• Non ci sono risultati.

ACCESSO ALLA GIUSTIZIA E PROTEZIONE INTERNAZIONALE

LA SOSPENSIONE DELL’EFFICACIA ESECUTIVA DEL DECRETO DI RIGETTO DELLA DOMANDA DI PROTEZIONE

INTERNAZIONALE ALLA LUCE DEI PRINCIPI DI EFFETTIVITÀ, EQUIVALENZA E IMPARZIALITÀ

Martina Flamini*

SOMMARIO: 1. Rilievi introduttivi. 2. Il principio di effettività nella tutela

giurisdizionale del diritto alla protezione internazionale. 3. I rinvii pregiudiziali del Raad van State e del Tribunale di Milano. 4. Le decisioni della Corte di giustizia. 5. L’interpretazione dei “fondati motivi”, di cui all’art. 35 bis comma 13 d.lgs. 25/2008, da parte dei giudici nazionali, alla luce delle decisioni della Corte di giustizia. 6. Considerazioni conclusive.

1. Rilievi introduttivi

Il giudice della protezione internazionale è chiamato a comprendere, interpretare e verificare in che modo il diritto dell’Unione intervenga in relazione alle regole processuali nazionali, nonostante l’armonizzazione normativa molto limitata che caratterizza queste ultime sul piano euro- peo.

Il diritto processuale, infatti – per quel che rileva in questa sede – si pone come piano mobile di tutela per assicurare il rispetto del diritto fon- damentale alla protezione internazionale. Resterebbe, infatti, una mera declamazione di principio, affermare la natura fondamentale del diritto in esame, senza assicurare alla detta situazione sostanziale effettive ga- ranzie procedurali che ne consentano una piena tutela1.

* Magistrato presso il Tribunale di Milano.

E proprio il principio di effettività, come sottolineato da attenta dot- trina2, è stato da tempo utilizzato dalla Corte di Cassazione3 e dalla Corte

di giustizia4 come un principio costituzionale funzionale ad eliminare le

restrizioni nazionali nella protezione dei diritti, potenziare la funzione ermeneutica ed individuare i rimedi più adeguati alla lesione.

Il giudice nazionale, dunque, quale giudice europeo, è chiamato, in applicazione del principio di effettività – ma anche di quello di equiva- lenza ed imparzialità – a verificare se i rimedi processuali nazionali, nella materia in esame, siano idonei ad assicurare una tutela effettiva del diritto fatto valere.

L’esame della questione relativa alla sospensione dell’efficacia ese- cutiva del decreto di rigetto di una domanda volta ad ottenere il ricono- scimento della protezione internazionale verrà qui condotto, nella cor- nice appena delineata, proprio allo scopo di verificare in che termini l’at- tuale disciplina di tale fase cautelare sia compatibile con i principi sopra indicati o renda, invece, eccessivamente difficile la tutela del diritto in- vocato.

2. Il principio di effettività nella tutela giurisdizionale del diritto alla protezione internazionale

Il principio della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che gli am- ministrati traggono dal diritto dell’Unione, per come riconosciuto dalla Corte di giustizia5 è un principio generale, discendente dal dovere gene-

rale di leale collaborazione in capo agli Stati membri, il quale investe anche le autorità giurisdizionali nazionali, nel senso che queste ultime

2 G. VETTORI, Effettività delle tutele, (diritto civile) (voce), in Enc. dir., Ann. X, Mi- lano, 2017, 381.

3 Cfr. Cass. 17 settembre 2013, n. 21255 e Cass. 12 dicembre 2014, n. 26242. 4 Cfr. C. giust. CE, 15 maggio 1986, C-222/84, Johnston; 15 ottobre 1987, C-222/86,

Union nationale des entraîneurs et cadres techniques professionnels du football; sul

punto v. N. TROCKER, Il diritto processuale europeo e le “tecniche” della sua forma-

zione: l’opera della Corte di Giustizia, in Europa e d. priv., 2, 2010, 366-412, 373.

5 Cfr. C. giust. CE, C-222/84, Johnston; 25 luglio 2002, C-459/99, MRAX, § 101, in materia di permessi di soggiorno; 29 ottobre 2009, C-63/08, Pontin, §§ 4 ss.

devono assicurare sempre e in ogni caso una protezione giudiziaria effet- tiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione6, quale è quello del-

l’asilo.

Tale principio costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, san- cito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e poi ribadito all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea7. È dunque com-

pito dei giudici nazionali, secondo il principio di collaborazione enun- ciato dall’art. 4 TUE, garantire la tutela giurisdizionale dei diritti spet- tanti agli individui, in forza delle norme del diritto dell’Unione8. Le mo-

dalità procedurali dei ricorsi idonee a garantire la tutela dei diritti spet- tanti ai singoli in forza del diritto comunitario non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi in materia interna (principio di equivalenza), né devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordina- mento giuridico comunitario (principio di effettività). Con riferimento a tali principi, atteso il contenuto diverso di ciascuno di essi, nonché l’au- tonomia di ciascuno rispetto all’altro, non pare inutile precisare che l’ab- binamento tra principio di effettività e principio di equivalenza è frutto della tradizione giurisprudenziale della Corte di giustizia.

L’art. 47 della citata Carta, dispone, infine, al par. 1, che «Ogni indi- viduo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel ri- spetto delle condizioni previste nel presente articolo» e, al co. 2, che «Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente,

6 C. giust. CE, 16 dicembre 1976, C-33/76, Rewe, EU:C:1976:188, § 5; 22 maggio 2003, C-462/99, Connect Austria, §§ 38-42; 13 marzo 2007, C-432/05, Unibet, EU:C.2007:163, §§ 41-42; 8 novembre 2016, C-243/15, Lesoochranárske zoskupenie

VLK, EU:C:2016:838, § 50, nonché, in tal senso, C. giust. 9 febbraio 2017, C-560/14, M,

EU:C:2017:101, § 30 e giurisprudenza citata.

7 Unibet, § 37 e giurisprudenza ivi citata. Sul rapporto tra artt. 6 e 13 ed art. 47 della Carta dei diritti fondamentali cfr. Actiones Handbook on the techniques of judicial inter-

actions in the application of EU Charter, finanziato dalla Commissione Europea Dg Di-

ritti fondamentali i cui materiali sono disponibili sul sito www.cjc.eu.

8 Unibet, § 38; Rewe, § 5 e 16 dicembre 1976, C-45/76, Comet, EU:C:1976:191, § 12.

pubblicamente e entro un termine ragionevole da un giudice indipen- dente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare». Viene, pertanto, affer- mata l’esigenza di dare attuazione alla pretesa di un rimedio effettivo, inteso come predisposizione di adeguati strumenti di tutela ed idonee fat- tispecie processuali, capaci di garantire la piena soddisfazione dei diritti e degli interessi tutelati9.

La Corte di Cassazione ha qualificato il principio di effettività come regola-cardine dell’ordinamento costituzionale, volto ad assicurare il di- ritto «ad un rimedio adeguato al soddisfacimento del bisogno di tutela di quella… unica e talvolta irripetibile situazione sostanziale di interesse giuridicamente tutelato»10.

Con particolare riguardo alla materia della protezione internazionale, la procedura per il suo riconoscimento è disciplinata, a livello europeo, dalla dir. 2013/32/UE (che ha abrogato la dir. 2005/85/CE ed è stata tra- sposta in Italia attraverso il d.lgs. 142 del 2015, di modifica, tra l’altro, del d.lgs. 25 del 2008), dalla dir. 2013/33/UE (in materia di accoglienza) e dal Reg. UE n. 604 del 2013, in materia di giurisdizione.

In particolare, per quel che rileva ai fini dell’esame della questione oggetto del presente contributo, la dir. 2013/32/UE prevede all’art. 22, par. 1, che

ai richiedenti è data la possibilità di consultare, a loro spese, in maniera effettiva un avvocato o altro consulente legale, ammesso o autorizzato a norma del diritto nazionale, sugli aspetti relativi alla domanda di prote- zione internazionale, in ciascuna fase della procedura, anche in caso di decisione negativa.

L’art. 46, par. 3, dispone che gli

Stati membri assicurano che un ricorso effettivo preveda l’esame com- pleto ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto compreso, se del caso, l’esame delle esigenze di protezione internazionale ai sensi della direttiva

9 N. TROCKER, op. cit.

2011/95/UE, quanto meno nei procedimenti di impugnazione dinanzi al giudice di primo grado.

Al par. 5, inoltre, prevede che

Fatto salvo il paragrafo 6, gli Stati membri autorizzano i richiedenti a rimanere nel loro territorio fino alla scadenza del termine entro il quale possono esercitare il loro diritto a un ricorso effettivo oppure, se tale di- ritto è stato esercitato entro il termine previsto, in attesa dell’esito del ricorso.

L’art. 46, par. 1 della dir. 2013/32/UE prevede che gli Stati membri sono tenuti a disporre che il richiedente abbia diritto a un rimedio effet- tivo dinanzi ad un giudice nei casi elencati in tale disposizione e, in par- ticolare alla lettera a), punto i), ossia avverso la decisione di ritenere la domanda infondata in relazione allo status di rifugiato e/o allo status di protezione sussidiaria. Il par. 4 dell’art. 46 della Direttiva dispone inoltre che gli Stati membri devono prevedere termini ragionevoli, nonché in- trodurre le altre norme necessarie per l’esercizio, da parte del richiedente, del diritto ad un rimedio effettivo di cui al paragrafo 1 del medesimo articolo. I termini prescritti, non devono, tuttavia rendere impossibile o eccessivamente difficile tale accesso11.

3. I rinvii pregiudiziali del Raad van State e del Tribunale di Milano

Prima di esaminare le decisioni rese dalla Corte di giustizia in materia di sospensiva degli effetti del decreto di rigetto della domanda di prote- zione internazionale, è necessario soffermarsi sul contenuto dei due rin-

11 Cfr. C. giust. UE, 20 ottobre 2016, C-429/15, Danqua, ove la Corte di giustizia ha affermato che il principio di effettività deve essere interpretato nel senso che esso si pone come ostativo ad una norma procedurale nazionale che assoggetta una domanda volta ad ottenere lo status di protezione sussidiaria ad un termine di decadenza di quindici giorni lavorativi a decorrere dalla notifica, da parte dell’autorità competente, della possibilità, per un richiedente asilo la cui domanda sia stata respinta, di presentare una siffatta do- manda.

vii pregiudiziali, attese le differenze esistenti tra i due rinvii e la non per- fetta coincidenza tra le questioni poste dai giudici nazionali e le risposte della Corte di Lussemburgo.

Il rinvio del giudice dei Paesi Bassi trae origine dalla domanda pro- posta da due cittadini russi che, dopo aver ricevuto la notifica di decisioni che respingevano la loro domanda di protezione internazionale e impo- nevano loro un obbligo di rimpatrio, hanno proposto appello avverso le pronunciate sentenze dinanzi al Raad van State (Consiglio di Stato). In assenza di effetto sospensivo automatico dell’appello, essi hanno chiesto al Consiglio di Stato – che, pur in assenza di effetto sospensivo automa- tico della decisione impugnata, può adottare provvedimenti provvisori, al fine di evitare l’allontanamento dei richiedenti nelle more del giudizio di merito sull’appello – in via cautelare, di adottare i predetti provvedi- menti, in attesa della decisione sul merito. Tale giudice ha accolto la do- manda di provvedimenti provvisori e ha deciso che i due richiedenti non potevano essere espulsi prima di una pronuncia sul merito dell’appello. Nella decisione di rinvio è precisato che l’adozione dei provvedimenti provvisori è giustificata dalla necessità di evitare che i ricorrenti siano espulsi prima che la Corte di giustizia abbia potuto statuire sulle que- stioni pregiudiziali, ma che esso si pronuncerà sul mantenimento di tali provvedimenti provvisori sulla base delle risposte della Corte di giusti- zia.

In tale contesto, il Raad van State ha deciso di sospendere il procedi- mento e di chiedere alla Corte di giustizia se l’art. 46 della direttiva 2013/32 e l’art. 13 della direttiva 2008/115, letti alla luce dell’art. 18 e dell’art. 19, par. 2, nonché dell’art. 47 della Carta, debbano essere inter- pretati nel senso che ostano a una normativa nazionale la quale, pur pre- vedendo un appello contro le sentenze di primo grado confermative di decisioni che respingono domande di protezione internazionale e impon- gono un obbligo di rimpatrio, non dota tale mezzo di impugnazione di effetto sospensivo automatico, neanche quando la persona interessata in- vochi un grave rischio di violazione del principio di non respingimento. Nella questione interpretativa pregiudiziale olandese, pertanto, l’og- getto della domanda posta alla Corte verteva intorno all’interpretazione di una norma che non prevede l’effetto sospensivo automatico per una

decisione di diniego di protezione internazionale ed espone il richiedente ad un rischio di rimpatrio.

Diverso il contenuto del rinvio pregiudiziale dei giudici meneghini. Il diritto nazionale italiano prevede, all’art. 35-bis del d.lgs. 25/2008, co. 13 – introdotto dal decreto legge 17 febbraio 2017 n. 13, convertito nella legge 13 aprile 2017 n. 46 – che, entro cinque giorni dal deposito del ricorso in Cassazione, il ricorrente, il quale abbia visto rigettata inte- gralmente la domanda di protezione, possa chiedere al Tribunale che ha emesso il provvedimento impugnato di sospendere gli effetti del decreto di rigetto pronunciato dal Tribunale e il ripristino della sospensione del- l’efficacia esecutiva della decisione della Commissione (sospensione conseguente alla proposizione del ricorso avverso la predetta decisione). Il giudice, «quando sussistono fondati motivi», può disporre la sospen- sione dell’efficacia del decreto di rigetto, «con conseguente ripristino (…) della sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione della Commissione» (co. 13 ult. parte dell’art. 35-bis). L’art. 35-bis, co. 13, individua, infine, il giudice competente a decidere nel «giudice che ha pronunciato il decreto impugnato» e, dunque, trattandosi del provvedi- mento decisorio finale emesso dal Tribunale, fa riferimento al collegio giudicante.

Il Tribunale di Milano – chiamato a pronunciarsi sul ricorso di un cittadino nigeriano che, dopo aver visto respinta la sua domanda sia dalla Commissione Territoriale, in via amministrativa, che dal Tribunale, in via giurisdizionale, ha proposto ricorso in Cassazione chiedendo al giu- dice di primo grado la sospensione dell’efficacia esecutiva del decreto di rigetto – ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni inter- pretative pregiudiziali: se sia compatibile con il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività, la previsione di un effetto sospensivo non automatico alle procedure di impugnazione di una decisione di primo grado; se l’interpretazione dei «fondati motivi», come possibile fonda- tezza del ricorso in Cassazione, da valutarsi da parte dello stesso giudice che ha emesso il decreto impugnato in Cassazione, sia compatibile con il diritto UE, atteso che il Tribunale potrebbe rigettare l’istanza di so- spensiva, così a) precludendo al ricorrente la possibilità di permanere sul territorio nazionale sino alla conclusione del procedimento volto all’im- pugnativa del diniego della sua domanda di protezione internazionale,

b) esponendolo ad un serio rischio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti disumani o degradanti.

Nella decisione del Tribunale di Milano si legge come l’interpreta- zione del presupposto previsto per la sospensione come fondatezza del ricorso 1) possa portare ad un vulnus del diritto ad un rimedio effettivo; 2) si ponga in contrasto con il diritto ad essere giudicato da un giudice terzo e imparziale; 3) possa integrare una violazione del principio di equivalenza.

Con specifico riferimento al principio di effettività, nel provvedi- mento in esame, si guarda alla giurisprudenza della Corte di giustizia per richiamare il diritto di difesa, il principio della parità delle armi, il diritto di ricorso ad un giudice, la facoltà di farsi consigliare, difendere e rap- presentare12, nonché il diritto al contraddittorio13.

In merito a tale ultimo diritto, ancora richiamando una decisione della Corte di giustizia – resa all’esito di un giudizio di rinvio operato dal Tri- bunale di Milano – i giudici del rinvio14 affermano che un esame, com-

pleto ed ex nunc, può dirsi davvero concluso – in via definitiva – solo al momento del passaggio in giudicato della decisione che ha respinto la domanda di protezione internazionale e che fino a tale momento (nel quale si riesce a stabilire se il richiedente non corra realmente alcun ri- schio) al ricorrente debba essere garantito il diritto di confrontarsi con il suo difensore e di esporre all’autorità giudiziaria tutti gli elementi, anche sopravenuti rispetto alla prima decisione negativa, in suo possesso.

In merito alla dedotta violazione del principio di imparzialità15, nel

rinvio pregiudiziale del Tribunale di Milano si osserva che la terzietà e

12 C. giust. UE, 26 giugno 2007, C-305/05, Ordre des barreaux francophones et ger-

manophone e a., §§ 29-31; 6 novembre 2012, C-199/11, Otis e a., § 48.

13 Diritto al contraddittorio che implica il diritto delle parti in un processo di prendere conoscenza delle prove e delle osservazioni presentate davanti al giudice e di discuterle: una decisione basata su fatti e documenti di cui le parti non hanno avuto conoscenza e su cui non hanno dunque potuto esprimersi costituirebbe infatti una gravissima lesione del contraddittorio (C. giust. UE, 4 giugno 2013, C-300/11, ZZ, §§ 55-56).

14 Cfr. C. giust. UE, 26 luglio 2017, C-348/16, Moussa Sacko.

15 In virtù dell’art. 111 Cost., il diritto processuale interno tutela in modo inequivoco il diritto della persona ad avere un giudice imparziale. In virtù di esso, il soggetto coin- volto in una vicenda giudiziaria, allorché ritenga che soggettivamente od oggettivamente si trovi di fronte ad un giudice non imparziale, può proporne la ricusazione mediante

l’imparzialità del giudice16 che deve decidere della sospensione della de-

cisione di rigetto emessa in primo grado, rischierebbero di essere com- promesse nel caso in cui la valutazione in merito ai presupposti della so- spensione vertesse sulla fondatezza del ricorso. Si chiederebbe, infatti, allo stesso giudice che ha ritenuto di rigettare la domanda di protezione di rivalutare, sia pure sommariamente, la medesima fondatezza della pro- pria decisione rispetto al ricorso in impugnazione.

Con riferimento al principio di equivalenza – in forza del quale in assenza di specifica disciplina comunitaria, la tutela dei diritti ricono- sciuti al singolo dal diritto comunitario non può essere meno favorevole di quella garantita a diritti analoghi riconosciuti dal diritto interno – il Tribunale di Milano ha evidenziato come l’analogo rimedio previsto nel- l’ordinamento nazionale (l’art. 373 c.c., il quale pone quale unico requi- sito il pericolo di un danno grave e irreparabile, per cui richiede una va- lutazione incentrata sul versante del periculum in mora, senza fare alcun riferimento al requisito del fumus boni iuris) affidi la decisione sulla so- spensione allo stesso giudice che ha emesso la sentenza impugnata per Cassazione, limitando la delibazione alla valutazione relativa all’esi- stenza di un pericolo di danno e non, invece, al merito del ricorso. L’art. 35-bis, co. 13, invece, individua il giudice competente a decidere nel «giudice che ha pronunciato il decreto impugnato» e lo chiama a de- cidere sulla sospensione solo sulla base della fondatezza dei motivi di ricorso. Lo stesso Tribunale che ha emesso il provvedimento negativo, senza considerare la sussistenza del requisito del periculum, è chiamato a decidere se sospendere o meno il provvedimento di rigetto (e, dunque, se consentire la permanenza sul territorio nazionale al richiedente prote- zione, la cui domanda non è stata ancora decisa in via definitiva), sulla

ricorso contenente i motivi specifici e i mezzi di prova (art. 52 c.p.c., co. 1), depositando apposito ricorso in cancelleria due giorni prima dell’udienza, se al ricorrente è noto il nome del giudice, chiamato a trattare o decidere la causa, e prima dell’udienza di tratta- zione o di discussione di questa nel caso contrario.

16 L’effettività del diritto di accesso ad un giudice equo e imparziale non è mai su- scettibile di subire contemperamenti nel bilanciamento con finalità generali, esterne al processo, perseguite dall’ordinamento (C. EDU, Krombach c. Francia 13 febbraio 2001;

base di una valutazione sommaria della fondatezza dei motivi di ricorso avverso la decisione emessa dal medesimo Tribunale.

4. Le decisioni della Corte di giustizia

Con la sentenza del 26 settembre 2018, causa C-180/17, i giudici di Lussemburgo, decidendo sul rinvio pregiudiziale del Raad van State, hanno premesso che: l’introduzione di un secondo grado di giudizio con- tro le decisioni di rigetto di una domanda di protezione internazionale e contro le decisioni di rimpatrio, e la scelta di dotarlo, se del caso, di ef- fetto sospensivo automatico costituiscono, modalità procedurali che at- tuano il diritto ad un ricorso effettivo contro simili decisioni, diritto pre- visto all’art. 46 della direttiva 2013/32 e all’art. 13 della direttiva 2008/115; il rispetto degli obblighi derivanti dai principi di equivalenza e di effettività dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di dette norme nell’insieme del procedimento, dello svolgimento dello stesso e delle peculiarità di tali norme, dinanzi ai vari organi giurisdizionali na- zionali17.

Tanto premesso, con riferimento alla valutazione del «trattamento si- mile dei ricorsi» la Corte di giustizia ha affermato che nessuna delle parti, nel caso in esame, ha sollevato dubbi circa il rispetto del principio di

Documenti correlati