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Vi è un’altra tragedia, all’interno della produzione letteraria giunta fino a noi, in cui possiamo trovare l’eco paradigmatico della figura di Achille, anche se in misura minore e circoscritta ad alcuni aspetti del dramma: il Prometeo Incatenato,441 il cui protagonista, il Titano Prometeo, è indubbiamente un personaggio solo, isolato, derelitto, tanto da essere annoverato da Knox fra i suoi eroi “sofoclei”.442 La punizione

divina prevede che egli sia completamente abbandonato, più ancora di Filottete, vittima della solitudine per eccellenza: a Lemno, infatti, talvolta qualcuno approda,443 mentre Prometeo è imprigionato su una roccia deserta,444 nel nulla della Scizia.445 Come Achille, egli è e permane in una situazione di totale allontanamento della società: se è vero che il suo non è un distacco volontario dal resto del mondo, allo stesso tempo egli sceglie testardamente di non cedere e di non piegarsi al volere di Zeus, quand’anche gli viene offerta la libertà in cambio dello svelamento del segreto.

441 In questo studio non trova spazio il dibattito sulla paternità della tragedia, pertanto citerò il Prometeo

come eschileo soltanto in funzione nominativa senza prendere posizione sulla faccenda. Per approfondimento, tra gli altri: Griffith 1977; Taplin 1977; West 1979; Saïd 1985 25-82; Pattoni 1987.

442 Knox 1964 45-50.

443 Soph. Ph. 305-306: τάχ' οὖν τις ἄκων ἔσχε· πολλὰ γὰρ τάδε (305) / ἐν τῷ μακρῷ γένοιτ' ἂν

ἀνθρώπων χρόνῳ.

Qualcuno vi approdò forse senza volere: ché molti casi del genere nel lungo scorrere del tempo degli uomini potrebbero accadere.

444 Aesch. PV 268-270: οὐ μήν τι ποιναῖς γ' ᾠόμην τοίαισί με /κατισχνανεῖσθαι πρὸς πέτραις

πεδαρσίοις, / τυχόντ' ἐρήμου τοῦδ' ἀγείτονος πάγου. (270)

Eppure no, non credevo che in tali castighi mi sarei consumato su queste aeree rocce, che il mio destino fosse questa vetta deserta e inospitale.

445 Aesch. PV 1-2: χθονὸς μὲν ἐς τηλουρὸν ἥκομεν πέδον, / Σκύθην ἐς οἷμον, ἄβροτον εἰς ἐρημίαν.

Siamo giunti ai lontani confini della terra, alla regione della Scizia, una landa desolata fuggita dai mortali.

I primi due versi del Prometeo, oltretutto, hanno un’evidente somiglianza con i primi due versi del Filottete: ἀκτὴ μὲν ἥδε τῆς περιρρύτου χθονὸς / Λήμνου, βροτοῖς ἄστιπτος οὐδ' οἰκουμένη. Ecco la riva di Lemno, terra circondata da acque, non calcata né abitata da mortali.

118 La struttura stessa del Prometeo richiama un’altra tragedia di Eschilo della quale Achille è protagonista: i Mirmidoni. Analizzando per il momento solo l’apertura dell’opera, notiamo che Prometeo si trova in scena fin dall’inizio, ma non è lui, come forse sembrerebbe naturale, a dare il la alla vicenda. Nelle Rane,446 Euripide critica Eschilo per il fatto che gli attori dei suoi drammi stiano in scena senza parlare, mentre il coro ‘ci appoggia anche quattro filze di canti una dopo l’altra’.447 Si tratta di un

espediente comune nel teatro eschileo, tanto che, se Aristofane cita Niobe e Achille, protagonisti di tragedie perdute, come modelli di questi personaggi statici e silenziosi, possiamo ritrovare queste caratteristiche anche nei Persiani, nelle Supplici e, appunto, nel Prometeo. Il dramma si apre infatti, come abbiamo visto, con un dialogo fra Kratos ed Efesto, i quali stanno collaborando all’imprigionamento di Prometeo: Kratos dà gli ordini ed Efesto, di malavoglia, esegue. Il Titano, evidentemente presente in scena, non commenta né interviene fino al v. 88, quando rimane solo e prorompe in un grido di dolore (ἆ ἆ, ἔα ἔα), seguito da un’invocazione al paesaggio,448 come Filottete449 e

Aiace450 fanno nel momento del bisogno, e una serie di lamenti per la propria sorte: tutto ciò richiama alla mente le parole ‘pesanti come buoi’ citate da Aristofane.451 Non si tratta di metà tragedia, come nel caso dei Mirmidoni – postulando che Aristofane non stesse esagerando – ma sono comunque molti versi di silenzio, contando che il personaggio si trova in scena.

Il coro del Prometeo è composto da divinità: le Oceanine, ninfe che proteggono i corsi d’acqua, figlie di Oceano che circonda il mondo e di Tethys, sua sposa, che condivide con lui le τιμαί. Si tratta di una caratteristica rara nel panorama delle tragedie a noi giunte: l’unico altro caso di un coro composto da divinità è quello delle Eumenidi. Tuttavia, quella che probabilmente era la seconda tragedia della trilogia di Achille,452 scritta da Eschilo, si intitolava Nereidi e doveva descrivere gli avvenimenti successivi

446 Aristoph. Ran. 907-926.

447 Aristoph. Ran. 914-915 (trad. Paduano 2007). 448 Aesch. PV 88-95.

449 Soph. Ph. 1081-1094. 450 Soph. Aj. 845-865.

451 Aristoph. Ran. 924: ῥήματα βόεια.

119 alla morte di Patroclo: la consegna delle armi, il duello fra Ettore e Achille e i funerali di Patroclo. Nonostante i pochi frammenti superstiti, possiamo essere ragionevolmente sicuri che il coro fosse composto dalle sorelle di Teti, ninfe marine figlie di Nereo, e che costoro, diversamente dall’epica, dove si allontanano dopo essere accorse con Teti alle grida di dolore di Achille,453 ricoprissero un ruolo di rilievo, presumibilmente legato alla consegna delle armi e al compianto di Patroclo.454 I cori, dunque, sono composti in entrambi i casi da dee – cosa non usuale – ninfe legate al culto dell’acqua, Oceanine e Nereidi, divinità dalle prerogative molto simili che già in antico si prestavano a sovrapposizioni,455 le quali fanno la propria comparsa – probabilmente con simili problemi di messa in scena456 – accorrendo al capezzale di un eroe dal destino crudele, al quale è stato ingiustamente fatto un torto.

453 Il. 18.35-144.

454 Nel racconto di Igino (fab. CVI), sembra addirittura che solo le Nereidi, senza Teti, portassero le armi

ad Achille, ma è plausibile che Teti sia compresa nel termine ‘Nereides’: ‘Thetis mater a Vulcano arma ei imperavit, quae Nereides per mare attulerunt.’ Inoltre, le Nereidi accompagnano Teti durante la consegna anche nella ceramografia, dove la scena della consegna delle armi e quella del compianto di Patroclo vengono generalmente unite in una sola. P.e. ‘La consegna delle armi’, cratere a campana, ca. 440 a.C., Gela, Mus. Arch. 8709, Gruppo di Polignoto, BA: 213675; ‘Nereidi consegnano le armi’, coperchio di lekanis, ca. 420 a.C., Mosca, Mus. Puschkin 16258, 16715, II1B715, II1B258, BA: 30233; ‘La consegna delle armi’, frr. di hydria, ca. 440 a.C., New York, Metr. Mus. L 69.11.26, BA: 8834; ‘La consegna delle armi’, lekytos, ca. 420 a.C., New York, Metr. Mus. 31.11.13, BA: 216945, LIMC: MID 10251, SMID 50443, ‘Achilleus’ 479, ‘Achilleus’ 520; ‘La consegna delle armi’ frr. di cratere a calice, ca. 450-440 a.C., Vienna, Univ. 505, BA: 213416; ‘La consegna delle armi e il compianto di Patroclo’, pelike, ca. 420 a.C., Malibu, Getty Mus. 86.AE.611, LIMC: MID 168, SMID 601, ‘Nereides’ 334. Cfr. Libertini 1955 253-261; Döhle 1967 131-133; Kossatz-Deissmann 1978 16; Kossatz-Deissmann 1981 122, 127-128; Nova 2013/2014 151-156.

455 Cfr. West 1966 237 n. v. 241: ‘That the Nereids’ mother should be an Oceanid is symptomatic of the

tendency, which increased throughout antiquity, for the distinction between the two groups to break down. In Il. 21.196 the sea as well as the rivers is from Oceanus. In E. Ion 1083, the Nereids haunt the rivers as well as the sea. Antipater, A.P. 9.151.7, makes them daughters of Oceanus, while conversely Hyg. fab. praef. 5-6 (cod.) makes the Oceanids daughters of Pontus and Mare; cf. sch. A. PV 636, Mythogr. Vat. 1.2014. Since antiquity, as we have seen above, the Nereids have completely usurped the domain of their cousins.’

456 Il fr. 150 Radt, tradizionalmente posto all’inizio delle Nereidi, recita δελφινηρὸν πεδίον πόντου

διαμειψάμεναι, ‘attraversando la distesa del mare ricco di delfini’, il che ha fatto pensare agli studiosi che il coro potesse o essere descritto come seduto sopra a delfini oppure effettivamente entrasse in scena a cavallo di delfini (Kossatz-Deissmann 1978 16; Kossatz-Deissmann 1981 122, 127-128; Miller 1986 162; Barringer 1995 21; più cauto Libertini 1955 261). Tutte le ceramiche in cui le Nereidi appaiono rappresentate su delfini appartengono alla seconda metà del V secolo, in secondo luogo, i nomi riportati sui vasi non corrispondono totalmente con quelli da noi conosciuti grazie ai cataloghi omerico ed esiodeo: Eodia ed Euploia infatti, non si ritrovano da nessun’altra parte, nemmeno in cataloghi più tardi o in altre iscrizioni vascolari; il primo autore noto che le descrive come sedute sui delfini è Platone nel Crizia (116e), certamente posteriore al 360 a.C. È possibile, dunque che queste rappresentazioni

120 Abbiamo accennato prima al fatto che la struttura del Prometeo ricordi quella dei

Mirmidoni. Dai frammenti superstiti di questa tragedia, i cui avvenimenti dovevano

grosso modo corrispondere al contenuto dei canti dal IX al XVIII dell’Iliade,457 si può

ricostruire che la tragedia si apriva con l'ingresso del coro che si rivolgeva ad Achille, in silenzio e con il capo velato, pregandolo di tornare sul campo di battaglia; subito dopo entrava in scena un'ambasceria, presumibilmente composta da Odisseo e altri due personaggi muti,458 volta a convocarlo ufficialmente, ma Achille continuava a non parlare. A questo punto è plausibile che ci fosse una seconda scena corale simile alla prima, come nei Sette contro Tebe.459 Nel secondo episodio, il vecchio Fenice riusciva a convincere Achille a rispondere, ma egli ancora rifiutava di fare ritorno sul campo di battaglia. Giungeva la notizia delle navi in fiamme: Patroclo persuadeva Achille a lasciargli le armi e a fargli prendere il suo posto nell'esercito. Infine, Antiloco entrava in scena, annunciando la morte di Patroclo e portandone il cadavere. Achille, come in Omero, rimproverava se stesso per aver mandato il compagno incontro alla morte e bramava di tornare in battaglia per vendicarlo. La seconda parte della tragedia è naturalmente lontana dal Prometeo, ma la prima, che fa riferimento al nono libro dell’Iliade, è somigliante: la struttura ad ambasceria è predominante nel Prometeo così come lo è anche, per esempio, nel Filottete. Sia Achille che Prometeo, isolati per motivi differenti, ricevono ambascerie: nell’Iliade, Odisseo, Aiace e Fenice vengono scelti e si recano tutti insieme a supplicare il più forte degli Achei; nei Mirmidoni, invece, gli interventi erano probabilmente due: il primo di Odisseo, nel primo episodio, accompagnato da una o più figure mute, e il secondo di Fenice, nel secondo episodio. È verosimile, dunque, che Eschilo abbia preso ispirazione dalla sua stessa tragedia,

vascolari, ma anche la tradizione letteraria successiva, dipendessero direttamente dal dramma, e che Eschilo sia stato il primo a immaginare le Nereidi sedute sul dorso di delfini, anche se naturalmente è impossibile averne la certezza. Se fosse vero, però, ne sarebbe derivato un problema di messa in scena simile a quello del Prometeo, dove le Oceanine giungono volando, in quale modo, però, non sappiamo (Cfr. Taplin 1977 250-260; Saïd 1985 59-62).

457 Naturalmente si tratta solo degli episodi di cui Achille è protagonista.

458 Nell’Iliade si trattava di Aiace e Fenice, ma le testimonianze vascolari che si rifanno a questo episodio

variano molto: vengono rappresentati, in combinazioni diverse, in qualità di ambasciatori al seguito di Odisseo vari Achei tra cui, oltre ai canonici Aiace e Fenice, Diomede e Patroclo; dunque non possiamo sapere quale soluzione avesse adottato Eschilo.

121 oltre che dall’Iliade, modello a sua volta dei Mirmidoni, dal momento che anche nel Prometeo assistiamo alla venuta di due ambasciatori. Oceano prima ed Ermes poi tentano infatti di convincere Prometeo a desistere dalla sua ostinata opposizione a Zeus, il primo con la promessa di un’intercessione presso il padre degli dei, il secondo con le minacce di disgrazie sempre più grandi.

Ermes similmente a Odisseo, che elenca uno per uno i doni che Agamennone è disposto a fare ad Achille, fa a sua volta un elenco per persuadere Prometeo a rivelargli la profezia su Teti, non di beni, ma di punizioni che una dopo l’altra gli cadranno addosso, se non rivelerà a Zeus la sua profezia.460 Così, da una parte Odisseo promette sette tripodi non toccati dal fuoco e dieci talenti d’oro, venti lebeti luccicanti e dodici cavalli vigorosi, sette donne esperte nei lavori accompagnate da Briseide stessa, finalmente restituita, e dopo la caduta di Troia altre venti donne Troiane, le più belle dopo Elena, la mano di una delle sue figlie, a scelta dello sposo, e sette città dell’Argolide;461 Ermes,

dall’altra, giura che Zeus smembrerà il Caucaso con il tuono e ricoprirà il corpo di Prometeo con una frana, e quando finalmente il Titano riemergerà, il padre degli dei manderà un’aquila a nutrirsi del suo fegato, il quale ogni notte ricrescerà, per essere ogni giorno pasto del rapace.462

Né Prometeo né Achille, tuttavia, saranno minimamente mossi da questi tentativi: come la lusinga non funziona su Achille nell’Iliade, così le minacce non funzionano su Prometeo nella tragedia che da lui prende il nome. 463 Entrambi ribattono punto per punto ad ogni offerta e avvertimento dei loro interlocutori, con simile finezza retorica. Inoltre, così come non funzionerebbero le minacce, non spingeranno a cedere neanche le lusinghe o le ‘parole di miele’: la persuasione non può scalfire la volontà ferrea dei due eroi. Achille afferma già all’inizio della sua risposta a Odisseo che non pensa che Agamennone riuscirà a persuaderlo (οὔτ' ἔμεγ' Ἀτρεΐδην Ἀγαμέμνονα πεισέμεν

460 Naturalmente l’elenco dei doni di Agamennone è molto più lungo delle disgrazie che Ermes enumera,

ma ciò dipende dal genere letterario.

461 Il. 9.262-299.

462 Aesch. PV 1014-1025.

122 οἴω),464 che non potrà nuovamente giocarlo con le parole (οὐδ' ἂν ἔτ' αὖτις /

ἐξαπάφοιτ' ἐπέεσσιν)465 e lo stesso concetto è espresso da Prometeo quando riflette

sul momento in cui Zeus, spinto dalla necessità, tornerà da lui a cercare una conciliazione: ‘Non mi incanterà persuadendomi con parole di miele e lusinghe’ (καί μ' οὔτι μελιγλώσσοις πειθοῦς / ἐπαοιδαῖσιν θέλξει).466

L’ambasceria di Fenice viene subito dopo la dura risposta di Achille. Il vecchio maestro ha ‘il viso solcato di lacrime’ e tenta di appellarsi all’affetto che lo lega al suo allievo: Achille è come un figlio per lui, Fenice lo ha allevato, lo ha cresciuto, dopo che Peleo gli ha dato la sua fiducia, non potrebbe mai abbandonarlo o permettergli di lasciarlo indietro. Nel Prometeo, poco dopo la conclusione del racconto che il protagonista narra alle Oceanine, entra in scena Oceano in persona. A differenza di Fenice il suo affetto non è del tutto sincero, come anche sostiene Prometeo,467 ma le sue parole riecheggiano

quelle di Fenice: entrambi fanno riferimento alla sofferenza che la sorte del protagonista causa loro – ‘ho sofferto per te molte pene’468 dice Fenice ad Achille, ‘soffro per la tua sorte, sappilo’469 enfatizza Oceano – e al legame affettivo legato alla

parentela, acquisita in entrambi i casi470 – ‘gli dei non mi davano figli, dunque facevo di te un figlio’,471 ‘non vi è nessuno che mi sia più caro di te, oltre alla stirpe, e a ciò

mi porta la parentela’.472

Abbiamo detto che i frammenti dei Mirmidoni che ci sono giunti non ci permettono di sapere se esistessero similitudini tra il testo del Prometeo e quello dell’altra tragedia eschilea, tuttavia, vi è un frammento, analizzato nel primo capitolo, che suggerisce che le ambascerie non promettessero soltanto ricchezze e onori ad Achille, ma che qualcuno, di cui purtroppo è impossibile conoscere l’identità, riferisse ad Achille che

464 Il. 9.315. 465 Il. 9.375-376. 466 Aesch. PV 172-173. 467 Aesch. PV 343: εἴ τι καὶ πονεῖν θέλοις. 468 Il. 9.492. 469 Aesch. PV 288.

470 Fenice è una sorta di padre putativo per Achille, mentre Oceano è il suocero di Prometeo. 471 Il. 9.492-493.

123 vi sarebbe stata la possibilità di un ammutinamento contro di lui, con conseguente lapidazione.473 Come abbiamo detto in precedenza, infatti, la morte per lapidazione era la punizione che toccava ai traditori e tale è Prometeo agli occhi di Zeus: un traditore del nuovo ordine. Per questo suo voltafaccia egli è abbandonato e punito dai ‘nuovi signori’ ed è espulso dalla società celeste, così come Achille si esilia, solo nella sua tenda all’estremità del campo Acheo, lontano dagli uomini, sia nell’Iliade che, in special modo, nei Mirmidoni, dove tutta l’azione ruota intorno al rifiuto di Achille non solo di rintegrarsi ma anche semplicemente di comunicare con gli altri. Una volta amici e alleati entrambi diventano nemici, avversari, minacce da tentare di riportare sotto il controllo dell’autorità, rappresentata da Zeus e Agamennone, oppure eliminare. Le figure del Cronide e dell’Atride si assomigliano in quanto sono raffigurati come tiranni: entrambi hanno sfruttato Achille e Prometeo fin quando hanno servito il loro scopo, per poi dimenticare tutti i servigi che gli avevano reso. Agamennone attraverso Achille ha accumulato gloria e premi, Zeus si è servito dell’aiuto di Prometeo per detronizzare Crono. Entrambi denunciano davanti a tutti ‘l’ingratitudine tirannica del sovrano che misconosce e condanna il suo principale sostenitore’.474

Il. I 152-162 οὐ γὰρ ἐγὼ Τρώων ἕνεκ' ἤλυθον αἰχμητάων δεῦρο μαχησόμενος, ἐπεὶ οὔ τί μοι αἴτιοί εἰσιν· […] ἀλλὰ σοὶ ὦ μέγ' ἀναιδὲς ἅμ' ἑσπόμεθ' ὄφρα σὺ χαίρῃς, 158 τιμὴν ἀρνύμενοι Μενελάῳ σοί τε κυνῶπα πρὸς Τρώων· τῶν οὔ τι μετατρέπῃ οὐδ' ἀλεγίζεις· 160 καὶ δή μοι γέρας αὐτὸς ἀφαιρήσεσθαι ἀπειλεῖς, ᾧ ἔπι πολλὰ μόγησα, δόσαν δέ μοι υἷες Ἀχαιῶν.

Io non sono venuto per i Troiani armati di lancia a combattere, poiché non hanno colpa nei miei confronti […]

473 Fr. **132c Radt: {ΑΧ.} λ̣εύσουσι τοὐμὸν σῶμα· μὴ δόκει ποτὲ / π̣έτρ[ο]ις καταξα̣νθέντα

Πηλέως γόνον.

Lapideranno il mio corpo; (?) non sembrerebbe mai possibile che il figlio di Peleo fatto a pezzi con delle pietre […]

124 Ma te, o sfrontatissimo, abbiamo seguito per il tuo interesse, a vincere onore per Menelao e per te, faccia di cane, contro i Troiani; di ciò non ti curi né ti preoccupi; e invece tu proprio minacci di sottrarre il mio dono, per il quale ho sofferto grandemente, e che mi hanno dato i figli degli Achei.

Aesch. PV 221-223 […] τοιάδ' ἐξ ἐμοῦ ὁ τῶν θεῶν τύραννος475 ὠφελημένος

κακαῖσι ποιναῖς ταῖσδέ μ' ἐξημείψατο.

[…] Il re degli dei dopo tutto l’aiuto che ha ricevuto da me, mi ripaga con questo terribile castigo.

Aesch. PV 975-976 {Πρ.} ἁπλῷ λόγῳ τοὺς πάντας ἐχθαίρω θεούς, 975

ὅσοι παθόντες εὖ κακοῦσί μ' ἐκδίκως.

{PR.} Parlo con chiare parole: detesto tutti gli dei, quanti da me hanno ricevuto benefici e ora ingiustamente mi ripagano con il male.

Come abbiamo visto, Prometeo arriverà a dire, molto presto all’interno della tragedia, che Zeus verrà da lui un giorno, afflitto dal disperato bisogno del suo aiuto, ma che nulla lo persuaderà a prestargli soccorso.476 Lo stesso dice Achille all’inizio dell’Iliade,

quando afferma che gli Achei avranno bisogno del suo intervento e che Agamennone, in quell’occasione, sarà incapace di soddisfarli.477

È esattamente quello che accadrà: Agamennone si renderà ben presto conto di aver sbagliato e di essere dalla parte del torto. I suoi tentativi, come abbiamo visto, non andranno a buon fine: solamente la morte di Patroclo smuoverà Achille. Nel caso di

475 Nel Prometeo, Zeus e il suo governo sono definiti τύραννος e τυραννίς ripetutamente: 10, 224, 305,

310, 357, 736, 756, 761, 909, 942, 957, 996, con evidente doppio senso.

476 Aesch. PV 167-176. 477 Il. 1.240-244.

125 Prometeo, invece, sappiamo già che tutto si risolverà da ciò che il Titano dice ai vv. 190-192:

τὴν δ' ἀτέραμνον στορέσας ὀργὴν 190 εἰς ἀρθμὸν ἐμοὶ καὶ φιλότητα

σπεύδων σπεύδοντί ποθ' ἥξει.

Quietata l’ira implacabile, allora verrà in concordia e amicizia con me, e io a mia volta.

È possibile che alla fine del Prometeo Liberato, dopo la liberazione del Titano, Prometeo e Zeus si riconciliassero, anche se non abbiamo traccia di ciò nei frammenti che ci sono giunti,478 così come Achille e Agamennone si riconciliano nel diciannovesimo libro dell’Iliade, dopo la morte di Patroclo.479

Se dunque il più grande e potente dei mortali ha potuto piegarsi e desistere, anche un dio lo può fare. ‘Si piegano anche gli dei, dei quali è pure più grande il valore e il prestigio e la forza’ dice Fenice ad Achille,480 nella sua supplica accorata, e ciò infine avviene e si realizza in un definitivo lieto fine.

478 Nulla allude ad una riconciliazione nei frammenti rimasti del Prometeo Liberato, come erroneamente

afferma Beck 1975 25, dal momento che essi riguardano principalmente Prometeo ed Eracle e i riferimenti a Zeus non sono meno tinti di rancore che nell’Incatenato.

479 Il. 19.54-214. 480 Il. 9.497-498.

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