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Alcune riflessioni in merito alla sentenza del Bundesverfassungsgericht

2. La Germania

2.5 Alcune riflessioni in merito alla sentenza del Bundesverfassungsgericht

BUNDESVERFASSUNGSGERICHT

Una decisione così radicale in un ambito tanto delicato come quello della libertà di manifestazione del pensiero, benché riguardi espressioni spiacevoli o inaccettabili per la maggior parte dei membri della società, è riconducibile, da un lato alla teorizzazione del contenuto e dei limiti della libertà di pensiero nell’ordinamento tedesco, dall’altro al dibattito storico-politico incentrato sull’atteggiamento

94 L’art. 5, cpv. 1, per. 1 della Legge Fondamentale stabilisce che: «Jeder hat das Recht, seine Meinung in Wort,

Schrift und Bild frei zu äußern und zu verbreiten und sich aus allgemein zugänglichen Quellen ungehindert zu unterrichten».

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La sentenza ha stabilito che: «Auch eine mit Art. 5 Abs. 1 Satz 1 GG unvereinbare Überdehnung der

Anforderungen an die Wahrheitspflicht hinsichtlich des Tatsachenkerns der Äußerung ist von diesem Abwägungsergebnis nicht zu besorgen. Die Begrenzung der Sorgfaltspflicht, von der das Bundesverfassungsgericht im Interesse der freien Kommunikation sowie der Kritik- und Kontrollfunktion der Medien ausgeht, bezieht sich auf Tatsachenbehauptungen, deren Richtigkeit im Zeitpunkt der Äußerung noch ungewiß ist und sich nicht binnen kürzester Frist aufklären läßt».

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Letteralmente: «Sie kommt aber nicht dort zur Geltung, wo die Unwahrheit einer Aussage bereits feststeht, wie

problematico e conflittuale del popolo tedesco di fronte ai crimini compiuti durante il regime nazionalsocialista97.

L’assenza di un’opposizione interna di carattere insurrezionale, il diffuso – anche se non totale – consenso98 al regime, il condizionamento della vita politica e culturale, ha contribuito, secondo alcuni autori99, a rendere difficoltosa un’immediata ed automatica eliminazione dei fattori costitutivi del nazismo nella Germania successivamente alla seconda guerra mondiale.

La difficoltà di risolvere politicamente il problema dell’eredità del nazismo e la necessità di rimuovere drasticamente ideali politici e di vita accolti per anni, costituiscono fattori che possono parzialmente spiegare la necessità di rimuovere, rielaborare ed evitare il ripresentarsi di quel “passato che non vuole passare”100. La stessa formazione della Costituzione di Bonn è riconducibile da un lato alla necessità di una cesura netta e radicale con il passato e dall’altro all’esigenza che esso funga da monito per l’avvenire.

97 Sul punto si veda G.BOGNETTI, Europa in crisi - Due studi su alcuni aspetti della fine della III Rep. francese e

della Rep. di Weimar, Milano, Giuffrè, 1991, p. 143 e ss. L’Autore parla di «un sostanziale inganno subito dal

popolo tedesco, e in prima fila dalla sua borghesia», di «una trappola in cui senza volerlo si infilarono». In particolare, egli afferma che «non sembra esservi dubbio che l’appoggio dato al nazionalsocialismo, prima e dopo la conquista del potere, non includeva, per la grande maggioranza di coloro che lo diedero, il mandato a procedere all’aggressione bellica dell’intero mondo [...] e allo steminio totale degli ebrei. In Germania, gli storici cd. “revisionisti” da vari anni vengono ponendo giustamente in luce i netti limiti dell’adesione popolare al nazionalsocialismo, dai più dei tedeschi certamente frainteso. L’adesione prestata da milioni di persone prima al movimento e poi al regime contemplava sì il sacrificio delle libertà politiche, ma come pegno per la restaurazione e il consolidamento di un tradizionale ordine civile. Il consenso alla politica antiebraica poteva spingersi sino alla approvazione di moderate misure discriminatorie in materia di capacità e diritti civili, ma non oltre». L’Autore prosegue poi ricordando come «il popolo tedesco, privato di ogni strumento di controllo politico sul governo, fu guidato di passo in passo, là dove anche coloro che avevano, negli ultimi anni di Weimar, appoggiato l’ascesa di Hitler e, applaudito ai suoi successi, mai avrebbero in maggioranza voluto. Alla fine i passi compiuti misero molti tedeschi di fronte a terribili dilemmi morali, sullo sfondo di una catastrofe senza eguali».

98

Come riportato da G.BOGNETTI, Europa in crisi, cit., p. 144, nota 23, il consenso all’indirizzo politico dei nazionalsocialisti nacque da «un fatale fraintendimento»: i brutti scopi per cui il nazionalsocialismo fu alla fine utilizzato erano celati, per gran parte della popolazione, sotto la maschera esercitata dall’attrazione della nuova politica.

99 Cfr. M.C.VITUCCI, Olocausto, capacità di incorporazione, cit. p. 3390. L’Autrice ricorda che la frantumazione dei gruppi politici e sociali in conseguenza della repressione operata dal regime ha impedito lo sviluppo di un’opposizione di carattere insurrezionale, paragonabile a quella di altri Stati europei. Si osservi che tuttavia non sono mancate iniziative di nuclei antinazisti: si pensi alla Rote Kapelle, al circolo studentesco die Weisse Rose, al fallito attentato ad Hitler. Un ruolo particolare hanno assunto anche la Chiesa Cattolica (enciclica Mit brennender

Sorge di Papa Pio XI) e la Chiesa evangelica. Per quanto concerne la controversa questione se sia esistita una

Resistenza tedesca si veda E.COLLOTTI, La Germania nazista, Torino, Einaudi, 1965, p.284 e ss.

100

L’espressione si riferisce al titolo del volume di G.E.RUSCONI, Germania: un passato che non passa. I

crimini nazisti e l’identità tedesca, Torino, Einaudi, 1987, passim, il quale a sua volta riprende il noto articolo di

E.NOLTE,Vergangenheit, die nicht vergehen will (Il passato che non vuole passare), pubblicato il 6 giugno 1986

sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. E’ doveroso rammentare che proprio tale articolo ha dato avvio in Germania al cd. Historikerstreit. L’espressione è ripresa anche da A.DI GIOVINE, Il passato che non passa, cit.;V. PIRRO, Germania: un passato che non passa, in Nuovi studi politici, 1995, fasc. 2, p. 29-34; M.C.VITUCCI,

Olocausto, capacità di incorporazione, cit. p. 3390, la quale fa notare che proprio la presenza del peso del passato

aiuta a meglio comprendere la ratio di episodi, come il noto caso Jenninger, il Presidente del Bundestag accusato di rivalutare la dittatura nazionalsocialista per aver parlato durante il discorso ufficiale di commemorazione della notte dei cristalli del “fascino del nazismo”.

Sulla stesura di tale documento influì in modo determinante l’esperienza della repubblica di Weimar, democratica, ma rilevatasi inerme di fronte ai nemici della democrazia: si pensi al fatto che proprio grazie all’art. 48 della Costituzione di Weimar, Hitler poté proclamare lo stato d’assedio civile, emanare ordinanze di necessità per ristabilire l’ordine e la sicurezza pubblica, nonché sospendere gli stessi diritti fondamentali.

I costituenti di Bonn vollero quindi creare una “wehrhafte Demokratie”, una democrazia in grado di difendersi, proprio nel senso di non permettere il ripetersi dell’uso di strumenti offerti dalla democrazia stessa ai fini della distruzione dell’ordinamento liberal-democratico.

Il radicato bisogno di proteggersi, particolarmente sentito in questa democrazia, permette di leggere sotto una luce diversa molti articoli della Legge Fondamentale101: si pensi all’art. 1, secondo il quale i diritti fondamentali sono vincolanti come diritto immediatamente vigente, all’art. 18, che prevede la perdita dei diritti fondamentali nei confronti di chi abusa della libertà di manifestazione del pensiero per combattere l’ordinamento liberal-democratico, o all’art. 21, che prevede l’incostituzionalità dei partiti e la possibilità del loro scioglimento, nel caso in cui essi si prefiggano l’eliminazione dell’ordinamento liberal-democratico.

Di questa attenzione per la tutela dei diritti fondamentali costituisce un risvolto processuale la Verfassungsbeschwerde, il ricorso diretto del singolo, che può proporsi contro qualsiasi atto del pubblico potere da parte di chiunque sia stato leso in uno dei diritti fondamentali tassativamente enumerati dall’art. 90 c. 1 della legge sul Tribunale Costituzionale federale.

La diretta tutelabilità costituzionale dei diritti fondamentali non ha poi impedito che in quasi mezzo secolo di attività del Bundesverfassungsgericht, la “difesa dell’ordinamento fondamentale liberaldemocratico” abbia talvolta permesso compressioni dei Grundrechte in via interpretativa102.

La necessità di costituire una democrazia protetta e la tutela rafforzata dei diritti fondamentali costituiscono una peculiarità della situazione tedesca che deve essere

101

Tali articoli costituiscono un vero e proprio sistema di difesa costituzionale (Verfassungschutz).

102

Si pensi a quanto avvenuto negli anni ’50 con le due notissime sentenze di scioglimento del partito neonazista (S.R.P.) e del partito comunista (K.P.D.), ove di fronte al potenziale conflitto tra il sistema dei partiti e la libertà di manifestazione del pensiero è stata sacrificata quest’ultima. Come osservato in dottrina la Corte in tali casi è stata “arbitra più che garante dei diritti fondamentali”. Cfr. M. C. VITUCCI, Olocausto, capacità di

tenuta ben presente nell’affrontare il tema del rapporto dei limiti alla libertà di manifestazione del pensiero in questo ordinamento.

Ogni sistema crea infatti un delicato equilibrio costituzionale dove la maggiore o minore tutela delle libertà fondamentali e la maggiore o minore tutela dei fattori d’integrazione della comunità politica statale devono correlarsi con il significato che in quel sistema può assumere l’atto di tolleranza, con il grado di coesione politico istituzionale della collettività e quindi con la capacità di un dato Stato di sopportare il dissenso, in un dato momento storico103.

In linea di massima è chiaro che quanto è più stabile l’equilibrio di una comunità statale, tanto meno pressante è la necessità di reagire a comportamenti o manifestazioni di pensiero potenzialmente eversivi, impedendoli autoritativamente. Si comprende pertanto come la logica dell’incorporazione del dissenso104, accolta in molte sentenze della Corte Suprema statunitense, non possa essere recepita dalla Corte di Karlsruhe. Quest’ultima, viceversa, non può che guardare con sospetto quella funzione, per così dire terapeutica105, della libertà di manifestazione del pensiero, di cui si è già accennato precedentemente, capace di condurre, per mezzo del pubblico dibattito all’isolamento e al progressivo annullamento delle idee aventi una portata antidemocratica.

Nell’ordinamento tedesco, così come in quello austriaco, si avverte in modo molto evidente la sensazione di trovarsi di fronte ad una vera e propria risposta normativa ai rischi teorizzati dal cd. “paradosso della tolleranza”, secondo il quale una società tollerante può tollerare molti, ma non tutti, e cioè non coloro che possono costituire un potenziale pericolo per la stessa tolleranza106. Historia magistra vitae.

103

M.C.VITUCCI, Olocausto, capacità di incorporazione, cit. p. 3392.

104

Tale logica è stata accolta ad esempio nella celebre decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti nel caso

Texas v. Johnson del 21 giugno 1989, (n. 88-155). Si rammenta che tale sentenza ha ritenuto il cd. flag burning

protetto dal Primo Emendamento della Costituzione americana.

105

P. CARETTI, Manifestazione del pensiero, cit., p. 123.

106