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L'organizzazione del lavoro è da considerarsi un processo dinamico ed in continua evoluzione, come un processo che insegue e si modella sulla base delle esigenze dell’area di Business che l’azienda persegue, nonché su quelle dei mercati internazionali.

Per queste ragioni, per le compagnie caratterizzate da una marcata diversificazione del Business ed una elevata frammentazione geografica, il processo organizzativo si rende particolarmente complesso e di non facile rappresentazione. In questi casi, scaturisce la necessità di creare un sistema organizzativo/gestionale il più possibile mirato ad una gestione coordinata ed ottimizzata di alcune funzione aziendali, nel pieno rispetto delle diversità del Business (c.d. Divisioni o business division), giungendo così ad implementare un sistema organizzativo splittato su più livelli. Nel caso in analisi, al fine di meglio uniformare e monitorare alcune attività, la compagnia ritiene opportuno suddividere l’organizzazione anzitutto sulla base di diverse funzioni:

a) funzioni specifiche, legate al business e quindi connesse a: - tipologia di produzione;

- aspetti tecnici di qualità; - gestione specifica del mercato;

b) funzioni di supporto, cioè funzioni che nonostante le diversità tecniche del business svolgono un’attività che interessa e coinvolge indistintamente ciascuna divisione. Ne sono degli esempi la contabilità, la gestione delle risorse umane (HR), l’IT e l’EHS.

Tutte le funzioni, specifiche e di supporto, sono rappresentate a livello Corporate onde garantire una valutazione di impatto tecnico-organizzativo globale, in aggiunta ad un coordinamento generale. Per le sole funzioni di supporto, il compito della corrispondente funzione a livello Corporate si fa meno formale e più sostanziale poiché assurge al ruolo di vera e propria cabina di regia della funzione. Pertanto, si può ben parlare di un primo livello gestionale riservato al Corporate, composto da esperti per ogni area gestionale.

Tali funzioni Corporate, hanno lo scopo di:

a) supportare le organizzazioni locali per ogni necessità;

c) definire gli indicatori di performance (KPI’s, con lo scopo di confrontare i risultati delle differenti organizzazioni locali utilizzando gli stessi parametri); d) definire un piano di audit interne per monitorare il rispetto delle Policy di gruppo;

e) favorire l’interscambio delle conoscenze tecniche e delle metodologie applicate. Uno dei documenti strategici emessi dal Corporate e di sicuro interesse ai fini di questa disamina è il Codice di Condotta rivolto a tutti i dipendenti del gruppo che, in ragione della propria attività lavorativa, si interfacciano con enti pubblici, fornitori, partecipano a gare, etc., ossia coloro che l’art. 6 del d.lgs. n. 231/2001 definisce “soggetti apicali”.

Il Codice di Condotta descrive dettagliatamente le modalità di interfaccia con i soggetti esterni alla propria organizzazione, al fine di non incorrere in violazioni delle diverse normative nazionali.

In Italia, il Codice di Condotta Corporate è parte integrante del codice di condotta inerente al modello organizzativo 231 implementato a livello di Country.

Tornando ai livelli di organizzazione del lavoro, oltre al menzionato primo livello Corporate della compagnia, vi è un livello gestionale locale, che ha la responsabilità di:

a) dare seguito ed applicazione alle Policy del gruppo definite a livello centrale; b) adempiere alla compliance legale della relativa Country;

c) monitorare gli indicatori di performance individuati dai livelli organizzativi superiori.

Ad interstizio tra questi due livelli, si colloca la Divisione: un livello organizzativo intermedio che ingloba una serie di funzioni cuscinetto tra il livello superiore e quello inferiore.

In particolare, a livello di “business division” si procede con l’adattamento delle strategie globali definite dal Corporate alle specificità della singola divisione, dalle caratteristiche omogenee.

All’atto pratico, questa caratterizzazione avviene mediante la definizione di policy settoriali nonché di indicatori di performance che tengano conto degli specifici parametri del business.

L’organizzazione della sicurezza sul lavoro riflette inevitabilmente ed interamente la complessità organizzativa anzi esposta per l’intera compagnia, in cui il flusso informativo ed organizzativo nasce dalla funzione corporate e finisce nell’unità lavorativa finale, passando attraverso una business division, oltre che dai condizionamenti legislativi e normativi internazionali, nazionali e locali.

Pertanto, al livello Corporate, in ambito di ambiente e sicurezza sul lavoro, sono presenti specialisti in materia di ambiente, prevenzione incendi, rischio biologico, chimico, etc. che si occupano di definire standard, linee guida ed indicatori di performance validi per tutte le unità del gruppo, a prescindere dalla divisione cui queste appartengono.

Al secondo livello, di division business, invece, la funzione si preoccupa di canalizzare ed adattare quanto stabilito dal livello superiore alle specificità del settore. Con questo obiettivo, vengono definite ulteriori policy, linee guida e KPI’s valevoli per tutte e sole le business unit facenti capo a quella divisione.

A livello locale, la figura che assicura l’implementazione nella singola unità di quanto definito ai livelli superiori è il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) o EHS Manager.

Nominato dall’A.D. in qualità di Datore di Lavoro, a cui riporta periodicamente sull’operato dell’unità per cui è stato nominato, l’RSPP/EHS manager di fatto riporta al Direttore di sito o unità organizzativa, soggetto quest’ultimo che riveste la posizione di dirigente delegato per la sicurezza.

È questo l’assetto organizzativo in materia EHS che si è individuato come più consono per l’adozione ed implementazione del modello organizzativo conforme sia al d.lgs. n. 81/2008 in materia di sicurezza sul lavoro, che al d.lgs. n. 231/2001 in merito alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.

In questo modo, vengono meglio evidenziate e delineate le responsabilità dei vertici aziendali circa la sicurezza sul lavoro; ciò contribuisce allo sviluppo di una maggiore presa di coscienza da parte dell’AD, tale da indurlo ad avocare a sé la carica di datore di lavoro, e quindi provvedere direttamente alla nomina e al controllo dei Responsabili della sicurezza sul lavoro, diversamente dalla diffusa prassi, che fa ricadere tale nomina in capo al direttore/responsabile di ciascuna singola unità aziendale.

Traendo le fila del discorso, l’organizzazione della sicurezza sul lavoro (e non solo) in contesti complessi e strutturati quali sono quelli di aziende multinazionali, porta il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ad essere direttamente collegato, a seconda dei casi gerarchicamente e funzionalmente, al:

a) Amministratore Delegato in quanto Datore di Lavoro; b) Direttore dell’unità organizzativa di appartenenza; c) Referente o Bussiness Partner di Divisione; d) Referente o Bussiness Partner Corporate.

Un Sistema organizzativo certamente complesso, di tipo a matrice, che richiede all’intero management una visione gestionale che travalica l’unità organizzativa di cui fa parte.

A corollario della descritta gestione della sicurezza sul lavoro, ogni sito/business unit della compagnia si è volontariamente dotato di uno schema di certificazione in accordo alle norme OHSAS 18001 (Occupational Health and Safety Assessment Series), che assicura al Datore di Lavoro la supervisione dall’operato dei propri incaricati (nominati e delegati) da parte di un ente terzo.

Tuttavia, il conseguimento della certificazione in oggetto e quindi la conformità allo schema OHSAS 18001, non esclude che in capo al Datore di Lavoro permanga comunque le responsabilità per culpa in vigilando (oltre che quella in eligendo) nei confronti del proprio nominato quale Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione.

Inoltre, ancora più inappropriato sarebbe considerare o paragonare la conformità ed il rilascio di una certificazione OHSAS 18001, o la verifica periodica effettuata dell’ente stesso, allo stesso livello e di pari valore giuridico della verifica svolta dall’Organismo di Vigilanza, richiesta per la validità applicativa del modello organizzativo 231. Se pur avendo ad oggetto la stessa materia e coinvolgendo i medesimi soggetti aziendali, infatti, possiedono un diverso approccio nelle modalità di svolgimento di dette verifiche in campo.

In altri termini, la verifica effettuata da parte dell’ente di certificazione, se pur terzo rispetto all’organizzazione, contrariamente a quella riservata all’O.d.V., mira ad una semplice verifica di conformità documentale ed applicativa dei requisiti della norma cui volontariamente l’organizzazione ha aderito, mentre non si preoccupa di verificare, taluni aspetti, quali ad esempio le modalità di ottenimento di alcune autorizzazioni, che invece rappresentano il presupposto per una violazione del d.lgs. n. 231/2001 e per la configurazione del relativo reato.

Secondo Focus