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IV.1 Gonzalo Herralde. Biografia e percorso creativo.

Gonzalo Herralde è nato a Barcellona nel 1949, “benjamín de una familia burguesa clásica compuesta por cinco hermanos”,206 e la sua formazione riflette un'inquitudine culturale che lo

spinge a intraprendere diverse strade prima di approdare alla regia cinematografica.

Inizialmente si iscrive a medicina sognando di diventare psichiatra o psicanalista, ma “fascinado por los estudios iconográficos de Panofsky sobre los Renacimientos”207 passa a storia

dell'arte. Contemporaneamente comincia a frequentare a Barcellona la scuola d'arte drammatica di Adriá Gual, e più tarde, nel 1969, l'Institut de Formation Cinématographique a Parigi. È un'esperienza che non lo soddisfa: “aparte de que era cara, me pareció realmente espantosa porque se trataba de ver El gabinete del doctor Caligari cincuenta veces y no tener ningún acercamiento práctico”.208 Apprezza il lavoro di registi come Fassbinder, Herzog e Bogdanovich ed è interessato,

o meglio, per citare lo stesso Herralde, “obsesionado”,209 dallo strutturalismo.

Da tutto ciò nascerà nel 1971 Cartel, un cortometraggio in bianco e nero, “una de esas producciones underground que hacíamos en la época. […] Era un disparate. Nada menos que la traslación al cine de Ideología y aparatos ideológicos de estado, de Althusser, sobre la función del 'yo'”.210 Insoddisfatto da Cartel (“cuando lo vi acabado me pareció tal pedantería que nunca más

quise que se volviera a proyectar”),211 partecipa ad Urbino ad un seminario sulla semiotica

audiovisuale e qui, racconta, “vi que lo de las dobles articulaciones, la base del estructuralismo, vegetaba en el reino de la confusión”.212

Al ritorno gira un nuovo corto in super 8, Boccaccio va a Nueva York, documentario nel quale utilizza “fragmentos de películas norteamericanas, un montaje muy especial con músicas pirateadas y con un montaje de archivo”:213 un'eperienza di found footage tipica di certo cinema underground,

ma Herralde sta cominciando a definire i suoi interessi e il suo stile.

206 Pepe Ribas, “Gonzalo Herralde”, in http://www.peperibas.com, ultima consultazione il 10/8/2011. 207 Ibidem.

208 A. Gregori, El cine español según sus directores, Madrid, Cátedra, 2009, p. 1202. 209 Pepe Ribas, ibidem.

210 A. Gregori, ibidem. 211 A. Gregori, ivi, p. 1102. 212 Pepe Ribas, ibidim. 213 A. Gregori, ibidem.

Con il lavoro successivo, Un cochero IMpertinente (“impertinente con la I y la M mayúsculas, es el criterio de la impertinencia lingüística”)214 chiude con lo strutturalismo e la semiotica.

Nel 1975, a ventisei anni, fonda la casa di produzione Teide («era un tiempo en que resultaba imposible que un director joven hiciera una película si no montaba una productora»),215 ed esce La muerte del escorpión, il suo primo lungometraggio, “cine dentro de cine, […] ese metacine que se

hacía, también, en esos años”.216 Il film è accolto con interesse dalla critica ma non ha nessun

successo commerciale perché, secondo il regista, “coincidió por una parte con el boom del cine 'S',217 y, por otra […], se estrenó muy mal”.218 Non sono anni facili, per i giovani registi: “las

películas de los jóvenes realizadores se rodaban en cuatro semanas y con un presupuesto muy ajustado, la distribución era un lío y competías con el cine de destape”.219

Ma Herralde non si perde d'animo, e due anni dopo è la volta di quello che è considerato uno dei suoi lavori più riusciti, Raza, el espíritu de Franco. Il film mescola abilmente finzione e documenti audiovisuali autentici (“A mí me gusta mucho el documental y jugar con material de archivo”),220 sequenze del film Raza (1941) di José Luis Saenz de Heredia221 e interviste a Pilar

Franco, sorella del dittatore, e all'attore Alfredo Mayo, il protagonista del film di Saenz de Heredia: questa volta, oltre a ricevere un'ottima accoglienza da parte della critica, ha anche un buon successo di pubblico.

Il successo si ripete l'anno seguente con un nuovo film, ancora un documentario, El asesino

de Pedralbes. Alla ricostruzione dell'omicidio222 si alternano qui ampie parti in cui l'assassino,

filmato nel carcere psichiatrico di Huesca, racconta con precisione e freddezza i fatti accaduti. Il lavoro, spiega il regista, “estaba en la línea del nuevo periodismo norteamericano como tema, por ejemplo con lo que hizo Truman Capote en A sangre fría o lo que podía hacer Tom Wolfe, en la línea narrativa que yo quería aplicar al documental de largometraje”.223

Questo film procura a Herralde contatti con un produttore americano interessato al suo lavoro,

214 A. Gregori, op. cit., p. 1202. 215 Ibidem.

216 Ibidem.

217 Il decreto legge che eliminava la censura prevedeva anche l'istituzione di sale speciali per film detti “S”, ovvero violenti o a contenuto esplicitamente sessuale.

218 A. Gregori, ivi, p. 1103.

219 Pepe Ribas, “Gonzalo Herralde”, in http://www.peperibas.com, ultima consultazione il 29/12/2010. 220 A. Gregori, ibidem.

221 José Luis Saenz de Heredia diresse nel 1941 Raza (Le due strade nella versione italiana), film di cui era anche sceneggiatore, basandosi su un soggetto scritto dallo stesso Francisco Franco con lo pseudonimo di Jaime de Andrade. Il film porta sullo schermo “una serie di miti, di ideali e progetti ideologici del nuovo governo, presentati direttamente e personalmente dallo stesso capo dello stato” (V. Sánchez Biosca, “Cinema spagnolo sotto il franchismo, 1939-1975”, in op. cit., p. 549.

222 Al centro del film c'è la figura di uno psicopatico nel 1974, nel corso di una rapina, aveva ucciso nel sonno una coppia dell'alta borghesia barcellonese.

quindi il regista si trasferisce a New York per tre anni, e nel 1980 esce Jet leg. Vértigo en

Manhattan.

Herralde a questo punto della sua carriera ha identificato in David Lean il suo modello,224 e

fare un film seguendo le orme del maestro è per lui un sogno che crede di poter realizzare al ritorno dagli Stati Uniti: “Cuando volví conecté con Pepón Corominas y pude meterme en una compleja producción de época”.225 È Últimas tardes con Teresa. “El resultado fue muy bueno. ¡Qué placer ver

el cine Avenida de Madrid abarrotado!”226

Ripete nel 1986 l'esperienza di curare adattamento e regia con Laura, del cielo llega la noche (tratto dal romanzo Laura a la ciutat dels sants di Miquel Llor), film ambientado nella Barcellona degli anni '20, e ancora, nel 1993, con la sua opera più ambiziosa, La fiebre del oro, film in tre parti per un totale di sei ore, adattato dal romanzo omonimo di Narcís Ollé. È la storia dell'ascesa, trionfo e caduta del banchiere catalano Gil Foix: “fue una locura, una de mis […] locuras”,227 per realizzare

la quale Herralde creò una sua casa di produzione in grado di farsi carico degli altissimi costi. Dopo La fiebre del oro Herralde si dedica a recuperare materiali d'archivio in cui grandi scrittori parlano di sé stessi, e montarli in forma di documentari, sorta di autobiografie filmate: Pla, Cortázar, Rulfo, Rosa Chacel, Paz, Borges, ma anche Nabokov e Marguerite Duras tra gli altri. Gira ancora altri film, come Riesgo (1993), un melodramma sentimentale diretto con Deirdre Fischel, e Sexo de alquiler (1996), in cui si cimenta con il genere porno.

IV.2 Il contesto politico-culturale.

“Se in termini storici il periodo 1969-1977 risultò particolarmente agitato, confuso, ma appassionante, per quanto riguarda l'industria cinematografica si può senz'altro affermare che fu di una difficoltà estrema, tanto da condurre il cinema spagnolo a una delle più gravi crisi della propria storia”.228

Esistevano problemi strutturali, certo non nuovi, che non avevano ancora trovato soluzioni efficaci: problemi legati ai rapporti tra produzione e distribuzione, alla gestione delle sale, al

224 “David Lean ha sido uno de mis grandes maestros. […] Yo siempre he estado interesado en el gran cine de época, en las macroproducciones. No en la indagación histórica en sí misma, pero sí de tocar la historia a través de los personajes y de las épocas que me interesan personalmente», A. Gregori, op. cit., p. 1107.

225 Pepe Ribas, op. cit. 226 Ibidem.

227 A. Gregori, op. cit., p. 1106.

228 C. Torreiro, “Dal tardofranchismo alla democrazia (1969-1982)”, in Historia del cine (1993), trad. it. Storia del

controllo statale sulle sovvenzioni, al forte calo di spettatori anche per la concorrenza della televisione, alla presenza della censura, alle difficoltà di inserimento sul mercato internazionale. Problemi che sul finire degli anni Sessanta appaiono in tutta la loro gravità.

Il cinema spagnolo dell'epoca si presenta sdoppiato in tre tendenze fondamentali: da una parte un produttore come Elías Querejeta e registi politicamente impegnati (quelli provenienti dal Nuevo

Cine Español, come Saura e Borau, o più giovani, come Víctor Erice o Manuel Gutiérrez Aragón)

in costante conflitto con la censura, ma anche utili al potere per accreditare all'estero un'immagine moderna e vivace della Spagna contemporanea; dall'altra un cinema commerciale (capitanato, già da qualche anno, dal prolifico regista Mariano Ozores), che ha nella commedia sexy il suo asse portante, un “producto de la carrera nacional hacia la modernización”.229 A queste due tendenze

fondamentali, si affianca la cosiddetta “tercera vía”, promossa dal produttore José Luis Dilbidos, un compromesso spagnolo, politicamente moderato e centrista, tra la produzione impegnata e quella di cassetta.

Troviamo inoltre un rinnovato interesse per gli adattamenti letterari. Tra questi ultimi ricordiamo Fortunata y Jacinta di Angelino Fons, del 1969, “la cui caratteristica più saliente […] era il brutale svilimento dell'originale”,230 La Regenta (1974) di Gonzalo Suárez, o la splendida Tristana realizzata da Buñuel nel 1969.

La morte di Franco apre a quella che si considera la vera transizione del cinema spagnolo: “el período comprendido entre 1976 y 1978 fue testigo de una popularización de un estilo liberal y de una transformación de la cinematografía española marcada por una pluralización de las prácticas cinematográficas”:231 cinema nazionale basco e catalano, commedia, cinema radicale, destape e

cinema erotico ne sono le manifestazioni principali.

Gli eterni problemi dell'industria cinematografica spagnola non trovano alcuna soluzione nella politica dell'UCD, il primo partito democraticamente eletto all'indomani della scomparsa del dittatore: “fra il 1977 e il 1982, quando si concluse l'esperienza di governo dell'UCD […], il cinema spagnolo si vide ridotto alla stregua di un pugile sempre sull'orlo del knock-out condannato a battersi contro avversari inarrivabili.232

Ma una nota positiva è certamente nel decreto legge 3071 dell' 11 novembre 1977, che “abolì definitivamente la censura, […] ripristinò una sovvenzione automatica pari al 15% dei primi cinque anni di incasso, e introdusse nuovamente una quota di distribuzione per tutelare il cinema spagnolo

229 J. Hopewell, Out of the past: Spanish cinema after Franco 1973-1988 (1986), tr. spa. El cine español después de

Franco (1973-1988), Madrid, Ediciones El Arquero, 1989, p. 17.

230 C. Torreiro, op. cit., p. 225. 231 C. Torreiro, ivi, p. 137 232 C. Torreiro, ivi, p. 227.

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