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AGRICOLTURA E ZOOTECNIA

Nel documento Consuntivo 2012 (1.4mb) (pagine 81-119)

Le generalità. L'agricoltura emiliano - romagnola riveste una grande rilevanza in ambito sia nazionale che regionale. In poche altre regioni troviamo una presenza dell'agricoltura che abbia lo stesso significato in termini di reddito, ma anche di integrazione nelle dinamiche di sviluppo dell'economia regionale nel suo complesso. La peculiarità più rilevante del settore primario è rappresentata dalla sostanziale tenuta della produzione nonostante i profondi cambiamenti in atto nella struttura produttiva, rappresentati dal calo di addetti, aziende e superficie agraria utilizzata.

Il settore agricolo perde tendenzialmente addetti senza che il fenomeno incida proporzionalmente sulla capacità di produrre. In Emilia-Romagna, secondo la serie dei conti economici divulgata da Istat nel novembre 2012, tra il 1996 e il 2011 il contributo del settore primario alla formazione del valore aggiunto regionale ai prezzi di base, compresa silvicoltura e pesca, è diminuito in termini reali dal 4,2 al 2,3 per cento, in proporzioni inferiori rispetto al calo dal 7,8 al 5,1 per cento della quota delle corrispondenti unità di lavoro sul totale regionale. Questo andamento ha sottinteso, nello stesso arco di tempo, una crescita reale della produttività (valore aggiunto ai prezzi di base per unità di lavoro), pari a un incremento medio annuo del 3,7 per cento (+2,4 per cento in Italia), superiore alla crescita dello 0,5 per cento del totale dell'economia, la stessa riscontrata in Italia.

Il miglioramento della produttività reale, al di là delle oscillazioni legate ai capricci del clima, può dipendere da svariati fattori: tecniche di coltivazione sempre più moderne, mezzi di produzione (sementi, concimi ecc.) in grado di aumentare le rese, impiego di macchine sempre più efficienti in grado di accrescere la produttività, economie di scala consentite dagli accorpamenti aziendali.

Quest’ultimo fenomeno è tra le cause della costante diminuzione delle aziende.

I dati definitivi del Censimento dell’agricoltura 2010 diffusi dall’Istituto nazionale di statistica hanno evidenziato un nuovo calo della consistenza delle aziende agricole, in linea con quanto avvenuto nel Paese. Dalle 171.482 aziende censite nel 1982 si è scesi alle 106.102 del 2000 per approdare alle 73.466 del 2010. In termini di superficie totale, nell’arco di ventotto anni, si è passati da 1.760.278,58 a 1.361.153,25 ettari. Un analogo calo ha riguardato la superficie agricola utilizzata scesa da 1.290.712,11 a 1.064.213,79 ettari. La superficie agricola utilizzata media per azienda è tuttavia progressivamente aumentata dai 7,53 ettari del 1982 ai 14,49 ettari del 2010, largamente superiori alla media nazionale di 7,93 ettari. Tra il 2000 e il 2010 sono “scomparsi” più di 65.000 ettari di superficie agraria utilizzata, che sottintendono un “consumo” del territorio che si può in gran parte attribuire al processo di urbanizzazione. Sotto questo aspetto, giova sottolineare che tra il 2000 e il 2010, il territorio dell’Emilia-Romagna ha assorbito quasi 317 milioni di metri cubi di nuovi fabbricati e ampliamenti, con una “copertura” di oltre 6.300 ettari di superficie.

La struttura delle 73.466 aziende agricole censite nel 2010 in Emilia-Romagna è caratterizzata dalla forte incidenza delle imprese a conduzione diretta del coltivatore, che è ammontata al 93,6 per cento del totale, a fronte della media nazionale del 95,4 per cento. La piccola proprietà contadina è in sostanza assai ramificata, anche se è in atto un processo di accorpamento, vuoi per motivi economici, vuoi per raggiunti limiti d’età. Secondo i dati del Censimento del 2010, c’erano 48.367 aziende al di sotto dei dieci ettari di superficie agricola utilizzata, equivalenti al 66,3 per cento del totale. Nel Censimento del 2000 erano 77.960 per una percentuale del 73,7 per cento. Nel 1982 se ne contavano 137.011 pari all’80,5 per cento del totale.

Per quanto concerne l’età degli imprenditori è in atto un processo di invecchiamento, in linea con quello della popolazione.

Secondo i dati Inps, nel 2002 i lavoratori autonomi con meno di quarant’anni di età pesavano per il 22,7 per cento del totale. Nel 2011 la percentuale scende al 16,1 per cento. Da notare che nello stesso arco di tempo i conduttori con almeno 70 anni di età sono stati l’unica classe di età a crescere: da 6.196 a 8.322. Nel 2011 l’età media degli autonomi è di 54,4 anni (51,2 in Italia) contro i 51,8 del 2002 (49,2 in Italia). Tra le varie categorie, i più anziani sono i coloni e mezzadri (62,2 anni), seguiti dagli imprenditori agricoli professionali (56,4) e coltivatori diretti (54,3).

Secondo i dati Istat relativi al valore aggiunto ai prezzi di base aggiornati al 2010, l’Emilia-Romagna è la seconda regione italiana per importanza, dopo la Lombardia, e figura tra le prime regioni in termini di potenza meccanica per ettaro. Dal lato della dimensione economica delle aziende agricole, il Censimento del 2010 ha descritto una situazione che vede l’Emilia-Romagna ai primi posti della graduatoria nazionale. Le aziende con almeno 50.000 euro di fatturato hanno inciso per il 27,9 per cento del totale e solo la Lombardia ha evidenziato una incidenza superiore, pari al 28,8 per cento. Se si restringe l’osservazione alle aziende con una dimensione economica da 250.000 euro in su, l’Emilia-Romagna continua a occupare la seconda posizione con una quota del 6,2 per cento, alle spalle della Lombardia (10,5 per cento).

Sotto l’aspetto dell’utilizzo della superficie, secondo i dati definitivi del Censimento 2010 le aziende agricole emiliano-romagnole sono per lo più orientate ai seminativi (78,0 per cento della S.a.u.), in misura largamente superiore alla media nazionale (54,5 per cento), cosa questa abbastanza comprensibile visto che quasi la metà del territorio regionale è pianeggiante rispetto alla media nazionale del 23,2 per cento.

Secondo i dati censuari 2010, circa il 70 per cento delle persone a capo delle aziende non è andato oltre la licenza di scuola media inferiore, a fronte della media nazionale del 71,5 per cento. Per quanto concerne i titoli di studio specialistici20 l’Emilia-Romagna ha occupato la terza posizione della graduatoria nazionale con una percentuale dell’8,9 per cento (4,2 per cento la media nazionale), preceduta da Lombardia (9,5 per cento) e Trentino-Alto Adige (16,4 per cento).

Per quanto riguarda le colture erbacee, in Emilia-Romagna sono particolarmente sviluppati i cereali (frumento tenero, mais, orzo, frumento duro, sorgo e risone ), mentre tra le colture industriali si segnalano soia, girasole e ultimamente la colza. La barbabietola da zucchero, dopo la riforma dell’Ocm che ha decretato la chiusura di numerosi zuccherifici, appare in declino. Nel 2012 ha occupato circa 26.000 ettari, rispetto ai circa 76.000 del 2000. Nell’ambito delle altre colture erbacee, gli investimenti più ampi, vale a dire oltre i 2.000 ettari, nel 2012 sono stati costituiti da carote, cipolle, fagioli freschi, piselli freschi, pomodori e patate. Accanto alle produzioni in pieno campo esiste tutta una gamma di serre, che nel 2012 si sono estese su circa un migliaio di ettari, in gran parte orientati alla produzione di meloni, lattuga, fragole e pomodori da mensa

Negli ultimi anni sono avvenuti non pochi cambiamenti negli orientamenti colturali, spesso determinati dalla possibilità o meno di ricevere aiuti comunitari e dalla nuova Pac, che ha decretato, tramite il cosiddetto “disaccoppiamento”, sostegni ai redditi degli agricoltori, indipendentemente dalle colture coltivate. Rispetto alla superficie media del decennio 2002-2011, nel 2012 hanno perso decisamente terreno, oltre i 1.000 ettari, barbabietola da zucchero 19.594 ha), frumento tenero (-10.502 ha), orzo (-9.777 ha), soia (-4.936), pomodoro (-4.507), girasole (-1.978 ha), mais (-1.526 ha) e patata comune (-1.252 ha), mentre ne hanno acquistato, oltre i mille ettari, frumento duro (+4.633 ha) e pisello fresco (+1.391 ha).

Nel 2012 le principali colture frutticole della regione hanno occupato circa 64.000 ettari. Se confrontiamo la superficie totale del 2012 con quella media dei dieci anni precedenti possiamo osservare ampi regressi, oltre i 1.000 ettari, per pesche 3.823 ha), nettarine 4.420 ha), mele (-1.321 ha) e pere (-3.576 ha). L’unico aumento di una certa consistenza ha riguardato l’actinidia (+771 ha) mentre progressi più limitati hanno riguardato albicocco e ciliegio, pari rispettivamente a 157 e 170 ettari. Il ridimensionamento è stato per lo più dovuto alle scarse remunerazioni spuntate negli ultimi tempi da alcune varietà frutticole. Le colture frutticole più sviluppate, oltre i 5.000 ettari di superficie totale coltivata, sono state rappresentate da albicocche, pesche, nettarine e pere.

Susine e mele si sono aggirate attorno ai 4.500 ettari. La coltura del kiwi, che si può considerare relativamente “nuova” rispetto alle altre varietà frutticole, ha occupato più di 4.400 ettari. Non sono inoltre trascurabili le coltivazioni di ciliege e loti, le prime oltre i 2.300 ettari, i secondi attorno i 1.000.

20 Diploma di qualifica 2-3 anni agrario, diploma di scuola media superiore agrario, laurea o diploma universitario agrario.

La viticoltura è largamente diffusa, anche se in misura più contenuta rispetto al passato. In Emilia – Romagna, secondo i dati definitivi diffusi dall’Istat relativi al censimento 2010, sono 25.336 le aziende che se ne occupano, rispetto alle 44.599 censite nel 2000. Nel 2012 le aree investite a vite da vino (l’uva da tavola occupa appena 25 ettari) sono ammontate a oltre 55.000 ettari, vale a dire circa 4.300 ettari in meno rispetto alla superficie media del decennio 2002-2011. Nel 1975 la vite da vino si estendeva su oltre 242.000 ettari, scesi vent’anni dopo a circa 62.000. Tra i vini più rinomati si ricordano Albana, Bosco, Lambrusco, Sangiovese, Fortana, Malvasia, Pignoletto, Pagadebit, Trebbiano, Montuni, Bonarda, Ortrugo e Gutturnio. La coltura dell’olivo è prevalentemente praticata nella zona della Romagna e si caratterizza per l’ottima qualità, ma negli ultimi anni stanno sorgendo impianti anche nelle province occidentali. Si tratta di una produzione di nicchia che nel 2010, secondo i dati relativi al Censimento, ha occupato circa 3.814 ettari, in aumento di oltre 1.100 ettari rispetto al 2000. Le aziende impegnate nella olivicoltura sono risultate 4.922, vale a dire 136 in meno rispetto al censimento del 2000.

Nel panorama italiano, l'agricoltura dell'Emilia Romagna si conferma tra quelle maggiormente internazionalizzate, meno assistite, più produttive e più propense a investire al proprio interno per elevare l'efficienza delle aziende.

Passiamo ora a esaminare l’andamento dell’annata agraria 2011-2012 sotto i vari aspetti climatici, economici, produttivi21, commerciali, occupazionali ecc..

Le condizioni climatiche. Riassunto. Secondo le rilevazioni dell’Agenzia regionale prevenzione e ambiente, l’annata agraria 2011-2012 è stata caratterizzata da situazioni meteorologiche per certi versi straordinarie.

In novembre, mese di avvio della stagione agraria 2011-2012, le precipitazioni sono risultate scarse e largamente inferiori alle medie del periodo, soprattutto in Romagna, dove si calcola un deficit di circa 80 mm, mentre le temperature si mantengono sostanzialmente nella norma. Dicembre ricalca quanto emerso in novembre, chiudendo un anno povero di precipitazioni. Gennaio conferma la povertà di precipitazioni dei due mesi precedenti, per lasciare posto a un febbraio caratterizzato da straordinarie precipitazioni nevose, soprattutto in Romagna, e temperature largamente inferiori alla norma. Alla “burrasca” di febbraio fa seguito un marzo pressoché privo di precipitazioni, con temperature ben al di sopra della norma, specie nella seconda parte del mese. In aprile e maggio si ristabilisce il ciclo delle precipitazioni, mentre le temperature massime appaiono generalmente inferiori. Il trimestre giugno-agosto si caratterizza per la siccità e per le frequenti ondate di gran caldo, con temperature che sfiorano i 40 gradi, come ad esempio nella settimana tra il 19 e 25 agosto. Questa situazione penalizza pesantemente alcune culture erbacee, in particolare mais, soia, barbabietola e pomodoro, oltre alla frutta estiva, mentre in ambito zootecnico, la “svogliatezza” dei capi a nutrirsi, dovuta alle ondate di gran caldo e afa, riduce la produzione di latte e carne. In settembre tornano le precipitazioni che appaiono generalmente superiori alla norma, mentre le temperature minime appaiono anch’esse oltre i valori del periodo. Ottobre chiude la stagione agraria 2011-2012 con altre precipitazioni che appaiono nella norma, salvo le zone della Romagna, mentre le temperature risultano lievemente superiori.

Passiamo ora a illustrare più approfonditamente l’andamento dei mesi da novembre 2011 a ottobre 2012, facendo riferimento ai bollettini agrometeorologici curati dal servizio Idrometeoclima dell’Arpa.

Novembre 2011. La prima decade del mese di novembre è caratterizzata dalla prevalenza dei venti di scirocco, tiepidi e umidi, che interessano per molti giorni l’intera penisola italiana. In una delle fasi più perturbate, notevoli quantità di pioggia si scaricano sulle regioni nord-occidentali tra le giornate del 4 e del 7, che ha come prologo un violento nubifragio sulla città di Genova. L’area occidentale dell’Emilia-Romagna, e soprattutto l’area appenninica, riceve consistenti quantità di acqua; sulla parte centro-orientale, invece, le precipitazioni risultano molto scarse poiché il sistema

21 Larga parte della descrizione dell’andamento di alcune colture è stata estratta dalla relazione annuale dell’Assessorato regionale all’Agricoltura.

nuvoloso non progredisce verso levante. In seguito, l’alta pressione si rinforza sull’Europa continentale così che i sistemi nuvolosi sono costretti a scorrere o alle latitudini della Scandinavia o verso le regioni insulari e meridionali dell’Italia. In questo modo su tutta l’Italia settentrionale non piove in maniera significativa fino alla fine del mese. L’afflusso di aria più fredda nei bassi strati favorisce la formazione estesa di nebbia e gelo sulla pianura durante il periodo centrale del mese.

Nell’ultima decade le temperature notturne si portano su valori vicini o poco sopra lo zero, in un contesto di alta pressione e nebbia in pianura. Il contenuto idrico dei terreni appare sotto la norma in gran parte della regione, soprattutto in alcune zone della Romagna caratterizzate da una siccità definita da Arpe “gravissima”.

Dicembre 2011. Anche il mese di dicembre, come quello di novembre e come il 2011 nel suo complesso, è stato molto siccitoso. Su gran parte della pianura non si sono superati i 20 mm, mentre ne sono attesi, rispetto al clima 1991- 2010, almeno 50. Anche nelle zone di pianura che hanno avuto più pioggia, reggiano e parmense, non è stata raggiunta la metà dei quantitativi normali. Per trovare precipitazioni nella norma o superiori al clima bisogna salire fino al crinale appenninico. In Romagna un lieve miglioramento della situazione è arrivato con una nevicata nel giorno del 24, vigilia di Natale. Questa anomalia nelle precipitazioni aumenta e diventa fortissima se si considera anche il mese precedente; da inizio novembre, nelle aree centro-orientali (Romagna, bolognese, gran parte del modenese e ferrarese), è piovuto meno di un terzo di quanto atteso, cioè circa 30 mm rispetto ai 100-130 del clima degli ultimi 20 anni. Per trovare, nei due mesi considerati, precipitazioni più basse, bisogna andare indietro di oltre 20 anni, sino al 1989. Ne discende che il contenuto idrico dei terreni è apparso notevolmente inferiore alla norma in gran parte della regione, senza tuttavia arrecare problemi allo sviluppo del frumento.

Gennaio 2012. L’estesa area di alta pressione, presente già nei mesi precedenti sul vicino Atlantico, mantiene la sua posizione anche nel mese di gennaio. I sistemi nuvolosi trovano così una barriera insormontabile verso il Mediterraneo occidentale, dove perdura la situazione di elevata stabilità atmosferica e assenza di precipitazioni. Solo sul bordo orientale dell’alta pressione si hanno delle correnti settentrionali, temporaneamente più instabili, che producono nuvolosità e qualche insignificante e locale precipitazione lungo l’Adriatico e la parte orientale dell’Emilia-Romagna. Il periodo tra il 15 e il 20 gennaio è molto freddo sull’area di pianura, dove la pesante coltre di nebbia e l’irraggiamento favoriscono la galaverna e la caduta di un debole nevischio da nebbia che imbianca localmente il territorio. Sui monti invece domina il sole e le temperature sono più miti.

Soltanto alla fine del mese si ha un cambiamento radicale della circolazione a livello emisferico che porterà alla pesante situazione di neve e gelo di febbraio. Nella giornata del 31, ad ogni modo, la neve comincia a imbiancare il suolo. Il contenuto idrico dei terreni continua ad apparire estremamente basso, con una siccità gravissima ormai estesa a gran parte dei terreni della regione.

Febbraio 2012. La prima metà di febbraio registra una di quelle rare combinazioni nella circolazione atmosferica a livello emisferico che fanno sì che l’aria continentale artica, che staziona durante l’inverno tra la Siberia orientale e la Mongolia, si sposti verso occidente invadendo l’Europa orientale, contribuendo ad alimentare una figura permanente di bassa pressione sul Mediterraneo centrale. L’Emilia-Romagna e buona parte dell’Italia peninsulare vengono interessate a più riprese da nevicate intense e persistenti. La prima di queste comincia dalle prime ore del mese con quantitativi che si fanno via via più pesanti, procedendo verso la Romagna interna. La costa tra il basso ravennate e il riminese riceve, invece, una lunga fase di pioggia con accumuli fino a 70, 80 mm. Un nuovo impulso nevoso interessa soprattutto le aree tra Romagna e Marche nella giornata del 4, aggiungendo alcune decine di cm al metro abbondante già caduto in precedenza sulle colline romagnole. Pochi centimetri cadono ancora fino al 7, poi seguono un paio di giorni di pausa, ma con temperature che in alcune zone della pianura emiliana scendono fino a -18°. Ma già la sera del 9 un nuovo nucleo gelido attraversa le Alpi orientali e porta alcuni cm di neve accompagnati da vento forte. Il nuovo sistema ciclonico che si forma sul Mediterraneo genera un nuovo impulso di neve che investe la Romagna e i rilievi emiliani: sulle colline romagnole si superano diffusamente i due metri di neve caduti dall’inizio del mese. I fenomeni vanno esaurendosi nella giornata del 12,

anche se le temperature scendono fino a -17 gradi sulla Romagna interna. La pausa termina nella giornata del 19, quando un impulso atlantico porta la neve sui rilievi (qui fino a 30-40 cm) e marginalmente sulla pianura, dove prevale la pioggia. L’ultima decade è per lo più stabile, con afflussi in prevalenza di aria mite che subisce un ulteriore riscaldamento per la caduta dalle Alpi: le temperature raggiungono i 20 gradi, in prevalenza sulle aree di collina. Un fronte freddo si frappone alla lunga fase di stabilità nel pomeriggio del 26 con temporali tra ferrarese e bolognese e un po’ di pioggia in Romagna. Il contenuto idrico dei terreni comincia a risalire, ma valori in pianura ancora inferiori alla norma.

Marzo 2012. Buona parte dell’Europa occidentale e l’Italia centro-settentrionale hanno visto il dominio quasi incontrastato di un vasto e robusto campo di alta pressione, che ha caratterizzato quasi tutto il mese di marzo. Tale configurazione a larga scala ha così favorito la prevalenza di giornate serene e soleggiate che, grazie anche all’avvitamento dell’aria verso il basso, hanno determinato temperature diurne abbondantemente sopra la norma. I sistemi nuvolosi organizzati sono rimasti lontani dalla regione mentre, solo per brevi periodi, un po’ d’instabilità ha interessato porzioni limitate di territorio, ad esempio nelle giornate del 18-19 e del 24-25 marzo, quando locali e brevi rovesci temporaleschi si sono accesi sulla regione, in prevalenza lungo il crinale appenninico. Il contenuto idrico dei terreni si è portato su valori eccezionalmente bassi con stima dei tempi di ritorno oltre i 50 anni.

Aprile 2012. Rispetto al periodo precedente, la circolazione atmosferica a larga scala si modifica profondamente. Aria più fredda affluisce già il primo giorno del mese, portando le temperature su valori inferiori alla norma. Nei giorni successivi l’aria più instabile porta alla formazione di cellule temporalesche che culminano, nella giornata del 5, con locali rovesci intensi, accompagnati da abbondante grandine, seppur di piccola dimensione. I frequenti passaggi nuvolosi dei giorni seguenti danno precipitazioni per lo più al di fuori della regione, anche se l’aria fredda e alcune mattine serene portano le temperature minime localmente sotto lo zero sulla pianura emiliana. Nella giornata dell’11 transita sulla regione un fronte organizzato che produce piogge consistenti sul crinale appenninico e temporali moderati sulla pianura. I giorni centrali del mese vedono la formazione di un esteso minimo di bassa pressione sul Mediterraneo centrale che influenza con piogge continue anche l’Emilia Romagna, oltre a rovesci temporaleschi non molto intensi. Dal 17 il tempo migliora, anche se il passaggio temporaneo di aria instabile produce qualche locale rovescio temporalesco il pomeriggio del 20. Le condizioni di stabilità, anche se ventilate, s’interrompono il 24 grazie a una nuova saccatura atlantica e al flusso da sud-ovest che la precede: si hanno così piogge consistenti lungo il crinale appenninico emiliano. Dalla giornata del 25 si ristabilisce l’alta pressione che poi, complice una spinta di aria fredda verso il Marocco, fa affluire aria calda dall’Africa settentrionale con temperature che il 28 raggiungono i 27 gradi sulla pianura. A finire, una nuova bassa pressione atlantica determina un calo delle temperature e alcuni temporali sparsi nella giornata del 30. Il contenuto idrico del terreno appare in aumento nei valori relativi agli strati più superficiali. La siccità, già eccezionale a marzo migliora, passando, in pianura, a moderata o grave.

Maggio 2012. Il mese è stato caratterizzato da una spiccata variabilità.

La presenza di una bassa pressione sull’Italia centrale, già il primo del mese, determina la formazione di un’intensa linea temporalesca sull’Appennino Romagnolo che, in seguito, interessa

La presenza di una bassa pressione sull’Italia centrale, già il primo del mese, determina la formazione di un’intensa linea temporalesca sull’Appennino Romagnolo che, in seguito, interessa

Nel documento Consuntivo 2012 (1.4mb) (pagine 81-119)

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