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L’Agenda sociale europea e la strategia per lo sviluppo sostenibile

L’UNIONE EUROPEA E LA RS

2. L’Agenda sociale europea e la strategia per lo sviluppo sostenibile

Il ruolo delle imprese nel raggiungimento degli obiettivi dell’UE fu al centro delle discussioni del successivo Consiglio europeo di Nizza del dicembre 2000, nel corso del quale venne dato ulteriore impulso alla cooperazione nel campo sociale: oltre alla proclamazione solenne da parte del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione della Carta europea dei diritti

fondamentali385, venne approvata l’Agenda sociale europea, la quale conteneva alcune priorità d’azione della politica sociale europea per i successivi cinque anni386. L’Agenda affermava che gli obiettivi deliberati in occasione del Consiglio europeo di Lisbona prima e di Nizza poi dovevano essere realizzati con la partecipazione di tutti gli attori: istituzioni dell’Unione europea, Stati membri, autorità regionali e locali, parti sociali, società civile e appunto imprese, ricorrendo a tutti gli strumenti comunitari esistenti, senza eccezione, come il

385 La Carta contiene un elenco dei diritti fondamentali della persona umana, in larga parte corrispondenti a quelli contenuti in trattati multilaterali o comuni alle tradizioni costituzionali degli Stati membri. Per il testo, si veda GUCE, serie C. 364 del 18 dicembre 2000.

386 L’Agenda aveva una duplice funzione: da un lato quella di sviluppare la competitività, dall’altro era uno strumento per perseguire le finalità proprie della politica sociale stessa in materia di tutela dell’individuo, riduzione dell’ineguaglianza e di coesione sociale. Cfr. CONSIGLIO EUROPEO DI NIZZA, 7-9 dicembre 2000, Conclusioni della Presidenza,

Allegato I-Agenda sociale, par. 9, SN 400/00 ADD 1, consultabile al sito

metodo di coordinamento aperto, la normativa, il dialogo sociale, i fondi strutturali, i programmi di supporto, l'approccio integrato delle politiche, l'analisi e la ricerca. L'Agenda promuoveva quindi una sorta di “concertazione” delle politiche sociali, ma riconosceva anche la necessità di tenere debitamente in considerazione il principio di sussidiarietà e le diversità esistenti tra gli Stati membri per quanto concerne le tradizioni e le situazioni esistenti in materia sociale e occupazionale.

L’Agenda elencava diversi settori di intervento e gli obiettivi da conseguire, a partire dal miglioramento qualitativo e quantititativo dell’occupazione387, nell’ottica di aumentare la partecipazione al lavoro, intensificando quelle politiche tendenti ad assicurare una migliore articolazione fra vita familiare e vita professionale sia per gli uomini che per le donne, e di favorire l'accesso all'attività lavorativa o la sua prosecuzione da parte di gruppi specifici (segnatamente i disoccupati di lunga durata, i lavoratori disabili, i lavoratori anziani, le minoranze), tenendo maggiormente in considerazione in tale ambito gli obiettivi di qualità del lavoro e di effettivo accesso all’istruzione e alla formazione permanente: fondamentale per perseguire tali fini, secondo le disposizioni dell’Agenda sociale, era l’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione di insegnati, ricercatori, studenti nel territorio europeo, nonché la promozione del riconoscimento a livello europeo delle competenze e delle capacità acquisite negli Stati membri conformemente alle disposizioni del trattato. Il secondo punto dell’Agenda sociale era invece dedicato alla

Anticipazione e sfruttamento dei cambiamenti dell’ambiente di lavoro mediante lo sviluppo di un nuovo equilibrio tra flessibilità e sicurezza388, in cui si richiedeva, come reazione alle trasformazioni profonde dell'economia e del lavoro legate in particolare all'emergere della globalizzazione e di un'economia basata sulla conoscenza, risposte collettive nuove che avessero tenuto conto delle aspettative dei lavoratori dipendenti e che fossero quindi ispirate alla concertazione, con un

favor per le discussioni e i confronti che avessero permesso di proseguire il

dialogo circa l’organizzazione del lavoro, di avviare negoziati tra le parti sociali sulla responsabilità condivisa tra le imprese e i lavoratori per quanto concerne la capacità di inserimento professionale e la capacità di adattamento dei lavoratori: tali iniziative sarebbero dovute essere di sostegno a quelle connesse alla responsabilità sociale delle imprese.

Le iniziative orientate verso una crescita economica sostenuta non avrebbero comportato però automaticamente la regressione delle situazioni di povertà e di esclusione sociale, a cui era dedicata la terza sezione dell’Agenda, la quale rivolgeva un appello alla mobilitazione di tutti gli operatori locali per il raggiungimento di tali obiettivi e alla predisposizione di piani nazionali di lotta all’esclusione sociale389: a tal fine pareva necessario provvedere all'attuazione effettiva della normativa comunitaria in materia di lotta contro tutte le discriminazioni fondate su sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali, sviluppando scambi di esperienze e di

388 Cfr. Agenda sociale, II - Anticipazione e sfruttamento dei cambiamenti dell’ambiente di

lavoro mediante lo sviluppo di un nuovo equilibrio tra flessibilità e sicurezza.

389 Cfr. Agenda sociale, III – Lotta contro tutte le forme di esclusione e di discriminazione per

buone prassi per rafforzare tali politiche e creando le condizioni per la nascita di un efficace partenariato con le parti sociali, le organizzazioni non governative, le collettività territoriali e gli organismi di gestione dei servizi sociali, coinvolgendo le imprese in tale partenariato anche al fine di rafforzarne la responsabilità sociale.

L’Agenda promuoveva, inoltre, una cooperazione approfondita in materia di protezione sociale, volte a garantire in futuro pensioni più sicure e sostenibili e un elevato livello di tutela della salute390, e la parità tra donne e uomini, ritenendo che tale principio andasse applicato in modo trasversale in tutta le politiche contenute nell'Agenda sociale e che sarebbe dovuto essere completato da un certo numero di azioni specifiche incentrate sia sull'accesso delle donne al processo decisionale sia sul rafforzamento dei diritti in materia di parità e di articolazione tra la vita professionale e la vita familiare391.

L’ultima sezione era dedicata al Rafforzamento del capitolo sociale nell'ambito dell'allargamento e delle relazioni esterne dell'unione europea392, la quale stabiliva che i principi contenuti nell’Agenda avrebbero costituito alcuni parametri di riferimento non solo nelle strategie da attuare con gli Stati candidati ai fini della loro adesione, ma anche come priorità delle relazioni esterne dell’Unione nell’ambito delle organizzazioni economiche e politiche a carattere multilaterale, potenziando quindi la dimensione sociale della politica di cooperazione europea segnatamente nei campi della lotta contro la povertà, dello sviluppo della salute e dell’istruzione. Dopo il Consiglio europeo di Nizza, con

390 Agenda sociale, IV – Ammodernamento della protezione sociale. 391 Agenda sociale, V – Promozione della parità tra donne e uomini.

392 Cfr. Agenda sociale, VI - Rafforzamento del capitolo sociale nell'ambito dell'allargamento e

l’approvazione della Carta europea dei diritti fondamentali e con l’adozione dell’Agenda sociale, l’UE ha rafforzato il proprio intervento in quei profili sociali che derivavano dalla crescente e sostanziale interndipendenza delle economie dei Paesi membri dell’Unione, evidenziando l’assurgere della solidarietà “tra i valori

classificatori dei diritti fondamentali dell’Unione europea”, quale principio

ispiratore dei diritti sociali e ponendosi come principio fondamentale del sistema comunitario, accanto ai principi di dignità, uguaglianza, libertà e giustizia393.

Accanto all’aspetto sociale, l’Unione europea ha concentrato i suoi sforzi su un altro tema fondamentale, ovvero la possibilità di conciliare la crescita economica e industriale con la salvaguardia dell’ambiente: nel giugno 2001, in occasione del Consiglio europeo di Göteborg, veniva infatti definita la Strategia

europea per lo sviluppo sostenibile, la quale, per sua espressa previsione, “integra l’impegno politico dell’Unione per il rinnovamento economico e sociale, aggiunge alla strategia di Lisbona una terza dimensione, quella ambientale, e stabilisce un nuovo approccio alla definizione delle politiche”394.

Lo sviluppo sostenibile venne progressivamente inserito tra gli obiettivi europei: sebbene tale nozione fosse completamentente assente nel Trattato del 1957, essa è stata inserita dapprima con l’Atto unico europeo del 1986 con riferimento alla politica ambientale, introdotta tra le materie di competenza comunitaria, e poi, con il Trattato di Maastricht, con un esplicito riferimento alla sostenibilità ambientale, e, infine, con il Trattato di Amsterdam del 1997, a

393 Così S. GIUBBONI, Diritti sociali e mercato, Bologna, 2003, p. 139.

394 CONSIGLIO EUROPEO DI GÖTEBORG, 20-21 giugno 2001, Conclusioni della

Presidenza, SN 200/1/01 REV 1, par. 20. Il testo delle Conclusioni del Vertice di Göteborg è

reperibile su http://www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/it/ec/00200- r1.i1.pdf.

seguito del quale l’art. 2 sia del Trattato CE sia di quello dell’Unione sottolineano il compito di promuovere uno sviluppo armonioso, equilibrato, sostenibile395; inoltre, lo stesso art. 6 del Trattato CE (ora art. 11 TFUE) pone al centro degli obiettivi comunitari il concetto di sostenibiltà ambientale396. Il concetto di sviluppo sostenibile venne poi ripreso dall Carta dei diritti fondamentali adottata a Nizza nel 2000, il cui art. 37 era dedicato alla tutela dell’ambiente, stabilendo che “un livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità

devono essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile”397.

Dal Vertice di Göteborg lo sviluppo sostenibile inizia ad assumere una dimensione prioritaria nelle politiche dell’Unione, diventando obiettivo del Consiglio nell’ambito della cooperazione bilaterale e delle organizzazioni internazionali. Secondo le conclusioni del Consiglio europeo di Göteborg, la strategia dell’Unione per lo sviluppo sostenibile si basava sul principio di integrazione, cioè nell’inclusione degli aspetti ambientali in tutte le pertinenti politiche comunitarie, esaminando in modo coordinato tutti gli effetti economici, sociali e ambientali e prendendoli debitamente in considerazione nei diversi

395 Con rigardo all’evoluzione del quadro comunitario relativo allo sviluppo sostenibile, v. M. CASTELLANETA, La promozione dello sviluppo sostenibile e la responsabilità sociale di

impresa, in P. ACCONCI (a cura di), La responsabilità sociale di impresa in Europa, cit., p.

66.

396 UNIONE EUROPEA, Versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità Europea, art. 6, che recita: “Le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate

nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni comunitarie di cui all’articolo 3, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile”. Il contenuto di tale

articolo è stato riformulato nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’art. 11. 397 UNIONE EUROPEA, Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea, (2000/C 364/01),

adottata a Nizza il 7 dicembre 2000, art. 37. In argomento, si veda il commento di S. GRASSI, La carta dei diritti e la tutela dell’ambiente (art. 37), in G. VETTORI, Carta

processi decisionali398. A tal proposito, il Consiglio europeo individuava una serie di obiettivi e misure che orientassero il futuro sviluppo in quattro settori prioritari: la lotta ai cambiamenti climatici, in relazione alla quale venivano riaffermati gli impegni assunti dalla Comunità e dagli Stati membri col Protocollo di Kyoto; la garanzia di sostenibilità dei trasporti, favorendo il passaggio dai trasporti su strada a quelli su rotaia e su vie navigabili; la necessità di affontare le minacce per la salute pubblica, in relazione alla sicurezza e alla qualità dei prodotti alimentari e all’utilizzo di sostanze chimiche; la responsabile gestione delle risorse naturali, in proponendo di modificare la relazione tra crescita economica, consumo di risorse naturali e produzione di rifiuti, nell’intenzione di salvaguardare la biodiversità, prevenire la desertificazione e preservare gli ecostistemi399.

Nell’ambito della strategia per lo sviluppo sostenibile, il Consiglio europeo sottolineava ancora una volta la necessità di azioni coordinate e di consultazioni di tutti i soggetti interessati, invitando in primis gli Stati membri a definire le proprie strategie nazionali per il conseguimento di uno sviluppo ispirato alla sostenibilità ambientale, ma operando anche un richiamo espresso al ruolo delle imprese per la realizzazione della strategia europea, richiedendo alle stesse di cooperare all’attuazione di una politica integrata dei prodotti intesa a ridurre l’uso delle risorse naturali e l’impatto dei rifiuti sull’ambiente.

L’importanza della crescita economica sostenibile venne evidenziata ulteriormente dal Sesto Programma del 22 luglio 2002400, adottata a seguito della

398 CONSIGLIO EUROPEO DI GÖTEBORG, Conclusioni della Presidenza, Göteborg 20-21 giugno 2001, cit., par. 22.

399 Ivi, par. 27-31.

Conferenza di Johannesburg, volto all’attuazione della strategia di Göteborg per lo sviluppo sostenibile attraverso la diffusione del sistema di ecogestione e di audit (EMAS) e del sistema di marchi ecologici, di cui si dirà in seguito, e attrverso una promozione del coinvolgimento delle imprese nella pubblicazione delle buone prassi ambientali e l’istituzione di programmi di ricompensa per le imprese rispettose dell’ambiente. Venivanoo evidenziate quindi alcune strategie tematiche che costituirono le politiche ambientali di terza generazione e tenevano conto del fatto che la tutela ambientale avesse oramai raggiunto una natura orizzontale, applicabile ad ogni politica comunitaria401.

Il tema dello sviluppo sostenibile è stato ulteriormente ripreso ed ampliato dal Trattato di Lisbona: l’art. 3 del Trattato sull’Unione europea infatti specifica che l’UE “[..] si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una

crescita economica equlibrata e sulla stabiltà dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente”402: la portata di questo principio sembra diventare più generale, non essendo più limitata all’interno del territorio dell’Unione ma diventanto principio-guida dell’UE nelle sue relazioni esterne, con l’espressa precisazione che, nelle relazioni con il resto del mondo, l’UE “contribuisce alla pace, alla

Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, del 24 gennaio 2001, sul Sesto Programma di azione per l’ambiente della Comunità europea “Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta”, COM(2001) 31 def., non

pubblicato sulla Gazzetta ufficiale

401 Cfr. M. CASTELLANETA, La promozione dello sviluppo sostenibile e la responsabilità

sociale di impresa, cit., p. 68.

sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra”403.

Il tema della sostenibiltà ambientale si intreccia quindi con quella strategia di Lisbona, iniziata nel 2000, volta a rendere l’economia europea maggiormente competitiva e a migliorare la qualità della vita degli individui e dell’ambiente; a tal fine, l’Unione europea ha iniziato (e continua oggi) a promuovere la responsabilità sociale di impresa, considerando essenziale il coinvolgimento degli attori non statali nell’evitare il consumo non necessario di risorse e nel limitare l’impatto ambientale delle attività produttive industriali: prima con il Libro verde del 2001, che verrà analizzato nel prossimo paragrafo, poi con la Comunicazione n. 347 del 2002404, la Commissione ha promosso la diffusione della RSI come strumento a forte impatto positivo sull’economia e sulla società, collegando all’attività di regolamentazione normativa anche l’adozione di codici di condotta ad applicazione volontaria per le imprese, contribuendo alla fissazione di

standards ambientali idonei a realizzare in maniera incisiva lo sviluppo

sostenibile.

403 Ivi, art. 3, par. 5.

404 COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Comunicazione della Commissione

relativa alla Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile, COM(2002) 347 def., adottata a Bruxelles il 2 luglio 2002, reperibile su

http://eur-òex.europa.eu/LexUriServ.do?uri=COM:2002:0347:FIN:it:PDF. In tale atto, la responsabilità sociale di impresa viene inquadrata nell’ambito di una strategia comunitaria globale dedita al raggiungimento di specifici obiettivi economici, sociali ed ambientali, da integrarsi con le politiche europee nei settori dell’occupazione, dell’ambiente, degli affari sociali, relativi all’impresa e alla tutela dei consumatori, nonché nei settori del commercio estero e della cooperazione allo sviluppo.

3. Il quadro europeo di responsabilità sociale delle imprese: il Libro Verde del 2001.

Per raggiungere gli obiettivi che l’Unione europea si era prefissata con i vertici di Lisbona e di Göteborg, la Commissione propose di avviare un dibattito a livello nazionale, internazionale ed europeo sui metodi di promozione di una responsabilità sociale delle imprese, al fine di indurre le imprese stesse ad andare oltre le previsioni normative e regolamentari in materia di tutela dell’ambiente e dei diritti sociali e fondamentali dell’individuo, favorendo a tali propositi anche la diffusione delle esperienze già esistenti ed incoraggiando lo sviluppo di nuovi comportamenti socialmente responsabili. Per tali ragioni, fu adottato, nel luglio del 2001, il Libro Verde dal titolo Promuovere un quadro europeo per la

responsabilità sociale delle imprese405.

Secondo l’impostazione presentata nel Libro Verde, le istituzioni comunitarie ritentevano che un comportamento socialmente responsabile dovesse essere percepito quale investimento strategico da parte dell’impresa, in quanto passibile di generare nuova ricchezza in termini di competitività, immagine e contenimento dei rischi connessi alle incertezze del libero mercato, concretando quindi un valore economico diretto; attraverso l’adozione di pratiche socialmente responsabili, le imprese potrebbero perseguire una duplice finalità: conseguire risultati economici positivi e cercare di essere “buoni cittadini”, curando il rispetto di clienti, fornitori, dipendenti, contribuendo alla tutela dell’ambiente,

405 COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Libro Verde Promuovere un quadro

europeo per la responsabilità sociale delle imprese, adottato il 18 luglio 2001, COM(2001)

migliorando la loro reputazione e conquistando la fiducia della comunità locale in cui si trovano ad operare406. La Commissione qualifica come responsabilità sociale l’adozione volontaria di prassi volte non esclusivamente al miglioramento del proprio impatto sulla società, ma anche ad indirizzare tale impatto verso finalità di utilità sociale (ovvero il raggiungimento degli obiettivi definiti a Lisbona). La responsabilità sociale delle imprese non dovrebbe tuttavia essere considerata come un sostituto alla regolamentazione o alla legislazione riguardante i diritti sociali o le norme ambientali, compresa l’elaborazione di una nuova normativa adeguata: nei paesi in cui tali regolamentazioni non esistono, infatti, gli sforzi dovrebbero concentrarsi sulla creazione di un contesto regolamentare o legislativo adeguato al fine di definire una base equa, a partire dalla quale potrebbero essere sviluppate le prassi socialmente responsabili.

Nella strategia comunitaria, inoltre, possono ritrovarsi una serie di tentativi di apportare un valore aggiunto agli strumenti giuridici esistenti, per esempio attraverso l’instaurazione di un quadro globale europeo destinato a favorire la convergenza delle procedure nazionali osservate nel settore della responsabilità sociale delle imprese, oppure attraverso l’elaborazione di principi, approcci e strumenti generici e la promozione di nuove prassi e idee innovative, così come nel sostegno delle buone prassi esistenti che si dimostrino efficienti in termini di costi; inoltre, nell’approccio europeo era considerata necessaria la diffusione delle buone pratiche di RSI anche tra le piccole e medie imprese, il cui contributo all’economia e all’occupazione europea è il più importante. L’innovazione

406 Così A. PERFETTI, La promozione della responsabilità sociale di impresa nel quadro

dell’Unione, in P. ACCONCI (a cura di), La responsabilità sociale d’impresa in Europa, cit.,

maggiore appare essere la rappresentazione della RSI come avente diverse dimensioni nella sua applicazione, considerando l’approccio europeo come parte integrante del più ampio quadro in cui si inseriscono le varie iniziative realizzate dalle organizzazioni internazionali espressamente richiamate dal Libro Verde, come il Global Compact, la Dichiarazione Tripartita OIL e le Linee guida OCSE dedicate alle imprese multinazionali407, ma anche concretando una dimensione interna ed una esterna della RSI: le prassi socialmente responsabili infatti hanno riflessi in primo luogo sui soggetti interni all’impresa, come i dipendenti, e riguardano ad esempio gli investimenti sul capitale umano e nella salute e nella sicurezza dei luoghi di lavoro; la responsabilità sociale di impresa implica però anche una dimensione esterna, che si concreta nella formazione di un network tra l’impresa e i diversi stakeholders: le comunità locali, fornitori, clienti, partners commerciali, organizzazioni della società civile portatrici di interessi ambientali e sociali, istituzioni pubbliche.

Dal punto di vista della dimensione interna, le prassi socialmente responsabili riguardano in primis la gestione delle risorse umane: in tale settore, una serie di misure adeguate potrebbero comprendere l’istruzione e la formazione lungo tutto l’arco della vita, la responsabilizzazione del personale, un miglioramento del circuito d’informazione nell’impresa, un migliore equilibrio tra lavoro, famiglia e tempo libero, una maggiore diversità delle risorse umane, l’applicazione del principio di uguaglianza per le retribuzioni e le prospettive di carriera delle donne, la partecipazione ai benefici e le formule di azionariato,

nonché la presa in considerazione della capacità d’inserimento professionale e