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Capitolo 3 – Le frasi passive

3.3 L’acquisizione delle frasi passive

Studi sull’acquisizione delle frasi passive sono stati condotti per diverse lingue (per l’inglese, Horgan 1978; Harris & Flora, 1982; Maratsos et al 1985; Borer & Wexler, 1987; Hirsch & Wexler, 2006; per il tedesco, Mills, 1985; per l’italiano, Ciccarelli, 1998; Chilosi e Cipriani, 2006; Volpato et al. 2011, 2013, 2015). I primi studi sulle frasi passive si sono focalizzati sul confronto tra verbi azionali e non azionali e sulla presenza o assenza del by-phrase.

Alcuni tra gli studi sull’inglese hanno osservato che l’acquisizione di tali costruzioni non avviene prima dei 5 anni perché solo a partire da quell’età vi è accesso al meccanismo trasformazionale coinvolto nella formazione delle frasi passive (Borer & Wexler, 1987; Maratsos et al. 1985). Per questo motivo, i primi passivi prodotti e compresi dai bambini comportano un’interpretazione stativa e sono considerati aggettivali e non verbali. In Maratsos et al. (1985), inoltre, viene osservato che i bambini comprendono le passive con verbi azionali prima di quelle con verbi non azionali. Da Hirsch & Wexler (2006) e Rubin (2009) emerge, invece, che le passive brevi senza by- phrase sarebbero comprese e prodotte prima di quelle contenenti by-

phrase.

Studi sull’acquisizione del passivo da parte di bambini italiani hanno evidenziato un miglioramento nella comprensione e nella produzione di frasi passive intorno ai 5 anni, quando vengono acquisite frasi passive contenenti verbi irreversibili e verbi transitivi con soggetti inanimati. Il bambino è in grado di assimilare frasi reversibili e frasi il cui evento è improbabile all’età di 5;6 anni (Chilosi & Cipriani, 2006). Tuttavia, studi più recenti (Volpato et al. 2013) hanno dimostrato che i bambini italiani già tra i 3;5 e i 6 anni sono in grado di comprendere correttamente strutture passive contenenti l’ausiliare venire che favorisce l’interpretazione eventiva delle frasi. In produzione, talvolta, i bambini più piccoli, anziché produrre frasi passive, tipiche del registro formale, utilizzano strategie più colloquiali, come ad esempio frasi attive con pronomi clitici, oppure frasi semplici SVO.

La varietà dei dati ottenuti dai suddetti studi è stata spiegata da ipotesi differenti:  Maturation Hypotesis (Borer & Wexler 1987)

La competenza nell’uso e nella comprensione di frasi passive matura tra i 6 ei 7 anni. Prima di quest’età i bambini sarebbero in grado di computare solo frasi passive aggettivali. Si arriva a tale conclusione considerando il seguente esempio:

(22) Gianni è vestito (da Maria)

Nella frase “Gianni”, paziente dell’evento, è mosso dalla posizione di oggetto interno della frase attiva, alla posizione di soggetto in SpecIP, dove si accorda per genere e numero al verbo. Questa tipologia di movimento, come già detto, è detta argomentale (movimento A). Secondo Borer & Wexler (1987) i bambini non sarebbero in grado di produrre e capire le frasi passive dal momento che la loro grammatica non include il movimento A, che si sviluppa con la crescita. L’unica interpretazione che i bambini sono in grado di dare a (22) sarebbe aggettivale, dato che questo tipo di lettura, a livello sintattico, non implica il movimento A.

 Theta – role trasmission deficit theory (Fox & Grodzinsky 1998)

Fox & Grodzinsky (1998) propongono una teoria basata sui dati raccolti da bambini inglesi (3;6 – 5;5 anni). Dal loro punto di vista, i problemi dei bambini con l’uso

delle frasi passive non sono dati dall’incapacità di formare catene di tipo A, bensì dalla difficoltà di trasferire il ruolo tematico al by-phrase. Questa ipotesi è confermata da tre aspetti:

I. i bambini hanno una buona performance in altre strutture che prevedono movimenti A

II. i bambini commettono errori con strutture che non contengono movimento A, ma che presentano alcune caratteristiche delle frasi passive;

III. ci sono evidenze empiriche davanti al fatto che i problemi dei bambini con le frasi passive non siano dovuti alle catene A.

 Canonical alignment hypothesis (Hyams et al. 2006)

Hyams et al. (2006) formulano un’ipotesi secondo cui le difficoltà che i bambini incontrano con le frasi passive siano dovute dall’incapacità di formare catene di tipo A, ma solo quando esse implicano un allineamento non canonico tra la gerarchia tematica e le funzioni grammaticali. Si guardi ai seguenti esempi:

(23) a. Maria veste Gianni b. Gianni è vestito da Maria

(24) a. Una nave è affondata b. E’ affondata una nave

(23 a, b) sono due frasi passive derivate dalla corrispondente frase attiva, invece (24 a, b) sono due frasi uguali contenenti un verbo inaccusativo, nella prima preceduto e nella seconda seguito dal soggetto. In (23 a,b) vi è una ridefinizione delle funzioni grammaticali: il paziente diventa il soggetto, mentre l’agente diventa un PP opzionale. Questa differenza potrebbe spiegare le difficoltà che i bambini avrebbero con le frasi passive: tipicamente, infatti, l’agente tende a essere l’elemento gerarchicamente più alto a cui è assegnata la funzione grammaticale di soggetto. Se un argomento è il solo ad essere selezionato dal verbo, infatti, ricopre di solito il ruolo di agente. In frasi come le passive, invece, questa usuale associazione viene modificata: con questa incongruenza si spiegherebbe, secondo questa teoria, il ritardo con cui i bambini acquisiscono le frasi passive.

 Volpato et al. (2015)

Questo studio ha l’obiettivo di analizzare la comprensione di frasi passive da parte di bambini italiani (3;4- 6;2 anni), non solo considerando la differenza di performance tra frasi contenenti verbi non azionali/azionali e frasi con/senza by- phrase, bensì anche tra frasi passive formate con l’ausiliare venire o essere. Come spiegato in 3.2, mentre l’ausiliare essere provoca l’ambiguità tra un’interpretazione aggettivale e verbale della frase passiva, l’ausiliare venire consente solo una lettura eventiva. I risultati ottenuti mostrano che i bambini, come già dimostrato in studi precedenti, comprendono meglio frasi passive con verbi azionali piuttosto che quelle con verbi non azionali ma, a differenza di dati precedentemente raccolti, le perfomance non sarebbero significativamente differenti nel caso di presenza/assenza di by-phrase. Il risultato nuovo e interessante ottenuto riguarda la migliore performance nelle frasi passive contenenti l’ausiliare venire. Questo dato dimostra che le frasi passive prodotte dai bambini sarebbero effettivamente eventive e non aggettivali e che i movimenti A sarebbero disponibili nella grammatica dei bambini.