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III.1 Últimas tardes con Teresa. Il romanzo, l'autore.

Juan Marsé (Barcelona, 1933) pubblica UTCT nel 1966. È il suo terzo romanzo, preceduto da

Encerrados con un solo juguete (1961) e Esta cara de la luna (1962).

La sua carriera letteraria comincia quasi in sordina, alla fine degli anni '50, con la pubblicazione di alcuni racconti sulla rivista Ínsula. All'epoca Marsé lavora in un laboratorio di orificeria, dove è entrato a soli tredici anni e nel quale rimarrà fino ai ventisei: figlio adottivo di una famiglia umile (il padre si barcamena tra varie attività e i frequenti arresti per motivi politici, la madre è infermiera), il giovane Marsé è uno studente svogliato che preferisce i giochi in strada agli studi nel collegio del Divino Maestro del suo quartiere, Gracia. Il ragazzo gira per la città su incarico del laboratorio, consuma literatura de quiosco, va al cinema. Il servizio militare, prestato in un avamposto isolato a Ceuta (Marocco), gli fornisce il tempo libero per letture estensive e avide ancorché disordinate, e per i primi esercizi di scrittura in forma di lettere.

Encerrados con un solo juguete attira subito l'attenzione dell'editore Carlos Barral: “les había

llamado mucho la atención la novela porque, dijeron, no tenía nada que ver con lo que les enviaban. Era la época del realismo social a todo trapo”,158 racconterà più tardi Marsé a proposito dei suoi

primi passi nel mondo letterario. A partire da questo momento comincia a frequentare, oltre a Barral, anche Gabriel Ferreter, José María Castellet, Jaime Salinas e soprattutto il poeta Jaime Gil de Biedma, con il quale intreccerà un'amicizia fondamentale dal punto di vista umano e creativo.159

Nel corso di due successivi soggiorni a Parigi entra in contatto con il Partito Comunista Francese, ed ha la possibilità di frequentare “con una cadencia diaria los innumerables cines de la zona”160 e di

lavorare come garçon di laboratorio accanto al futuro premio Nobel per la biologia Jacques Monod. Nel 1964, ormai pienamente cosciente della sua vocazione letteraria, comincia a scrivere

UTCT. “El libro”, dirà più tardi lo scrittore, “me hizo regresar a Barcelona porque necesitaba volver

158 E. Turpin, “Introducción”, in Juan Marsé. Cuentos completos, Madrid, Espasa Calpe, 2002, p. 31.

159 Riguardo i rapporti tra Marsé e Gil de Biedma, quest'ultimo dichiara, in un'intervista rilasciata a Maruja Torres: “Juan y yo tenemos nuestras raíces en dos mundos culturales y dos sistemas de actitudes éticas y de relación con la vida que ya no tienen nada que ver con la vida misma. Por eso siempre nos hemos llevado muy bien». Gil de Biedma seguì da vicino la redazione di UTCT, e ai suoi suggerimenti si devono alcune “de las citas que encabezan los capítulos de la novela y otros comentarios que pudieron surgir” , in E. Turpin, ivi, p. 42.

a ver el barrio”.161 “El barrio”: come si chiarirà più avanti, è in questo spazio concreto che la

creatività di Marsé si plasma e si fa narrazione. Così sente di dover tornare a casa, “necesitaba volver a Barcelona, porque desde París no era capaz de ver la colina desnuda y árida del Monte Carmelo”:162 e siamo già pienamente nello spazio di UTCT.

II romanzo racconta la storia d'amore tra Manolo Reyes, attraente ladro di motociclette del quartiere del Carmelo, e Teresa Serrat, giovane alto borghese, militante dell'incipiente movimento studentesco. Attraverso Teresa, Manolo cerca l'accesso ad un ambiente sociale che gli è precluso; attraverso il ragazzo, Teresa cerca il contatto diretto con quel mondo popolare che fino a quel momento ha potuto soltanto sognare.

Questa struttura elementare, da romanzo rosa (come la definisce lo stesso Marsé),163 che mette

a confronto due mondi radicalmente diversi e mutuamente irraggiungibili, consente allo scrittore di costruire un romanzo in cui illusioni e realtà, incontri realizzati e incontri mancanti sono all'origine dell'intreccio stesso, ne costituiscono i nuclei narrativi profondi.

Lo sfondo è Barcellona e i suoi dintorni: il quartiere periferico del Carmelo, la casa di Teresa nell'elegante Vía Augusta, la villa dei Serrat a Blanes, sulla Costa Brava.

L'uscita del romanzo è accompagnata anche da alcune polemiche: come ricorda Joan de Sagarra a proposito della pubblicazione di UTCT, “se decía que parecía mentira que no se la hubiera cargado la censura. De este hecho […] se deducía que Marsé estaba de acuerdo con el Ministerio para escribir esa obra en contra de los estudiantes progresistas y en contra de la gente que luchaba contra Franco”.164 Naturalmente non è così: Marsé ha sempre rivendicato la propria libertà creativa,

al di là di schemi ideologici rigidi e precostituiti.165

161 E. Turpin, op. cit., p. 36. 162 E. Turpin, ivi, p. 38

163 Come spiega Marsé: “Lo que él [Manolo] sabe es que siendo pobre, hay que ser un cabrón, un hijo de puta, si no, no sobrevives. Por lo tanto, casándose con una muchacha rica... Eso es un planteamiento muy simple, muy tonto e, insisto, casi casi de novela rosa. Los materiales son de novela rosa.”, J. Belmonte Serrano, “Juan Marsé: nociones sobre la escritura invisible (Entrevista)”, in Nuevas tardes con Marsé, eds. J. Belmonte Serrano y J. M. López de Abiada, Madrid, Nausícaa, 2002, p. 29.

164 Arturo Pérez Reverte et al., “Personalidad literaria y humana del autor”, in Juan Marsé, su obra literaria, ed. C. Romea Castro, Barcelona, Horsori Editorial, 2005, p. 89.

165 Militante comunista negli anni '60, Marsé “en los últimos años se ha definido políticamente como fronterizo y francotirador, un 'voyeur del anarquismo'; o lo que es casi lo mismo, un escéptico con mentalidad de izquierdas”, “Noticias de Juan Marsé y Ronda del Guinardó”, in Ronda del Guinardó, ed. F. Valls, Barcelona, Crítica, 2005, p. 15.

Manuel Vázquez Montalbán ricorda che Marsé, sollecitato a definire il suo profilo ideologico, faceva riferimento al contesto famigliare in cui era cresciuto: “[el anarquismo] forma parte de mi memoria histórica, del entorno de mi familia durante la guerra y después de la guerra. Mi padre Marsé había sido de Esquerra, luego del PSUC, pero siempre fue un militante atípico, por libre. […] Él no era exactamente un anarquista. Era un resistente” , M. Vázquez Montalbán, “La memoria de Juan Marsé”, in J. Belmonte Serrano e J. M. López de Abiada, op. cit., p. 273.

Come sottolinea William Sherzer, “Marsé rehuye un planteamiento que lo convierte en escritor político”, e il critico americano cita le parole dello stesso scrittore, che dichiara “Yo como escritor, jamás me haré un planteamiento político; ¡como novelista! Naturalmente tengo mi postura y mis idea como individuo. […] He tenido problemas con mis libros, pero es lo que debe ocurrir con un escritor cualquiera: enfrentarse continuamente con lo establecido en el poder”, W. M. Sherzer, Juan Marsé entre la ironía y la dialéctica, Madrid, Espiral, 1982, pp. 43-44.

Dopo UTCT verranno altri romanzi: La oscura historia de la prima Montse (1970), Si te dicen

que caí (1973), considerato il suo capolavoro, proibito dalla censura in Spagna e pubblicato in

Messico, La muchacha de las bragas de oro (1978 ), Un día volveré (1982), Ronda del Guinardó (1984), la raccolta di racconti El teniente Bravo (1986), poi ancora i romanzi El amante bilingüe (1990), El embrujo de Shangai (1993), Rabos de lagartija (2000), La gran desilusión (2004),

Canciones de amor en Lolita's Club (2005), Caligrafía de los sueños (2011).

Molti di questi romanzi hanno ricevuto riconoscimenti importanti, come il Premio Biblioteca Breve (Últimas tardes con Teresa), il premio Planeta (La muchacha de las bragas de oro), il Premio Internacional de novela México (Si te dicen que caí), il Premio Nacional de la Crítica e il Premio Europa de Literatura 1994 (El embrujo de Shangai), il Premio Nacional de la Crítica e il Premio Nacional de Narrativa (Rabos de lagartija), e il Premio de Literatura de la Comunidad de Madrid (2011). Nel 2009 ha ricevuto il massimo riconoscimento letterario spagnolo, il Premio Cervantes.

Numerosi sono poi i romanzi di Marsé da cui sono stati adattamenti cinematografici: oltre alla trasposizione di UTCT di Gonzalo Herralde del 1984, ricordiamo La oscura historia de la prima

Montse (Jordi Cadena, 1977), Si te dicen que caí (Vicente Aranda, 1989), La muchacha de las bragas de oro (Vicente Aranda, 1979), Domenica, tratta da Ronda del Guinardó (Wilma Labate,

2001), Un día volveré (serie televisiva realizzata da Francesc Bertiu, 1990), El amante bilingüe (Vicente Aranda, 1993), El embrujo de Shangai (Fernando Trueba, 2002).

In tutti i suoi romanzi, come nei racconti, Marsé è tornato a visitare, intrecciando memoria e immaginazione, quel vasto spazio urbano che si estende tra Gracia e il Carmelo, spazio che fin da

UTCT costituisce il cuore della sua creatività. Qui vivono tutti i suoi personaggi, in uno spazio

concreto e insieme simbolico, e in un tempo che ci riporta ai duri anni del dopoguerra o agli oscuri anni '50 e, contemporaneamente, rimanda ad un tempo assoluto, eterno. Come ha scritto opportunamente Masoliver Ródenas,

una de las aportaciones más originales de Juan Marsé ha sido interpretar la realidad a través del pasado para explicar el presente y para darle al mismo tiempo una carga emocional que permita sustituir la razón por los sentimientos, el análisis ideológico por la experiencia. Si a ello se añade la felicidad de la invención, la fidelidad a un barrio y a una ciudad, la riqueza de la prosa y la dinámica arquitectura del relato estimulada por la pasión por observar, escuchar y narrar, podremos entender por qué ocupa un espacio tan especial en nuestra narrativa contemporánea.166

166J. A. Masoliver Ródenas, “Realidad, fábula y verdad en las novelas de Juan Marsé”, in Miguel Espinosa, Juan

Marsé, Luis Goytisolo, tres autores claves en la renovación de la novela española contemporánea, ed. F. Valls, El

III.2 Manolo va in città.

Il giovane Manolo Reyes, più noto nel suo ambiente con il soprannome di el Pijoaparte,167 entra nel

romanzo con tutta l'alterigia, le illusioni e l'orgoglio che ci si aspetta da un vero eroe, a testa alta, vestito di un fiammante abito estivo color cannella. L'ingresso in scena del Pijoaparte è preceduto da un'eloquente epigrafe tratta da Espronceda: «¿Y en qué parte del mundo, entre qué gente / No alcanza estimación, manda y domina / Un joven de alma enérgica y valiente / clara razón y fuerza adamantina?».

Nel romanzo di Marsé le epigrafi stabiliscono un dialogo triangolare tra il testo del capitolo che si apre, il lettore intento alla lettura e il testo dell'epigrafe stessa.168

Nel caso dell'epigrafe al primo capitolo di UTCT, notiamo che il sottile confine tra ironia e serietà, tra mito dell'eroe romantico e realtà dell'antieroe proletario viene proposto dall'autore attraverso le tre domande che risuonano nei versi di Espronceda: da dove viene questo «joven de alma enérgica»? E ancora: con chi si relaziona? E infine: la gente con cui si relaziona, è in grado di cogliere la grandezza di questo giovane eroe?Le risposte alle prime due domande arrivano immediatamente, poche righe più avanti. Per la terza dovremo invece attendere lo sviluppo dell'intero capitolo. Iniziamo dalla prima domanda.

È la notte del 23 giugno del 1956, vigilia di san Giovanni, festa che in Cataluña si celebra, tradizionalmente, con veglie e fuochi; ci troviamo a Barcellona, tra la plaza de Sanllehy e la carretera del Carmelo, ovvero in quello spazio che fin dalle prime righe viene definito dal narratore onnisciente come «su barrio» (p. 19),169 il quartiere di Manolo. Tra il personaggio e lo spazio viene

instaurata dunque, fin dal primo momento una stretta relazione topografico-diegetica. Manolo Reyes parte dal suo quartiere e rapidamente, dopo essere disceso a piedi lungo la strada del Monte Carmelo e aver rubato una moto, si avvia «a toda velocidad por las calles hacia Montjuich».

Inizialmente il ragazzo ha intenzione di recarsi al Pueblo Español «a cuya verbena acudían extranjeras», ma a metà strada cambia idea e raggiunge invece «la barriada de San Gervasio». Sembra un dettaglio insignificante, una casuale e banale deviazione da un percorso probabilmente

167 Sulla doppia radice che costituisce il personaggio, così scrive lo stesso Marsé: “Podría decir que conozco a este muchacho desde mi niñez por razones de vecindad: lo veía en la escuela, en la parroquia, en nuestras aventuras callejeras […] pero ése es el tipo, no el personaje. Como personaje, de un ficción concreta, el Pijoaparte tiene una doble paternidad: de un lado es hijo de la experiencia personal del autor y de cierto anhelo íntimo y tal vez incofesado: el de haberme parecido un poco a él, haber sido como él […]. Y, de otro lado, es hijo de una tradición literaria que constituye la espina dorsal de la gran novela del siglo XIX […] Me refiero a las andanzas y desaventuras del llamado 'joven de provincias' en los folletines decimonónicos”, in J. Marsé, El Pijoaparte y otras

historias, Barcelona, Bruguera, 1981, pp. 80-82.

168 Per l'uso e la funzione delle epigrafi in UTCT, cfr. F. Antonucci, “La funzione delle epigrafi in Últimas tardes con

Teresa di Juan Marsé, in Quaderno del Dipartimento di Letterature Comparate, Roma, Università degli Studi di

Roma Tre, n.4, 2008, pp. 276-293.

noto (più avanti apprenderemo infatti che il bel Manolo ha successo con le turiste straniere, e che talvolta ha approfittato senza grandi scrupoli di questo successo), invece è qui, in quel «cambió repentinamente de idea» che si decide il destino del personaggio, e lo sviluppo del racconto che sta cominciando.

I primi elementi che il narratore evidenzia riguardo l'identità di questo personaggio, dunque, sono in diretto rapporto con lo spazio: Manolo vive a Barcellona; Manolo si muove in libertà e con sicurezza in questo contesto, spostandosi dal suo spazio di provenienza («su barrio», il Monte Carmelo) verso spazi più lontani grazie all'uso disinvolto del furto di moto. Manolo, inoltre, si presenta come personaggio in fuga: parte a piedi e raggiunge la sua meta a bordo di una motocicletta, che abbandona per fumarsi una sigaretta appoggiato en «el guardabarros de un formidable coche sport parado frente a una torre» (p. 20), e l'uso successivo di mezzi di trasporto diversi costituisce già di per sé uno dei leitmotive caratteristici di UTCT, identificando el Pijoaparte come un personaggio in costante movimento nello spazio, tanto urbano come extraurbano.170

Questo muoversi nello spazio, tuttavia, non segue in genere un tracciato regolare: Manolo infatti è identificabile come uno di quegli eroi che Lotman171 definisce «della steppa», eroi che non

conoscono il movimento come “evoluzione” lungo l'asse alto/basso tipico invece degli eroi della strada: l'eroe della steppa non sottostà ad alcun divieto di spostamento sul piano, lateralmente, poiché, dice Lotman, “La funzione di questi personaggi consiste nel varcare frontiere insormontabili per altri ma inesistenti nel loro spazio”.

Tuttavia, rispetto al caso che ci interessa, è necessario aggiungere subito una specifica fondamentale: Manolo, infatti, mette tutte le sue energie nel cercare di varcare frontiere per altri invalicabili, ma, come vedremo, i suoi sforzi sono destinati al fallimento172. Moderno Icaro, Manolo

Reyes tenta il volo impossibile che dal suo quartiere di periferia dovrebbe portarlo al cuore stesso di una zona residenziale, San Gervasio.

Il bell'eroe, il ladro di motociclette, parte, anzi, sorge «de las sombras de su barrio» e si ferma presso la frontiera di un giardino privato in cui si svolge una festa, mentre le «vaghe promesse» portate dal vento estivo accarezzano la sua immaginazione. Qui prende corpo il suo sogno, davanti a una delle tante «verjas y jardines» che formano il paesaggio di questa parte della città.173 Manolo

170 Si vedano, a questo proposito, i verbi che descrivono i movimenti del protagonista nello spazio nelle prime righe del romanzo: «surgió», «bajó», «saltó», «se lanzó» (p. 19).

171 Ju. M. Lotman, op. cit., p. 201.

172 Dice Marsé a proposito di questo elemento, la derrota, così spesso presente nei suoi romanzi: “Yo creo que define al hombre mucho más que el éxito. […] Por eso, en el terreno literario, me interesan más los derrotados que los vencedores. Por eso, porque me permiten explicar mejor la condición humana.”, A. Pérez Reverte et al., “Personalidad literaria y humana del autor”, in C. Romea Castro, op. cit., p. 95.

173 “En la división simple centro/periferia se establece una estructura fuertemente polarizada, en que la negación de la positividad de uno constituye el carácter de la otra: el espacio prestigioso frente al espacio proscrito”, F. J. Díaz de Castro y A. Quintana Peñuela, Juan Marsé: ciudad y novela. Últimas tardes con Teresa: organización del espacio y

si introduce furtivamente, abusivamente, in questo spazio, ma la sua immaginazione gli impedisce di sentire ciò che è invece chiaro a coloro che quello spazio occupano di diritto, come quel «grupo de elegantes parejas que acertó a pasar junto al joven»: Manolo è, presso il cancello che lo separa dalla festa in giardino, «un elemento […] de desorden». Elemento di disordine: qualcosa che non rientra nel paesaggio quotidiano, qualcosa di dissonante, in «sospechoso desequilibrio […] con el maravilloso automóvil» (p. 20) sul quale si appoggia.

Siamo così alla risposta alla seconda domanda introdotta dall'epigrafe di Espronceda: con chi si relaziona l'eroe? Manolo incontra subito i primi guardiani della frontiera, nelle persone delle eleganti coppie che lo incrociano casualmente sul marciapiede, e lo registrano istintivamente come elemento di disordine. Soffermiamoci quindi su un elemento non esattamente spaziale, ma che con lo spazio è in relazione diretta, ovvero l'abbigliamento.

In UTCT l'abbigliamento è sempre descrittivo dei personaggi e racconta il loro modo -armonico o conflittuale, coerente o contraddittorio- di relazionarsi con lo spazio che occupano174.

Queste coppie infatti sono eleganti, come si conviene a chi si rechi di sera a una festa in un quartiere benestante. Anche Manolo, però, è elegante, tuttavia lo è a modo suo, secondo un'estetica diversa, riferibile a criteri propri del contesto sociale da cui proviene. Insomma, c'è un'eleganza da San Gervasio e un'eleganza da Monte Carmelo.

Di questa distanza che è quindi non solo estetica ma profondamente sociale, non tarda ad accorgersi lo stesso Manolo quando finalmente decide di varcare la frontiera ed entrare nel giardino: «por un momento llegó a sentirse algo ridículo y desconcertado al darse cuenta de que él era uno de los pocos que llevaban traje y corbata» (p. 22). E aggiunge subito dopo, come sintesi della sua scoperta: «Son más ricos de lo que pensaba».

III.3 Inventare un'identità

La lunga sosta del ragazzo sulla soglia del giardino serve al narratore per presentare il personaggio cogliendolo in un momento statico, di attesa, dopo la corsa in moto, assumendo allo stesso tempo il punto di vista delle «elegantes parejas» che lo incrociano casualmente. Conosciamo così la «belleza grave de sus facciones meridionales» (p. 20),

producción de imagen, Palma de Mallorca, Universidad de Palma de Mallorca, 1984, p. 56.

174 Cfr. F. Antonucci, “Abito e identità sociale: gli esempi emblematici di Juanita la larga e Últimas tardes con

Teresa”, in Abito e identità. Ricerche di storia letteraria e culturale, a cura di C. Giorcelli, Palermo, La Palma, vol.

la hermosa frente, […] los ojos como estrellas furiosas […], los negros cabellos peinados hacia atrás […] uno de esos peinados laboriosos donde uno encuentra los elementos inconfundibles de la cotidiana lucha contra la miseria y el olvido, esa feroz coquetería de los grandes solitarios y de los ambiciosos superiores. (pp. 20-21)

Il profilo del ragazzo va rapidamente acquisendo elementi salienti, dati riguardanti il suo aspetto e al suo carattere. Non soltanto si dedica con abilità al furto di motociclette, non solo è fisicamente attraente, ma si tratta di un personaggio solitario, ambizioso e dotato di una vivace immaginazione. Il lettore può a questo punto aspettarsi una storia avvincente, non appena l'eroe, terminata la seconda sigaretta, decide finalmente di lasciare la soglia ed entrare in quel «jardín particular adornado con farolillos y guirnaldas de papel» che si apre appena al di là del cancello: «cuando, finalmente, se decidió a empujar la verja del jardín, su mano […] dejó de temblar, su cuerpo se irguió, sus ojos sonrieron» (p. 21).

La frontiera è superata a testa alta, controllando il nervosismo con l'orgoglio e la sicurezza che gli vengono dai due tratti fondamentali della sua personalità, l'immaginazione e l'ambizione. C'è in lui anche un'importante componente di ingenuità, mai dichiarata esplicitamente dal narratore onnisciente ma molto importante per capire come immaginazione e ambizione, nutriti di ingenuità, possano ordire quell'enorme equivoco che è alla base della trama del romanzo175.

L'accesso al recinto protetto della frontiera, tuttavia, lo mette subito di fronte al problema del suo abbigliamento: «Le entró de repente ese complejo de elegante a destiempo que caracteriza a los

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