Esistono numerose evidenze empiriche che dimostrano come il costrutto dell'Alessitimia sia strettamente legato alle caratteristiche psicopatologiche tipiche dei disturbi alimentari (Bruch, 1973; Speranza e coll., 2007; La Marra e coll., 2009). La difficoltà a riconoscere ed esprimere il proprio vissuto emotivo risulta infatti una caratterista fondamentale nei quadri di Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA), in grado di esacerbare l’incapacità di gestire autonomamente gli stati interni e la tendenza a ricorrere a modalità disadattive, quali dissociazione, acting-out e comportamenti compulsivi (Caretti, Craparo, 2005). Per diversi Autori, infatti, il disturbo alimentare può essere concettualizzato come una “strategia” che ha una finalità di autoregolazione degli stati emotivi disturbanti (Guidano, 1992; Liotti; 2001). Inoltre, i “disturbi della regolazione affettiva” (Taylor e Bagby, 2007) si manifestano frequentemente in comorbilità tra loro, con un conseguente peggioramento della funzionalità del soggetto nelle diverse aree della propria vita, da quella privata a quella lavorativa e sociale. Un esempio è la frequente sovrapposizione diagnostica riscontrata tra disturbi alimentari e depressione, disturbi d’ansia o disturbi della personalità, quali il Disturbo Borderline, anch’esso inseribile tra i disturbi della regolazione delle emozioni (Porcelli, 2004).
Fondamentale all’interno dei disturbi della regolazione affettiva è l’azione della dissociazione come meccanismo di coping disadattivo, funzionale all'allontanamento del soggetto dalla realtà e da stati emotivi intolleranti (Steinberg, 2006) che può rappresentare, oltre che un fattore di vulnerabilità per l'insorgenza di disturbi nel funzionamento personale e relazionale, anche un fattore di mantenimento ed esacerbazione di varie psicopatologie, quali i DCA. Secondo il modello della dipendenza patologica esposto da Caretti e Craparo (2005), che si riferisce a tutte quelle patologie in cui si osservano comportamenti compulsivi di dipendenza, i due fattori che agiscono in interazione reciproca e influenzano tali sintomi sarebbero il tratto alessitimico e la dissociazione. Gli Autori riconoscono alla base di una predisposizione all’insorgenza di questi disturbi una storia di esperienze traumatiche vissute nell’infanzia,
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relazioni infantili insicure e un deficit di simbolizzazione associato all’incapacità di leggere gli stati mentali propri e altrui.
Questo insieme di variabili, accomunate dalla caratteristica di determinare nell’individuo l’impedimento ad accedere al proprio mondo interiore (per regolarlo e utilizzarlo come guida per il proprio comportamento anche relazionale), interagiscono tra loro, non solo provocando la patologia, ma, probabilmente, contribuendo al suo mantenimento o alla sua esacerbazione. Numerosi contributi della ricerca supportano l'esistenza di una relazione tra dissociazione e disturbi alimentari (Beato, 2003; Hallings-Pott e coll., 2005).
Diversi risultati empirici sembrano evidenziare sintomi dissociativi più frequenti in soggetti con diagnosi di DCA rispetto ai controlli; in particolare, i sintomi dissociativi sarebbero più frequenti nei quadri sindromici accompagnati da abbuffatte e condotte di eliminazione (Demitrack e coll.,1990; Waller, 2003, La Mela, 2010). Inoltre, aspetti dissociativi quali amnesia o derealizzazione sono stati evidenziati durante gli episodi di abbuffate (Demitrack e coll., 1990).
I più recenti filoni di ricerca sull'Alessitimia stanno cercando di chiarire la relazione tra dissociazione, deficit nell'espressione del vissuto emotivo ed esperienze infantili invalidanti: Taylor (2010) evidenzia come numerose ricerche su studenti universitari e campioni con patologia hanno dimostrato una correlazione tra abuso infantile o “neglect” e la “difficoltà a identificare le emozioni” della TAS-20 (Goldsmith e Freyd, 2005, Joukamma e coll., 2008, Topciu e coll., 2009).
Tali osservazioni empiriche sembrano confermare l'esistenza di una “patologia nascosta”, sottostante a diverse sindromi riconosciute dai sistemi internazionali di diagnosi, definita da van der Kolk (1996; 2005) come “Disturbo Post-Traumatico dello Sviluppo”, caratterizzato da disregolazione emotiva e degli impulsi, disturbi nella percezione di sé e marcata Alessitimia. Ulteriori studi dovranno verificare tale ipotesi teorica, anche al fine di elaborare programmi terapeutici efficaci. Infatti, come sottolineato da Liotti e Farina (2011), il mancato riconoscimento di sintomi dissociativi ed esperienze traumatiche cumulative sottostanti, si assocerebbero ad una non risposta ai trattamenti standard, normalmente efficaci nel trattamento dei disturbi psicopatologici.
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Obiettivi
Obiettivo del lavoro è quello di valutare l'eventuale presenza nel campione oggetto di studio di alcune caratteristiche psicopatologiche frequentemente riscontrate nei soggetti con diagnosi di Disturbo del Comportamento Alimentare e che rappresentano fattori di rischio, di vulnerabilità e di mantenimento della psicopatologia. Nello specifico, l'interesse è rivolto alle possibili correlazioni tra le variabili misurate, al fine di osservare come la complessità del quadro patologico del Disturbo Alimentare possa variare notevolmente all’aggiungersi di caratteristiche sindromiche solitamente trascurate in fase diagnostica e nell'impostazione dei trattamenti psicoterapeutici e riabilitativi.
Esperienze traumatiche perpetuate nel tempo e fattori individuali come stili relazionali e presenza di caratteristiche alessitimiche possono incidere sull’esacerbazione del sintomo alimentare e sull’utilizzo disfunzionale di altre strategie di difesa ad esso correlate, quale la dissociazione.
Quindi, gli obiettivi dello studio sono:
• indagare l’eventuale presenza di caratteristiche alessitimiche e sintomi dissociativi nel campione considerato;
• indagare gli stili di attaccamento in un ottica dimensionale;
• indagare l’eventuale presenza di eventi traumatici auto-riferiti nella storia di sviluppo;
• verificare se esistono correlazioni tra attaccamento insicuro, alessitimia, sintomi dissociativi ed eventi traumatici.
Campione
Il campione considerato è costituito da donne e due uomini (N=21), con un range di età compreso tra i 18 e i 30 anni (M=21,90; DS= ±4,1), affetti da Disturbo Alimentare non direttamente attribuibile ad una specifica condizione medica o ad una particolare patologia endogena. Ulteriori caratteristiche cliniche del campione sono descritte nei Risultati dello studio.
Procedura
Il campione selezionato è stato reclutato da una popolazione clinica di pazienti, afferenti al Centro di riferimento Regionale per i Disturbi del Comportamento Alimentare, presso l’Unità Operativa del Policlinico Sant’Orsola di Bologna.
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minorenni afferenti al reparto. I partecipanti sono stati quindi reclutati tra i pazienti seguiti in una condizione di day-hospital quotidiano e tra quelli afferenti all’ambulatorio per la presa in carico e gli incontri di follow-up periodici.
Durante la presentazione del progetto di ricerca, ad ogni partecipante è stato chiesto di leggere ed eventualmente sottoscrivere sia il proprio consenso a partecipare al progetto di ricerca, sia un documento che attestava il consenso informato al trattamento dei dati forniti esclusivamente a scopo di ricerca scientifica, come prevede il Decreto Legislativo n. 196 del 30/06/2003 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”).
Durante la compilazione, il paziente è stato libero di porre domande su qualsiasi punto poco chiaro. A causa della presenza del test per la misurazione del trauma, che valuta la presenza di eventi traumatici nella storia del soggetto, prima di iniziare la compilazione, è stato informato il paziente della possibilità di lasciare in bianco le parti che riteneva per qualsiasi motivo difficili da compilare. Due soggetti del campione hanno preferito non compilare l'inventario sulle esperienze traumatiche.