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La responsabilità precontrattuale pura e spuria

Prima di analizzare l’excursus giurisprudenziale che ha, con il tempo, ampliato i confini della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, occorre comprendere in quali ipotesi l’attività dell’amministrazione sia inquadrabile in tale ambito, e, quindi, tracciare la differenza tra responsabilità precontrattuale c.d. «pura» e quella c.d.

«spuria» 159 .

Per quanto concerne il concetto di responsabilità precontrattuale spuria (o in senso lato o prenegoziale), questa sta ad indicare quelle ipotesi in cui la pubblica amministrazione cagiona un danno all’interesse legittimo vantato dal privato a seguito dell’emanazione di un provvedimento illegittimo durante una procedura ad evidenza pubblica 160 . La responsabilità precontrattuale pura (o in senso stretto), invece, è da intendere quale responsabilità derivante da comportamento scorretto, cioè determinata da una condotta illecita tenuta dalla pubblica amministrazione in

contrasto con gli artt. 1337 e 1338 c.c.

In altri termini, nel primo caso, si è ben lontani dallo schema pensato da Jhering: non si concretizza una violazione degli obblighi di buona fede e correttezza con conseguente lesione del diritto soggettivo facente capo al privato, quanto, piuttosto, un cattivo esercizio dell’attività pubblicistica che arreca un danno alla posizione giuridica vantata dal privato che, nel caso da ultimo descritto, coincide con l’interesse legittimo. Più nello specifico,

«siamo dinanzi ad una volgarissima responsabilità da lesione di interessi

159 C. GAETANI, La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione da attività provvedimentale legittima e danno da perdita di chance nelle procedure ad evidenza pubblica, in Riv. Dir. amm., 2015, n. 9, par. 2, ritiene che la responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione sia «un istituto poliedrico».

160 F. CARINGELLA, La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione: un istituto dal sesso incerto. Relazione tenuta al convegno del 29 ottobre 2007 su «Attività contrattuale e responsabilità della pubblica amministrazione», presso l’aula Magna della Luiss Guido Carli, in occasione della presentazione dell’opera “Studi di diritto amministrativo di R. CHIEPPA e V.

LOPILATO.

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legittimi solo ambientalmente connessa alle trattative precontrattuali ma morfologicamente assai diversa alla violazione del canone di good faith nel corso dei pourparlers prenegoziali; una responsabilità precontrattuale sul piano cronologico ma non sul versante ontologico. La P.A., si presenta, in definitiva, come una cattiva autorità che abusa del suo potere e non come un cattivo contraente che lede i canoni privatistici posti dalla normativa di diritto

comune» 161 .

Al contrario, nella responsabilità precontrattuale pura, la pubblica amministrazione «non adotta provvedimenti illegittimi ma tiene

comportamenti illeciti» 162 .

Aderendo all’orientamento dottrinale maggioritario secondo cui l’illiceità è da riferire al comportamento e l’illegittimità all’atto in quanto tale, si deve analizzare la relazione intercorrente tra illegittimità e illiceità e se, più precisamente, la prima debba considerarsi necessario presupposto della seconda. In altri termini, può parlarsi di illiceità (della condotta) anche quando il provvedimento risulti perfettamente legittimo.

161 F. CARINGELLA, La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione: un istituto dal sesso incerto, cit.

162 C. UORGIA, Oltre il dogma dell’immunità della pubblica amministrazione anche in punto di responsabilità precontrattuale, cit., p. 307. A tal proposito, risulta necessario evidenziare la proporzione – ormai consolidata – secondo cui atto sta a legittimità come fatto sta a liceità.

All’interno della dottrina, infatti, tale tema è stato oggetto di dibattito. Secondo un orientamento – in tal senso SCOCA F. G., Per un’amministrazione responsabile, in Giur. cost., 1999, p. 4051, – il concetto di illegittimità aveva una portata talmente ampia da abbracciare l’intera condotta della pubblica amministrazione, non riferendosi esclusivamente ai casi in cui la stessa avesse adottato un provvedimento. Difatti, secondo l’Autore, «mentre la qualificazione di illiceità riguarda la condotta, l’illegittimità non riguarda soltanto l’atto (o provvedimento) ma l’intera attività (o inattività) e pertanto è qualificazione anch’essa della condotta, la quale è illegittima se viola disposizioni vincolanti, ed è anche illecita se viola contemporaneamente interessi giuridicamente protetti».

Secondo un altro orientamento – in tal senso R. ALESSI, La responsabilità della pubblica amministrazione, Milano, 1955, p. 127 – sia l’illegittimità che l’illiceità sarebbero concetti riferibili al provvedimento amministrativo. Il primo, però, descriverebbe l’ipotesi in cui l’atto sarebbe difforme dalle regole dell’agire amministrativo; il secondo, invece, atterrebbe al caso in cui l’atto risulti dannoso per la sfera giuridica altrui. L’orientamento maggioritario, infine, esclude che la ricostruzione da ultimo prospettata possa essere condivisa. In tal senso A. M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, II, Napoli, 1989, p. 1174, secondo cui «l’illiceità non può inerire dunque mai all’atto in quanto tale, bensì – quando esista – non può inerire che al comportamento (di chi abbia posto in essere l’atto) consistente nel fatto di incidere pregiudizievolmente nella sfera patrimoniale altrui ponendo in essere un atto contra ius (…). In sostanza un danno collegato con un atto dell’Amministrazione si rapporta, di volta in volta, o al fatto stesso dell’emanazione dell’atto, o al fatto dell’esecuzione dell’atto, o al fatto della divulgazione dell’atto (…); mai all’atto in sé per sé. L’illecito cioè non è mai l’atto, ma sempre un fatto».

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Parte minoritaria della dottrina riteneva che affinché potesse parlarsi di comportamento illecito sarebbe stato necessario che, a sua volta, fosse stato adottato un provvedimento illegittimo. Nello specifico, secondo tale ricostruzione, «sino a quando l’amministrazione usa legittimamente un potere (discrezionale) che le è attribuito, non viola né diritti né interessi legittimi, ossia compie atto lecito, e non può incorrere in responsabilità di sorta»163. A contrario, di condotta illecita potrà eventualmente parlarsi solo ove sia stato posto in essere un atto illegittimo.

La ricostruzione da ultimo prospettata non è condivisa dalla dottrina maggioritaria che nega la sussistenza di un rapporto di pregiudizialità tra il sindacato volto a verificare l’illegittimità dell’atto e quello volto a verificare la liceità della condotta globalmente tenuta dalla pubblica amministrazione.

Alla luce di tali considerazioni, è necessario, quindi, mettere in luce come la responsabilità da comportamento (illecito) e quella derivante da provvedimento (illegittimo) sono da tenere ben separate in quanto aventi ad oggetto situazioni giuridiche differenti. La prima si riflette sul diritto soggettivo vantato dal privato. La seconda, invece, attiene alla tutela

dell’interesse legittimo.

Conseguentemente, l’analisi volta all’accertamento della responsabilità precontrattuale in capo alla pubblica amministrazione non ha ad oggetto i singoli provvedimenti amministrativi valutati ex se, quanto, piuttosto, il comportamento globale tenuto dalla pubblica amministrazione: emblematico è il caso in cui l’ente aggiudicante revochi la procedura precedentemente indetta per insufficienza delle risorse economiche necessarie ai fini della

realizzazione dell’opera.

Il provvedimento emesso dalla pubblica amministrazione risulta, in tal caso,

oltre che legittimo, dovuto.

Ciò nonostante, quest’ultimo non è altro che «una tessera legittima di un

163 M. S. GIANNINI, La responsabilità precontrattuale dell’amministrazione pubblica, in Raccolta di scritti in onore di Arturo Carlo Jemolo, Milano, 1939, p. 269.

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mosaico connotato da condotta complessiva superficiale»164 non rispettosa del principio di buona fede e, quindi, della posizione giuridica – corrispondente ad un diritto soggettivo – della controparte.

In definitiva, la responsabilità precontrattuale (pura) è una responsabilità da comportamento scorretto che prescinde dalla illegittimità o meno dei provvedimenti eventualmente adottati dalla pubblica amministrazione e che, anzi, viene in rilievo soprattutto quando la stessa compia atti di per sé legittimi in quanto necessari ai fini del perseguimento dell’interesse pubblico, motore dell’attività pubblica: in altre parole, il provvedimento amministrativo non sarebbe altro che un «atomo ingannevolmente legittimo

di un corpo splendidamente illecito» 165 .

Dal quadro così prospettato risulta, quindi, che il giudice amministrativo, non potrà prescindere dalla valutazione della condotta della pubblica amministrazione anche qualora il provvedimento adottato risulti legittimo e, accolta la domanda atta ad ottenere il risarcimento alla stregua dell’art. 1337 c.c., dovrà quantificare il danno alla luce del c.d. interesse negativo.

Diversamente, il soggetto che lamenti l’illegittimità dell’atto adottato dalla pubblica amministrazione non ha interesse ad ottenere un risarcimento del danno alla stregua dell’art. 1337 c.c. bensì ha la pretesa di ottenere quel bene della vita di cui è stato privato – cioè della possibilità di pervenire alla conclusione del contratto e, quindi, ai relativi vantaggi economici – a causa

della lesione subita.

164 R. GIOVAGNOLI, Il risarcimento del danno da provvedimento illegittimo, Varese, 2010, p. 263.

165 R. GIOVAGNOLI, Il risarcimento del danno da provvedimento illegittimo, cit. p. 263.

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3 La tesi tradizionale e l’impossibilità di ravvisare la responsabilità