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La risposta degli ordinamenti sovranazionali: premessa

La dottrina pressoché unanime riconosce nell’internazionalizzazione uno dei dati che più spiccatamente ha caratterizzato l’evoluzione della tutela dei diritti umani nell’ultima parte del ventesimo secolo. Tale fenomeno è riconducibile temporalmente alla conclusione del secondo conflitto mondiale e trova la propria

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E.FRONZA, Profili penalistici del negazionismo, cit., p. 1038.

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A. MERLI, Democrazia e diritto penale – Note a margine sul cosiddetto negazionismo, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2008, p. 53 e ss.

origine nell’esigenza di riaffermare la dignità umana, brutalmente conculcata negli anni immediatamente precedenti25.

L’importanza peculiare del ruolo svolto dalla libertà di manifestazione del pensiero, tra gli altri diritti fondamentali, viene messa in particolare evidenza nel discorso alla Nazione, pronunciato dal Presidente Roosevelt il 6 gennaio 1941: essa è la prima delle “quattro libertà”26, seguita dalla libertà religiosa, dalla libertà dalla miseria, dalla libertà dalla paura. Di tali libertà è richiesto con forza il riconoscimento da parte di tutte le Nazioni.

Soltanto con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, il difficile tentativo di enucleare alcuni diritti fondamentali ritenuti patrimonio intangibile di ogni essere umano giungerà a compimento.

La libertà di pensiero viene sancita dall’art. 18 della Dichiarazione il quale stabilisce che «ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti», mentre la libertà d’espressione viene sancita dal successivo art. 19, il quale dispone che «ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere». La formulazione della libertà d’espressione è in chiave assoluta, ma il carattere del documento è esclusivamente dichiarativo. Esso, tuttavia, costituisce il primo positivo riconoscimento dei valori fondamentali comuni ed è il modello di tutti gli strumenti di tutela internazionale dei diritti adottati successivamente27.

Amplissimo è l’elenco degli strumenti normativi – vincolanti e non – e dei sistemi di garanzia elaborati dalla comunità internazionale nel corso degli anni, da un canto per sancire e tutelare la libertà d’espressione e, dall’altro, per ovviare al fenomeno di

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L. MONTANARI, I diritti dell’uomo nell’area europea tra fonti internazionali e fonti interne, Torino, Giappichelli, 2002, p. 6 e ss.

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Più precisamente Roosevelt affermò: «In the future days, which we seek to make secure, we look forward to a

world founded upon four essential human freedoms. The first is freedom of speech and expression, everywhere in the world».

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abuso di detta libertà, nonché a quello delle manifestazioni di pensiero in grado di fomentare forme di discriminazione razziale.

Non pare questa la sede idonea per analizzare tale elenco28. Appare piuttosto preferibile prendere le mosse dall’individuazione degli strumenti internazionali che più da vicino riguardano la nostra indagine, per ricercare in essi eventuali riferimenti, diretti o indiretti, alla repressione del negazionismo, nonché per osservarne la legittimazione alla luce del principio della libertà di manifestazione del pensiero. Nel paragrafo seguente si prenderà in considerazione il diritto internazionale generale, per proseguire nei paragrafi successivi all’esame dell’ambito europeo, con particolare riguardo alla posizione assunta dal Consiglio d’Europa e dall’Unione Europea. E’ da evidenziare sin da ora che la condanna del fenomeno negazionista viene espressa, sia a livello sovranazionale che europeo, attraverso l’adozione di strumenti giuridici che disegnano linee di politica criminale per gli Stati, volte a sanzionare ed inquadrare le condotte negazioniste, di regola, nell’ambito dell’istigazione all’odio razziale e della prevenzione del razzismo.

Dall’analisi di tali documenti emergerà immediatamente come le ipotesi in cui è ravvisabile una matrice razzista evidente sono accostate a quelle che appaiono sotto le sembianti di una ricostruzione storiografica obiettiva rispettosa del criterio della continenza formale. Ancora, i termini razzismo, xenofobia, istigazione all’odio, antisemitismo vengono spesso accostati l’uno all’altro, impiegati in qualità di sinonimi o interscambiati tra loro, senza operare nessun distinguo. Parimenti avviene anche per quanto concerne le condotte negazioniste vietate: le ipotesi di mera negazione vengono poste sullo stesso piano della giustificazione e della minimizzazione.

L’inquadramento fornito dal corpus normativo internazionale che tende ad assimilare negazionismo e razzismo, con le approssimazioni sopra evidenziate, è stato trasposto in sede di recezione e d’attuazione a livello nazionale, caratterizzando la normativa di molti ordinamenti europei e divenendone al contempo lo scudo legittimante.

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Per maggiori approfondimenti si rinvia a E.STRADELLA, Libertà di espressione politico simbolica e i suoi

limiti: tra teorie e “prassi”, Torino, Giappichelli, 2008, p. 81 e ss.; L.SCAFFARDI, Oltre i confini, cit., p. 13 e ss.; F.MASSIAS, La liberté d’expression et le discours raciste ou révisionniste, in Revue Trimestrielles des Droits de

Sullo sfondo si delinea, così, sempre più nitidamente un processo di “fortificazione”29 della democrazia, in cui si erge, quale nuova roccaforte in costruzione, un ampliamento della nozione di antisemitismo30 e d’incitamento all’odio razziale, mirante a ricomprendere non solo i comportamenti ad essi tradizionalmente riconducibili, ma anche nuove forme più sottili e meno evidenti. Queste ultime non appaiono antisemite nella loro formulazione astratta, bensì nella teorica manifestazione dei loro effetti, i quali possono portare come presunta conseguenza, diretta o indiretta, al verificarsi di episodi di violenza e alla fomentazione dell’odio razziale31.