prietà, rinvenuti dall’esattore nella casa di abitazione del contri buente (25). * V.
Opposizione di terzo ed esecuzione fiscale e devoluzione della controversia al Collegio-, Pret. P o rto fe rra io , 28 feb b ra io 1958, in L’Esattore, 1958, 161 e
Pret. M ezzolom bard o 8 m arzo 1968, ivi, 1969, 121). A diversa soluzione — che
tuttavia non riten ia m o seguitole — si può giungere ove si con siderasse che nella con trov ersia circa l’ appartenenza della casa in cu i sia stata effettuata
l’esecuzione, l’opponente con testi la sua qualità di responsabile d’imposta e,
perciò, spieghi non opposizion e di terzo, m a a ll’esecuzione, la cu i relativa com petenza è sottra tta a ll’a u torità giu dizia ria ordinaria.
Nel senso ch e n ell’esecuzione esattoriale il giu dice ord in a rio ha solo la fa co ltà di sospendere gli atti esecutivi se l'op p osizion e non provenga dal con tribuente, ma da terzo, e di decidere sulla dom anda di risarcim ento dei danni, ma d op o il com pim ento degli atti esecutivi, c fr . Cass., 19 giugno 1967, n. 1444 cit. ; 31 lu glio 1967, n. 2032 (S .U .), in L’Esattore, 1967, 5 6 8 ; 19 lu glio 1965, n. 1629, ivi, 1965, 34 1 ; 21 giu gn o 1963, n. 1665, in Riv. leg. fise., 1963, 2136; 19 a prile 1963, n. 958, ivi, 1963, 2131.
V. anche C orte cost. 3 lu glio 1962, n. 87, in Giur. cost., 1962, 933 con nota
di Scoca e, da ultim o, Trib. R om a, 28 gennaio 1969, in L’Esattore, 1969, 118.
(24) L ’art. 622 c.p.c. poneva il d iv ieto per la m oglie con viven te con il
m arito d i p rop orre opp osizion e di terzo, relativam ente ai ben i pig n ora ti nella casa di lui eccetto l ’ipotesi d i : beni d o t a li; beni per i quali possa provarsi, con atto di data certa, ch e le siano appartenuti prim a del m atrim onio ; beni che le siano pervenu ti per donazione o succession e a causa di morte.
P oich é la costitu zion e di dote può avven ire anche durante il m atrim onio (art. 178 c.c.), ne con segu iva che, secondo la norm a di rito ord inario, la m oglie poteva p rop orre opposizion e qualunque fosse stata la data di costitu zione di dote, pu rch é avvenuta prim a del m atrim onio.
Va osservato, infine, che l ’art. 622 c.p.c. è stato d ich ia ra to illegittim o
dalla corte costitu zion a le (sen t. 15 dicem bre 1967, n. 143, in Foro it„ 1968,
I, 7) perch è in con tra sto con il p rin cip io di uguaglianza, non trovand o giu stificazione la d iversità di trattam ento fatta dalla suddetta norm a alla m oglie nei co n fron ti del m arito. Non è stata, però, rilevata la violazione del diritto di d ifesa di cu i a ll’art. 24 cost. e, pertanto, si ritiene ch e non possa chiedersi il riesam e dell’ art. 207 in argom ento, in relazione a detto prin cip io costitu
zionale (cfr. Ta r z ia, La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art.
622 c.p.c., in Riv. dir. proc., 1968, 592).
(25) V. sent. 16 giu gn o 1964, n. 42, in Giur. cost., 1964, 548, con osser
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Al riguardo è stato autorevolmente osservato (26) che la legittimità di una norma va esaminata in relazione a quanto essa dispone e non per la sua appartenenza al diritto formale o a quello sostanziale; né, si è aggiunto, può farsi derivare la conformità alla costituzione della norma tributaria che ci occupa dal rilievo che l’ordinamento contiene un’altra norma di contenuto analogo — quella di cui all’art. 622 c.p.c. poiché in quest’ultimo caso, a prescindere dalla diversità delle dette norme, il giudizio di legittimità si sarebbe dovuto estendere alla norma posta come termine di paragone.
È innegabile, comunque, che detta norma tributaria, precludendo al coniuge ed ai parenti e affini entro il terzo grado l’opposizione di terzo, per quanto riguarda i beni mobili esistenti nella casa del debitore, viene a privare il titolare di un diritto soggettivo della sua tutela giurisdi zionale. Il contrasto con l’art. 24 cost. è, perciò, patente. Vanno, quindi, condivise le perplessità che ha suscitato la menzionata sentenza, rite nendo che l’unica spiegazione della norma tributaria in esame è quella di configurarla come un privilegio del fisco.
Successivamente, la Corte ha avuto modo di rimeditare su tale de cisione, poiché venne sollevata la questione di legittimità costituzionale della medesima norma tributaria in relazione non solo alle norme di cui agli artt. 24, primo comma, e 42, secondo comma, cost., che hanno formato oggetto della precedente sentenza, ma anche a quella di cui agli artt. 3 e 42, terzo comma, della cost. Tuttavia, anche in questa occasione, la Corte, con sentenza 26 novembre 1964, n. 93 (in Oiur. it., 1965, I, 1, 724), ri chiamando la motivazione della precedente pronuncia n. 42 del 1964, os servò che non costitusce violazione del principio di uguaglianza la diffe renza di trattamento prevista per situazioni diverse: la limitazione del- l’opponibilità del diritto di proprietà sarebbe, quindi, giustificata dal rapporto familiare intercorrente tra 11 debitore d’imposta e il parente o affine. Di conseguenza, anche il nocumento derivante a questi ultimi sa rebbe da mettersi in relazione al loro comportamento: l’aver lasciato il bene nella casa di abitazione del congiunto. Ragionamento questo che non può seguirsi fino in fondo poiché sembra far ritenere che la Corte, accanto alle fonti di obbligazioni previste dall’art. 1173 cod. civ., abbia voluto introdurre un nuovo tipo: quello derivante dall’aver lasciato beni
mobili nella casa del parente che aveva pendenze con il fisco.
L’assunto contrasto con il terzo comma dell’art. 42 cost. veniva su perato argomentando che se si riconosceva legittima l’inopponibilità del diritto del terzo sulla cosa, la conseguente perdita della proprietà era da mettersi in relazione non con l’espropriazione per motivi di interesse generale, ma alla legittima sottoposizione del bene all’esecuzione forzata.
La gravosità della limitazione dell’opposizione del diritto di pro prietà prevista dalla suddetta norma tributaria e la insoddisfacente motivazione delle sentenze della corte costituzionale, sopra menzionate,
d i r . fin . s e . fin ., 1965, I I , 3 c o n n o ta d i Co l m a n t i, S u lla l e g i t t i m i t à c o s t i t u z i o n a l e d e i lim it i a lla p r o p o n i b i l i t à d e l l ’ o p p o s i z i o n e d i t e r z o n e l l ’e s e c u z i o n e c s a t
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-che hanno respinto le relative eccezioni di illegittimità, hanno indotto ad insistere nell’impugnativa della norma in argomento. E la diffusa insofferenza verso le disposizioni poste a favore dell’esecuzione esatto- rale (27) è stata condivisa dalla magistratura di merito che più volte ha ritenuto non manifestamente infondate le sollevate eccezioni di illegit timità costituzionale.
Ultimamente, è stato eccepito che l’ultima parte della norma tri butaria in parola ammette la moglie ad opporre il suo diritto di pro prietà all’ufficiale esattoriale che agisca contro il marito, solo nel caso che i mobili di cui si tratti siano costituiti in dote con atto anteriore alla presentazione della denuncia dei redditi o alla notifica dell’avviso di ac certamento d’imposta; poiché nella fattispecie in esame il matrimonio e, quindi, la costituzione di dote erano avvenuti in data posteriore, tali beni risultavano sforniti di ogni tutela giurisdizionale. E ciò in contrasto anche con il principio di uguaglianza, perché trattandosi di situazioni uguali, eccetto per l’elemento temporale — peraltro non dipendente asso lutamente da chi contrae matrimonio e costituisce i beni in dote — la relativa tutela giurisdizionale era diversa. Tale stato di cose, facendo venir meno la destinazione dei beni ai bisogni della famiglia comportava, inoltre, la violazione dell’art. 29 cost. che riconosce il diritto di famiglia e deH’art. 30 cost. che sancisce il diritto-dovere dei coniugi a mantenere, istruire ed educare i figli.
La Corte ancora una volta ha dichiarato infondata la sollevata questione di legittimità costituzionale (28) osservando, circa l’eccepita violazione del principio di uguaglianza, che la norma tributaria ha in teso evitare la sottrazione dei beni del marito all’esecuzione esattoriale mediante l’espediente della costituzione di dote successiva alla dichia razione dei redditi o all’accertamento dell’imposta; nè tale sospetto è stato ritenuto che venga meno allorché il matrimonio sia contratto po steriormente alla nascita del debito d’imposta, perché è facile che, in tale occasione, siano costituiti in dote beni del marito o comprati con denaro del marito.
È stata rilevata, quindi, una diversità di situazione, basata sull’ele mento temporale, che richiede una diversità di trattamento; altrimenti si verrebbe a creare una disparità di trattamento nei confronti dei pa renti ed affini entro il terzo grado, conviventi con il debitore di impo sta. i quali mai possono opporre il loro diritto di proprietà. Argomen tazione questa poco convincente ed in contraddizione con precedenti pro nuncie della stessa Corte che avevano affermato come gli inconvenienti pratici di una norma «non influiscono sulla sua legittimità
costituzio-(2 7 ) Cfr. Ta b z ia, L'esecuzione esattoriale al vaglio della Corte cost., in
Riv. dir. fin. se. fin., 1966. II, 328. A con ferm a di questo sta to d ’anim o, va fa tta m enzione della recen te ordinan za del V. Pretore di S. G iovan ni in F iore
del 31 lu glio 1969 (v. in Gazz. U f f. del 12 dicem bre 1969. n. 311, 7552) che
ha nuovam ente solleva to la questione di legittim ità costitu zionale in a rgo mento, in rela zion e agli a r t t 3. 24, 42, 47 e 113 cost.
(2 8 ) V . sen t. 26 g iu g n o 1969, n. 107, in Foro it„ 1969, I, 1629 e in
Dir. prat. triti., 1969, I I , 1123 c o n n o ta d i La Medica, Limiti all’opponibilità del vincolo dotale nelVesecuzione esattoriale.
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naie che va accertata soltanto al confronto con il dettato della Costitu zione; potrebbero, se mai, essere presi in considerazione dal legislatore per una riforma del sistema, se egli riconosce che hanno consisten za » (29).
Inoltre, secondo la Corte, proprio le accennate finalità di tutela del le ragioni dell’erario contro le simulazioni e le frodi, limitando il diritto sostanziale e non la garanzia della difesa giurisdizionale, fanno appale sare infondato il contrasto della ripetuta norma tributaria con l’arti colo 24, primo comma, cost.
Così argomentando, il coniuge che contragga marimonio successi vamente alla denunzia del reddito o all’accertamento dell’imposta viene privato di ogni mezzo inteso a sottrarre i beni mobili, esistenti nella casa di abitazione del contribuente, all’esecuzione esattoriale e, quindi, vede sottratti alla tutela giurisdizionale i propri diritti, poiché, in ef fetti, la suddetta norma tributaria gli preclude la legittimazione attiva all’opposizione di terzo.
Peraltro, ove la norma tributaria abbia inteso presumere, in tale ipotesi, la frode o l’appartenenza dei beni al marito, il ragionamento non può del pari ritenersi legittimo; la presunzione in tanto si rivela razionale in quanto possa essere confortata e confermata dalla realtà: se tale prova viene esclusa, riteniamo trattarsi di una finzione che è senz’altro illegittima perché basata sul diritto del più forte (30).
Si osserva, altresì, che la Costituzione ha espressamente ritenuto rilevanti i diritti di famiglia (art. 29, primo comma), per cui anche se può condividersi l’affermazione della Corte che la dote non consolida l’istituto della famiglia (31), è certo che venendo meno la protezione della dote, il diritto dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare la prole (art. 30, primo comma, cost.) viene compresso. Quindi, l’afferma zione della Corte che tale diritto-dovere « attiene ad una sfera ben di versa e più alta, il cui rispetto non può essere collegato con l’intangi bilità dei beni dotali», si rivela piuttosto retorica. * II,
(29) C fr. sent. 12 lu glio 1967, n. 115 c i t
(30) V. le osservazion i del Ma f f e z z o n i (Della presunzione di esistenza
di gioielli, denaro e mobilia nell’applicazione dei tributi successori, in Riv. dir. fin. se. fin., 1967, I I , 226 e segg. e 243 e segg.), in riferim en to a ll’art. 31 della legge trib u taria sulle successioni, che posson o rich iam arsi anche nella
presente fattisp ecie. V. a n ch e: La Medica, La legittimità delle presunzioni di
cui all’art. SI della legge tributaria sulle successioni, in Dir. prat. trib., 1969, I I , 872 e specialm ente 882 e segg. ; Mi c h e l i, Capacità contributiva reale o pre sunta, in Giur. cost., 1967, 1544 seg.
(31) V a fa tto presente, a questo prop osito, che anche in con siderazion e dello scarso uso di cu i attualm ente vien e fa t to dell’istituto d ella dote, nel disegn o di legge presen tato nella IV legisla tu ra e decad uto per fine della stessa, rigu ardan te c M odificazioni delle norm e del C odice Civile concernenti il d iritto di fa m iglia e le s u c c e s s io n i» (A tto Cam era n. 3705), era previsto, a ll’art. 29, l’abrogazion e delle norm e rela tive a ll’istituto della dote.
T a le istituto, peraltro, ven iva sostituito con un c fon d o patrim on iale », destinato ugualm ente a sosten ere i pesi del m atrim onio e sottratto a lla ese cu zion e per debiti ch e il cred itore con osceva essere stati con tra tti per scopi estranei ai bisogni della fa m ig lia (art. 1 1 6 /5 sub 9).
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Il ripetuto art. 207, infine, alla lett. c), non ammette l’opposizione di terzo da parte delle persone i cui redditi, ai fini dell’accertamento del l’imposta complementare per la quale si procede, siano stati cumulati con quelli del contribuente iscritto a ruolo (32).
A differenza di quanto può rilevarsi per i nuovi proprietari di im mobili (art. 196), i cessionari di azienda (art. 197), i liquidatori di socie tà (art. 265), dal combinato disposto degli articoli 131 e 207, lett. c), t.u. n. 645, non sembra che possa dedursi una responsabilità solidale delle persone i cui redditi si cumulano, ai fini dell’imposta complemen tare, con quelli del soggetto d’imposta (33); né sembra emergere alcun vincolo reale sugli immobili da cui provengono i redditi che entrano nel coacervo per la determinazione della menzionata imposta.
Infatti, la preclusione dell’opposizione di terzo di cui all’art. 619 c.p.c. prevista dall’art. 207, lett. c) per i c.d. cumulati fa ritenere che co storo non siano coobbligati perché tale qualificazione escluderebbe quella di « terzo ». Né sembra che contro i cumulati possa agirsi autonomamente per il recupero dell’imposta complementare, poiché il divieto di cui al l’art. 207 lett. c) trova applicazione nel caso di una esecuzione promossa a carico dell’intestatario del ruolo. Consegue che l’esattore, ove risulti infruttuosa l’esecuzione nei confronti del contribuente iscritto a ruolo per l’imposta complementare, non possa agire sui beni dei cumulati (34).
Si oppone a tale tesi la considerazione che la norma in esame trae origine dall’art. 18 della legge 16 giugno 1939, n. 942 (divenuto quinto comma dell’art. 63 del t.u. 17 ottobre 1922, n. 1401), e venne emanata proprio allo scopo di colmare la lacuna fino allora esistente che esclu deva ogni azione del fisco, per la riscossione dell’imposta complementare, sui beni che pur essendo stati cumulati con quelli dell’iscritto a ruolo ai fini della detta imposta, si appartenevano a persone diverse da que st’ultimo (35).
Quindi, il divieto di opposizione di cui all’art. 207, lett. c) starebbe ad indicare l’intento del legislatore di sottoporre ad esecuzione i beni dei c.d. cumulati ove l’azione nei confronti dell’iscritto a ruolo non avesse
(32) V., Al ib r a n d i, L a r e s p o n s a b i l i t à d e i m e m b r i d e l n u c l e o f a m i l i a r e n e l l a r i s c o s s i o n e d e l l 'i m p o s t a c o m p l e m e n t a r e , in R a s s . a v v . S t a t o , 1967, II, 131. V. anche, Maccabone, O r i e n t a m e n t i s u l la p o s s i b i l i t à d i e s p e r i r e p r o c e d u r e e s e c u t i v e s u i b e n i a p p a r t e n e n t i a s o g g e t t i i c u i r e d d i t i , a i fin i d e l l ’i m p o s t a c o m p l e m e n t a r e , s i c u m u l a n o c o n q u e l li d e l l ’ i n t e s t a t a r i o d e l r u o l o , in L ' E s a t t o r e , 1969, 519.
(33) Tale solidarietà è, invece, espressamente prevista, per l’imposta di famiglia, dal t.u. delle leggi sulla finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175, art. 115.
(34) Cfr. Pret. Pisa, 8 luglio 1965, in L ' E s a t t o r e , 1966, 335 con nota adesiva di Ma r in i. V. anche, in senso conforme: Pa i x o t t i, S u lla r e s p o n s a b ilità a l p a g a m e n t o d e l T i m p o s t a c o n i p l a n e n t u r e d i p e r s o n e n o n i s c r i t t e a
r u o l o , i v i , 1965, 155; Be ri.ir i C., D e l l a r e s p o n s a b i l i t à d e i c o n g i u n t i d e l l ’i s c r i t t o a r u o l o a g li e f f e t t i d e l l 'i m p o s t a c o m p l e m e n t a r e p r o g r e s s i v a s u l r e d d i t o , in
L e im p . d ir . e r a r i a l i , 1968, 359; c o n t r a : Git zz a r d i, in L ’E s a t t o r e , 1965, 386; Pie t r a n to n io, in L e i m p . d i r . e r a r ., 1962, 28.
(35) V. in proposito, le istruzioni ministeriali relative alla detta legge n. 942 del 1939 in B o l l . u f f . M i n . F i n . ( d i r . g e n . I I . D D . ) , suppl. al n. 12 del 1939, 39 e seg.
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dato risultati positivi, mettendo, così, in evidenza una responsabilità dei primi per il pagamento dell’imposta complementare.
La possibilità di esperire l’azione esecutiva nei confronti dei cumu lati troverebbe, altresì, conferma nella norma di cui all’art. 220 che fa divieto all’esattore di agire esecutivamente sui beni di persone diverse dal debitore e dai soggetti indicati nell’art. 207 : quindi, nei confronti del coniuge e delle persone i cui redditi si cumulano con quelli del capo-fa miglia sarebbe possibile esperire l’azione esecutiva per la riscossione del l’imposta complementare (36).
Dal canto nostro, siamo dell’opinione che i cumulati non possano considerarsi responsabili del pagamento dell’imposta complementare. Non ci nascondiamo le conseguenze cui può portare l ’accoglimento di questa tesi, specie nell’ipotesi di redditi che siano esclusivamente dei cumulati ed iscritti a ruolo a nome del capofamiglia; infatti, se costui non assolve l’imposta, il fisco non sarebbe mai in grado di poter riscuo tere tale entrata. Ma per colpire i c,d. cumulati occorre un’espressa disposizione di legge, poiché non è dato all’interprete, a discapito della certezza del diritto garantita in materia dalla riserva di legge (arti colo 23 cost.), di integrare l’ordinamento giuridico.
Conforta la suddetta tesi la considerazione che manca il titolo per agire contro i cumulati, dato che il ruolo è intestato al capofamiglia. Ed anche se possono rinvenirsi nel t.u. delle imposte dirette altre norme che legittimano l’esecuzione contro persone diverse dall’intestatario del ruo lo, come nell’art. 197, va rilevato che in tal caso è prevista espressamente la responsabilità del cessionario d’azienda per le imposte iscritte a ruolo a carico del cedente (37).
La norma di cui all’art. 207, lett. c) in argomento risultava, finora, l’unica tra quelle che formano l’art. 207 a non essere impugnata per ille gittimità costituzionale; ma questa particolarità è venuta recentemente meno perché il Tribunale di Torino, con ordinanza 13 ottobre 1969 (38), ne ha eccepito il contrasto con gli articoli 24 e 113.
È stato osservato, in tale occasione, che l’inopponibilità del diritto di proprietà è di ordine assoluto e non limitato — come previsto nella precedente lett. 6) — ai soli mobili esistenti nella casa di abitazione del debitore e, pertanto, coloro i cui redditi si cumulano con quelli del contri buente iscritto a ruolo non possono eccepire, ai sensi dell’art. 619 c.p.c., la non appartenenza al debitore dei beni pignorati, né che su di essi esistano altri diritti reali. La gravosa limitazione, inoltre, si riferisce non solo ai beni mobili, ma anche a quelli immobili, mancando qualsiasi indicazione restrittiva del potere di esproprio del fisco.
L’Avvocatura dello Stato, nel corso del giudizio di merito innanzi al Tribunale di Torino, ha sostenuto che potrebbero riferirsi anche alla
(3 6 ) O fr. Av v o c a tu r a g e n e r a le Sta t o, p a r e r e d e l 29 m a r z o 1967, n. 9293, c lt . d a Maccarone, Orientamenti c it ., 523.
(3 7 ) V. in m a t e r ia Ma c c a ro n e, Profili giuridici ed aspetti pratici delle norme che regolano la responsabilità del cessionario d’azienda, in L’Esattore,
1968, 33.
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norma di cui all’art. 207, lett. c) in esame le argomentazioni addotte dalla Corte costituzionale nella sentenza del 16 giugno 1964, n. 42 a fon damento della legittimità dell’art. 207, lett. 6): la norma che determina l’oggetto su cui può esercitarsi l’azione esecutiva del creditore per la rea lizzazione del suo diritto e stabilisce quali situazioni possano essere sacrificate avrebbe, perciò, carattere sostanziale e non processuale.
Ma il Tribunale ha replicato che l’art. 207, lett. ò), è espressione, con talune ovvie estensioni, del principio della cosiddetta presunzione mu- ciana, di cui è fatta applicazione anche nella disposizione dell’art. 622 c.p.c. la quale mostra evidente l’intento di sancire una responsabilità pa
trimoniale, pur senza obbligazione personale, a carico di taluni sog getti (coniuge, parenti e affini sino al terzo grado) che potrebbero fa cilmente prestarsi a collusione con il debitore, al fine di sottrarre frau- dolentemente beni di quest’ultimo alla realizzazione coattiva del debito d’imposta; diversa, invece, apparirebbe la norma di cui all’art. 207 let tera c) in quanto la mancanza di azione a tutela dei propri diritti emer gerebbe anche qualora si ritenesse sussistente, anziché la solidarietà nel debito, una mera « rispondenza patrimoniale » del soggetto i cui redditi si cumulano con quelli del contribuente iscritto a ruolo, in quanto tale responsabilità non determinerebbe solo delle presunzioni assolute cor rispondenti a certe situazioni, di fatto q di diritto, esattamente delimi tate dalla legge, come per l’art. 207, lett. ò), bensì la illimitata possibi lità di esecuzione sui beni del detto « rispondente ». Senza, peraltro, ri conoscere a questi, data la sua posizione di estraneità nei confronti del debito, la possibilità di far valere alcuna tutela per la determinazione del debito stesso, di cui, però, dovrà sopportare le conseguenze.
È stato, altresì, rilevato che se si considerano le norme impugnate come determinazione di una solidarietà nel debito di imposta dei sog getti i cui redditi si cumulano con quelli del contribuente iscritto a ruolo, ugualmente non viene meno il dubbio della sua legittimità perché costoro, in palese violazione del principio consacrato nell’art. 24 cost., non pos sono esperire alcuna azione a tutela dei propri diritti. E tale dubbio acquista maggiore consistenza ove si tenga presente che la Corte costi tuzionale, con sentenza 16 maggio 1968, n. 48 (in Foro it., 1968, I, 1386), ha dovuto riconoscere che « un sistema che toglie ad alcuni condebitori di un tributo ogni possibilità di difesa autonoma perché fa espandere