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Considerazioni sul valore giuridico degli strumenti di diritto internazionale rivolti alle imprese multinazional

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA

9. Considerazioni sul valore giuridico degli strumenti di diritto internazionale rivolti alle imprese multinazional

Negli ultimi anni, l’attenzione circa i potenziali impatti sociali ed

ambientali delle attività svolte dalle imprese multinazionali è aumentata notevolmente, soprattutto in seguito alle campagne di informazione condotte a livello internazionale dalle organizzazioni rappresentative della società civile. Da tempo, ormai, organizzazioni non governative, associazioni di consumatori, accademici e le stesse organizzazioni internazionali tendono a sottolineare l’esigenza di stabilire un controllo effettivo sull’operato delle imprese multinazionali e di ampliare le responsabilità di questi nuovi soggetti verso le comunità che vivono nelle aree ove sono ubicati i siti produttivi o le consociate di tali imprese e verso la collettività nel suo complesso. Allo stato attuale, però, il diritto internazionale non sembra offrire validi strumenti giuridici in materia di responsabilità sociale d’impresa; appare pertanto opportuno soffermarsi su alcune considerazioni di carattere generale sulla portata e sul valore giuridico di quelli esistenti.

Tutti gli strumenti analizzati, per propria natura e in alcuni casi per propria esplicita previsione, sono strumenti di soft law343; il ricorso a tali strumenti da parte degli Stati, in luogo della negoziazione di trattati internazionali a carattere vincolante344, è giustificato da una serie di ragioni che possono essere ricondotte alla peculiarità delle procedure di adozione degli atti di soft law, che permettono il coinvolgimento di altri attori (come le imprese stesse, le organizzazioni non governative e le organizzazioni di categoria)345, e alla difficoltà di arrivare all’adozione di norme vincolanti sugli specifici obblighi da disciplinare in un panorama economico caratterizzato da repentine dinamiche evolutive. Questa incapacità di affrontare le problematiche poste dalla globalizzazione dei mercati avrebbero, dunque, suggerito l’adozione di misure e strumenti di natura meta- giuridica al fine di generare una condivisione di intenti allorché vi era un sostanziale disaccordo sulle modalità di gestione effettiva dei nuovi fenomeni. Il ricorso a tali strumenti di diritto “attenuato” quindi si renderebbe necessario per

343 Circa il valore giuridico degli strumenti di soft law nel diritto internazionale si vedano A. BOYLE, Soft Law in International Law-Making, in M. D. EVANS (ed.), International Law, III ed., Oxford, 2012, p. 122 ss.; C. CHINKIN, Normative Development in the International

Legal System, in D. SHELTON (ed.), Commitment and Compliance. The Role of Non- Binding Norms in the International Legal System, Oxford, 2010; I. SEIDL-

HOHENVELDERN, International Economic Soft Law, in Recueil des cours, 1979-II, p. 194- 213; D. SHELTON, Soft Law, in J. D. ARMSTRONG, J. BRUNÉE (eds.), Routledge

Handbook of International Law, Londra, 2009, p. 68 ss; D. THÜRER, voce Soft Law , in The Max Planck Encyclopedia of Public International Law, Oxford, 2012, p. 269-278.

344 Secondo F. MARRELLA, Regolamentazione internazionale e responsabilità globale delle

imprese transnazionali, op. cit., 2009, p. 231, una regolamentazione adeguata dell’attività

globale delle imprese transnazionali non può che essere fissata attraverso una convenzione multilaterale a vocazione universale.

345 D. SHELTON, Law, Non-Law and the Problem of ‘Soft Law’, in D. SHELTON (ed.),

Commitment and Compliance. The Role of Non-Binding Norms in the International Legal System, Oxford, 2010, p. 6. L’autrice nota che, oltre al progressivo aumento del numero

degli Stati che fanno parte attivamente della comunità internazionale, “other communities

have emerged to play important international roles: intergovernmental organizations, non- governmental organizations, professional associations, transnational corporations, and mixed entities comprised of different communities. They both contribute to the making of international norms and increasingly are bound by them”.

evitare che i complessi cambiamenti della società odierna sfuggano alla regolamentazione giuridica per essere sottoposti solo alle dinamiche economiche e commerciali del mercato.

In materia di RSI, il droit mou o soft law costituisce, al tempo stesso, cardine della disciplina e strumento di completamento accanto ad una auspicabile regolamentazione di natura convenzionale che tarda ad essere conclusa; in sostanza, nell’ambito della responsabilità sociale di impresa, la caratteristica essenziale degli atti analizzati è quella di raccomandare alle imprese multinazionali determinati comportamenti, senza che le loro disposizioni possano essere imposte ai destinatari stessi dell’atto, incentrandosi sulla spontanea adesione al contenuto di tali principi guida ed in particolare sull’assunzione volontaria da parte delle imprese degli impegni suggeriti.

Nonostante alcuni punti in comune circa i comportamenti suggeriti e le tematiche affrontate, gli strumenti analizzati nei paragrafi precedenti adottano evidenti approcci diversi: nelle Linee guida OCSE, per esempio, è esplcitamente dichiarato che esse costituiscono “recommendations jointly addressed by

governments to multinational enterprises”, lasciando alle imprese la volontarietà

circa il rispetto delle stesse e prevedendo che tale rispetto non sia “legally

enforceable”346. Anche se il rispetto delle stesse non è esigibile, esse rappresentanto senza dubbio le aspettative dei Paesi aderenti circa il comprotamento delle imprese multinazionali, rappresentando “supplementary

principles and standards of behavior of a non-legal character, particularly

concerning the international operation of these enterprises”347.

Comunemente alle Guidelines OCSE, la Dichiarazione Tripartita dell’OIL “sets out principles in the fields of employment, training, conditions of work and

life and industrial relations which governments, employers' and workers' organizations and multinational enterprises are recommended to observe on a voluntary basis”348, differenziandosi per essere tali principi indirizzati non solamente alle imprese multinazionali, ma anche ad altri soggetti (Governi, associazioni rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro) donando alla Dichiarazione un carattere di reciprocità e di mutuo impegno più marcato che si rivela nella forma di una “chiamata in causa” di più soggetti e, all’occorrenza, anche delle imprese349.

Confrontando tali strumenti con le Norme delle Nazioni Unite, le quali statuiscono che “transnational corporations [...] have the obligation to promote,

secure the fulfilment of, respect, ensure respect of and protect human rights”, così

come previsti dal diritto interno e da quello internazionale350, risulta evidente come le Norme ONU, pur prevedendo al pari degli altri strumenti esaminati raccomandazioni indirizzate tanto agli Stati quanto alle imprese multinazionali operanti sui loro territori, si differenziano in per l’attribuzione agli Stati di una “primary responsibility” e di una “secondary responsibility” alle imprese circa il rispetto dei diritti umani; esse, fondando la propria base giuridica su una lunga

347 Cfr. Commentario alle Linee guida OCSE, cit., par. 2.

348 Cfr. Dichiarazione Tripartita sulle Imprese Multinazionali e la Politca Sociale, cit., par. 7. 349 Così P. MERCIAI, Les entreprises multinationales en droit international, cit., p. 137. 350 Cfr. Norme delle Nazioni Unite, cit., par. 1.

serie di convenzioni e di dichiarazioni richiamate nel preambolo351, potrebbero costituire un “restatement of international legal principles applicable to

companies”352. Il fatto che la Commissione sui Diritti Umani, a cui era demandata l’adozione finale, abbia affermato, nella sua raccomandazione all’ECOSOC, che il codice di condotta costituito dalle Norme “has not been requested by the

Commission and, as a draft proposal, has no legal standing, and that the Sub- Commission should not perform any monitoring function in this regard ”353, non pregiudica la rilevanza della sua opera di “codificazione” dei preesistenti principi in materia di responsabilità sociale di impresa.

Anche i Principi-guida adottati dal Rappresentante speciale nel marzo 2011 non hanno efficacia giuridica vincolante: è infatti statuito che “Nothing in

these Guiding Principle should be read as creating new international law obligations, or as limiting or undermining any legal obligations a State may have undertaken or be subject to under international law with regard to human rights”354. Redatti da un organo tecnico – il Rappresentante- ed approvati da un organo a composizione ristretta-il Consiglio per i diritti umani- i Principi guida

351 Sono richiamati dalle Norme, oltre alla Dichiarazione Universale sui Diritti dell’Uomo, il Patto internazionale sui diritti civili e politici e quello sui diritti economici, sociali e culturali, numerosi trattati in materia di protezione dei diritti fondamentali dell’individuo, le convenzioni contro la discriminazione razziale, la schiavitù, la tortura, la Convenzione sui diritti del fanciullo, convenzioni e dichiarazioni ILO sulla tutela dei diritti dei lavoratori, la Dichiarazioni di Stoccolma, Rio, Johannesburg, la Convenzione sulla responsabilità civile per inquinamento da idrocarburi, le convenzioni sulla bioteica e sulla biodiversità.

352 D. WEISSBRODT, M. KRUGER, Norms on the Responsibilities of Transnational

Corporations and Other Business Enterprises with Regard to Human Rights, in American Journal of International Law, 2003, p. 913.

353 OFFICE OF THE HIGH COMMISSIONER FOR HUMAN RIGHTS, Responsibilities of

transnational corporations and related business enterprises with regard to human rights, UN

Doc. E/CN.4/DEC/2004/116 (2004).

354 HUMAN RIGHTS COUNCIL, Guiding Principles on Business and Human

Rights:Implementing the United Nations “Protect, Respect and Remedy” Framework, UN

non hanno lo stesso effetto di liceità che può essere conferito alle dichiarazioni di principi adottate, unanimamente, dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che ha composizione plenaria e universale355; in base ad essi, però, gli Stati dovrebbbero porre in essere tutte le misure politiche, legislative e giurisdizionali, nonchè le prassi amministrative, necessarie a garantire l’aspettative che tutte le imprese commerciali che operino nei propri territori o sotto la propria giurisdizione rispettino i diritti umani nel compimento del proprio operato356, indicando un contributo alla precisazione di obblighi in materia di RSI.

La conclusione più ovvia quindi circa la natura giuridica dei codici di condotta e delle linee guida rivolte alle imprese multinazionali consiste nel rilevare che l’attuazione degli standard contemplati da tali atti è affidata alla scelta volontaria delle imprese, libere singolarmente di decidere se, quando e come porre in essere condotte conformi ai principi contenuti in tali strumenti, il che può incidere sull’effettività degli stessi357. Sembra però evidente che i documenti analizzati contengono una serie di principi su cui si è formato il consenso degli Stati (o di gruppi di essi, come nel caso dell’OCSE) che possono costituire la base di una futura attività di negoziazione di un trattato internazionale; infatti, nella maggior parte dei casi, i trattati sui diritti umani sono stati preceduti da raccomandazioni, dichiarazioni di principio ed altri atti di soft law che sono

355 Si veda F. SALERNO, Natura giuridica ed effetti dei codici di condotta per imprese

multinazionali, in Lavoro e diritto, 2005, p. 655 ss.

356 Cfr. Principi guida del Rappresentante Speciale su diritti umani e imprese, cit., n.2.

357 Alcuni autori affermano che la natura volontaria dell’applicazione dei codici non si traduce, a

priori, nella ineffettività degli stessi, così come l’obbligatorietà di un codice non si traduce

automaticamente in una applicazione soddisfacente dello stesso. Così, E. A. DURUIGBO,

Multinational Corporations and International Law: Accountability and the Compliance Issues in the Petroleum Industry, Ardsley, NY, p. 128; H. KELLER, Corporate Codes of Conduct and Their Implementation: the Question of Legitimacy, p. 4, reperibile al sito

neccessari per costruire il consenso degli Stati su certe tematiche che successivamente potranno essere interessate da attività di drafting di un trattato internazionale, che normalmente richiede anni di lavori preparatori e di consensus

building. La trasformazione del diritto internazionale soft in diritto vincolante (cd. hardening of soft law), infatti, deve essere corroborata da prassi conformi degli

Stati e dall’opinio juris circa le stesse358.

Gli strumenti analizzati, inoltre, possono altresì avere la funzione di facilitare l’applicazione del diritto internazionale a casi particolari, come quello delle imprese multinazionali, operando come “elaborative soft law”, ovvero come principio guida nell’elaborazione, interpretazione e applicazione del diritto internazionale “hard”359: tutti gli strumenti esaminati, infatti, sono diretti a delineare precisi obblighi per gli Stati in relazione ai settori di attività delle IMN, invitandoli ad intervenire con le adeguate misure preventive e repressive. Inoltre, anche nel caso in cui questi atti non vengano formalmente adottati dai soggetti di diritto internazionale, possono avere una precisa rilevanza giuridica: essi forniscono al legislatore nazionale delle indicazioni su argomenti che tradizionalmente fanno parte del domaine réservé degli Stati o su cui gli Stati hanno tradizionalmente un ampio margine di valutazione; perciò tali documenti possono avere una certa influenza sulla creazione del diritto nazionale. A tal

358 In argomento, G. ABI-SAAB, Cours Général de Droit International Public, in Recueil des

Cours, 1987, p. 207, richiamando il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia, Legalità della minaccia e dell’utilizzo di armi nucleari, ha identificato tre differenti criteri

per determinare se tale processo ha avuto luogo: le circostanze circa l’adozione dello strumento, compresi i voti espressi ed eventuali riserve espresse, la concretezza del linguaggio, l’esistenza di procedure di follow-up.

359 Cfr. C. CHINKIN, Normative Development in the International Legal System, in D. SHELTON (ed.), Commitment and Compliance, op. cit., p. 30.

proposito, il Working Group incaricato di redarre il Codice delle Nazioni Unite, precisava che un codice di condotta dedicato alle società commerciali a carattere transnazionale “whether in legally binding on non-legally binding form,[...]

becomes thereby a ‘source’ of law for national authorities as well as for the transnational corporations themselves, since both can rely and itlize the Code to fill gaps in the relevant laws and practices”360.

Nonostante evidenti prospettive di sviluppo e di ampliamento della portata di tali strumenti “normativi”, non sembra opportuno tacere circa gli evidenti limiti degli stessi, per esempio in relazione all’inadeguatezza dei sistemi di monitoraggio ivi previsti, che non prevedono alcuna sanzione né civile né penale per l’inosservanza di obblighi in materia di diritti umani o di protezione dell’ambiente: ad eccezione delle Norme delle Nazioni Unite, la Dichiarazione Tripartita OIL, le Linee guida OCSE e lo stesso Global Compact non prevedono nessun riferimento alla possibilità di comminare sanzioni in capo alle imprese multinazionali o di procedere a pubbliche denunce del loro operato inconsistente con i principi in essi contenuti. Allo stesso modo, la vaghezza delle disposizioni formulate, messa in luce da diversi autori, non permette di desumere obblighi ben precisi alla cui osservanza sarebbero tenute nel concreto le imprese361.

360 UNITED NATIONS, Modalities-Paper del Working Group on the UN Code of Conduct on

Transnational Corporations, UN Doc. E/C10/AC.2/9 del 22 dicembre 1978, riportato da P.

SANDERS, Codes of Conduct and Sources of Law, in B. GOLDMANN, P. FOUCHARD (sous la direction de), Le droit des relations économiques internationales: études offertes à

Berthold Goldman, Parigi, 1982, p. 297.

361 Anche in questo caso, la lodevole eccezione è costituita dalle Norme delle Nazioni Unite che, in virtù del loro specifico riferimento a strumenti convenzionali già adottati, permettono una identificazione immediata degli obblighi in capo alle imprese e agli Stati. Un superamento di tale situazione potrebbe essere, come suggerito da S. DEVA, Human Rights Violations by

Multinational Corporations and International Law: Where from Here?, in Connecticut Journal of International Law, 2003, p. 19, la predisposizione di un apposito documento da

Ciò premesso, bisogna rilevare che il concreto ricorrere di una prassi costante e di manifestazioni di sostegno circa la validità di tali principi espresse dalla società civile e dalle imprese362 permette di di rafforzare il convincimento per cui tali principi, in origine non vincolanti, potrebbero acquisire un valore ed una efficacia giuridica diversa. Tale convinzione è amplificata dalla tendenza da parte delle IMN all’adozione di codici di autoregolamentazione sostanzialmente riproduttivi dei principi codificati, che si estendono anche ai partners commerciali e alla filiera produttiva, così come nella loro inclusione nei contratti conclusi dalle imprese stesse363; tale ipotesi verranno approfondite nel corso della trattazione.

allegare agli atti di soft law che descriva gli obblighi desumibili dagli strumenti convenzionali in materia di diritti umani e di protezione dell’ambiente così come dovrebbero essere applicati dalle imprese multinazionali.

362 A. BONFANTI, Imprese multinazionali, diritti umani e ambiente, cit., p. 213, parla di “legittimazione dal basso”, descrivendo il processo per cui consumatori, lavoratori, società civile nel suo complesso e le multinazionali stesse riconoscono i principi contenuti nelle linee guida e nei codici di condotta adottati dalle organizzazioni internazionali “degli standard nel

rispetto dei quali esse [le imprese] sono tenute ad operare e alla realizzazione dei quali sono chiamate a contribuire attivamente entro la propria sfera di influenza”

CAPITOLO III