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I xintianyou sono componimenti musicali tipici dello Shaanxi e della Mongolia Interna. Presumibilmente nati dallo sviluppo di nenie cantate dai mercanti e di contenuto legati alla tematica dell’amore, queste canzoni sono una parte importante del romanzo di Lu Yao. Già dal secondo capitolo, alla sua prima apparizione nella narrazione, Qiaozhen ne intona uno:

上河里(哪个)鸭子下河里鹅, 一对对(哪个)毛眼眼望哥哥……

Le anatre alla fonte, le oche alla foce, un paio di ciglia che guardan il fratello precoce…

Per poter rendere al meglio questi brevi versi, ho deciso di tradurli il più attinenti possibile al testo d’origine, sia morfologicamente che lessicalmente. Tuttavia, al fine di creare una rima ho dovuto aggiungere la parola “precoce” (non presente nel prototesto).

Altra strategia è stata adottata per la traduzione di un altro componimento, canticchiato dall’allegro Deshun nel Capitolo 11:

哎哟!年轻人看见年轻人好,

白胡子老汉不中用了……

Oh! I giovani se trovano bene tra de loro! Er vecchio barbuto è inutile…

In questo caso, è stato preferito tradurre utilizzando il dialetto per mantenere la coerenza con il linguaggio utilizzato dal vecchietto nelle precedenti battute dei dialoghi. Anche in questo caso, si è mantenuta la struttura del componimento originale e si è cercato di trasmettere quasi letteralmente i contenuti del prototesto attraverso una traduzione fedele.

Preso dai fumi dell’alcool, il simpatico vecchietto proseguirà canticchiando un xintianyou che gli veniva cantato dalla sua amata:

走头头的那个骡子哟三盏盏的灯, 戴上了那个铜铃子哟哇哇的声; 你若是我的哥哥哟招一招手,

你不是我的哥哥哟走呀走你的路……

Tre luci brillanti e un bel mulo lì in testa, il suo campanaccio fa suono di festa;

Se fossi mio fratello ti potrei ospitare, ma tu non lo sei e sulla tua strada dovrai andare…

Nella resa del seguente componimento mi sono attenuto alla traduzione in rima senza denaturare il contenuto della canzone. L’aggiunta del ma nell’ultimo verso è stata necessaria ai fini di permettere una lettura più “melodiosa”, ma anche per segnalare la forza che la forma verbale negata

Bushi 不是 ha in questo verso: se si torna sul testo d’origine, infatti, il motivo viene cantato dall’amata

di Deshun al momento della sua partenza. Rafforzare la negazione, in questo caso, rende ancor più drammatica la scena della separazione.

L’ultimo dei xintianyou da analizzare viene cantato da un coro di bambini sulla strada per Gaojiacun, mentre Gao Jialin sta per tornare a casa:

哥哥你不成材,卖了良心才回来……

Fratello mio, sei un buono a nulla, hai venduto la tua anima e ora sei tornato…

In questo caso, a causa della brevità della canzone e all’assenza di assonanze o rime nel prototesto, ho deciso di formattare la traduzione seguendo la forma dei componimenti precedentemente analizzati, rimanendo però fedele alla traduzione dei contenuti.

5.3 ‘R Dialetto e ‘a parolaccia

Sfogliando Vita nei giorni precedenti alla stesura del seguente commento, mi sono reso conto ancor di più dell’importanza di rendere il contenuto dei dialoghi del romanzo nel modo più attinente possibile al testo. Dovere fondamentale del traduttore, infatti, non è solamente quello di trasmettere il contenuto del testo d’origine, ma di comunicare l’emozione che i personaggi stanno provando. A tal proposito, mi è rimasto a cuore un passo di Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana di Carlo Emilio Gadda:

La porca, la porca! Ciavemo la porchetta, signori! La bella porca de l’Ariccia con un bosco de rosmarino in de la panza! Co le patatine de staggione! ... V’oo dico io. Assaggiatele! […] E poi sottovoce a una belloccia: “A voi ve do er mejo boccone, v’o giuro! Me piacete troppo! Sete troppo bona! (Gadda, 1998: 242)

Fino a poco tempo fa ignoravo le complessità della traduzione del dialetto, sia a partire dalla propria lingua che da una straniera. Man mano che andavo avanti nella traduzione, tuttavia, ho sentito il bisogno primario di comunicare al massimo delle possibilità la funzione di questa metalingua: partendo dallo spezzone appena citato, mi sono imbattuto nella lettura di un’analisi della traduzione proposta da Luigi Bonaffini (Bonaffini, 1995: 213) che espone quanto affermato da me precedentemente. Viene di seguito riportata la resa in inglese del traduttore William Weaver (mantengo solo l’ultima parte dello spezzone del romanzo di Gadda, ossia E poi sottovoce a una

belloccia: “A voi ve do er mejo boccone, v’o giuro! Me piacete troppo! Sete troppo bona!”)

(Altano,1988: 152-156):

“[…] I’ll give you the best part, that’s a promise! You’re my type, all right, you’re too pretty!”

La prima impressione che si ha leggendo una traduzione del genere non è di certo associata al dialetto, né tantomeno al livello emotivo che il porchettaro cerca di trasmettere alla bella ragazza con cui interloquisce.

È da qui che parte la mia analisi e la convinzione di dover comunicare l’essenza del testo a tutti i lettori.

[...] E dire che la parola «dialetto» deriva dal greco dià-legomai (parlare insieme, discorrere, conversare) che ne sottolinea il ruolo di piano e colloquiale dialogare e che lo stesso nella denominazione di «volgare» rimanda alla genuinità del parlare propria di quel vulgus che ne è il più esclusivo depositario (De Falco, 2007: 13) […]

Parlare insieme. Ecco la questione fondamentale: unire i piani sociali in un unico grande schema è l’obiettivo di Lu Yao sin dalla prima battuta dei dialoghi. È per questo che mi sono adoperato sin da subito nella resa delle parole e delle strutture nella maniera più naturale possibile, cercando di adeguarmi alla lingua di partenza:

加林,倒究出了什么事啦?你给我们告儿嘛!你看把你妈都急成啥啦! “Jialin, che t’è successo? Dicce ‘n po’! Guarda tu’ madre quant’è preoccupata”

Ecco un esempio pratico di quanto affermato fino ad ora: oltre alla resa effettiva di quanto detto dal vecchio Yude, ho segnalato il patos dell’incitazione a parlare attraverso la locuzione avverbiale ‘n po’, per riuscire a sottolineare la sfumatura esortativa delle particelle ma 嘛 e la 啦. La lenizione verbale gaor 告 儿 è stata tradotta con dicce, mentre la forma colloquiale sha 啥 , abbreviazione colloquiale e regionale di shenme 什么 (“cosa, che”), è stata trasposta nel contesto con

quant’è.

Espressioni colloquiali come shushu 叔叔 (nel testo “zie’”) o wawa 娃娃 (“pupe’”, da

pupetto) sono di frequente uso nella lingua cinese contemporanea. Sono molti rari invece casi in cui

si possa definire una bella ragazza con l’appellativo gaimanchuan 盖满川 (letteralmente: “ricoprire intero fiume”): tale espressione idiomatica, tipica dello Shaanxi, si riferisce a Qiaozhen, messa a paragone con la magnificenza delle montagne ricoperte dai fiori sbocciati in primavera sui pendii e le vallate dell’Altopiano del Loess. Per rendere l’idea di questa figura, in questo caso, mi è sembrato calzante tradurre con “musa de’ ‘a bellezza”.

La narrazione è resa tipica dal costante utilizzo di forme gergali nei dialoghi. È su questo punto che vorrei soffermarmi, in particolare, descrivendo le scelte di resa in romanesco del turpiloquio. Sul piano dell’accettazione sociale, la parolaccia è ancora una forma tabuizzata delle lingue.

Ciò che accomuna le forme gergali da me analizzate è il fatto che siano sottoposte a interdizione linguistica. L'interdizione è riconducibile al disagio psicologico che il pronunciare o l'ascoltare certe espressioni può provocare, disagio che ha in realtà cause diverse tra cui il timore, il senso religioso, il pudore o l'imbarazzo (Galli de' Paratesi 1964: 17-19).

Compito del traduttore, tuttavia, è quello di permettere al fruitore del metatesto di carpire quanto espresso nel testo d’origine.

“巧珍,你想开些……高玉德家这个坏小子,老天他报应他呀!” 他一提起加林就愤怒了,从炕上溜

下来,站在脚地当中破口大骂:“王八羔子!坏蛋!他妈的,将来不得好死,五雷轰顶呀!把他小

子烧成个黑木桩……”

“Lassa perde quel che è successo, bella de papà… Vedrai che ‘r cielo punirà quer fijo de na mignotta de ‘r fijo de Gao Yude!” Non appena ripensò a Jialin si gonfiò dalla rabbia e, alzandosi, continuò: “Pezzo de stronzo! Testa de cazzo! Mortacci sua! Che possa morì furminato!”

Gli insulti di questo spezzone di dialogo, ossia wangbagaozi 王八羔子, huaidan 坏蛋 e

tamade 他妈的,sono stati tradotti rispettivamente con “pezzo de stronzo”, “testa de cazzo” e

“mortacci sua”, insulti comuni all’interno del vasto repertorio di espressioni gergali del romano. Il motivo per cui è stato aggiunto il “fijo de na mignotta” prima di huaixiaozi 坏小子 (“ragazzo cattivo”, tradotto come “fijo”), è che in dialetto romanesco è comune rafforzare le forme nominali con epiteti come questo. La rabbia del commerciante, in questo modo, è comunicata ancor più esplicitamente.

Non è raro nel prototesto l’uso di mapijing 马屁精 (“lecchino”), reso come “leccaculo”, e di

wonangfei 窝囊废 (“perditempo, rammollito”), tradotto con “bambacione”.

放你妈的臭屁![…] 他走后门,违法乱纪,我一个国家干部,有责任维护党的纪律!

Ma che te scorreggia er cervello? […] È comunque ‘n funzionario der Partito che infrange ‘a legge e io, da buon quadro rispettabile, c’ho ‘r dovere de segnalallo!

In questo caso, la scelta traduttiva è stata legata al contenuto della forma Fang nima de

choupi 放你妈的臭屁: choupi 臭屁, infatti, significa “peto puzzolente”. Essendo un’espressione

comune in romano, ho deciso che “Ma che te scorreggia er cervello?” fosse la resa più calzante e puntuale per comunicare la veridicità dell’esclamazione.

Infine, nel prototesto sono molto utilizzate le forme dialettali del nord: erganzi 二杆子 e

erliuzi 二流子, tradotte all’interno del testo come “cretino”; e i dispregiativi tubaozi 土包子 e xiangbalao 乡巴佬 (resi nel metatesto con “paesanotto” e “zoticone”) che indicano un contadino o

una persona poco istruita.

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