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L'art 2, comma 7, D.L n 132/2014 afferma che è dovere deontologico dell'avvocato informare il cliente all'atto del conferimento dell' incarico,

3) negoziazione assistita facoltativa per tutte le altre controversie su diritti disponibili con la precisazione importante che alla

10.1. L'art 2, comma 7, D.L n 132/2014 afferma che è dovere deontologico dell'avvocato informare il cliente all'atto del conferimento dell' incarico,

della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita. L'unica cosa non prevista è che l'informazione debba essere sottoscritta dal cliente e allegata all'atto introduttivo, e nel caso manchi l’informativa il contratto tra avvocato e cliente non è annullabile. Infatti, nell’omettere l'informativa, l'unica sanzione prevista è quella deontologica, prevista nel codice deontologico forense per le violazioni ai doveri di informazione verso il cliente.

10.2 - L'invito a stipulare la convenzione è espressamente previsto nel decreto legge istitutivo solo per i casi in cui la negoziazione assistita sia vista come condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Ciò non toglie, in ogni caso, che la negoziazione assistita, anche quando sia una procedura del tutto facoltativa, non sia sempre preceduta da un invito di una parte

71 all'altra.

Viene espressamente indicato il contenuto formale dell'invito, previsto come presupposto di validità dell'atto, ma non viene specificato con quali modalità l'invito debba essere effettuato, se con raccomandata o con altri mezzi. L'art. 4 del decreto legge prevede che l'invito deve indicare l'oggetto della controversia e l'avvertimento. La possibile mancata risposta o il suo rifiuto, possono essere valutati dal giudice ai fini delle spese del giudizio e per legittimare una condanna al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità aggravata o di esecuzione provvisoria del credito azionato, ove ne sussistano i presupposti. Nessuna sanzione è prevista in caso di omissione di queste formalità che non determinano quindi alcuna conseguenza negativa per la parte che propone l'invito con diverse modalità.

10.3. - La convenzione che regolamenta la negoziazione, risulta un vero e proprio contratto in cui le parti regolamentano la procedura di negoziazione. Nella prima prassi applicativa della nuova legge, si verifica che non sempre le parti firmano una previa convenzione e nella maggior parte dei casi trovano l'accordo concentrandosi sulla soluzione piuttosto che sulla convenzione stessa.

Ciò conferma che la firma della previa convenzione di negoziazione assistita nelle intenzioni della legge è diretta soprattutto a prevedere modalità e tempi certi e non eccessivamente dilatati per la soluzione di un conflitto e a documentare il tentativo di negoziazione nei casi in cui la negoziazione è prevista come condizione di procedibilità della domanda.

72 tipico, “contratto di negoziazione assistita” che, nel caso in cui venga firmato, deve avere la forma a substantiam.

L'art. 2 del D.L. n. 132/2014 definisce l'accordo di negoziazione “un accordo mediante il quale le parti convengono per cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza di avvocati iscritti all'albo anche ai sensi dell'art 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96.”

La convenzione è l'atto bilaterale tipico, preliminare della negoziazione assistita e che non è prevista nel procedimento di mediazione. Nel caso in cui le parti intendessero procedere ad una negoziazione informale, per giungere ad una possibile conciliazione della lite, non è prevista alcuna convenzione obbligatoria a regolamentarla.

La convenzione deve obbligatoriamente definire: a) il termine concordato dalle parti per l'espletamento della procedura che in ogni caso non può essere inferiore ad un mese; b) l'oggetto della controversia non deve riguardare diritti indisponibili. Se dovessero venire a mancare questi requisiti non si verificherebbe, però, alcuna nullità. Ciò significa che per situazioni magari complesse potrebbero essere indicati dei termini anche superiori a quello legale di tre mesi prorogabile per altri trenta giorni. L'indicazione del termine serve solo ad evitare che la procedura alternativa possa tradursi in un ostacolo alla proposizione di una domanda giudiziale.

10.4. - L' art. 2, comma 1, d.l. n. 132/2014 richiama gli obblighi comportamentali di buona fede e lealtà connessi ad aspetti non solo patrimoniali ma anche personali in vista di accordi di separazione e di

73 divorzio.

Se uno dei due coniugi non intendesse offrire alcuna collaborazione su questi aspetti, non è opportuno che si avvii alcuna negoziazione, si potrà seguire la strada tradizionale del contenzioso se ritiene che ai suoi diritti debba essere assicurata la diversa tutela del processo civile.

Gli aspetti patrimoniali incisi dalla regola della buona fede e della lealtà sono certamente quelli connessi alla consistenza dei redditi, del patrimonio, dei risparmi, delle eventuali partecipazioni. Tutti aspetti sui quali può essere determinata correttamente la proporzione delle obbligazioni post- matrimoniali di tipo coniugale o collegate al mantenimento dei figli.

Gli aspetti personali invece, sui quali le parti hanno l'obbligo di cooperare in buona fede riguardano invece tutte le altre questioni a condizione che si tratti, su questioni di diritti disponibili. In altre parole non potrebbe censurarsi, in nome del principio di buona fede e lealtà, il fatto che un coniuge non abbia confessato o abbia taciuto una relazione extraconiugale trattandosi di un aspetto che potrebbe portare il coniuge all' addebito della separazione.

Non c'è nessun obbligo di procedere alla negoziazione assistita e quindi entrambi i coniugi potranno valutare direttamente se, in relazione alle obbligazioni di trasparenza richiamate dalla normativa sulla negoziazione, sia o meno preferibile l'accesso alla tradizionale via giudiziaria ispirata per lo più al principio della domanda di parte e della prova.

11. - Il D.L. n. 213/2014 riguardo alla negoziazione non prevede esplicitamente una procedura da seguire, ma presuppone che le parti si incontrino per raggiungere un accordo.

74 La sequenza della negoziazione dovrebbe prevedere quanto meno tre incontri che si svolgeranno in diversi momenti.

Il primo momento è riservato alla messa a fuoco delle rispettive posizioni, l'invito alla negoziazione già ha indicato il tema della controversia negoziabile, per cui serve per chiarire la situazione.

Il secondo momento è quello della negoziazione vera e propria, cioè quello in cui le parti discutono del proprio punto di vista manifestando la disponibilità o meno a raggiungere un accordo transattivo. Non è escluso che in questa fase le parti abbiano bisogno di ricorrere ad un consulente tecnico. Il terzo momento è quello della redazione dell'accordo al quale può partecipare anche il consulente tecnico che aveva dato il suo contributo.

12. - All'art. 9 del D.L. n. 132/2014, per tutte le parti e per gli avvocati, è prescritto l'obbligo della lealtà e della riservatezza. Le dichiarazioni prestate dalle parti o le informazioni acquisite non possono essere utilizzate nel giudizio “avente in tutto o in parte il medesimo oggetto”; per tale motivo i difensori delle parti, e coloro che partecipano al procedimento, non possono essere tenuti a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite. A tutti si applicano le disposizioni dell'art. 200 c.p.p. (segreto professionale) e le garanzie che ai difensori sono assicurate dall' art. 103 c.p.p. (garanzie contro le ispezioni e le perquisizioni). Comunque la legge di conversione ha aggiunto la previsione della sanzione disciplinare per la violazione degli obblighi indicati.

L'art. 11 della legge, prescrive l'obbligo per i difensori che sottoscrivono l'accordo raggiunto dalle parti a seguito della negoziazione di trasmettere

75 copia al Consiglio dell'ordine circondariale del luogo ove l'accordo è stato raggiunto, ovvero al Consiglio dell'ordine presso cui è iscritto uno degli avvocati.

Con cadenza annuale il Consiglio nazionale forense provvede al monitoraggio delle procedure di negoziazione assistita e ne trasmette i dati al ministero della giustizia, che a sua volta trasmette alle Camere, sempre una volta l’anno, una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni. In particolare al presente capo vengono trasmessi i dati, ai sensi del comma 2, distinti per tipologia di controversia, unitamente ai dati relativi alle controversie iscritte a ruolo nell'anno di riferimento, analogamente distinti per tipologia.

12.1. - Per quanto riguarda i compensi, l'art. 3, comma 6, del decreto legge si limita a prevedere che nei casi di negoziazione assistita, come condizione di procedibilità della domanda, la parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, non debba all' avvocato nessun compenso, dovendo però depositare all'avvocato un apposita dichiarazione sostitutiva di atto notorio, che può essere autenticata dall'avvocato per produrre la eventuale documentazione che il legale dovesse richiedere a comprova della veridicità della dichiarazione. In questi casi l'avvocato non può pretendere alcun compenso né dal cliente, né dallo Stato. Al contrario della negoziazione facoltativa e obbligatoria in cui l'attività professionale sarà retribuita dalle parti.

76 secondo cui la convenzione di negoziazione assistita dagli avvocati può essere conclusa tra i coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione e divorzio per accordarsi su una modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

L'art. 6 e 12 della Legge n. 132/2014 costituiscono i due casi estremi di degiurisdizionalizzazione, cioè di fuoriuscita dalle aule di giustizia di alcuni settori del contenzioso.

All'inizio il D.L. n. 132/2014 prevedeva la limitazione della negoziazione assistita solamente alla separazione o al divorzio tra i coniugi senza figli, mentre la legge di conversione ha esteso la negoziazione assistita anche alle ipotesi di separazione e divorzio con figli minori o maggiorenni non autosufficienti ovvero portatori di handicap grave o incapaci. Questo ampliamento avrebbe potuto costituire la componente più destabilizzante della nuova normativa rispetto ai principi generali che regolano l'indisponibilità dei diritti nell'ambito del diritto di famiglia.

14. - La circolare n. 6/2015 ha chiarito l'interpretazione della previsione (contenuta nell' art.6 all' inizio) precisando che questa disposizione “ preclude l' interpretazione tesa a consentire alle parti di avvalersi di un unico avvocato”.

La previsione di almeno un avvocato per parte ha sicuramente il pregio di garantire ai coniugi una maggiore tutela nella redazione di accordi che hanno nella loro vita futura ripercussioni significative e rilevanti e non sono pertanto da condividere le critiche che qualche osservatore ha svolto in relazione a questa previsione, ove i coniugi i coniugi ritenessero di di doversi

77 avvalere dell'assistenza di un solo legale potranno ricorrere alle forme consuete di separazione consensuale o del divorzio congiunto in cui è possibile l'assistenza anche di un solo legale per entrambi i coniugi.

15. - La Legge al terzo comma, art. 6 prevede che “L'accordo raggiunto a seguito della convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione e divorzio”.

Alcuni problemi subentrano con l'assegno divorzile concordato in un unica soluzione, perché la normativa sul divorzio (legge 1° dicembre 1970, n. 898 e successive modificazioni) prevede all'art. 5, comma 8, che:“[...]su accordo delle parti la corresponsione, dell'assegno divorzile, in un unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico”. Perciò in questa decisione i giudici sostengono che l'accordo sull'assegno divorzile in un unica soluzione richiede sempre la valutazione di congruità da parte del tribunale, sia quando l' accordo sul punto, concluda una fase contenziosa, sia quando contenuto in un ricorso a domanda congiunta, non potendo essere delegato alla disponibilità delle parti.

Considerato che in sede di negoziazione assistita non è previsto l'intervento di verifica del tribunale , ne deriverebbe che la sede naturale dell' accordo sull' assegno divorzile in un unica soluzione dovrebbe essere quella giudiziaria, con l'esclusione di un accordo che preveda l'una tantum divorzile

78 in sede di negoziazione assistita.18

“Occorre però anche dire che la prassi di molte Procure si è orientata per concedere l'autorizzazione (se ci sono figli minori) o esprimere il nulla osta (assenza di figli) relativamente ad accordi che prevedono una corresponsione una tantum, soprattutto in considerazione del fatto che i tribunali considerano comunque sempre equi tutti gli accordi contenenti una corresponsione una tantum. Non si ritiene quindi di dover intralciare la negoziazione , e si tratta certamente di una scelta plausibile e condivisibile”.

19

16. - Con il passare del tempo in molti tribunali si sono creati orientamenti giudiziari contrari all'ammissibilità di accordi diretti per il trasferimento immobiliare. Ciò facendo si è reso possibile che in alcune sedi giudiziarie le parti possono, con gli avvocati stessi in sede di accordi giudiziari, impegnarsi solo per il trasferimento ma non trasferire direttamente l'immobile.

Oggi questi orientamenti mantengono di fatto una rilevanza solo in ambito giudiziario, mentre in sede di negoziazione non si porrà in radice il problema dell'ammissibilità di trasferimenti diretti ultimati con la firma degli avvocati. Per cui un accordo che conclude la negoziazione assistita può contenere trasferimenti patrimoniali anche nella forma di trasferimenti immobiliari, purché la firma delle parti sia autenticata dal notaio.

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