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L’acqua e la crisi idrica

Appendix C Texts used in study 5 Texts used in the first experiment

III. L’acqua e la crisi idrica

L’acqua è un elemento, anzi più propriamente un composto, molto importante per la vita dell’uomo e del pianeta. La superficie terrestre è formata per la maggior parte di acqua e quasi

tutti gli esseri viventi possono essere descritti come entità costituite da soluzioni saline in acqua di macromolecole, principalmente proteine. Per esempio, nell’uomo l’acqua rappresenta il 75% del peso corporeo. Ciascuno di noi può vivere anche un mese senza cibo, ma senz’acqua non può sopravvivere che per pochi giorni. Va ricordato, inoltre, che l’acqua è al centro di quel meraviglioso processo produttore di sostanze organiche ed ossigeno che è la fotosintesi e che la stessa storia della civiltà umana si intreccia con quella dell’acqua. Le prime grandi civiltà, quella egizia e quella babilonese, sorsero in prossimità di grandi fiumi: il Nilo, il Tigri e l’Eufrate. Parimenti la millenaria civiltà indiana si è sviluppata sulle rive dei fiumi Indo e Gange. L’acqua è poi per l’uomo, oltre che mezzo necessario di sostentamento, anche elemento di gioco e occasione di gioia. Le spiagge e i parchi acquatici sono affollatissimi, mentre laghi, cascate e fontane contribuiscono a costituire pittoreschi e ameni paesaggi da cui l’occhio umano trae gratificazione estetica e ristoro. Certo l’acqua può assumere anche valenze e simbologie negative e distruttive, come nel caso delle inondazioni e degli uragani; la Bibbia cita il diluvio come castigo di Dio. Tuttavia è innegabile che l’acqua è fondamentale per lo sviluppo della vita. Con l’evolversi della civiltà e con l’affermazione di una visione mercantile del mondo l’acqua si sta trasformando in merce, in risorsa sempre più scarsa. Nonostante i progressi dell’ingegneria idraulica, capace di costruire acquedotti, argini, canali, dighe, bacini sempre più capienti e sofisticati, l’acqua è accessibile in misura insufficiente per larga parte della popolazione mondiale. La dissalazione dell’acqua marina, il 90 per cento di tutta l’acqua del globo, potrebbe risolvere definitivamente il problema, qualora si riuscisse a mettere a punto una tecnologia meno costosa di quella attuale. Nel frattempo, lo sviluppo industriale, l’incremento dei consumi e la crescita demografica dei Paesi del Terzo e del Quarto Mondo comportano una sempre maggiore richiesta di acqua. L’acqua è necessaria per irrigare le terre coltivate e renderle più fertili e produttive. È importante, inoltre, per lo svolgimento di molte lavorazioni industriali. Sfruttando l’energia cinetica dell’acqua si produce l’energia idroelettrica, fonte importante nel bilancio energetico di tante nazioni, compresa la nostra. L’acqua è infine importante per il funzionamento delle reti fognarie, per lavare gli alimenti, per l’igiene personale. Costituisce perciò un fattore critico nella prevenzione delle epidemie di malattie infettive particolarmente gravi come il tifo e il colera. Non è difficile ipotizzare che la scarsità di acqua sarà uno dei problemi fondamentali del terzo millennio e c’è chi sostiene che proprio per contendersi questa risorsa così importante, si combatteranno in futuro le guerre per l’acqua anziché per il petrolio. Proprio per prevenire tali conflitti e per aiutare le popolazioni più bisognose, i paesi più ricchi dovrebbero mobilitarsi. Spesso i paesi più poveri non abbisognano di tecnologie particolarmente avanzate e costose, ma di tecnologie semplici, a basso costo e soprattutto rispettose della cultura e dell’equilibrio delle comunità presso cui si interviene. Per aiutare i paesi poveri a superare la crisi idrica, più ancora che soluzioni tecniche, occorre forse superare l’economicismo oggi imperante, che in

parte distorce la nostra percezione dei problemi e sviluppare, invece, la responsabilità e l’equità sociale. Superando gli egoismi e i consumi dissennati dei privilegiati del pianeta, è necessario insomma permettere anche ai più poveri l’accesso a quella risorsa limitata, ma vitale, che è l’acqua. Purtroppo la bolletta dell’acqua sta diventando un serio problema anche per l’Occidente, sia per i singoli, le cui retribuzioni, sempre più magre, non consentono di far quadrare il bilancio familiare, sia per gli stati. Il consumo di acqua va ottimizzato, l’acqua non va sprecata o, peggio ancora, inquinata con pesticidi e scarichi industriali. Le reti idriche vanno modernizzate. Nel rispetto della natura e del ciclo dell’acqua, vanno evitate le emissioni di gas serra e la cementificazione e la speculazione edilizia selvagge delle zone costiere. Si tratta di impegni seri che richiedono non soltanto la consapevolezza e la partecipazione del singolo cittadino, ma, soprattutto, la volontà politica di cambiare l’attuale stato di cose.

IV. L’alcolismo

L’alcolismo è la dipendenza fisica e psicologica dall’alcol. L’alcol può essere considerata una droga ma, come il fumo di sigaretta e gli psicofarmaci, è una droga legale, il cui uso è autorizzato dalle leggi dello Stato. Tuttavia, al contrario del fumo che è sempre tossico per il corpo, l’alcol, assunto a dosi moderate, può svolgere una funzione protettiva nei confronti del cuore. L’alcolismo, ovvero l’abuso di alcol, è un problema di grande rilevanza sociale. Se il bevitore moderato può addirittura migliorare rispetto all’astemio la propria socialità, l’etilista va incontro a tutta una serie di problemi che riguardano la sfera fisica, relazionale e lavorativa. L’abuso di alcol comporta infatti una serie di danni, talora gravissimi, a carico di svariati apparati: dal sistema nervoso centrale e periferico al metabolismo generale, dal sistema immunitario a quello respiratorio, dall’apparato gastroenterico al sistema endocrino. Talvolta l’abuso di alcol si somma, in alcuni soggetti, all’abuso di altre droghe, delineando un quadro di politossicomania. Aumentano nell’etilista le probabilità di conflitti familiari, con coniuge e figli. L’alcolismo, vuoi come causa o come effetto, si associa spesso alla solitudine, alla depressione, all’alienazione, alla scarsa stima di sé. Molte occupazioni lavorative sono del tutto incompatibili con l’abuso abituale di alcol, per cui l’alcolista può essere facilmente licenziato o essere fortemente ostracizzato sul posto di lavoro da superiori e colleghi. Sovente l’alcol, che ha un effetto disinibitorio, favorisce l’estrinsecarsi di comportamenti violenti, che possono sfociare in vere e proprie condotte criminali. La guida in stato di ebbrezza determina incidenti frequentemente mortali. Il tasso di omicidi e suicidi causati dall’abuso di alcol è significativamente superiore a quelli che si registrano nella popolazione normale. Nonostante l’alcol sia una sostanza pericolosa, la nostra società mantiene nei suoi confronti un atteggiamento ambivalente che ne incoraggia il consumo. La pubblicità associa il forte consumo di alcol al successo materiale, mondano e sessuale e alla elevata performance.

Motivi di ordine economico spingono poi a stimolare il consumo di bevande alcoliche, essendo l’Italia il maggior produttore europeo di vino. Un preoccupante aumento del consumo di alcol si registra negli ultimi anni fra i giovani. Gli adolescenti italiani tendono ormai a imitare il tipo di consumo di alcol che caratterizza il nord Europa, con la tendenza a sbronzarsi nei fine settimana e ad aumentare il consumo di birra rispetto a quello tradizionale del vino. Il consumo di alcol rappresenta di regola per gli adolescenti una sorta di rito di iniziazione, di formazione della propria identità, un mettersi alla prova saggiando i propri limiti, un modo per farsi accettare dal gruppo, un mezzo per trasgredire le norme sociali affermando la propria individualità separata da quella dei genitori, la propria autonomia dalla morale tradizionale. Quando il consumo vira però nell’abuso, quasi sempre gli adolescenti presentano problematiche di tipo psicologico. Il forte consumo di alcol diviene allora fuga dalla realtà e dalle responsabilità, mezzo per dimenticare gli insuccessi, espressione della propria scarsa autostima e del vuoto esistenziale che si percepisce dentro e fuori di sé. La famiglia e la scuola devono allora intervenire proponendo un consumo dell’alcol meno distruttivo, lasciando ampio spazio al dialogo, coinvolgendo il giovane in attività che prevedano una progettualità. La medicina propone per gli alcolisti, oltre ad interventi di carattere psicologico e psicoterapeutico, che coinvolgano non solo la famiglia, ma anche l’ambiente di lavoro, l’impiego di farmaci che aiutino a liberarsi dalla dipendenza dall’etanolo. Eccellenti risultati hanno fornito le comunità terapeutiche e in special modo i gruppi di auto-aiuto, come gli Alcolisti Anonimi, resi ormai celebri dalla stampa e perfino dal cinema.

V. Sarajevo

Sarah a diciotto anni si è recata nella ex Jugoslavia per portare aiuto alla popolazione duramente colpita da anni di guerra. Al suo ritorno ha scritto la sua autobiografia. Il lento dondolio della nave… il freddo vento umido e pesante… i primi raggi dell’alba che, accarezzandolo, scaldavano il mio sacco a pelo e mi destavano dolcemente dal difficile sonno. Poi in lontananza le distese illimitate di alberi, lo sbarco a Spalato e il tremendo viaggio in pullman: l’aria era soffocante, 40 gradi, i sedili erano stretti e la maglietta completamente inzuppata di sudore. Guardavo, affannata, fuori dal finestrino il paesaggio scorrere, come in trance; e più ci avvicinavamo a destinazione, e più là fuori regnavano il disordine e la desolazione. Poi, finalmente, Sarajevo. […] Qui il pullman si fermò, ecco i bambini e i ragazzi a cui avremmo fatto animazione. È strano. Tutto era nuovo, perfino la stretta di mano: non un gesto formale, ma il contatto vero tra due persone. Ed era solo l’inizio. Mi rendevo conto che tutto quello che conoscevo era solo una faccia della medaglia, ovviamente la meno importante. Nel nostro servizio a Sarajevo abbiamo a turno fatto animazione e lavorato alla

ricostruzione delle case ed entrambe le attività mi hanno dato tantissimo. Mi sono resa conto che quando ci si trova in situazioni in cui è richiesta la forza del singolo, si tirano fuori risorse ed energie che neanche si credono di avere. Infatti mi sono stupita di quanta vitalità avevo dentro, dell’immensa energia che era sopita in me, la parte migliore di una persona. A Sarajevo ho visto sia la brutalità dell’uomo, nei suoi atti disumani, sia la sua bellezza nella sua forma più pura e profonda. Lì mi sono sentita utile come mai mi era capitato; lì ho sentito che davvero stavo vivendo; ho sentito in modo intensissimo il valore che la vita ha in ogni suo istante. Ho visto l’uomo spogliarsi di ogni veste, di ogni maschera, nudo di fronte a suo fratello… Ho visto una persona in ginocchio, piegata dal mostro della guerra, chiedere aiuto, senza nulla poter dare in cambio, a me, perfetta sconosciuta, ma “uomo” come lei. È ovvio che al posto mio poteva esserci chiunque altro ad aiutare e a loro non avrebbe fatto differenza, ma la cosa importante è che questa occasione l’ho avuta io: mi sono “arricchita” e ho potuto dare il mio aiuto, che è unico, per la diversità e l’unicità di ogni uomo. Ho vissuto sensazioni bellissime, istanti in cui afferri il significato più vero del nostro “essere qui”, ma poi quando camminavo per la città la realtà più cruda mi si parava di fronte: attenzione ai bordi della strada, pericolo mine; non andare in case distrutte e non toccare niente, mine antiuomo; attenzione alle zone con l’erba alta, pericolo mine; e infine nastri gialli con la scritta “mine mine mine” ovunque. Desolazione, disordine, silenzio… Come può l’uomo commettere azioni così orribili? Domanda a cui non so dare risposta… Perché non esistono motivazioni… oppure ve ne sono troppe, da cercare nel più profondo di noi… Un’infinità di emozioni e sensazioni nuove mi hanno travolto: è stata una fortissima esperienza di vita e tante cose mi chiedo e tante ancora ne devo capire. Ora, qui nella mia stanza, mi piace ripensare al radioso sorriso della vecchietta a cui abbiamo fatto le fondamenta della casa, alle risate dei bambini, alla partita Italia-Croazia e tante altre cose… Dolce musica… e il silenzio per qualche momento non si sentiva più.

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