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a cura di Sabine Lardon e Michele Mastroiann

Nel documento Della questione epica (pagine 137-146)

re – talvolta si colora di tinte aneddotiche o mitiche. Tuttavia, lo studio di Le Fur non viene mai meno alla ricostruzione e alla contestualizzazione storica degli avvenimenti che si delineano intorno al potere di Fran- cesco I, uomo e sovrano leggendario di Francia. Per questa ragione il ricco lavoro di Le Fur si costruisce su due macro sezioni; un primo e un secondo libro in- torno a cui si intrecciano una serie di fittissimi capitoli con i quali la figura di Francesco I viene studiata minu- ziosamente, partendo dal periodo dell’infanzia fino ad arrivare al momento dell’incoronazione di Enrico II, per chiudersi poi con la seconda sezione in cui l’A. si sofferma sulla figura mitica di Francesco I: re cavaliere, principe galante, sovrano innamorato, uomo di lettere, inventore del Collège de France, protettore di artisti illustri e della lingua nazionale. Certo, se taluni degli aspetti che vengono affrontati in questo poderosissimo volume sono da tempo oggetto di analisi scientifica- mente serie – il che è peraltro ovvio, visto la centrali- tà di questo sovrano nel panorama internazionale del Rinascimento – molti altri sono invece analizzati con un approfondimento inedito, reso possibile proprio da nuovi dati documentali che arricchiscono di materiale originale gli studi attuali, dando spazio a indagini che si vorranno ancora portare avanti su questa importante figura. Il volume riporta un ricco apparato di note e un’ampia e aggiornata bibliografia che ne fanno uno strumento monografico di approfondimento utilissi- mo sia per lo storico sia per lo studioso del xvI secolo

francese.

[mICheLemastroIannI]

DanIeLe sPezIarI, La plume et le pinceau. Nicolas

Denisot, poète et artiste de la Renaissance (1515-1559),

Genève, Droz, 2016, 288 pp.

Giovane e attivissimo studioso del Rinascimento francese, Daniele sPezIarI fa uscire per le edizioni Droz

un denso e ricco volume su una figura importante qual è quella di Nicolas Denisot, anche se per molto tempo trascurata dalla critica, rappresentativa a pieno titolo dell’intellettuale erudito del xvI secolo e dell’uomo

politicamente accorto, capace di trarre vantaggio dal potere per fini personali e culturali. In possesso di sva- riate doti che lo portano alla notorietà, Denisot, ecclet- tico poeta, disegnatore, editore e precettore, lega il suo nome alla poetica della Pléiade e alla celebre querelle che vede al centro di aspre tensioni dell’epoca due noti autori come Marot e Sagon.

La solida monografia di Speziari si compone di sei capitoli, preceduti da una introduzione (pp. 9-15) che inquadra le questioni oggetto delle indagini, ridiscus- se e poi confermate nelle conclusioni (pp. 243-248), chiarendo la prospettiva critica seguita, puntualmente in dialogo con le ipotesi avanzate e il bilancio finale prudentemente disegnato. Prospettiva che viene con- fermata non solo nella conduzione delle analisi e della ricostruzione storiografica e storico-politica cui co- stantemente sono riportate la vita e l’opera di Denisot, momento indispensabile questo – spiega giustamente Speziari – per la comprensione del ruolo dell’intellet- tuale nel panorama rinascimentale francese, ma anche nella conduzione complessiva del lavoro che, come annunciato nelle pagine liminari, è centrata sul prose- guimento di alcuni studi fondatori (la monografia di Clément Jugé che nel 1969 contribuì a ridare impor- tanza alla figura di Denisot e, soprattutto, un impor- tante articolo di Enea Balmas del 1978 che resta una costante imprescindibile delle ricerche di Speziari), ma

attraverso una rilettura che per il tramite di nuovi dati di archivio estrapolati da documenti portati all’inte- resse della critica da Speziari per la prima volta, fan- no nuova luce su Nicolas Denisot, permettendo allo specialista in particolare di «apprécier les années d’or de la Pléiade d’un point de vue différent, marginal et central en même temps, et de mieux connaître un mo- ment de l’histoire littéraire de la Renaissance à travers la contribution de celui qui est de nos jours réputé “mi- neur” mais qui ne l’était assurément pas à son époque: au contraire, sans jamais adhérer au programme prôné par Ronsard (mais en s’y opposant moins nettement qu’on ne l’a cru), il a été au cœur du mouvement de renouvellement des lettres sous le règne d’Henri II et a même rencontré, au moins pendant quelques années, une faveur et une popularité extraordinaires et qui ne manquent pas de nous étonner, avant de connaître la disgrâce et d’être à peu près complètement oublié après sa mort».

Il I capitolo («Cheminements d’une existence entre poésie et peinture», pp. 17-85) è strutturato su una fit- ta serie di dati attraverso cui viene ricostruita la biogra- fia dell’autore, connessa con la sua esperienza pittorica. Connessione che testimonia della complessità dell’ope- ra di questa figura di intellettuale rinascimentale da un lato e della sua evoluzione dall’altro, nel corso del tem- po. Nel II capitolo («Des Noelz aux Cantiques: Nicolas Denisot, la tradition ‘noelique’ et le débat autour de la poésie d’inspiration sacrée», pp. 87-148) sono oggetto di analisi serrate due importanti raccolte poetiche di Denisot: i Noelz (1545) e i Cantiques (1552). Lo studio condotto da Speziari sulla prima raccolta è storicamen- te contestualizzato in alcune pagine ove sono ripercorsi i momenti fondamentali della nascita e dell’evoluzione dei Noelz, mentre le analisi sulla seconda poggiano sul- la discussone critica di talune questioni centrali all’in- terno dell’elaborazione di una poesia di ispirazione cristiana come quella dei Noelz, questioni che toccano problemi complessi quali in particolare la sovrapposi- zione di tutta una tradizione antica, teologico-pagana, pregnante, come noto, nel Rinascimento europeo, la quale genera il fenomeno interessantissimo ma delicato del sincretismo pagano-cristiano del xvI secolo. Questa

seconda sezione apre un confronto critico di difficile discussione che Speziari riesce però a condurre con le giuste proporzioni, insistendo su un punto importante. Lo studioso sottolinea infatti che «la différence entre le premier et le deuxième recueil poétique de Denisot est visible dès le titre: Noelz se rattache […] à un sous- genre établi de caractère populaire, tandis que l’em- ploi du titre Cantiques est révélateur d’une ambition de plus haute visée. C’est pourquoi, malgré la continuité du sujet, la référence à la tradition ‘noélique’ ne suffi- ra plus pour comprendre les Cantiques, il faudra les insérer dans un débat plus large autour de la poésie d’inspiration chrétienne». Nel III capitolo («Le Ms. Royal 12 A VII (British Library) ou les Muses anglaises de Nicolas Denisot», pp. 149-165), importante per i dati inediti riportati e discussi, l’A. concentra il discor- so sul manoscritto in latino offerto al giovane Edoardo VI, re d’Inghilterra. È questa una sezione dei lavori che ha il pregio di fare luce sulla formazione classica di Denisot, con particolare riferimento alla conoscenza del mondo culturale di espressione latina dell’autore, ma anche alla dimensione più particolareggiata e cir- coscritta del contesto umanista cui appartiene Denisot, ai suoi rapporti intellettuali, ai legami politici (elogio commemorativo di Enrico VIII, elaborazione dei tom-

beaux per Margherita di Navarra), alle ascendenze cul-

Cinquecento 345

permetterne – così come Speziari dimostra in tutto il suo lavoro – una lettura attenta alla ricostruzione delle dinamiche contestuali dell’epoca, in chiave storico- letteraria. Proprio attraverso lo studio dei tombeaux dedicati a Margherita di Navarra si crea il passaggio fra il III e il IV capitolo («Denisot et l’évolution du tom- beau poétique: de l’Hecatodistichon au Tombeau de Marguerite de Valois royne de Navarre», pp. 167-203). Quarto capitolo in cui l’attenzione è rivolta alle analisi comparate delle due opere in questione e ai centoquat- tro distici latini attribuiti alle tre sorelle Seymour, allie- ve di Denisot durante il suo soggiorno in Inghilterra e figlie del duca di Sommerset, al tempo governatore del re Edoardo VI. Procedendo così verso la fine del- la sua monografia, Speziari, nel capitolo V (Nicolas

Denisot artiste, pp. 205-220), prima illustra i lavori dell’umanista, questa volta presentato sotto le vesti di cartografo e di autore/ritrattista, poi chiude, con il ca- pitolo VI («Denisot ou pseudo-Denisot? À propos des attributions anciennes et modernes», pp. 221-242), in cui mette in discussione la questione dell’attribuzione di certi scritti, questione controversa relativamente a

Nouvelles Récréations et joyeux devis di Bonaventure

de Périers e a L’Amant resuscité de la mort d’amour. Il volume, arricchito da immagini e tabelle molto utili per lo studioso, si impone come studio aggiornato, accu- rato e scientificamente originale per la disamina e per il materiale inedito che offre (fra cui non va dimenticata la scoperta da parte di Speziari del testamento di Denisot, che ha permesso di ridefinire la biografia dell’autore e la sua collocazione nel contesto storico-culturale della prima metà del xvI secolo). È ora questo un ottimo stru-

mento di ricerca da cui la critica di settore dovrà partire per studi futuri che vogliano ancora indagare la figura composita e complessa di Nicolas Denisot.

[mICheLemastroIannI]

vaLÉrIe auCLaIr, Vision, espace, temps, dans l’“Apo-

calypse figuree” de Jean Duvet, «Le Verger», bouquet

X, novembre 2016, 26 pp.

La rappresentazione figurata di sogni o visioni nel Rinascimento ha caratteristiche iconografiche ben pre- cise e generalmente presuppone la raffigurazione di colui che sta osservando allo stesso livello di ciò che viene osservato: tale convenzione si pone però in netto contrasto con le regole tradizionali della prospettiva. Anche le illustrazioni dell’Apocalisse medievali e rina- scimentali fanno parte di questa tipologia e, all’interno di tale produzione artistico-letteraria, si pone l’opera di Jean Duvet, orafo e incisore che elabora una vera e propria estetica della rappresentazione apocalittica. Rifiutando la prospettiva tradizionale, egli raffigura infatti uno spazio divino non soggetto alle leggi della fisica. Tra il 1546 e il 1555 Jean Duvet elabora ventitré incisioni che riproducono passi dell’Apocalisse, pub- blicate dapprima su fogli volanti, e successivamente edite a Lione, nel 1561, insieme a una traduzione ano- nima dell’Apocalisse. Il modello principale di queste incisioni è Albrecht Dürer, autore dell’Apocalipsis cum

figuris: Die heimlich Offenbarung Iohannis, pubblicato

nel 1498. Tuttavia, le illustrazioni di Duvet si discosta- no da quelle di Dürer, poiché oltre ad aggiungere sette tavole supplementari, contengono una riflessione origi- nale sulla rappresentazione delle visioni apocalittiche. Attraverso uno studio comparativo dettagliato, sup- portato da una ricca appendice con illustrazioni, l’A. descrive le caratteristiche dello stile di Duvet e le prin-

cipali differenze rispetto al modello, offrendo così una minuziosa comparatio tra le due riproduzioni del testo biblico di Giovanni. L’analisi di queste varianti per- mette così di dimostrare che, rispetto a Dürer, Duvet predilige la raffigurazione di Giovanni quale visionario piuttosto che come personaggio storico. In particolare, l’immagine di Giovanni che intraprende un percorso di evoluzione verso la contemplazione della Grazia di Dio è resa grazie alla mancanza di prospettiva. Rispetto alle composizioni di Dürer, nelle quali essa diventa tec- nica rappresentativa del mondo umano, Duvet impiega l’assenza di prospettiva per evocare un mondo trascen- dente, in cui storicismo evenemenziale e misticismo non sono più distinti. In conclusione, Duvet elabora uno stile unico e personale, fondato su una temporalità ambigua, in virtù della quale le sue composizioni sfug- gono a una collocazione nel tempo e nello spazio, allo stesso modo in cui una profezia si inserisce in un mo- mento in cui il suo oggetto non si è ancora enunciato.

[FILIPPoFassIna]

DavID eL Kenz, Le “Combat des derniers temps” à

Langres: Henri II en Saint Michel terrassant le dragon (v. 1548) de Jean Duvet, «Le Verger», bouquet X, no-

vembre 2016, 10 pp.

A partire dall’ascesa al trono di Carlo VII, l’Arcange- lo Michele diviene il patrono del regno di Francia, tanto che nel 1469 Luigi XI costituisce un ordine di cavalieri consacrati alla sua protezione. Dal punto di vista icono- grafico, l’immagine di san Michele che uccide il drago diviene ricorrente nella propaganda politica per i sovra- ni, tanto che si impone l’idea dell’incarnazione dell’an- gelo nel re stesso. Nel 1548 Enrico II ripristina l’ordine di san Michele attraverso una grande cerimonia di fron- te alla cattedrale di Lione e, per l’occasione, l’incisore Jean Duvet elabora due incisioni su rame, raffiguranti la prima le insegne dell’ordine e la lotta dell’Arcangelo contro Lucifero, la seconda Enrico II sotto le spoglie di san Michele che vince il drago. L’A. sottolinea come la rappresentazione di un angelo incarnato in un essere umano costituisca un’innovazione iconografica notevole e permetta di inserire il sovrano all’interno di una sto- ria provvidenziale che lo vede come guida del proprio popolo verso la salvezza. Inoltre, riprendendo gli studi di Denis Crouzet e di Jean Céard, viene proposta l’inter- pretazione secondo la quale la personificazione dell’an- gelo si inserisce nel «temps panique» dell’epoca, su cui incombe lo spettro del Giudizio Universale e in cui si ricercano strumenti di salvezza. Anche il contesto locale in cui opera Duvet è importante per comprendere il suo stile: in questo studio viene infatti descritto il milieu della città di Langres, un centro della Riforma cattolica, teatro di una delle più spettacolari esecuzioni collettive di ere- tici che la storia di Francia ricordi e che ha influito sulle scelte artistiche dell’incisore. Viene pertanto ripercorsa la vita dell’incisore e la storia della sua città, sottolinean- do in particolare i legami tra autorità religiosa e potere reale, uniti nel contrasto alla minaccia delle eresie, lotta che sembra essere stata condivisa e interiorizzata da Du- vet. La stampa di Henri II en saint Michel va dunque al di là di una semplice celebrazione della ricorrenza dell’ordine dei Cavalieri di San Michele, per inserirsi in un più ampio contesto, storico e sociale, di propaganda legata alla repressione delle eresie sul territorio francese.

nICoLas Le roux, Les guerres de religion, Paris,

PUF, 2016, «Que sais-je?», 128 pp.

Il volumetto, pubblicato di recente da Nicolas Le Roux, storico esperto di Rinascimento francese, pur proponendo una sintesi di ricerche decisamente più ampie, condotte in precedenza dall’A., ha il merito di fornire un quadro chiaro e puntuale dei momenti più rilevanti all’interno delle guerre di religione, per un periodo che viene considerato a partire dal 1520 circa, quando cioè in Francia comincia a diffondersi e a far discutere la teologia luterana, fino all’assassinio di Henri III nel 1589. In particolare Le Roux ritraccia gli avvenimenti salienti di quei quarant’anni che spaccano letteralmente la Francia in una divisione confessionale senza precedenti, divisione cruenta che porta sia i cat- tolici sia i protestanti a trasformare, come noto, delicati questioni di spiritualità in un vero e proprio laborato- rio politico e di propaganda politica. Passando attra- verso alcune analisi relative al celebre massacro della Saint-Barthélemy (1572), Le Roux ricorda giustamente una data cruciale nel panorama delle divisioni scisma- tiche rinascimentali; egli sottolinea cioè il ruolo deter- minante per le guerre di religione dell’anno 1574, anno in cui, con la quinta guerra, le frontiere confessionali fra cattolici e protestanti paiono offuscarsi e indebolirsi rispetto a un preciso riconoscimento di ideologia con- fessionale generante una certa permeabilità di una teo- logia rispetto all’altra. Se da un lato si manifesta quindi un problema di interconfessionalità nel riconoscimen- to di posizioni teologiche nette, dall’altro, il tempo del- le guerre di religione, come ricorda Le Roux, diventa momento di grande diffusione di manifesti, trattati politici, pamphlets e testi di contenuto esegetico e teo- logico che funzionano da strumento ancora attualissi- mo per ricostruzioni storiche e interpretazioni critiche. Passando quindi in rassegna le tappe fondamentali delle sanguinose opposizioni fra cattolici e protestanti nella Francia del Cinquecento, con una rapida apertu- ra al panorama del primo Seicento, il presente lavoro consegna un’ottima sintesi di problematiche complesse che possono essere proposte, proprio per la chiarezza e per la semplificazione metodologica, a un pubblico di accorti studenti universitari.

[mICheLemastroIannI]

CaroLIne trotot, Ronsard et les fantômes de Tro-

ie, Fabula / Les colloques, Représentations et réinter-

prétations de la guerre de Troie dans la littérature et la pensée occidentales, http://www.fabula.org/collo ques/document3809.php.

Ronsard, come noto, per la costruzione del suo universo poetico, ha attinto in larga misura al mondo dell’epos greco, in particolare al mito della guerra di Troia. Oltre ai componimenti amorosi ronsardiani, i cui personaggi principali – Cassandre e Hélène – ri- mandano chiaramente alle omonime figure del testo omerico, anche il poema epico La Franciade riveste un ruolo importante nella ricezione dell’Iliade, all’interno dell’opera ronsardiana. In particolare, l’A. si concentra sugli héros fantômes che popolano l’epopea incompiu- ta, a partire dal protagonista Francus, morto durante la guerra e, a sua volta, figlio di un fantasma, Ettore, la cui ombra si manifesta all’inizio dell’opera per profe- tizzare il destino del figlio. L’analisi dei personaggi evi- denzia come compaiano numerosi eidola sia di defunti, sia di persone ancora viventi o non ancora nate, come i re di Francia discendenti di Francus. Anche la carat-

terizzazione del protagonista è sottoposta a un’analisi comparativa con l’Iliade, al fine di definire le sue carat- teristiche di fantôme: Ronsard immagina infatti che il protagonista del suo poema sia stato salvato da Giove, che lo avrebbe sostituito con un simulacro durante la presa della città. La figura di Francus si sdoppia dun- que, da una parte, nell’immagine evanescente dell’eroe ucciso in guerra e, dall’altra, nell’eroe stesso, salvato dagli dèi per rifondare una novella Troia. I numerosi esempi di personaggi-fantasmi rinviano dunque, per l’A., alla questione dello sdoppiamento tra corpo e spi- rito e dell’identità tra il nome del personaggio stesso e la sua epifania. In questo contributo si sottolinea come Francus sia anche chiamato Astianatte, nome che dal punto di vista etimologico rimanda alla figura di un eroe fondatore e alla translatio della patria distrutta, che rinasce con il nuovo nome di Francia. Questo passaggio dall’antichità alla contemporaneità diventa così lo strumento con cui Ronsard e molti altri poeti francesi celebrano il regno di Francia e con cui tentano di far coincidere l’ideale antico con la realtà moderna. Tuttavia Ronsard mette in atto anche quella che l’A. definisce una poétique du manque: «L’espace épique de la Franciade est suspendu sur les gouffres de la crise historique où flottent des paroles qui présentent leur miroir aux fantômes d’un passé qui hante le présent». Ricostruendo infatti l’origine greco-romana del regno di Francia, Ronsard rievoca anche la continuità della barbarie della guerra, presente in ogni epoca storica. E la presenza di eroi-fantasmi non è altro che la rap- presentazione letteraria dell’angoscia e della tragicità della guerra, che manifesta il «rapport problématique de l’art avec la violence de l’histoire».

[FILIPPoFassIna]

GuILLaume Du vaIr, Traictez philosophiques, éd. cri-

tique par Alexandre Tarrête, Paris, Honoré Champion, 2016, 341 pp.

Basé sur la première édition des Traictez philoso-

phiques (Abel L’Angelier, 1606), surveillée par l’au-

teur, cet ouvrage regroupe La Philosophie morale des

Stoïques, Le Manuel d’Epictète, Les Responses d’Epic- tète aux demandes de l’empereur Adrian, L’Exhorta- tion à la vie civile, De la Constance et consolation ès calamitez publiques.

L’introduction consistante, d’une cinquantaine de pages, permet une entrée claire et méthodique dans les textes, en présentant d’abord l’économie de l’œuvre qui réunit, en 1606, cinq ouvrages composés dans les années 1580-1590 et ayant d’abord connu des publica- tions indépendantes dans un volume intitulé Traictez

philosophiques, qui constitue lui-même le deuxième

d’une série de cinq volumes réunis sous le titre généri- que de Recueil des Harangues et Traictez du S[ieur]

D[u] V[air] (et regroupant De l’éloquence française, Traictez philosophiques, Arrests sur quelques questions

Nel documento Della questione epica (pagine 137-146)

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