Per quanto è a nostra conoscenza, non sono molti i lavori recenti che hanno trattato in modo specifico il PSN in prospettiva acquisizionale relativamente alla L1, e ancor meno sono i lavori che se ne sono occupati proponendo approcci o riflessioni di interfaccia. Gli studi pubblicati si riferiscono prevalentemente all’acquisizione del PSN in contesti bilingui, in contesti L2 e/o di interferenza linguistica o all’analisi di fasce d’età differenti rispetto a quella di cui ci occupiamo in questo lavoro. Ciononostante, in questo paragrafo riporteremo alcuni studi pertinenti al nostro ambito ricerca, al fine di operare un confronto costruttivo tra metodologie di sperimentazione e di analisi36.
Uno degli studi più interessanti è senza dubbio quello proposto in Serratrice (2005),
36 Tralasceremo volutamente tutti gli studi sull’uso dei pro(nomi) proposti sugli adulti, nonché gli studi sui bambini riguardanti strutture sintattiche quali le relative (cfr., tra gli altri, Belletti & Contemori 2010, 2012) che, richiedendo approfondimenti e presupposti teorici molto diversi da quelli che sono oggetto del nostro lavoro, non verranno trattate e non saranno oggetto di sperimentazione in questa ricerca.
dove si analizza l’uso di SN e pronomi S espliciti nelle produzioni spontanee di 6 bambini italiani L1 di età compresa tra 1.7 e 3.3 anni. Tale lavoro differisce dal nostro sia per target d’età del campione testato, che per obiettivi specifici, in quanto dedicato all’analisi della produzione di SN e S espliciti sia lessicali che pronominali di prima, seconda e terza persona. Tuttavia, lo citiamo in quanto la ricerca in Serratrice (2005) ha il merito di analizzare il fenomeno anche nell’interfaccia tra sintassi e pragmatica, molto spesso trascurata nei lavori su quest’argomento. L’ipotesi di partenza è che l’uso dei S (nulli ed espliciti) nei bambini dipenda da una sorta di principle of informativeness secondo cui i referenti S più rilevanti dal punto di vista informativo sarebbero realizzati in modo esplicito, mentre gli altri sarebbero realizzati come SN (cfr. Serratrice 2005: 455).
Dai risultati del lavoro, sembrerebbe che i bambini, già a questa età, posseggano delle competenze discorsivo-pragmatiche nell’uso dei SN e dei pronomi espliciti (they can use null and overt subjects in complementary distribution in pragmatically appropriate ways;
cfr. Serratrice 2005: 451). Nello specifico, dallo studio si evince che:
• in corrispondenza di S tematici referenziali di terza persona i bambini tendono a preferire in modo molto netto i SN;
• l’uso appropriato di S espliciti cresce in proporzione alla lunghezza media degli enunciati prodotti, e quindi alla crescita del bambino;
• i S espliciti sono usati più spesso in corrispondenza della terza persona che negli altri casi;
• in riferimento alla struttura dell’informazione, i SN di terza persona sono significantly more likely to be associated with active than inactive or semiactive referents (cfr. Serratrice 2005: 450);
• i S di terza persona la cui coreferenza potrebbe risultare ambigua per la presenza di più di un potenziale antecedente vengono preferibilmente realizzati in modo esplicito (significantly more frequently than third person active referents that were unambiguous; cfr. Serratrice 2005: 450);
L’approccio adottato in Serratrice (2005), pur tenendo in considerazione l’interfaccia con la pragmatica e l’impatto della grammatica del discorso sul fenomeno in esame, trascura però la componente prosodica, che – come ormai chiaro - riteniamo sia un livello di analisi di fondamentale importanza in uno studio in questo ambito. Per quanto riguarda i risultati, questi mostrano una progressione nell’acquisizione della competenza
gestionale del fenomeno, tuttavia quest’ultimo è analizzato solo sulla base di dati del parlato spontaneo di un campione di bambini molto esiguo. Inoltre, come ammesso dalla stessa autrice, volendo dare giustizia alla complessità dell’argomento, uno studio di questo tipo dovrebbe tenere in considerazione anche fattori non strettamente linguistici e proporre un’elaborazione accurata di task sperimentali che manipolino alcune delle variabili per valutare l’abilità dei partecipanti di integrare le competenze sintattiche e pragmatico-discorsive.
Due anni più tardi, in Serratrice (2007), l’autrice si concentra sulla coesione referenziale nei racconti di bambini bilingui inglese-italiani in età scolare e dei coetanei monolingue. Questo lavoro più recente indaga l’uso dei pro(nomi) e osserva che, confrontando i risultati ottenuti dai racconti dei bambini bilingui e monolingui si riscontra a predictable cross-linguistic difference between the proportion of […] subjects that are realized overtly in pre-verbal position (averaging across groups 12% in Italian, and 60%
in English), and the proportion that are realized as zero anaphors (averaging across groups 63% in Italian and 18% in English). In Italian the monolingual children maintain reference by using zero anaphors 60% of the time (cfr. Serratrice 2007: 1072). Si registra quindi una percentuale prevalente di SN che mantiene la continuità topicale seppur la presenza di S espliciti (nominali e pronominali) risulti tutt’altro che trascurabile3738.
Alla luce di quanto detto nei paragrafi precedenti, i dati ottenuti da questo secondo lavoro non ci stupiscono, anzi riteniamo possano essere di supporto ai presupposti teorici ampiamente discussi (cfr. § 1.4. e § 1.5.), secondo cui l’uso dei pro(nomi) in una lingua pro-drop come l’italiano dipende dal ruolo informativo dell’antecedente e dalle intenzioni comunicative del parlante, con una distinzione rilevante tra pronomi forti e deboli definiti in una prospettiva di interfaccia anche con la prosodia e la grammatica del discorso.
Ancora una volta, però, la ricerca di Serratrice trascura l’analisi intonativa e si basa su un campione non molto numeroso, sebbene maggiore del precedente (12 bambini bilingui inglese-italiano di età compresa tra i 6.11 e gli 8.4 anni, 12 bambini monolingui inglesi di età compresa tra i 7.0 e gli 8.10 anni e 12 bambini monolingui italiani di età compresa tra i 6.11 e i 9.11 anni).
Gli informanti bilingui sono il target anche della ricerca in Sorace et al. (2009), in cui
37 Tuttavia, il fatto che i S espliciti si trovino in posizione preverbale, sulla base di quanto detto in § 1.2. e
§ 1.5.1. ci suggerisce che essi non siano S, bensì Topic.
38 Torneremo su questo punto in § 3.3.1.1.
si analizza l’uso dei pro(nomi) in bambini con bilinguismo inglese-italiano e spagnolo-italiano di età compresa tra i 6.2 e 10.10 anni. In questo caso il campione, molto più numeroso e rappresentativo, si compone di un totale di 167 bambini tra bilingui e monolingui e un gruppo di 60 adulti composto da 30 monolingui italiani e 30 monolingui inglesi. I partecipanti, suddivisi in due gruppi d’età (gli younger di età compresa tra 6.2 e 7.11 anni e gli older tra 8.0 e 10.10 anni) è sottoposto a un test in cui ai partecipanti è richiesto un giudizio sull'accettabilità di una storia basata su brevi animazioni, distinguendo contesti [+Topic-shift] e [-Topic-shift]. Tuttavia, nonostante il lavoro tenga in considerazione l’interfaccia con la grammatica del discorso, le basi teoriche sulle quali Sorace et al. (2009) formulano le proprie ipotesi di ricerca trascurano l’analisi dell’interfaccia prosodica.
I risultati di questo studio mostrano che anche i partecipanti italiani adulti non accettano sempre la realizzazione di pronomi espliciti S in condizioni [-Topic-shift]. Inoltre, findings also show that, similarly to contexts with two intra-sentential linguistic antecedents, in contexts with one intra-sentential linguistic antecedent, and one extra-sentential linguistic antecedent, Italian speakers are equally likely to disregard the intra-sentential subject antecedent for an overt pronoun (cfr. Sorace et al. 2009: 470). I risultati mostrano che la realizzazione del pronome esplicito in contesti [-Topic-shift] è da valutarsi in considerazione dell’interfaccia prosodica. Se infatti un informante è chiamato a fornire un giudizio di accettabilità sull’uso di un pronome esplicito in contesti di continuità, l’assenza di un’analisi prosodica delegherebbe all’informante l’attribuzione dei ruoli informativi dei pronomi stessi e dei possibili antecedenti (cfr. § 1.3.): quindi l’uso di un pronome esplicito forte in un contesto di continuità risulterebbe inappropriato.
Allo stesso modo nell’interpretazione di catene topicali con più possibili antecedenti, l’assenza di un’analisi all’interfaccia prosodica non consente di cogliere la correlazione esistente tra le categorie del discorso, le posizioni sintattiche e l’intonazione con cui i pronomi e i possibili antecedenti vengono realizzati.
Tra le indagini più recenti e interessanti citiamo anche quella in Pinto (2013), che analizza l’uso dei pro(nomi) nelle narrazioni prodotte da bambini bilingui italiano/olandese. Anche in questo caso, gli obiettivi di ricerca sono molto lontani dai nostri, in quanto lo studio si concentra prevalentemente sull’interferenza reciproca tra L1 e L2 (attrition) nel processo di acquisizione del PSN in contesti di contatto linguistico. Il numero dei partecipanti alla sperimentazione non è molto elevato (10 bambini bilingui
con L1 italiano, 31 adulti bilingui di cui 12 con italiano L1 e i restanti 19 con olandese L139), ma riteniamo che uno dei punti forti di questa ricerca sia quello di lasciare spazio a riflessioni integrate in merito all’interfaccia prosodica. I risultati dell’esperimento mostrano che in Italian L1 null subjects are the default form in contexts of topic maintenance and that they can be used in contexts of topic re-introduction. However, they never show up in contexts of a new topic (cfr. Pinto 2013: 141). Tuttavia, tra i partecipanti bilingui, in Pinto (2013) si riscontra an overextended use of null subjects, also in contexts of topic-shift, where overt subjects would be expected. These constructions are not ambiguous, as speakers make use of alternative devices for anaphora interpretation that exploit contextual cues (cfr. Pinto 2013: 131).
Anche in questo caso i risultati non stupiscono in quanto, come già detto in § 1.5.1. e come sostenuto dal Topic Criterion (cfr. Frascarelli 2007), i SN e i pronomi espliciti deboli G-Topic in italiano hanno la medesima funzione: quella di mantenere la continuità topicale. L’uso riscontrato di SN con funzione di A-Topic da parte dei partecipanti bilingui laddove la coreferenza è disambiguata dal contesto (da attribuirsi all’attrition tra le due lingue) mostra come l’interpretazione dei pro(nomi) coinvolga anche fattori esterni ai cinque livelli di analisi linguistica e possa mettere in gioco eventuali strategie di disambiguazione alternative a quelle prettamente linguistiche.
In ordine cronologico, l’ultimo studio che vogliamo citare è quello in Belletti &
Manetti (2016), il cui obiettivo è quello di indagare la produzione di Topic in strutture passive, focalizzando l’attenzione sulle dislocazioni nella periferia sinistra della frase con ripresa clitica. L’argomento dello studio è chiaramente molto diverso dal nostro e riguarda soprattutto strutture passive sintatticamente marcate in cui, appunto, si prevede l’uso di una ripresa clitica che noi non trattiamo, tuttavia riteniamo interessante sia l’impostazione sperimentale, che i risultati ottenuti. La ricerca, svoltasi su un campione composto da 36 bambini tra i 4 e i 5 anni e un gruppo di controllo di 24 adulti tra i 19 e i 25 anni, propone un test di produzione che consiste nel mostrare dei disegni al fine di elicitare frasi patient-oriented con due condizioni sperimentali, e nello specifico: frasi in cui si propone un solo Topic correlato a un paziente e frasi in cui l’informante è chiamato a parlare di due personaggi, e quindi a proporre due Topic, correlati a due pazienti. I risultati mostrano che adulti e bambini preferiscono strategie di produzione diverse: i bambini realizzano
39 Il totale dei bambini bilingui L1 olandese è indicato come in progress.
preferibilmente Topic nulli con ripresa pronominale clitica mentre gli adulti prediligono le strutture passive. In generale i bambini del campione mostrano una certa competenza nel distinguere e padroneggiare l’uso di Topic espliciti vs nulli, with a good mastering of left peripheral topic emerging from age 4 (cfr. Belletti & Manetti 2016: 2).
Seppur mancante di un’analisi dell’interfaccia prosodica, questo lavoro mostra un interessante approccio integrato in cui si propone un’analisi d’interfaccia tra sintassi e grammatica del discorso. Inoltre, dal punto di vista metodologico, riteniamo che la proposta sperimentale in Belletti & Manetti (2016), molto simile a quella della presente ricerca, sia molto valida soprattutto nell’analisi di fenomeni come quello che è oggetto dello studio che proponiamo, in cui la manipolazione di più variabili e quindi la proposta di più condizioni sperimentali è necessaria.