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Sarebbe quasi imbarazzante essere costretti a parlare, a quasi 20 anni dal suo primo obbligo espresso – inserito nel nostro ordinamento giuridico dal d.lgs. n. 626 del 1994 – della valutazione dei rischi, se non fosse per il fatto che tale obbligo, che costituisce la pietra miliare dalla quale partire per costruire il sistema della sicurezza aziendale e che, di conseguenza, è stato sancito dal legislatore italiano come obbligo indelegabile del datore di lavoro, stenta ancora a trovare la sua corretta applicazione.

Queste brevissime riflessioni non possono che partire dalla lettura dell’articolo 13 della legge n. 161 del ottobre 2014, titolata “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”. 1

Questa legge modifica il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (a seguito della Procedura di infrazione della Commissione Europea n. 2010/4227) mediante le seguenti parole:

a) all’articolo 28, comma 3-bis, 2 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Anche in

caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell’adempimento degli obblighi di cui al comma 2, lettere b), c), d), e) e f), e al comma 3, e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»;

b) all’articolo 29, comma 3, 3 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Anche in caso

di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell’aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza». Che dire in proposito? Nulla, se non che il trucco “tutto italiano” di enunciare un obbligo ben preciso e di prevederne contestualmente lo strumento per eluderlo,

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1 Gazzetta Ufficiale, 10 novembre 2014, n. 261 - S.O. n. 8.

2 Comma inserito dal decreto modificativo n. 106 del 2009 e che prevedeva, in caso di costituzione

di nuova impresa, che il datore di lavoro fosse “tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi

elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività”.

3 Anch’esso inserito dal d.lgs. n. 106 del 2009 e che prevedeva la rielaborazione del DVR entro

non è sfuggito alla Commissione Europea che ci ha costretti, di fatto, a tornare alla prima versione del 2008.

Peraltro non va dimenticato che una serie di rinvii aveva concesso, fino al 31 maggio del 2013, a tutte le aziende fino a 10 lavoratori – che rappresentano una percentuale elevatissima delle imprese italiane – l’esonero dalla redazione del documento finale: lascio a chi ascolta, immaginare i risultati dell’efficacia di tale metodologia valutativa.

Nonostante queste premesse poco edificanti credo, però, che sia possibile dare per scontata la conoscenza ormai diffusa delle principali caratteristiche che il documento di valutazione dei rischi deve possedere:

a) che prenda in considerazione tutti i rischi aziendali a cui siano esposti i lavoratori, compresi quelli esposti a rischi particolari tra cui quelli collegati:

 allo stress lavoro correlato, secondo i contenuti dell’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004;

 allo stato di gravidanza delle lavoratrici;

 alla differenza di genere;

 alla provenienza da altri paesi;

 alla specifica tipologia contrattuale con cui viene resa la prestazione di lavoro; b) che la sua data sia “certa”;

c) che siano indicati i criteri adottati per la sua redazione;

d) che siano indicate le misure di prevenzione e di protezione già attuate;

e) che sia specificato il programma delle misure ritenute opportune per il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;

f) che siano indicati i nominativi del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, del rappresentate dei lavoratori per la sicurezza -che deve essere preventivamente consultato- e del medico competente, che deve collaborare alla sua redazione;

g) che siano individuate le mansioni che espongono i lavoratori a rischi particolari. Non sono così certo, invece, che sia ben chiara a tutti l’importanza del dettato della lettera d), dell’articolo 28 del d.lgs. n. 81 del 2008, il cui contenuto avrebbe, da solo, giustificata la emanazione del c.d. Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

In essa si precisa che il datore di lavoro, tra i suoi obblighi indelegabili, ha anche quello di individuare le “procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché i ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri”.

In altre parole si sancisce, in modo chiaro e preciso che la “progettazione” dell’intero sistema di valutazione dei rischi, con l’indicazione delle conseguenti attività di prevenzione e di protezione da mettere in atto, spetta in modo indelegabile al datore di lavoro.

Non è più giustificabile l’errore, troppe volte osservato, di considerare terminato il lavoro del datore di lavoro con la mera valutazione dei rischi, dal momento che il documento di valutazione dei rischi deve contenere anche le misure di prevenzione – che agiscono sulla probabilità dell’avvenimento – e quelle di protezione – che agiscono sulla gravità delle conseguenze- e per ciascuna di tali misure devono essere indicati:

a) il ruolo aziendale che vi deve provvedere;

b) le procedure mediante le quali esse devono essere attuate.

Ma che cos’è una procedura? La definizione che preferisco è, per la sua efficace sinteticità, quella dettata dalla Norma BS OHSAS 18001:2007 che letteralmente recita:

 “procedura: modo specificato di condurre un’attività o un processo”.

Dottrina e giurisprudenza hanno sottolineato, da sempre e a lungo, la natura fortemente “sistemica” del d.lgs. n. 81 del 2008, ma personalmente non sono

sicuro che le imprese che non abbiano adottato un vero e proprio Sistema di Gestione per la Salute e la Sicurezza dei lavoratori, abbiano capito il significato profondo di tale affermazione ed applichino in modo sistemico gli obblighi imposti dalla normativa di derivazione comunitaria ed in particolare quello, prioritario, della valutazione dei rischi.

Il documento conseguente alla valutazione dei rischi nasce, normalmente, dal lavoro prezioso e paziente, ma purtroppo quasi sempre solitario, del Servizio di Prevenzione e Protezione che, a norma dell’articolo 33, comma 1, lettera a, provvede:

a) all’individuazione dei fattori di rischio; b) alla conseguente valutazione dei rischi;

c) alla individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro;

il lavoro poi prosegue, ancora una volta troppo spesso in modo isolato, con l’elaborazione delle misure di prevenzione e protezione.

In altre parole, purtroppo, il documento di valutazione dei rischi, ancora oggi, non scaturisce da un processo valutativo sistemico, bensì dal lavoro isolato, di un servizio di staff che troppo spesso è lontano dalla linea produttiva e ciò avviene, nonostante la norma di legge dia indicazioni ben precise in senso contrario.

Per concludere queste brevissime considerazioni sulla valutazione dei rischi credo sia importante sottolineare che se è vero che l’onere di valutazione dei rischi è obbligo indelegabile del datore di lavoro – che vi provvede con l’ausilio del suo servizio di prevenzione e protezione e con la collaborazione del medico competente – è altrettanto vero che l’obbligo di portare a conoscenza del datore di lavoro i pericoli di cui siano venuti a conoscenza, spetta a tutta la linea produttiva, compresi i preposti e i lavoratori che, rispettivamente a norma degli articoli 19, comma 1, lettere f, e 20, comma 2, lettera e, del d.lgs. n. 81 del 2008, devono segnalare immediatamente al datore di lavoro “qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza”.

E indispensabile quindi che il documento di valutazione dei rischi – per cessare di essere un documento pesante e farraginoso e per diventare uno strumento

operativo di pianificazione degli interventi da attuare – rappresenti solo la

parte centrale di un processo più ampio, alla cui redazione e revisione partecipino

tutti i soggetti in grado di portare notizie utili al suo scopo e che, soprattutto, che

esso diventi un mezzo utile e dinamico per prevenire i rischi lavorativi e cessi di essere una mera formalità legislativa.

Debito di sicurezza e delega di funzioni nelle