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Su disposizioni dell’articolo 2 della Child Abuse Prevention Law del Giappone, un’azione viene identificata come abuso di minore in quattro casistiche differenti che comprendono l’aggressione, l’abuso sessuale, l’abbandono e l’abuso verbale46:

「第二条 この法律において、「児童虐待」とは、保護者(親権を行う者、未成 年後見人その他の者で、児童を現に監護するものをいう。以下同じ。)がその監 護する児童(十八歳に満たない者をいう。以下同じ。)について行う次に掲げる 行為をいう。」

Article 2: “The term "child abuse" as used in this Act means the following acts

committed by a custodian (meaning a person who exercises parental authority, a guardian of a minor or other person who is currently engaged in custody of a child; hereinafter the same shall apply) against a child (meaning a person who is under 18 of age; hereinafter the same shall apply) under his/her custody:”

「一 児童の身体に外傷が生じ、又は生じるおそれのある暴行を加えること。」

(i) “Assault the child in a manner that will cause or is likely to cause external injury

on the body of the child;”

「二 児童にわいせつな行為をすること又は児童をしてわいせつな行為をさせる こと。」

(ii) “Engage in indecency against the child or cause the child to engage in

indecency;”

「三 児童の心身の正常な発達を妨げるような著しい減食又は長時間の放置、保 護者以外の同居人による前二号又は次号に掲げる行為と同様の行為の放置その他 の保護者としての監護を著しく怠ること。」

(iii) “Substantially reduce the amount of food for the child or abandon and neglect

the child for a long time period in a manner that may interfere with normal

45 David Chapman, Karl Jakob Krogness, op.cit., p.208.

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development of the child mentally or physically, or leave a person living together other than the custodian to commit any act that is equivalent to those listed in the preceding two items or the following item, or otherwise materially fail to perform the duty of custody as a custodian; or”

「四 児童に対する著しい暴言又は著しく拒絶的な対応、児童が同居する家庭に おける配偶者に対する暴力(配偶者(婚姻の届出をしていないが、事実上婚姻関 係と同様の事情にある者を含む。)の身体に対する不法な攻撃であって生命又は 身体に危害を及ぼすもの及びこれに準ずる心身に有害な影響を及ぼす言動をい う。)その他の児童に著しい心理的外傷を与える言動を行うこと。」

(iv) “Use significantly violent language or take an extreme attitude of rejection

against the child, use violence upon one's spouse in a family in which the child is living together (meaning illegal attacks on the body of the spouse (including the one who is under circumstances substantially equivalent to marital relationship although the marriage notification has not been made) that threaten the spouse's life or body, as well as the words and behaviors equivalent to said attacks which would have harmful effect on the spouse mentally or physically), or otherwise speak or behave in a manner that would be significantly traumatic to the child.”

Il contesto storico e l’attuale situazione sociale hanno indubbiamente influenzato le manifestazioni di abuso e abbandono di minori che si verificano oggi in Giappone. Nel settimo secolo, l’Imperatore Tenmu47 ordinò a dodici persone la scrittura del Nihon

Shoki, che narra il mito della creazione del Giappone, e nel quale sono presenti le prime

testimonianze di traffico di bambini. Di quegli anni, furono anche ritrovati numerosi racconti folcloristici antichi in cui venivano riportati rapimenti, abusi sessuali e fisici, abbandoni e infanticidi, tutti fenomeni riconosciuti nel paese e verificatisi fino ai tempi moderni.

A metà del 1800, maltrattamenti di bambini furono spesso riscontrati tra le famiglie di ceto sociale molto basso, afflitte da uno stato di estrema povertà a causa del rigido sistema di tassazione in vigore prima della Restaurazione Meiji del 1868. Dopo la riscossione delle tasse, le grandi famiglie estese non possedevano abbastanza risorse per nutrirsi e, di conseguenza, non avevano la possibilità di crescere più di uno o due bambini. Al tempo nacque la famosa bambola giapponese kokeshi (こけし), oggi venduta come souvenir

47 L’imperatore Tenmu (631–686) fu il quarantesimo imperatore del Giappone descritto nel Nihon Shoki

92 sebbene alcuni studiosi pensino che fosse utilizzata in passato come oggetto in memoria dei bambini vittime di abusi48.

La Restaurazione Meiji e, in seguito, la Seconda Guerra Mondiale portarono una serie di cambiamenti drastici alla società giapponese, creando le condizioni che caratterizzano oggi le forme di abuso e maltrattamento di minori. A partire dal secondo dopoguerra, il Giappone, ripresosi lentamente dalla sconfitta, si trasformò in una potenza economica mondiale provocando nuovamente una serie di cambiamenti nella società: i trasferimenti dalle campagne alle città, la riduzione dei nuclei familiari estesi e la competizione scolastica, portarono nuovamente ad un aumento dei casi di abusi sui minori49.

Sfortunatamente, anche nell’ultimo decennio, il numero degli abusi nei confronti dei bambini in Giappone è incrementato ogni anno: alcune statistiche del Ministero della salute, del lavoro e del benessere hanno riscontrato 159.850 consulenze negli uffici di assistenza relativamente a casi di abuso di minori nel 2018. Tale cifra risulta essere la più alta dalla prima analisi di dati nel 1990 e mostra un incremento di 26.072 casi in più rispetto al 2017.

48 Roger Goodman, Children of the Japanese State: The Changing Role of Child Protection Institutions in

Contemporary Japan, Oxford University Press, Oxford, 2000, p.182.

49 Beth M. Schwartz-Kenney, Michelle McCauley, Michelle A. Epstein, Child Abuse: A Global View,

93 50

Figura 22

Il tipo di abuso più diffuso è quello psicologico, con 88.389 casi, seguito da quello fisico, dall’abbandono e dall’abuso sessuale (Fig. 22). In relazione all’abuso psicologico venivano menzionati casi di bambini aggrediti verbalmente o testimoni di aggressioni di un genitore nei confronti dell’altro51.

Tra le varie tipologie di abuso nei confronti dei minori, una delle più diffuse nel Giappone antico era quella dell’infanticidio, oggi fortunatamente sempre meno frequente.

Nella cultura dell’infanticidio, liberarsi dei neonati era una questione di consenso sociale: i genitori avevano l’obbligo di crescere soltanto un numero limitato di bambini.

Perciò, a partire dal periodo Edo, nel Giappone feudale divenne assai comune l’infanticidio femminile con lo scopo di tramandare la discendenza patrilineare attraverso un metodo conosciuto con il nome di mabiki (間引き, letteralmente “sfoltimento”). Il termine fu scelto per la sua somiglianza con le procedure seguite dai contadini per garantire la crescita adeguata delle piantine di riso, ossia l’eliminazione degli esemplari

50 Immagine reperita da New Record for Annual Child Abuse Reports in Japan, Nippon, 2019,

https://www.nippon.com/en/japan-data/h00517/new-record-for-annual-child-abuse-reports-in- japan.html?cx_recs_click=true

51 Jidō gyakutai, kakosaiaku no 16 mankenchō: shinriteki gyakutai ga zōka (Child abuse at the worst level

ever, more than 160.000 cases: the psychological abuse is increasing), Nippon, 2019,

https://www.nippon.com/ja/japan-data/h00517/

94 più piccoli o lenti a crescere e la valorizzazione di quelli più forti e resistenti. Una delle tecniche maggiormente utilizzate prevedeva l’ostruzione della bocca e del naso del neonato con della carta bagnata al fine di causare un soffocamento immediato, oppure un metodo alternativo era quello di affogare l’infante in un gabinetto. Nell’88% dei casi, le vittime sotto un anno di età erano uccise da donne, solitamente le madri52.

Al fine di mantenere un rapporto di tipo 2:1 fra figli maschi e figlie femmine all’interno della famiglia, si stima che, in media, due su cinque nuovi nati venissero eliminati. Con il tempo, a causa della povertà e dell’impossibilità di crescere un altro figlio, il metodo mabiki fu utilizzato anche per controllare le nascite, e si diffusero numerosi casi di anomia53, nei quali le vittime erano figli illegittimi, e le motivazioni, molto spesso, la

necessità di evitare una cattiva reputazione e la paura di perdere il supporto psicologico dell’amante.

Nel 1868, con la modernizzazione attuata dalla Restaurazione Meiji, il governo bandì a livello nazionale qualsiasi forma di aborto o infanticidio e, grazie all’introduzione del

koseki, risultò ormai quasi impossibile per le famiglie nascondere l’omicidio del

neonato54.

Purtroppo, però, agli inizi del 1970, le manifestazioni di infanticidio nel paese presero una nuova forma, quella dei cosiddetti coin-operated-locker babies55. In quegli anni, infatti, furono installati nelle stazioni dei treni o negli aeroporti numerosissimi armadietti per permettere ai viaggiatori di conservare i propri bagagli pagando una piccola somma in moneta. Tuttavia, questi spazi furono utilizzati non soltanto per nascondere merci illegali ma, tristemente, anche per occultare i corpi di neonati uccisi o non voluti. Inoltre, in questi casi, risalire ai genitori o agli aggressori risultava molto complesso.

Fino al 1981, il 7% degli infanticidi in Giappone ebbe a che fare con gli armadietti delle stazioni di treni o di aeroporti, ma col tempo questi numeri diminuirono, probabilmente

52 Per un maggior approfondimento sul mabiki si veda Larry Stephen Milner, Hardness of Heart/Hardness

of Life: The Stain of Human Infanticide, University Press of America, Lanham, 2000.

53 Il termine anomia, dal greco “senza norma”, si riferisce ad un fenomeno nel quale l’individuo entra in

uno stato di alienazione che lo predispone a compiere azioni devianti.

54 Fabian Drixler, Mabiki: Infanticide and Population Growth in Eastern Japan, 1660-1950, University of

California Press, Berkeley, 2013, p.208.

55 Termine derivante dal giapponese koin rokkaa beibii (コイン ロ ッ カ ー ベ イ ビ ー ), letteralmente

95 grazie al maggior controllo e ad una maggiore sensibilizzazione relativamente all’utilizzo dei contraccettivi56.

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