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il reato abituale come mera reiterazione di condotte critica Il reato abituale viene definito, nella maggior parte della manuali-

stica italiana, semplicemente come quel reato la cui norma incriminatri- ce richiede o ammette la reiterazione di più azioni o condotte nel tempo, senza che

sia necessario alcun tipo di legame tra le condotte costitutive del reato146.

146 Così: F. ANTOlISEI, l. CONTI, Manuale, cit., 270-271; G. BETTIOl, l. PETTOEllO

MANTOvANI, Diritto, cit., 700; A. CADOPPI, P. vENEzIANI, Elementi, cit., 200; S. CANESTRARI,

l. CORNACChIA, G. DE SIMONE, Manuale, cit., 256; G. DE FRANCESCO, Diritto, cit., 151;

G. DE vERO, Corso, cit., 434; G. FIANDACA, E. MuSCO, Diritto, cit., 212; C.F. GROSSO,

M. PElISSERO, D. PETRINI, P. PISA, Manuale, cit., 213-214; A. MANNA, Corso, cit., 210; F.

MANTOvANI, Diritto, cit., 498; G. MARINI, Lineamenti, cit., 599; G. MARINuCCI, E. DOlCINI,

Manuale, cit., 245; T. PADOvANI, Diritto, cit., 110-111; F. PAlAzzO, op. loc. cit.; D. PulITANò,

Diritto, cit., 185; F. RAMACCI, Corso, cit., 470; R. RIz, Lineamenti, cit., 114; B. ROMANO,

Diritto, cit., 287; M. ROMANO, Pre-Art. 39, cit., 346. Nello stesso senso, al di fuori della

Con una certa frequenza, si aggiunge poi che la locuzione «reato abituale» sarebbe imprecisa, perché evocherebbe l’idea per la quale sareb- be « necessario un legame di abitualità fra i vari fatti che li costituiscono» oppure che «occorra la prova dell’inclinazione a commetterli»147, propo-

nendosi dunque in sostituzione quella di reato «a condotta plurima»148 o di

reato «a condotta reiterata»149.

Tale definizione mira, innanzitutto, a caratterizzare il reato abitua- le dal punto di vista preconsumativo; si afferma, infatti che la ripetizione

delle condotte sarebbe «elemento costitutivo del reato», nel senso che «per l’integrazione del quale non basta un fatto isolato»150 o che «per la

[...] tipicità [...] un solo atto non è sufficiente»151, o, ancora, che «soltanto

la ripetizione di più condotte [...] realizza il fatto di reato»152, o comun-

que, si traggono conclusioni dal medesimo tenore153.

Con ciò, viene innanzitutto riconosciuta, implicitamente o espli- citamente, la figura del reato necessariamente abituale. Alcuni Autori identifi-

cano anche gli ulteriori sottogruppi del «reato abituale proprio» e del «reato

abituale improprio»154, che corrispondono sostanzialmente alle categorie

147 Così F. ANTOlISEI, l. CONTI, Manuale, cit., 270. Con le stesse motivazioni: F.

MANTOvANI, Diritto, cit., 498-499; P. SIRACuSANO, I reati, cit., 1243.

148 F. ANTOlISEI, l. CONTI, op. loc. cit.; G. DE vERO, op. loc. cit.

149 F. MANTOvANI, Diritto, cit., 499; P. SIRACuSANO, op. loc. cit.

150 Così, ad es., F. ANTOlISEI, l. CONTI, op. loc. cit.

151 Con queste parole, ad es., A. CADOPPI, P. vENEzIANI, op. loc. cit.

152 S. CANESTRARI, l. CORNACChIA, G. DE SIMONE, op. loc. cit.

153 Cfr. BETTIOl, l. PETTOEllO MANTOvANI, Diritto, cit., 701; G. DE FRANCESCO, op. loc.

cit.; G. DE vERO, op. loc. cit.; G. FIANDACA, E. MuSCO, op. loc. cit.; C.F. GROSSO, M. PElISSERO,

D. PETRINI, P. PISA, op. loc. cit.; A. MANNA, op. loc. cit.; F. MANTOvANI, Diritto, cit., 500; G.

MARINuCCI, E. DOlCINI, op. loc. cit.; T. PADOvANI, Diritto, cit., 111; F. PAlAzzO, op. loc. cit.;

F. RAMACCI, op. loc. cit.; R. RIz, op. loc. cit.; B. ROMANO, op. loc. cit.; M. ROMANO, Pre-Art. 39,

cit., 347; P. SIRACuSANO, I reati, cit., 1244-1245.

154 Così: F. ANTOlISEI, l. CONTI, Manuale, cit., 271; A. CADOPPI, P. vENEzIANI, op. loc.

cit.; S. CANESTRARI, l. CORNACChIA, G. DE SIMONE, op. loc. cit.; G. DE vERO, op. loc. cit.; G.

FIANDACA, E. MuSCO, op. loc. cit.; C.F. GROSSO, M. PElISSERO, D. PETRINI, P. PISA, Manuale,

cit., 214-215; A. MANNA, op. loc. cit.; F. MANTOvANI, Diritto, cit., 498; G. MARINI, op. loc. cit.;

T. PADOvANI, op. loc. cit.; F. RAMACCI, op. loc. cit.; B. ROMANO, op. loc. cit.; M. ROMANO, op. loc.

cit. Espressamente contrario a questa bipartizione, in ragione della loro «irriducibilità ad

del reato necessariamente abituale proprio e improprio, già ampiamente esplorate dai fautori della tesi secondo la quale il reato abituale sarebbe caratterizzato da un nesso di abitualità tra le condotte155 e già descritte,

nelle loro linee essenziali, da Leone156.

Un più ristretto gruppo di Autori riconosce, infine, anche la ca- tegoria del reato eventualmente abituale157, della quale non dà, in definitiva,

una descrizione difforme da quella data da Petrone158. In alcuni casi,

poi, si afferma che il reato eventualmente abituale sia sostanzialmente «affine»159 al reato abituale improprio, o, addirittura, il reato abituale

improprio sia «la forma eventualmente abituale di un altro reato»160,

nonostante il fatto che, a dire degli stessi Autori in analisi, soltanto nel reato abituale improprio sia richiesta necessariamente una ripetizione di più condotte ai fini dell’integrazione del reato.

Appare evidente, dunque, che, al di là delle varie declinazioni date alla tesi in analisi, la stessa sia descrivibile, per così dire, “per sottrazione” rispetto alla tesi che ravvisa nel reato abituale una pluralità di condotte sorrette da un nesso di abitualità: in buona sostanza, infatti, il reato abi- tuale è definito alla stessa maniera, fatta salva la non menzione del requisi-

to del nesso di abitualità tra le plurime condotte costitutive dello stesso. Agli Autori in esame, quindi, possono muoversi sostanzialmente le stesse obiezioni mosse ai fautori della tesi esaminata nei paragrafi im- mediatamente precedenti.

In particolare, infatti, a chi riconosce, implicitamente o esplicita- mente, soltanto la figura del reato necessariamente abituale, così eviden- ziando le sue caratteristiche nella fase preconsumativa, può replicarsi

155 V. supra par. 4.

156 V. supra par. 2.

157 Riconoscimento espresso alla figura del reato eventualmente abituale è dato da A. CADOPPI, P. vENEzIANI, op. loc. cit.; S. CANESTRARI, l. CORNACChIA, G. DE SIMONE, op. loc. cit.;

C.F. GROSSO, M. PElISSERO, D. PETRINI, P. PISA, Manuale, cit., 215; F. MANTOvANI, op loc.

cit.; T. PADOvANI, op. loc. cit.; F. PAlAzzO, op. loc. cit.; m. ROMANO, op. loc. cit.

158 V. supra par. 4.

159 M. ROMANO, op. loc. cit.

che, come già evidenziato, tale dato non è sufficiente ad individuare un elemento distintivo del reato abituale rispetto ad altri reati che comunque richiedono la

commissione di una pluralità di condotte per la consumazione161.

A chi, poi, fa riferimento anche alla figura del reato eventualmente abituale, può in aggiunta obiettarsi l’impiego di un medesimo dato di- stintivo (la reiterazione di condotte) per descrivere fenomeni giuridici diversi (la pluralità che caratterizza la fase preconsumativa dei reati necessariamente abi- tuali e il possibile protrarsi nel tempo della fattispecie dopo la consumazione nei

reati eventualmente abituali), così finendo per disconoscere o non chiarire

sufficientemente la natura e/o la sussistenza dell’unico reale fenomeno posto in luce dallo studio del reato abituale, e cioè, proprio la possibile fase di durata postconsumativa della fattispecie162.