4.1. Gli obiettivi
4.1.1. Obiettivi in ambito teorico
Come ampiamente discusso nel Capitolo 1, secondo la nostra ipotesi teorica, l’interpretazione del pro(nome) S dipende dal ruolo informativo dei possibili antecedenti.
Nello specifico, si è assunto che i meccanismi d’interpretazione seguono il Topic Criterion in Frascarelli (2007), e sono pertanto da ricercarsi all’interno dell’interfaccia prosodica.
Secondo questo assunto, quindi, si intendeva verificare se:
1. gli A-Topic diano inizio a catene topicali che possono essere mantenute anche in frasi successive da SN o pronomi deboli (G-Topic, prodotti con tono basso e integrati nel contorno intonativo della frase);
2. l’intervento di un A-Topic spezzi la catena topicale e se, quindi, i SN e i pronomi deboli che seguono si leghino ad esso;
3. l’intervento di un G-Topic non spezzi la catena topicale e se, quindi, i SN e i pronomi deboli che seguono rimangano legati all’ultimo A-Topic realizzato.
I risultati generali confermano che, come da ipotesi iniziale, la componente informativa e prosodica ha un ruolo determinante nella coreferenza dei pro(nomi). In effetti, le risposte attese rappresentano la maggioranza dei risultati ottenuti già a partire
dall’età di 6-7 anni, come mostrato nella prima colonna della Tabella 4.1. qui di seguito (già parzialmente proposta in § 3.2.1.):
Risultati generali pro vs pronome esplicito
(per età) Fasce d’età
Percentuale risposte attese (tutti gli item)
Percentuale risposte attese
pro
Percentuale risposte attese
pronome esplicito
Campione 66,94 69,50 64,77
3.0 – 3.11 52,66 52,99 52,32
4.0 – 4.11 55,19 55,07 55,32
5.0 – 5.11 60,56 63,86 57,25
6.0 – 6.11 69,91 72,64 67,17
7.0 – 7.11 73,13 76,01 70,25
8.0 – 8.11 74,44 78,37 70,52
9.0 – 9.7 68,91 73,72 64,10
Gruppo di
Controllo 79,33 87,47 71,19
16.1- 29.11 75,03 85,96 65,22
30.0– 39.11 88,82 92,11 81,58
40.0– 49.11 89,18 92,4 84,21
50.0 - 76.6 87,5 86,84 84,21
Tabella 4.1.
Va tuttavia rilevata una differenza percentuale tra l’interpretazione di item che includevano SN e item con pronomi espliciti. Se si confrontano la seconda e la terza colonna della Tabella 4.1., infatti, si nota che l’interpretazione del SN risulta più vicina alle attese rispetto a quella dei pronomi S espliciti, sebbene le percentuali delle risposte attese a partire dai 6 anni si mantengano ben al di sopra della soglia di ambiguità per entrambi i tipi di frasi target. Come abbiamo visto in § 3.2.1., tale differenza non risulta statisticamente significativa al TeF, ma intendiamo comunque dedicarvi una riflessione.
Una spiegazione plausibile, a nostro avviso, è che l’interpretazione del pronome esplicito sia più problematica con il crescere dell’età in quanto, in una lingua pro-drop coerente (come l’italiano), l’uso del pronome S esplicito debole con funzione di G-Topic (per la continuità topicale) è meno frequente dell’uso del SN con la stessa funzione115. Pertanto, il suo uso potrebbe far sorgere perplessità, specialmente in età adulta e, in particolare, in
115 Anche i dati ottenuti dall’analisi del test di L&B (cfr. § 3.3.1.1.) mostrano una minore frequenza d’uso del pronome S esplicito debole rispetto al SN con funzione di continuità topicale. Tale tendenza è, inoltre, confermata da altri studi: tra gli altri, Serratrice (2005, 2007), Sorace et al. (2009) e Pinto (2013), già citati in § 1.8.
seguito all’educazione scolastica, spesso molto tradizionale e legata a meccanismi tipici della lingua scritta116. In effetti, la differenza percentuale tra pro e pronomi espliciti è maggiormente riscontrata nel gruppo di controllo, piuttosto che nel campione. In ogni caso, come mostrato dalla Tabella 4.1., tale differenza, più accentuata in corrispondenza della fascia d’età che va dai 16.1 ai 29.11 anni, si riduce nelle fasce d’età successive fino quasi ad annullarsi per la fascia d’età compresa tra i 50.0 e i 76.6 anni.
Dopo aver osservato le frequenti flessioni percentuali corrispondenti agli informanti tra i 16.1 e i 29.11 anni (come più volte riscontrato nel capitolo precedente dedicato all’analisi degli item), abbiamo attentamente analizzato le risposte dei singoli partecipanti, proprio al fine di individuare il motivo per cui la maggior parte delle risposte non attese del gruppo di controllo siano quasi sistematicamente corrispondenti a questa fascia d’età. Le annotazioni di somministrazione e l’osservazione dei dati ci hanno portato ad alcune plausibili spiegazioni:
1. poiché molti informanti tra i 19 e i 29 anni erano studenti universitari, le loro risposte potrebbero essere state falsate dalla “paura di sbagliare”(come fosse un esame di linguistica)117;
2. dopo aver acquisito le competenze linguistiche che consentono di processare un enunciato senza particolari difficoltà, è possibile che l’individuo sia portato a considerare con meno attenzione il fattore prosodico, dando precedenza a
“regole grammaticali” (cfr. § 3.4.1.) suggerite da alcuni approcci scolastici tradizionali, specialmente nella fascia d’età compresa tra gli 8-9 anni e la fine del percorso di studi;
3. un’ulteriore spiegazione potrebbe derivare dall’unione delle due precedenti, quindi le percentuali più basse di risposte attese potrebbero essere in parte dovute a un effetto corruttivo legato al contesto di somministrazione e in parte al fatto che un certo nozionismo tende a “fondere” grammatica del discorso e morfo-sintassi, allontanando il discente dal ruolo fondamentale della prosodia nella comunicazione.
116 Sarebbe interessante verificare se in contesti di parlato spontaneo, perplessità analoghe sarebbero ugualmente presenti, confermando la differenza percentuale di cui sopra.
117 Dalle annotazioni di somministrazione risulta infatti che gli informanti intervistati all’università, durante il test, sembravano tentennare ponendosi quesiti in merito a quale potesse essere la risposta “più corretta”.
È quindi possibile che molti dei partecipanti intervistati fossero studenti che, in seguito a insegnamenti espliciti di linguistica, abbiano fornito risposte non propriamente spontanee durante la sperimentazione, nonostante le raccomandazioni fatte dai somministratori prima dell’inizio del test.
Purtroppo però, non avendo strumenti per valutare sistematicamente la validità di queste ipotesi, ci limitiamo a porle all’attenzione e riteniamo possa essere interessante approfondirle in eventuali ricerche future in cui, in primo luogo, sarebbe utile verificare (anche con la somministrazione di item mirati) il riscontro regolare di alcune risposte in corrispondenza delle fasce d’età più giovani tra gli adulti. In tal modo si potrebbe quindi valutare se l’andamento dei risultati nell’interpretazione dei pro(nomi) possa riflettere, come proposto anche in Cardinaletti (2004b) un cambiamento linguistico in atto sull’asse linguistico diacronico relativo all’uso dei pronomi soggetto forti, deboli e nulli e sia quindi legato a fattori generazionali (cfr. § 3.2.2).
Relativamente al test di produzione, somministrato insieme a quello di comprensione con finalità di confronto tra le due competenze, i risultati (riportati nella seconda colonna della Tabella 4.2. qui sotto) hanno mostrato come anche la produzione sembri confermare le ipotesi teoriche di partenza:
Risultati L&B e PP1 a confronto (Campione vs Gruppo di controllo)
Fasce d’età Percentuali risposte attese
Produzione Comprensione
3.0 – 4.2 21,74 58,74
30.0 – 76.6 87,5 81,20
Tabella 4.2.
In effetti, gli informanti del gruppo di controllo introducono di norma l’argomento del discorso, antecedente del SN (o del pronome debole), con l’intonazione L*+H tipica dell’A-Topic, mentre per mantenere la continuità topicale realizzano prevalentemente SN e, molto più raramente, S espliciti deboli con l’intonazione L* tipica del G-Topic (cfr. § 3.3.1.1.). I parlanti nativi del campione tra i 3.0 e i 4.2 anni, invece, mostrano ancora una certa immaturità nello sviluppo della competenza in esame e mettono prevalentemente in atto strategie alternative che denotano un processo di acquisizione ancora in itinere (cfr.
§ 3.3.1. e Tabella 4.3. qui di seguito).
Dal confronto tra comprensione e produzione si evince un’evidente differenza evolutiva tra queste due competenze che, come già evidenziato in § 3.3.2., riteniamo sia da attribuirsi al fatto che ai bambini della fascia d’età del campione, per i quali lo sviluppo linguistico, psicologico e cognitivo non è ancora completo, risulta molto più semplice comprendere gli adulti, che esprimersi con i loro stessi strumenti.
Risulta comunque evidente che entrambe le abilità si sviluppano in modo direttamente proporzionale all’età e all’esperienza del parlante. Quest’ultimo, nelle prime fasi dell’età infantile, sfrutta le proprie abilità di comprensione per imparare a produrre, mentre in età adulta affina le proprie abilità di comprensione, maturando una sempre maggiore competenza anche nella gestione delle dinamiche conversazionali.
Osserviamo ora, in modo più dettagliato, i risultati del test di produzione, nella Tabella 4.3. qui di seguito (cfr. Tabella 3.21. in § 3.3.1.1.):
Risultati L&B
(per tipologia di realizzazione delle catene topicali)
Fasce d’età
Catene Topicali
Attese Strategia Imperatore
Strategie miste
a. b. c. d.
Attese + A-Topic per
continuità topicale
Attese + Imperatore
+ A-Topic per continuità
topicale
Attese + Imperatore
Imperatore + A-Topic
per continuità
topicale
3.0 – 4.2 21,74 43,48 13,04 4,35 4,35 13,04
30.0 – 39.11 50 0 50 0 0 0
40.0 – 49.11 100 0 0 0 0 0
50.0 – 59.11 100 0 0 0 0 0
70.0 – 74.11 100 0 0 0 0 0
30.0 – 74.11 87,5 0 12,5 0 0 0
Tabella 4.3.
Come si può notare, si registra una percentuale di risposte attese totale pari al 21,74% per il campione e all’87,5% per il gruppo di controllo di età compresa tra i 30.0 e i 74.11 anni.
Riguardo alle risposte non attese, il 21,74% dei bambini mostra di fare uso di diverse strategie che includono anche catene ben formate (cfr. colonne a., b. e c.), mentre il 43,48% usa esclusivamente la Strategia dell’Imperatore, segno di un’evidente immaturità nelle competenze pragmatico-narrative (cfr. § 1.6. e § 1.7.2.). Infine, il 13,04% usa strategie miste che non includono catene topicali ben formate. Il 12,5% totale degli adulti che forniscono risposte non attese alterna alle catene ben formate l’uso di A-Topic con funzione di continuità topicale (i.e., lo ripetono anche se la catena non è stata spezzata)118.
118 Anche in questo caso, gli unici due informanti per i quali abbiamo riscontrato le narrazioni non del tutto attese appartengono alla fascia d’età più bassa del gruppo di controllo. Tuttavia, ricordiamo che per questo esperimento gli informanti adulti più giovani hanno un’età compresa tra i 30.0 e i 39.11 anni, nessuno dei quali intervistato in ambito universitario, pertanto assumiamo che la competenza continui ad acquisirsi anche in età adulta, ben oltre la fine del periodo critico.
La presenza (seppur minoritaria) di risposte non attese da parte degli adulti, a nostro avviso, è interessante dal punto di vista analitico, in quanto gli informanti che propongono A-Topic con funzione di continuità topicale lo fanno in condizione contestuali particolari, vale a dire, dopo un Contrasto e dopo l’introduzione di due nuovi personaggi nel racconto:
entrambi casi in cui i costituenti nominali sono realizzati in modo intonativamente prominente (seppur con curve prosodiche diverse rispetto a quella dell’A-Topic). Sarebbe interessante indagare, in una ricerca futura, sull’esistenza di una correlazione sistematica tra queste condizioni. Analizzando l’unico caso in cui si registra un A-Topic dopo un Contrasto (il 6,25% delle risposte totali nel test di produzione e il 52% delle risposte totali per l’item (18)119 nel test di comprensione), possiamo solo notare che il C-Topic sembra interferire in catene topicali attivate solo quando l’A-Topic e il G-Topic che segue il Contrasto presentano gli stessi tratti di accordo.
In una ricerca dedicata sarebbe interessante verificare se:
1. l’intervento di un C-Topic spezzi regolarmente la catena topicale rendendo necessaria la realizzazione di un altro A-Topic per riprendere il precedente argomento del discorso (possibilità che non sembra essere confermata dai risultati ottenuti nel presente lavoro);
2. il C-Topic non sia in alcun modo collegato a una funzione di shift e possa essere seguito indifferentemente da qualsiasi tipo (i.e., nominale, pronominale o silente) di G-Topic con funzione di continuità; oppure
3. l’intervento del C-Topic con gli stessi tratti di accordo dell’A-Topic, pur non spezzando la catena topicale attivata, richieda preferibilmente l’uso di Topic espliciti (i.e., nominali o pronominali) piuttosto che di Topic silenti.
Riguardo alle percentuali di risposte attese ottenute, possiamo concludere che esse confermano senza dubbio le nostre ipotesi di lavoro. Emerge inoltre in modo evidente che il fenomeno in esame coinvolge, oltre ai diversi livelli di interfaccia, fattori extralinguistici (i.e., la conoscenza del mondo, l’educazione, la formazione, la cultura) e la messa in atto di strategie alternative, soprattutto di tipo (morfo-)sintattico, semantico-discorsivo e logico che, come vedremo meglio nel prossimo paragrafo, sembrano connesse alle diverse fasce d’età.
119 Ricordiamo che si tratta dell’unico item nel quale è stato erroneamente proposto un contrasto nel test di PP (cfr. § 3.6.).
Un’ultima considerazione, a cui riteniamo sia importante dare risalto alla fine di questa sezione, riguarda il fatto che l’analisi delle relazioni anaforiche tra i pronomi e le cosiddette “espressioni-R” consente di mettere in luce una distinzione significativa tra pro/pronomi deboli e pronomi forti. Facendo riferimento ai tradizionali “Principi del Legamento” (sui quali cfr., tra molti altri, Chomsky 1981b, Graffi 1994, Haegeman 1996 [1994], Kayne 2002, Zwart 2002) notiamo infatti che:
(a) i SN e i pronomi deboli (con funzione di G-Topic) sembrano rispondere coerentemente al Principio B del Legamento, secondo cui il pronome non deve essere c-comandato (e quindi deve essere “libero”) all’interno del suo Complesso Funzionale Completo (da qui CFC);
(b) i pronomi forti (con funzione di A-Topic), sembrano invece rispondere al Principio C, comportandosi quindi come espressioni-R (cioè come DP dotati di referenza propria), che non possono essere legati in nessun dominio frasale.
In effetti, mentre i SN e i pronomi deboli risultano sempre coreferenti con l’A-Topic locale (esplicito o nullo) che, nella periferia sinistra della frase, appartiene evidentemente a un CFC diverso, i pronomi forti escludono qualsiasi tipo di coreferenza anaforica (proponendo infatti sempre uno shift), ammettendo invece solo una coreferenza di tipo testuale (va a dire “pragmatica”, ma non sulla base del c-comando).