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La struttura produttiva e la produttività

Nel documento Consuntivo 2012 (1.4mb) (pagine 24-44)

1.10.1 L’agricoltura, silvicoltura e pesca. Nel 2011, secondo i dati Istat, il settore agricolo dell’Emilia-Romagna, comprese le attività della caccia e della pesca, ha prodotto valore aggiunto ai prezzi di base per circa 2 miliardi e 901 milioni di euro, equivalenti al 10,5 per cento del totale nazionale. Solo la Lombardia ha registrato un valore assoluto più elevato, pari a circa 3 miliardi e 160 milioni di euro.

L'agricoltura dell'Emilia-Romagna è fra le più evolute del Paese, molto integrata con l’industria di trasformazione, con un grado di meccanizzazione tra i più sviluppati del Paese e con elevati indici di produttività per addetto. Sotto quest’ultimo aspetto, i dati Istat più recenti aggiornati al 2011 hanno registrato nelle attività dell’agricoltura, silvicoltura e pesca un valore aggiunto per unità di

lavoro pari a 26.986 euro, a fronte della media nazionale di 22.515 euro e settentrionale di 24.716 euro. Solo quattro regioni, vale a dire Lombardia, Umbria, Toscana e Trentino-Alto Adige, hanno evidenziato un rapporto superiore.

E’ assai vasta la gamma di prodotti Dop e Igp, presenti in ambito caseario (Parmigiano-Reggiano, Grana Padano, formaggio di Fossa di Sogliano) e nell’ortofrutta (aglio di Voghiera, amarene brusche di Modena, asparago verde di Altedo, fungo di Borgotaro, marrone di Castel del Rio, patata di Bologna, pera dell’Emilia-Romagna, pesca e nettarina di Romagna, riso del delta del Po e scalogno di Romagna, ciliegie di Vignola). Tra gli oli meritano una citazione i Dop olio di Brisighella e delle Colline di Romagna, mentre tra gli aceti diversi da quelli di vino c’è l’Igp aceto balsamico di Modena e i Dop aceto balsamico tradizionale di Modena e di Reggio Emilia.

Le aziende agricole, secondo i dati definitivi dell’ultimo censimento riferito al 24 ottobre 2010, erano 73.466, equivalenti al 4,5 per cento del totale nazionale. La superficie agraria totale ammontava a 1.361.153,25 ettari, quella agricola utilizzata a 1.064.213,79 ettari, pari all’8,3 per cento del totale nazionale. Il 93,6 per cento delle aziende era a conduzione diretta del coltivatore, a fronte della media nazionale del 95,4 per cento. La superficie agricola utilizzata per azienda era di 14,49 ettari, circa il doppio di quanto censito nel 1982. In Italia si ha un valore assai più ridotto pari a 7,93 ettari. Un terzo delle aziende può disporre di superficie irrigata, contro il 24,6 per cento della media nazionale.

Nel 2012 in Emilia-Romagna è stato raccolto quasi un terzo del frumento tenero nazionale, circa il 12 per cento di orzo, il 9 per cento di mais, il 62 per cento di sorgo, circa un quinto di pisello proteico, il 18 per cento di patate comuni, il 36 per cento di piselli, circa un quinto di carote, circa un quarto di aglio e scalogno, il 22 per cento di fagioli freschi e fagiolini, il 39 per cento di cipolle, il 14 per cento di asparagi, il 21 per cento di cocomeri, il 10 per cento di fragole, il 28 per cento di pomodoro, il 23 per cento di indivia e il 18 per cento di colza. In ambito frutticolo, l'Emilia-Romagna è tra i più forti produttori di pere (64 per cento del raccolto nazionale), nettarine (43 per cento), susine (37 per cento), albicocche (25 per cento), pesche (18 per cento) e actinidia (26 per cento). Il vino e mosto prodotto nel 2012 è ammontato a quasi 5 milioni e mezzo di ettolitri, equivalenti a circa il 1 per cento del totale nazionale.

Nel 2012 i due zuccherifici rimasti attivi nelle province di Bologna (Minerbio) e Parma (San Quirico), dopo la riforma dell’O.c.m, hanno prodotto circa 211.000 tonnellate di zucchero, equivalenti al 38,6 per cento del quantitativo nazionale.

Nel territorio regionale, secondo i dati aggiornati al primo dicembre 2012, è presente circa il 9 per cento del patrimonio bovino e bufalino nazionale e circa il 18 per cento di quello suinicolo. Le percentuali si riducono in termini di ovini (1,0 per cento), caprini (2,0 per cento) ed equini (8,0 per cento).

Sotto l’aspetto delle macellazioni, l’Emilia-Romagna è tra le regioni leader del Paese. Nel 2010 era la quarta regione italiana, dopo Piemonte, Lombardia e Veneto, come volume di macellazioni di capi bovini e bufalini, con quasi di 604.000 capi abbattuti, equivalenti al 15,6 per cento del totale nazionale. In ambito suinicolo la regione sale al secondo posto, alle spalle della Lombardia, con quasi 4 milioni di capi macellati, equivalenti al 28,8 per cento del totale Italia. In ambito avicolo, l’Emilia-Romagna occupava nel 2010 la seconda posizione alle spalle del Veneto, con più di 99 milioni di capi abbattuti tra polli, galline, tacchini, faraone, anatre e oche macellati, pari a quasi un quinto del totale nazionale. Per quanto concerne la selvaggina macellata, troviamo nuovamente la regione al secondo posto, alle spalle del Veneto, con circa 6 milioni e 700 mila capi macellati, equivalenti al 33,2 per cento del totale Italia. Una analoga graduatoria si riscontra in termini di conigli. Con circa 6 milioni e 180 mila capi abbattuti, la regione ha rappresentato il 25,4 per cento del totale nazionale.

Nell’ambito del settore lattiero-caseario, nel 2011 l’Emilia-Romagna ha prodotto circa 24 milioni e 331 mila quintali di latte di vacca, equivalenti al 21,5 per cento del totale nazionale. Nello stesso anno in regione è stato inoltre prodotto più di un quinto del latte nazionale alimentare trattato igienicamente (predomina quello parzialmente scremato), circa il 32 per cento del burro e il 12,9

per cento dei formaggi, con una punta del 28,9 per cento relativamente a quelli a pasta dura, che in Emilia-Romagna sono prevalentemente rappresentati dal Parmigiano-Reggiano e, in misura minore, dal Grana Padano. Dalla regione proviene inoltre il 18,0 per cento del latte raccolto nel Paese dalle industrie lattiero-casearie nelle aziende agricole. E’ dislocato il 7,9 per cento dei caseifici e centrali del latte, circa il 32 per cento degli stabilimenti di aziende agricole e il 48,6 per cento di quelli posseduti da cooperative. I centri di raccolta sono sette sui 99 esistenti nel Paese.

La silvicoltura ha prodotto valore aggiunto nel 2012 per 25 milioni e 326 mila euro, pari al 4,5 per cento del totale nazionale. Nel 2011 sono state eseguite 4.969 tagliate pari al 6,0 per cento del totale Italia, per una superficie forestale di 3.537 ettari, equivalente al 4,8 per cento del totale nazionale.

Le utilizzazioni legnose forestali, tra legname da lavoro e legna per combustibili, sono ammontate nel 2011 a più di 1.280.000 metri cubi, di cui il 98,9 per cento costituito da legna per combustibili, equivalenti al 17,5 per cento della produzione nazionale.

Il settore della pesca ha realizzato nel 2012 valore aggiunto ai prezzi di base per un totale di quasi 62 milioni di euro, equivalenti al 5,5 per cento del totale nazionale. Gran parte del reddito ittico deriva dalla pesca marittima, che viene in parte destinata ai mercati ittici della regione dislocati nelle province costiere. La produzione della pesca marittima e lagunare nel Mediterraneo è ammontata nel 2011 a 17.635 tonnellate, pari a circa l’8 per cento del totale Italia. Quasi la metà del pescato è stata costituita da pesce azzurro.

L’agriturismo è in forte sviluppo. Dalle 547 aziende del 2003 si è progressivamente passati alle 1.030 del 2011, sulle 20.413 esistenti in Italia. L’offerta di posti letto supera le 8.000 unità, pari al 3,8 per cento del totale nazionale.

Secondo i dati Smail (Sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro) a fine giugno 2012 il settore dell’agricoltura, silvicoltura e pesca contava in regione su circa 68.500 unità locali con addetti, per un complesso di 112.432 occupati equivalenti al 6,9 per cento del totale degli occupati.

Secondo gli elenchi Inps, a fine 2011 gli autonomi erano 49.836, equivalenti al 10,5 per cento del totale nazionale. Di questi 48.220 erano coltivatori diretti (10,8 per cento del totale Italia).

1.10.2 L’industria. Secondo i dati Istat aggiornati al 2011, l’industria dell’Emilia-Romagna aveva prodotto valore aggiunto per un totale di 37.940,1 milioni di euro, equivalenti al 10,9 per cento del totale nazionale e al 30,1 per cento del reddito prodotto in regione, a fronte della media nazionale del 24,7 per cento.

Secondo la situazione aggiornata a fine 2012, il 39 per cento circa delle imprese attive industriali emiliano-romagnole opera nel settore manifatturiero, mentre il 60,0 per cento è impegnato nelle costruzioni. L'industria estrattiva, per lo più costituita da cave, si articola su 199 imprese attive, pari ad appena lo 0,2 per cento del totale dell'industria, mentre quella energetica, in costante sviluppo grazie alla nascita di imprese impegnate nella produzione di energie rinnovabili, conta su 1.236 imprese, equivalenti all’1,0 per cento del totale industriale. Se approfondiamo il discorso sui vari settori manifatturieri, circa il 42 per cento delle imprese manifatturiere si concentra nella metalmeccanica, in misura superiore al corrispondente rapporto nazionale (33,2 per cento), mentre un decimo è impegnato nella fabbricazione di prodotti alimentari. I prodotti della moda incidono per il 16,0 per cento del totale manifatturiero.

Sotto l’aspetto dell’occupazione, secondo i dati Smail aggiornati a fine giugno 2012, il sistema industriale dell’Emilia-Romagna dava lavoro nelle circa 141.000 unità locali con addetti presenti in regione a quasi 647.000 persone, equivalenti al 39,5 per cento del totale. Di questi circa 473.000 erano concentrati nell’industria manifatturiera e circa 153.000 in quella delle costruzioni.

Per quanto riguarda la produttività, nel 2011 l’Emilia-Romagna si è collocata ai vertici della graduatoria nazionale con 58.676 euro per unità di lavoro, a fronte della media nazionale di 55.685 euro. Solo tre regioni, vale a dire Piemonte (59.562), Valle d’Aosta (60.399) e Lombardia (64.154), hanno registrato valori più elevati. La minore produttività è appartenuta a Calabria (41.037) e Campania (43.870).

Il modello emiliano - romagnolo si fonda su di un ampio e variegato tessuto di piccole e medie imprese industriali e artigiane e può contare su una vasta rete di distretti. Secondo i dati di Asia (Registro statistico delle imprese attive), nel 2010 il 90,3 per cento delle unità locali delle industrie estrattive e manifatturiere emiliano-romagnole non arrivava a venti addetti. Nelle costruzioni la percentuale sale al 99,0 per cento. Secondo i dati di Unioncamere nazionale e Istituto Guglielmo Tagliacarne, nel 2010 il 47,9 per cento del valore aggiunto a prezzi correnti dell’industria in senso stretto proveniva da imprese con meno di 50 addetti, in misura tuttavia più contenuta rispetto al corrispondente rapporto nazionale (49,5 per cento).

Per quanto concerne i distretti industriali individuati dall’Osservatorio nazionale sui distretti, secondo un’elaborazione effettuata dall’Istituto Guglielmo Tagliacarne su dati Infocamere e Istat, quelli più rilevanti sono sei: tessile a Carpi; biomedicale a Mirandola; agro-alimentare a Parma;

calzaturiero a San Mauro Pascoli; ceramico a Sassuolo e mobile imbottito a Forlì. Nel 2011 questi distretti raggruppavano 4.791 imprese, con una occupazione valutata, secondo dati relativi al 2010, in 44.897 unità. Nel 2011 avevano effettuato esportazioni per un totale di oltre 4 miliardi di euro equivalenti a quasi il 9 per cento del totale dell’export emiliano-romagnolo. Il valore aggiunto prodotto dai sei distretti è ammontato a 2 miliardi e 748 milioni di euro, con una incidenza del 10,6 per cento sul totale dell’industria manifatturiera.

1.10.3 Il terziario. Secondo i dati Istat, il ramo del terziario dell’Emilia-Romagna aveva prodotto valore aggiunto per un totale di 85.231,3 milioni di euro correnti, equivalenti all’8,2 per cento del totale nazionale e al 67,0 per cento del reddito prodotto in regione, a fronte della media nazionale del 73,3 per cento. Parte del minore peso manifestato dalla regione nei confronti del Paese è da attribuire alla minore incidenza dei servizi pubblici, che a livello regionale sono concentrati in talune regioni, Lazio in testa.

Sotto l’aspetto dell’occupazione, i dati di Smail aggiornati a giugno 2012 hanno evidenziato numeri di una certa consistenza, rappresentati da quasi 278 mila unità locali con addetti che occupavano circa 879.000 addetti, equivalenti al 53,7 per cento del totale, di cui quasi 261.000 imprenditori8. Il commercio al dettaglio, escluso autoveicoli e motocicli, ha registrato la parte più consistente di addetti, pari a 153.554, davanti ai servizi di ristorazione con 116.265 e al commercio all’ingrosso, escluso la vendita di auto e moto, con 97.989. Questi tre comparti hanno rappresentato assieme quasi il 42 per cento dell’occupazione dei servizi.

Per quanto concerne la numerosità delle imprese, a fine 2012 quelle attive sono ammontate a 235.493 in larga parte concentrate nei settori commerciale (40,5 per cento del totale del terziario), dell’alloggio e ristorazione (12,1 per cento) e attività immobiliari (11,6 per cento).

1.10.4 La cooperazione. La cooperazione è particolarmente sviluppata, oltre che radicata nel territorio, e costituisce anch’essa una delle peculiarità della regione. Secondo una elaborazione di Unioncamere-Istituto Guglielmo Tagliacarne riferita al 2010, il valore aggiunto delle cooperative dell’Emilia-Romagna è ammontato a circa 9 miliardi e 378 milioni di euro, equivalenti al 7,6 per cento del totale del valore aggiunto, a fronte delle più ridotte quote di Nord-est (5,9 per cento) e Italia (4,7 per cento).

A fine 2012 sono state registrate 5.404 società attive, equivalenti al 6,7 per cento del totale nazionale. La maggiore concentrazione, pari al 10,3 per cento del totale, si ha nelle attività di magazzinaggio e attività di supporto ai trasporti (sono incluse le attività di facchinaggio), seguite dalla costruzione di edifici (9,6 per cento), dalle coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali, ecc (7,1 per cento) e l’assistenza sociale non residenziale (6,4 per cento). Circa il 70 per cento delle società cooperativa ha meno di 50 addetti. La grande cooperazione, con più di 500 addetti, è limitata a 72 società. Di queste, una dozzina lavora nell’ambito delle attività di servizi per edifici e paesaggio (sono compresi i servizi di pulizia) e altrettante sono impegnate nell’assistenza sociale non residenziale.

8 La statistica non tiene conto della Pubblica amministrazione, delle istituzioni pubbliche o private senza obbligo di iscrizione alla Camera di commercio e le attività libero professionali non costituite in forma d’impresa.

Secondo le rilevazioni di Smail (sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro), a fine giugno 2012 le unità locali cooperative con addetti presenti sul territorio regionale sono risultate 11.087, per un totale di oltre 175.000 addetti, equivalenti al 10,7 per cento dell’occupazione regionale. Le concentrazioni più ampie di addetti delle cooperative nei vari settori di attività economica hanno riguardato i comparti dell’assistenza sociale non residenziale (93,6 per cento), dei servizi di assistenza sociale residenziale (68,3 per cento), del magazzinaggio e di attività di supporto ai trasporti (57,6 per cento), le biblioteche, archivi, musei e altre attività culturali (54,4 per cento) e dell’attività di servizi per edifici e paesaggio, che includono i servizi di pulizia ( 49,4 per cento).

1.10.5 L’artigianato. Secondo i dati elaborati dall’Istituto Guglielmo Tagliacarne, nel 2010 l’artigianato dell’Emilia-Romagna aveva prodotto reddito per 17 miliardi e 183 milioni di euro, di cui circa il 37 per cento proveniente dall’industria in senso stretto, a fronte della media nazionale del 34,6 per cento. L’incidenza sul reddito complessivo era ammontata al 14,0 per cento, rispetto alla media nazionale del 12,0 per cento e Nord-orientale del 14,4 per cento.

Le imprese artigiane attive iscritte nella sezione speciale del Registro delle imprese a fine 2012 sono risultate 139.904, pari al 9,8 per cento del totale nazionale. In termini di incidenza sulla totalità delle imprese attive, l'Emilia-Romagna si colloca al terzo posto, fra le regioni italiane, con una percentuale del 33,0 per cento, preceduta dalla Liguria (33,2 per cento) e Valle d’Aosta (33,7 per cento). Alle spalle dell’Emilia-Romagna si collocano Piemonte (32,1 per cento) e Lombardia (31,8 per cento). Le percentuali più basse appartengono a Campania (15,5 per cento) e Basilicata (21,3 per cento). In ambito provinciale l’incidenza più elevata appartiene alla provincia di Reggio Emilia (40,3 per cento), davanti a Como (39,3 per cento) e Lecco (38,5 per cento). Gli ultimi posti sono occupati da Napoli (12,9 per cento), Caserta (15,2 per cento) e Foggia (15,8 per cento).

L'Emilia-Romagna si posiziona ai vertici della graduatoria nazionale anche se si rapporta la consistenza delle imprese artigiane attive alla popolazione residente a metà 2012. In questo caso la regione vanta un rapporto di 31,3 imprese artigiane ogni 1.000 abitanti, preceduta da Marche (31,8) e Valle d'Aosta (32,0). L’ultimo posto appartiene alla Campania, con un rapporto di 12,6, seguita dalla Sicilia con 16,1 imprese ogni 1.000 abitanti. Tra le province italiane è Reggio Emilia che si colloca ai vertici del Paese, occupando la terza posizione con 38,7 imprese artigiane attive ogni 1.000 abitanti, preceduta da Fermo (41,1) e Prato (42,4). Nelle prime dieci posizioni troviamo inoltre, delle province dell’Emilia-Romagna, Forlì-Cesena (33,4). L’ultimo posto è occupato da Napoli (9,5), davanti a Caserta (12,5) e Palermo (12,8).

Negli archivi Inps aggiornati al 2011, sono iscritti 202.292 artigiani equivalenti al 10,5 per cento del totale nazionale, di cui 183.058 titolari (10,3 per cento del totale Italia) e il resto collaboratori. Il 37,4 per cento degli artigiani aveva più di 49 anni, in percentuale più ampia della media nazionale del 35,6 per cento. L’invecchiamento degli autonomi è un fenomeno costante, che ricalca quanto avviene nella popolazione. I giovani fino a 29 anni sono scesi dai 24.785 del 2002 ai 14.643 del 2011, con una contestuale riduzione della relativa quota sul totale dal 12,1 al 7,2 per cento. Da notare che i titolari e collaboratori con 70 anni e oltre di età sono passati da 2.948 a 6.339, con conseguente lievitazione dell’incidenza dall’1,4 al 3,1 per cento. La diffusione sulla popolazione è stata di 455 artigiani ogni 10.000 abitanti. Solo le Marche hanno registrato un rapporto più elevato pari a 472. La minore densità è stata riscontrata in Campania (148) e Sicilia (192).

Secondo i dati Smail (Sistema monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro) aggiornati a fine giugno 2012, il settore artigiano impiegava in Emilia-Romagna più di 314.000 addetti, equivalenti a quasi un quinto del totale dell’occupazione, di cui quasi 170.000 imprenditori.

I settori nei quali si concentra il maggior numero di addetti artigiani, e parliamo di percentuali superiori al 60 per cento, sono: “Riparazione di computer e di beni personali e per la casa” (78,6 per cento); “Lavori di costruzione specializzati” (77,8 per cento) e le “altre attività di servizi per la persona” (68,1 per cento), nei quali sono compresi i mestieri dediti alla cura della persona (barbieri, parrucchieri, estetisti, ecc.).

1.10.6 Il commercio interno. A fine 2012 sono risultate attive 95.448 imprese impegnate nel commercio al dettaglio, all’ingrosso e nella riparazione di autoveicoli e motoveicoli, equivalenti al 6,7 per cento del totale nazionale. Nel solo commercio al dettaglio, escluso la vendita di autoveicoli e motoveicoli, si aveva una consistenza di quasi 48.000 imprese attive, pari a circa il 6 per cento del totale nazionale.

Secondo i dati dell’Osservatorio regionale, a fine 2011 la struttura commerciale in sede fissa dell’Emilia-Romagna si articolava su 74.165 esercizi per una superficie totale prossima ai 7 milioni di metri quadri. Gran parte degli esercizi è costituita da quelli di “vicinato”, in pratica i piccoli negozi per lo più ubicati nei centri urbani e a conduzione prevalentemente famigliare. A fine 2011 ne sono stati rilevati poco più di 70.000, vale a dire 1.614 ogni 100.000 abitanti, per una superficie totale di 3.766.646 metri quadri. Accanto ai piccoli esercizi esiste una variegata gamma di strutture più dimensionate. La classe di superficie da 151 a 250 metri quadri può contare su 3.886 esercizi, mentre quella da 251 a 400 ne registra 1.306. Negli altri ambiti più strutturati si contano 1.220 esercizi nella classe da 401 a 800 metri quadri e 786 in quella da 801 a 1.500 metri quadri. La grande distribuzione registra numeri più contenuti: gli esercizi da 1.501 a 2.500 metri quadri sono 168 per una superficie totale di oltre 355.000 metri quadri. Quelli con più di 2.500 metri quadri di superficie sono 128 con una superficie totale di quasi 673.000 metri quadri.

Più segnatamente la grande distribuzione può contare su 145 grandi superfici specializzate, 74 grandi magazzini, 40 ipermercati, 775 supermercati e 362 minimercati. Questi esercizi a fine 2010 davano lavoro a circa 36.000 persone, in maggioranza donne.

Secondo i dati Inps, nel 2011 i lavoratori autonomi sono risultati 184.702, equivalenti all’8,2 per cento del totale nazionale. Di questi, 158.267 sono titolari (7,8 per cento del totale Italia).

1.10.7 Il commercio estero. In termini assoluti, nel 2012 l'Emilia-Romagna, con quasi 49 miliardi e mezzo di euro di export, è la terza regione esportatrice con una quota del 12,7 per cento, alle spalle di Lombardia (27,7 per cento) e Veneto (13,1 per cento).

Se rapportiamo il valore dell’export al valore aggiunto ai prezzi di base di industria in senso stretto e agricoltura, che rappresenta una sorta di indice di apertura all’estero – i dati sono aggiornati al 2011 – l’Emilia-Romagna occupa la quarta posizione, alle spalle di Piemonte, Toscana, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia. Nel 2002 la regione si trovava al sesto posto.

L’Emilia-Romagna esporta prevalentemente prodotti metalmeccanici, che nel 2012 hanno rappresentato circa il 56 per cento del totale regionale. All’interno di questo composito settore si segnalano prodotti tecnologicamente avanzati quali i macchinari e attrezzature, la cui quota sul totale dell’export si è attestata al 30 per cento. In questo ambito è assai rilevante la quota delle

“altre macchine a impiego generale” (11,3 per cento) che comprendono la gamma del packaging.

Seguono i prodotti della moda (11,2 per cento), agro-alimentari (10,4 per cento) e della lavorazione dei minerali non metalliferi, nei quali sono inclusi i prodotti ceramici (7,1 per cento). C’è in sostanza un mix di alta tecnologia, prodotti tipici alimentari e italian style.

Le merci esportate prendono principalmente la via del continente europeo, che nel 2012 ha assorbito il 65,2 per cento dell’export regionale. Seguono Asia e America con quote rispettivamente pari al 15,6 e 13,3 per cento. Per l’Africa è stata registrata una percentuale pari al 4,4 per cento, che per il lontanissimo continente oceanico si riduce all’1,4 per cento. Rispetto al passato sta acquisendo sempre più importanza il mercato asiatico, mentre in ambito europeo sono i mercati extracomunitari ad apparire più dinamici. La quota della Ue a 27 paesi dal 64,5 per cento del 1995 è scesa al 54,5 per cento del 2012, mentre quella dei paesi extra-Ue è salita nello stesso arco di tempo dal 6,4 al 10,7 per cento. Il principale partner commerciale è la Germania che ha acquistato il 12,6 per cento delle merci emiliano-romagnole. Seguono Francia e Stati Uniti d’America con quote rispettivamente pari all’11,3 e 8,1 per cento.

1.10.8 La consistenza delle imprese. A fine 2012 sono risultate attive in Emilia-Romagna 424.213

1.10.8 La consistenza delle imprese. A fine 2012 sono risultate attive in Emilia-Romagna 424.213

Nel documento Consuntivo 2012 (1.4mb) (pagine 24-44)

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