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2. INTRODUZIONE

2.10. L’alcaloide SANGUINARINA

La sanguinarina (SA; 13-methyl[1.3]benzodioxolo[5,6,-c]-1,3-dioxolo[4,5-i] phenanthradinium) è un alcaloide benzofenantridinico di origine naturale presente in alcune Papaveraceae come Chelidonium majus, Sanguinaria canadensis (radice), ma anche Poppy fumaria, Bocconia frutescens, e Macleaya cordata. E’ presente in due forme: la forma di catione quaternario (forma imminica) e quella neutra di alcanolammina (Figura 12). Le due forme sono interconvertibili tra loro e la conversione della forma imminica in quella di alcanolammina, in seguito ad una reazione di idrossilazione, conferisce alla SA maggiore lipofilicità. Utilizzando tecniche spettrofotometriche e spettrofluorimetriche, è stato osservato come la sanguinarina mostri un equilibro pH-dipendente tra la forma imminica (carica) e quella di alcanolammina (neutra). In particolare, la prima è presente in un pH con un range di 1.0–6.0 e la seconda in un pH di range 8.5–11.0 (Maiti et al., 2006).

Figura 12. Formazione della forma neutra (II) per idrossilazione di quella cationica (I) sul

37 Studi di fluorescenza in vivo hanno dimostrato come la sanguinarina, principalmente nella sua forma cationica, sia in grado di inibire la Na+/K+-ATPasi, probabilmente legandosi ai gruppi –SH di quest’enzima, fondamentali per la sua attività (Janovská et

al., 2010). Inizialmente era stato riportato come entrambe le forme, imminica e

alcanolammina, fossero in grado di intercalarsi tra le basi del DNA alterandone la struttura (Smekal et al., 1984); successivamente, questa conclusione è stata contradetta da Sen e Maiti in seguito ai risultati ottenuti dagli spettri di assorbimento e fluorescenza, dicroismo circolare, temperatura di melting e viscosità. Essi conclusero che la forma di alcanolammina non era in grado di legare il DNA a causa della sua neutralità e della struttura non planare. Tuttavia, è stato osservato che in presenza di elevate concentrazioni di DNA, la forma neutra veniva trasformata in quella cationica formando, così, un complesso con il DNA (Figura 13) (Maiti et al., 2006).

Figura 13. Conversione della sanguinarina in forma di alcanolammina nella forma imminica, in

presenza di elevate concentrazioni di DNA, e formazione del complesso intercalante (Maiti et

38 L’alcaloide sanguinarina viene impiegato in campo umano principalmente come componente ad azione antibatterica, antifungina ed antinfiammatoria in prodotti per l’igiene orale (dentifrici e colluttori). Numerosi studi in vitro, infatti, hanno ampiamente dimostrato come il trattamento con sanguinarina riduca le infiammazioni gengivali e la formazione della placca sopragengivale (Southard et al., 1984). Riguardo i possibili meccanismi d’azione è stato anche dimostrato che la sanguinarina, alla concentrazione di 16 μg/ml inibisce il 98% dei microbi isolati dalla placca dentaria umana (Dzink e Socransky, 1985) e che la sanguinarina e lo zinco agiscono sinergicamente nel sopprimere la crescita di diversi ceppi orali di streptococco e di actinomiceti (Eisenberg

et al., 1991). L’inclusione della sanguinarina nei comuni prodotti per l’igiene orale è

stata approvata dalla FDA ma negli ultimi anni la Colgate-Palmolive Company ha deciso di eliminare l’alcaloide dai suoi prodotti Viadent® in quanto è stata dimostrata un’associazione tra l’utilizzo di tali prodotti, contenenti sanguinarina, e il rischio di sviluppare leucoplachia, patologia del cavo orale caratterizzata dall’insorgenza di placche biancastre spesso asintomatiche ma che potrebbero mutare e diventare maligne (Mascarenhas et al., 2001). In particolare in questo studio, effettuato da Mascarenhas et

al., (2001), è stato affermato come i consumatori di prodotti Viadent® abbiano un

rischio 9,7 volte in più rispetto a coloro che non li utilizzano, di sviluppare questa patologia. Per cui, ad oggi, l’inclusione della sanguinarina nei prodotti per l’igiene orale è una questione controversa. Inoltre, la sanguinarina è contenuta all’interno di un additivo comunemente aggiunto al mangime per animali, il Sangrovit®. E’ stato osservato che bovini, suini e pesci alimentati con Sangrovit® crescono molto più rapidamente rispetto ai controlli; la sanguinarina che viene assunta, infatti, sembra incrementare l’assorbimento del cibo favorendo, quindi, la crescita degli animali

39 (Tschirner et al., 2003; Tschirner, 2004). Rawling et al., (2009) hanno valutato gli effetti dell’assunzione di Sangrovit® sul pesce Oreochromis niloticus, la tilapia del Nilo dimostrando come il trattamento favorisca la crescita degli animali senza alterare i parametri epatici, immunologici ed ematologici. La sanguinarina è attiva, inoltre, contro il protozoo Ichthyophthirius multifiliis, parassita olotrico dei pesci (Yao, 2010). Per le sue proprietà antiparassitarie, infatti, è considerata un potenziale agente chemioterapico per il trattamento della schistosomiasi (Zhang e Coultas, 2013), parassitosi causata da Platelminti del genere Schistosoma che colpisce circa 200 milioni di persone l’anno, diffusa soprattutto in Africa e in America meridionale. Dal 2013 la sanguinarina è considerata una valida alternativa al praziquantel che da 30 anni è l’unico farmaco utilizzato per il trattamento di questa malattia (Seubert et al., 1977). E’ stato dimostrato, infatti, come la sanguinarina sia in grado di causare la distruzione del tegumento e la paralisi del parassita, probabilmente agendo sul sistema nervoso (Zhang e Coultas, 2013), attraverso un meccanismo dose-dipendente. Inoltre, la sanguinarina ha dimostrato di avere proprietà antinfiammatorie sia in vitro che in vivo (Niu et al,. 2012). In particolare, essa inibisce l’attivazione della MAPK (mitogen-activated protein kinase) che svolge un ruolo importante durante il processo infiammatorio in quanto regola la sintesi dei mediatori dell’infiammazione ed il loro rilascio in vitro, in seguito a fosforilazione da parte di citochine pro-infiammatorie prodotte dai macrofagi attivati (Niu et al., 2012). La sanguinarina, quindi, altera l’espressione di alcuni mediatori dell’infiammazione quali istamina, serotonina e prostaglandine responsabili della vasodilatazione e dell’aumento della permeabilità vascolare. L’attività antinfiammatoria di quest’alcaloide è correlata alla sua capacità antiangiogenetica. L’angiogenesi è indispensabile perché si instauri l’infiammazione e nella maggior parte dei casi dipende

40 da VEGF. La sanguinarina sopprime in modo marcato la migrazione indotta da VEGF, la crescita e la sopravvivenza delle cellule endoteliali in vitro, in maniera dose- dipendente (10-300 nM) (Eun e Koh, 2004). La soppressione dell’angiogenesi indotta dalla sanguinarina è stata dimostrata anche in vivo (nel topo “Matrigel plugs” e nella membrana corionallantoidea degli embrioni di pollo). Essa agisce sopprimendo la fosforilazione basale della proteina kinasi B e VEGF-indotta, mentre non produce alcuna alterazione sull’attivazione di ERK1/2 e PLCγ1 indotta da VEGF (Eun e Koh, 2004). Inoltre, dati di letteratura dimostrano come la sanguinarina inibisca l’espressione di specifiche metalloproteinasi (MMP-2, MMP-9), in cellule tumorali umane, riducendone l’invasività ed impedendo, quindi, eventi di metastatizzazione (Choi et al., 2009). A concentrazioni micromolari, inoltre, è un potente inibitore del fattore di trascrizione nucleare NF-kB, che svolge un ruolo molto importante nella regolazione dell’infiammazione modulando l’espressione di geni che codificano per citochine, molecole di adesione cellulare e fattori di crescita. Numerosi studi in vitro hanno dimostrato le proprietà antiproliferative della sanguinarina che è in grado di causare l’arresto del ciclo cellulare limitando, così, la proliferazione delle cellule tumorali. E’ stato osservato in cellule muscolari come la sanguinarina induca l’arresto del ciclo cellulare in fase G1 attraverso un meccanismo dose-dipendente. In particolare, quest’alcaloide inibisce l’attività dei complessi CDK4/ciclina D e CDK2/ciclina E impedendo la progressione del ciclo cellulare (Lee et al., 2008). Inoltre, cellule trattate con sanguinarina mostrano up-regolazione di p27, regolatore negativo dei complessi CDK/ciclina. La down-regolazione delle cicline E, D1 e D2 e delle chinasi ciclina- dipendenti 2, 4 e 6 è stata anche descritta come possibile meccanismo d’azione della sanguinarina nell’inibire la proliferazione e la crescita in cellule del cancro alla prostata

41 (Adhami et al., 2004) suggerendo come tale alcaloide possa essere utilizzato nel trattamento di patologie tumorali. La capacità antiproliferativa della sanguinarina si realizza anche attraverso un ulteriore meccanismo: essa causa la depolimerizzazione dei microtubuli perturbando l’organizzazione dei cromosomi in cellule HeLa sia in interfase che in mitosi, inibendo la proliferazione ed inducendo la morte delle cellule stesse. La depolimerizzazione dei microtubuli avviene perché la sanguinarina lega covalentemente la tubulina causando modificazioni irreversibili sulla sua struttura secondaria; in particolare, l’alcaloide copolimerizza con la tubulina determinando la formazione di polimeri di tubulina (Lopus e Panda, 2006). L’interesse verso la sanguinarina, quale agente antiproliferativo, ha indotto ad investigare anche circa le possibili interazioni con la cromatina. E’ stato dimostrato come il legame della sanguinarina alla cromatina causi modificazioni epigenetiche quali l’inibizione della metilazione di H3K4 e H3R17 e l’inibizione dell’acetilazione degli istoni sia in vivo che in vitro (Selvi et al., 2009). Alterazioni nella regolazione epigenetica sono generalmente correlate con alcune patologie come il cancro; infatti, gli enzimi coinvolti nella modificazione della cromatina sono ad oggi considerati dei possibili target nella terapia contro i tumori. Quale agente chemioterapico, la sanguinarina induce apoptosi nelle cellule tumorali, limitando la progressione del tumore ed, in ultima analisi, la metastatizzazione. E’ stato ampiamente dimostrato come la sanguinarina induca apoptosi nelle cellule tumorali attraverso tre meccanismi (Figura 14) (Maliková et al., 2006):

 Arresto del ciclo cellulare in seguito all’inibizione dei complessi CDK/ciclina;

 Inibizione dell’attivazione del fattore NF-kB;

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Figura 14. Induzione dell’apoptosi mediata dalla sanguinarina attraverso tre differenti pathways: inibizione dell’attivazione di NF-kB; arresto del ciclo cellulare; danno al mitocondrio

43 La sanguinarina, infine, riduce la vitalità cellulare attraverso un meccanismo dose- dipendente; è in grado di indurre apoptosi nelle cellule del carcinoma dell’epidermide a dosi di 1-2-5 μM; in cheratinociti, invece, l’effetto necrotico si manifesta solo con l’impiego di dosi maggiori (10 μM) (Eun e Koh, 2004). In conclusione, quest’alcaloide è stato ampiamente studiato non solo per essere un potente agente antimicrobico ed antinfiammatorio ma anche per le sue proprietà antiproliferative ed antitumorali e per questo ampiamente utilizzato nell’ambito della nutraceutica.

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