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Affidamento e potere di autotutela

7 L’affidamento nel diritto amministrativo: aspetti controversi

7.2 Affidamento e potere di autotutela

L’ operatività del principio di affidamento trova massima espressione nel caso in cui la pubblica amministrazione adotti un c.d. provvedimento di secondo grado.

Invero, tra i vari elementi che devono essere considerati ai fini di un nuovo esercizio dell’attività amministrativa rispetto alla medesima situazione,

254 A. LIUERATI, Responsabilità pre-contrattuale nei contratti pubblici, cit., p. 54.

255 A. LIUERATI, Responsabilità pre-contrattuale nei contratti pubblici, cit., p. 167.

256 Cons. St., sez. V, 3 agosto 2012, n. 4440, in www.giustizia-amministrativa.it.

257 Cons. St., sez. V, 3 agosto 2012, n. 4440, in www.giustizia-amministrativa.it.

258 Cons. St., sez. V, 3 agosto 2012, n. 4440, in www.giustizia-amministrativa.it.

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acquista preminente rilievo l’affidamento ingenerato nel privato 259 . La l. n. 15 del 2005, modificando la l. n. 241 del 1990, disciplina le ipotesi in cui l’amministrazione agisce in autotutela incidendo su posizioni precedentemente consolidatesi in capo al privato senza, però, darne una definizione.

Secondo una ricostruzione, l’autotutela rappresenta «un potere, immanente, per correggere precedenti errori o per adattare la situazione di fatto alla sopravvenuta situazione di diritto» 260 . Tradizionalmente, veniva fatta coincidere con il concetto di «farsi ragione da sé», ossia «la realizzazione coattiva ed eccezionale, da parte dello stesso titolare, del diritto contestato o leso, senza l’intervento di organi estranei che agiscano in posizione di terzietà»261. Nonostante la natura e il fondamento di tale potere siano stati oggetto di discussione all’interno della dottrina262 , la ricostruzione più

259 Così prospettato in A. GIGLI, Nuove prospettive di tutela del legittimo affidamento nei confronti del potere amministrativo, cit., p. 84, che lega con un «doppio nodo» la tutela dell’affidamento alla

«c.d. autotutela amministrativa».

260 In tal senso M. SANTISE, Coordinate ermeneutiche di diritto amministrativo, cit., p. 355.

261 Così come riportato in A. LIUERATI, Responsabilità pre-contrattuale nei contratti pubblici, cit., p. 90.

262 A. GIGLI, Nuove prospettive di tutela del legittimo affidamento nei confronti del potere amministrativo, cit., p. 84 ss, approfondisce la questione relativa alla natura e al fondamento del potere di autotutela della pubblica amministrazione da sempre oggetto di dibattito in dottrina e giurisprudenza. Difatti, il dubbio si rifletteva sull’effettiva portata di tale potere che, secondo taluni, era da considerare di carattere generale, secondo altri, invece, era limitata in quanto il suo esercizio era subordinato ad un’espressa previsione legislativa. Tra le varie ricostruzioni proposte in dottrina, la meno recente ricostruiva il potere di autotutela come privilegio della pubblica amministrazione.

L’Autore, in nota n. 3, p. 85 cita, a tal proposito, M.S. GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 1981, p. 395, «Secondo la tradizione soprattutto giurisprudenziale, l’autotutela è una potestà di cui godono le amministrazioni pubbliche, di realizzare unilateralmente e mediante uffici propri le proprie pretese, senza dover ricorrere al ministero del giudice. In origine l’autotutela era quindi un privilegium fisci; l’evoluzione legislativa è stata nel senso di disciplinare procedimentalmente l’esercizio della potestà di autotutela, e di ammettere il sindacato giurisdizionale dei provvedimenti in esercizio della potestà». Secondo altra impostazione, l’autotutela era considerata attività vincolata e doverosa. E. GUCCIARDI, La giustizia amministrativa, Padova, 1957, p. 88 ss. scrive che l’autotutela della pubblica amministrazione si giustifica «là dove la tutela dell’interesse pubblico, sotto forma di guarentigie istituzionali o controlli, non riesce ad impedire l’emanazione di atti amministrativi invalidi e la produzione dei loro effetti», precisando che per autotutela si intende quell’attività volta alla «emanazione di atti che hanno la loro causa nella soppressione di atti amministrativi riconosciuti contrari all’interesse pubblico». In definitiva, secondo tale ricostruzione, «deve affermarsi il principio dell’obbligo giuridico dell’Amministrazione di sopprimere i suoi atti viziati così per illegittimità come per inopportunità». Infine, F. UENVENUTI, Autotutela (dir. amm.), in Enc. Dir., Milano, 1959, IV, p.

537 ss., al contrario, mette in luce che l’autotutela può essere spontanea, necessaria e contenziosa.

Quanto alla prima, l’Autore ne esalta le affinità con l’attività di riesame e di revisione oggi

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recente sostiene che la revoca e l’annullamento dell’atto amministrativo trovino giustificazione nell’esigenza di perseguire e soddisfare l’interesse pubblico «attuale» che, suscettibile di variazione con il trascorrere del tempo, potrebbe richiedere l’adozione di un nuovo atto da parte della pubblica amministrazione263. In altri termini, tale impostazione, oltre che mettere in luce il carattere discrezionale dell’autotutela264 , qualifica l’esercizio del potere della pubblica amministrazione «a più riprese» sulla base del fatto che lo stesso non viene meno una volta attuato ma permane fintanto che l’interesse pubblico può dirsi esistente: il fatto che su una specifica situazione abbia già inciso un precedente provvedimento, non esclude, di per sé, che sulla medesima possa riflettersi nuovamente l’attività amministrativa265 . Appare evidente il filo conduttore tra il principio dell’affidamento e l’esercizio del potere di autotutela: quest’ultimo, infatti, determina un

«inversione di marcia» rispetto alla precedente decisione dell’amministrazione, incidendo, inevitabilmente, sulla posizione rivestita dal privato. Alla luce di ciò, risulta chiara «la naturale propensione dell’esercizio del potere di autotutela a determinare una violazione del legittimo affidamento»266 del cittadino. L’art. 21 quinquies, primo comma267,

espressamente disciplinata dal legislatore: si tratterebbe di un potere discrezionale diretto non già alla rimozione del vizio inficiante l’atto precedentemente emanato quanto, piuttosto, ad una mera rivalutazione dello stato di fatto e di diritto in relazione al quale era stato adottato uno specifico provvedimento di natura amministrativa.

263 A. GIGLI, Nuove prospettive di tutela del legittimo affidamento nei confronti del potere amministrativo, cit., p. 87.

264 Come evidenziato in M. SANTISE, Coordinate ermeneutiche di diritto amministrativo, cit., p.

360, in ragione del carattere discrezionale del potere di autotutela, la pubblica amministrazione non ha l’obbligo di revocare ovvero annullare l’atto precedentemente emanato. Per ciò, se da un lato, non potrebbe trovare applicazione l’art. 31 c.p.a. («Azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità»), dall’altro, sarà possibile, quantomeno, agire in giudizio dinnanzi al g.a. affinché venga disposto l’annullamento del provvedimento di secondo grado se «manifestamente irragionevole o sproporzionato».

265 A. GIGLI, Nuove prospettive di tutela del legittimo affidamento nei confronti del potere amministrativo, cit., p. 87.

266 A. LIUERATI, Responsabilità pre-contrattuale nei contratti pubblici, cit., p. 92.

267 «Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina

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della l. n. 241 del 1990, sancisce le condizioni legittimanti l’adozione del provvedimento di revoca da parte dell’amministrazione per poi, nel comma 1-bis268, indicare i parametri in forza dei quali determinare l’indennizzo per risanare il pregiudizio eventualmente subito dal privato269. L’annullamento ex officio, invece, disciplinato dall’art. 21-nonies270 , ha ad oggetto un provvedimento non semplicemente inopportuno quanto, piuttosto, viziato ex art. 21-octies, primo comma, l. 241 del 1990 (violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere). In tal caso, la pubblica amministrazione può annullare in autotutela un atto precedentemente adottato «entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici (…) e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati».

Attraverso tali disposizioni sembra che il legislatore abbia voluto dare concretezza ed effettività al principio di affidamento, solo indirettamente

la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo». Per ciò, la legittimità o meno dell’atto, diversamente da ciò che avviene per le ipotesi di annullamento d’ufficio, non rileva ai fini dell’atto di revoca.

268 «Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico».

269 M. SANTISE, Coordinate ermeneutiche di diritto amministrativo, cit., p. 359.

270 «Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato

annullamento del provvedimento illegittimo.

È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di

interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.

I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445».

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richiamato dall’art. 1 della presente legge, al fine di garantirne una reale tutela. Invero, si tratterebbe di regole che, poste a protezione dell’aspettativa eventualmente maturata in capo al privato incidono, da un lato, sull’esercizio dell’attività discrezionale della pubblica amministrazione, limitandolo e, dall’altro, sugli interessi dei cittadini rispetto al procedimento amministrativo, valorizzandoli271.