Comitato sulle misure adottate per attuare la risoluzione 1373. Il Comitato è composto da tre sottocomitati, che sono incaricati di esaminare i rapporti, con l’assistenza di un gruppo di esperti assunti dal Segretariato delle Nazioni Unite con contratti a breve termine. Il CTC ha dieci esperti, otto dei quali sono incaricati di esaminare i rapporti presentati dagli Stati membri e due di coordinare il programma di assistenza tecnica del CTC. Così, otto persone sono responsabili della revisione e dell’analisi di tutti i rapporti - più di tre - presentati dagli stati.178

Il Consiglio di sicurezza ha detto molto poco nella risoluzione 1373 sul ruolo del Comitato che ha istituito, oltre a incaricarlo “to monitor implementation of this resolution, with the assistance of appropriate expertise”,179 e a chiedere agli Stati di riferire al comitato sui passi che stavano facendo per attuare i loro obblighi. Sotto la guida del suo primo presidente, l’ambasciatore britannico delle Nazioni Unite Jeremy Greenstock, tuttavia, tale Comitato è diventato un elemento centrale degli sforzi globali per fronteggiare le attività terroristiche. L’ambasciatore Greenstock - operando per consenso ed enfatizzando la trasparenza e il dialogo - ha diretto il CTC verso la costruzione della

176 Ibidem.

177C.DI STASIO, La lotta multilivello al terrorismo internazionale: garanzia di sicurezza versus tutela dei diritti fondamentali, 2010, p. 165

178 Il Comitato antiterrorismo e il Segretariato dell’ONU, infatti, hanno cercato di assicurare che la composizione del gruppo di esperti avesse il giusto equilibrio geografico e riflettesse i principali sistemi giuridici.

179 V. Consiglio di Sicurezza, Risoluzione n. 1373 (2001), cit., par. 6.

capacità degli Stati di rispettare la risoluzione 1373, riconoscendo che i Paesi hanno diverse capacità di soddisfare gli obblighi che il Consiglio di sicurezza ha imposto a tutti i membri.180 Inoltre, l’ambasciatore Greenstock ha sottolineato che il CTC non è concepito per individuare e giudicare i singoli Stati, ma piuttosto per lavorare in modo cooperativo con gli Stati per aiutarli a rispettare i loro obblighi presenti nella Risoluzione 1373. Oltre a rivedere i rapporti presentati dagli Stati e a chiedere ulteriori rapporti e chiarimenti se necessario, il CTC ha diviso i suoi sforzi per valutare e rafforzare la capacità antiterroristica degli Stati in tre fasi.181 Nella prima, gli stati dovrebbero disporre di una legislazione che affronti tutte le aree coperte dalla risoluzione 1373 e dovrebbero sviluppare un processo per diventare parte delle numerose convenzioni e protocolli internazionali contro il terrorismo; inoltre, gli stati dovrebbero stabilire un meccanismo esecutivo efficace per sopprimere e prevenire il finanziamento del terrorismo. La seconda fase compie un ulteriore passo avanti: durante quest’ultima, infatti, si verifica se gli stati hanno meccanismi esecutivi efficaci e coordinati per attuare tutte le aree della risoluzione 1373, comprese le strutture di polizia e di intelligence e i controlli doganali, dell’immigrazione e delle frontiere. Alla fine, il CTC si aspetta di passare ad una terza fase, che si concentrerà sull’azione degli Stati per portare i terroristi e i loro sostenitori davanti alla giustizia e sulla cooperazione bilaterale, regionale e internazionale, compresa la condivisione delle informazioni e la cooperazione giudiziaria.

Il comitato aveva ottenuto importanti risultati già a gennaio 2003, quando 188 Stati membri dell’ONU, avevano riferito al Comitato circa i passi che stavano compiendo per attuare la risoluzione 1373; molti Stati hanno adottato o considerato nuove leggi antiterrorismo, e altri Stati hanno ratificato tutte le dodici convenzioni antiterrorismo (molti di più rispetto ai soli due Stati prima dell’11 settembre 2001). Il CTC ha anche lavorato per costruire legami con organizzazioni regionali e altre organizzazioni internazionali per coordinare e rafforzare l’impegno antiterroristico e ha creato una Directory of Counterterrorism Information and Sources of Assistance, con un sito web che mira a far incontrare donatori, risorse e competenze, compresa l’assistenza nella stesura della legislazione, con gli Stati che hanno bisogno di costruire capacità in determinate aree.182 Si potrebbe quasi dire che il CTC è stato al centro della costruzione di capacità antiterrorismo globale.

180N.ROSTOW, Before and after: The Changed UN Response to Terrorism Since September 11th, in Cornell International Law Journal, vol. 35, n. 3, 2002, p. 475.

181Ibidem.

182E.ROSAND, Security council resolution 1373, the counter-terrorism committee, and the fight against terrorism, in American Journal of International Law, 2003, vol. 97, n. 2, p. 335 e ss.

L’approccio consensuale e non conflittuale del Comitato ha funzionato bene, ma sicuramente presenta sfide da affrontare:183 per esempio una sfida è quella di assicurare che la capacità statale nella legislazione corrisponda in seguito alla capacità reale sul campo. Costruire la capacità degli stati richiede risorse, e la stessa CTC non ha fondi da dispensare per questo scopo, anche se ha comunque lavorato per identificare e aiutare a far combaciare potenziali donatori e beneficiari.

Inoltre, per valutare se gli stati, come richiesto dalla risoluzione 1373, stanno assicurando

“that any person who participates in the financing, planning, preparation or perpetration of terrorist acts […] is brought to justice”184 dipende da ciò che sta effettivamente accadendo sul campo. La CTC potrebbe quindi aver bisogno di intraprendere missioni di valutazione sul campo per monitorare l’effettiva attuazione della Risoluzione.

In secondo luogo, e in relazione al primo punto, la risoluzione 1373 richiede agli Stati di intraprendere azioni forti contro coloro che finanziano o si impegnano in atti terroristici, ma non definisce gli atti terroristici o il terrorismo. Per essere sicuri, chiede agli Stati di ratificare le dodici convenzioni e protocolli internazionali contro il terrorismo, che proibiscono a loro volta alcuni atti terroristici. Tuttavia, non definendo il terrorismo o gli atti terroristici, la risoluzione 1373 permette effettivamente agli stati membri di definire il terrorismo nella loro legislazione interna.

La terza è la sfida di proteggere i diritti umani mentre si combatte il terrorismo; questa è come visto precedentemente una prova continua per il Consiglio di Sicurezza, fin dall’inaugurazione dei regimi di sanzioni individuali.

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