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Alte Ceccato, da campagna urbanizzata a bangla-town del Nord-Est

Nel documento — corpi al lavoro (pagine 78-81)

Lavoro salariato e ricongiungimento familiare nella diaspora bangladese in Italia

1 Alte Ceccato, da campagna urbanizzata a bangla-town del Nord-Est

Alte Ceccato, frazione di Montecchio Maggiore, provincia di Vicenza: ieri, una distesa di campi attorno all’incrocio di due statali, in un tempo in cui i figli della classe lavoratrice erano costretti a emigrare e le fabbriche si contavano sulle dita di una mano; oggi, tratto globalizzato dello sprawl

rururbano1 veneto che si sussegue industrializzato adagiandosi ai piedi

del più importante distretto conciario europeo – quello della Valle del Chiampo. Con una manodopera composta per circa il 50% da lavoratori di origine immigrata, il distretto vicentino della concia era responsabile – fino all’avvento della crisi economica – dell’1% del PIL nazionale, realizzando il 50% della produzione italiana, con un fatturato che raggiungeva i 3 miliardi di euro annui.

1 Con l’espressione rururbano si intende quella continuità insieme rurale e urbana tipica

del nordest italiano. Si tratta di un termine già in uso nelle lingue iberiche (spagnolo e portoghese), neologismo in italiano.

Un sistema produttivo di tali dimensioni non poteva che esercitare una fortissima azione attrattiva per ampi strati di forza-lavoro provenienti da

tutto il territorio nazionale e dall’estero. L’area,2 infatti, è caratterizzata da

un tasso di presenze immigrate tra i più alti dell’intera regione e lo stesso Montecchio Maggiore rappresenta uno dei comuni della Penisola a più alto tasso percentuale di residenti immigrati (20%). Ciò anche in virtù della forte concentrazione nella frazione di Alte, dove i cittadini immigrati e di origine immigrata rappresentano circa un terzo dei suoi 6.804 abitanti e

di questi oltre il 50% è originaria del Bangladesh,3 coerentemente con il

consolidamento di questa immigrazione in Italia.

L’immigrazione bangladese nella Penisola è un fenomeno relativamente recente che comincia a diventare una realtà consistente dalla prima metà

degli anni ’90 fino a esplodere nel decennio successivo.Anche se i primi

arrivi di bangladesi in Italia risalgono agli anni ’70, anni in cui l’Italia si stava trasformando da paese di emigrazione a paese di immigrazione, è a partire dagli anni ’80 che molti giungono sulla sponda settentrionale del Mediterraneo, anche a causa della chiusura delle frontiere di altre nazio-ni europee (Francia e Repubblica Federale Tedesca in primis) (cfr. Priori 2012) e in concomitanza con le profonde trasformazioni economiche e so-ciali e il turbolento scenario politico che si stavano delineando nel paese

di origine.4 Per tutti gli anni ’70 e ’80 la loro presenza rimane comunque

irrisoria e concentrata nella capitale: molto spesso si tratta di migranti di passaggio (con la speranza di transitare verso altre nazioni europee o

2 Nel territorio compreso tra Montecchio Maggiore, Arzignano, Chiampo e Lonigo la

per-centuale di popolazione immigrata raggiunge valori altissimi, attestandosi su quote superio-ri al 20% e registra lo straordinasuperio-rio incremento delle presenze della collettività bangladese, composta per il 38% da donne e caratterizzata da un altissimo tasso di concentrazione.

3 Secondo l’ufficio statistico comunale, i 1.106 bangladesi residenti non solo costituiscono

il 74% dei connazionali presenti sul territorio comunale ma anche il 51% della popolazione straniera della frazione e il 16% dell’intera popolazione residente. A essi va ad aggiungersi «un alto numero di ospiti non registrati nelle schede dell’anagrafe» come testimonia un impiegato dell’anagrafe comunale (intervista, 14-01-2010, Montecchio Maggiore). I dati, in-fatti, non tengono conto degli immigrati che hanno acquisito la cittadinanza italiana, delle persone in condizioni di irregolarità e di quelle ospitate e/o domiciliate senza residenza.

4 Il Bangladesh nasce come Stato indipendente nel 1971 a seguito di una sanguinosissima

guerra di indipendenza dal Pakistan. Successivamente il giovane paese soffre una serie di cruenti colpi di Stato e crisi politiche per tutto il corso degli anni ’70, arrivando a una feroce dittatura militare nei primi anni ’80. Nonostante l’instaurazione di una formale democrazia parlamentare negli anni ’90, lo scenario politico è rimasto contraddistinto da una profonda instabilità e gli scontri fra le forze di governo non si sono mai placati. Alla guida del paese (che è stato anche teatro di attentati terroristici) si sono alternati continuamente i due partiti di maggioranza; questa continua alternanza ha comportato una serie di periodiche epurazioni ed esecuzioni extra-giudiziarie, che hanno fomentato un clima di terrore e diffi-denza, ed è sfociata in tensioni sociali che si esprimono frequentemente in violenti scioperi generali che portano alla completa paralisi della vita quotidiana (cfr. Chossudovsky 2003; Muhammad 2007; Van Schendel 2009).

oltreoceano, in Canada o negli Stati Uniti) e comunque di ‘pionieri’ (cfr. Priori 2012).

Sono gli anni ’90 che qualificano l’Italia come destinazione importante: se dopo la sanatoria del 1986 (L.943/86 detta ‘Legge Martelli’) il numero dei permessi di soggiorno rilasciati a cittadini bangladesi superava a ma-lapena le cento unità, con la sanatoria del 1990 (L. 39/90) diventano quasi 4.000, per arrivare a oltre 70.000 all’inizio degli anni 2000 (cfr. Priori 2012). Oggi quella bangladese costituisce la sesta collettività non comu-nitaria per numero di presenza in Italia e conta tra le 80.000 e le 120.000

presenze (cfr. Caritas italiana – Fondazione Migrantes 2012).5

Quanto alla distribuzione territoriale di questi migranti, questa era tutt’altro che omogenea: essi si concentravano quasi esclusivamente a Roma dove, secondo il censimento del 1991, risiedeva il 92% dei bangla-desi in Italia (cfr. King, Knights 1994; King, Knights 1998; Knights 1996a; 1996c). In questi anni l’insediamento dei bangladesi nella capitale è stato tanto rapido da rendere tale ‘comunità’ una delle più grandi in Europa, seconda solamente a quella di Londra. Gli anni ’90 si sono contraddistinti anche per la dispersione sul territorio nazionale degli immigrati bangladesi che – in possesso di un regolare documento di soggiorno ottenuto mediante i ripetuti provvedimenti di sanatoria che continuano a cadenzarsi con

an-damento quasi quadriennale6 – hanno lasciato la capitale, un contesto che

permetteva loro, in quanto irregolari, di mimetizzarsi entro le fitte maglie della collettività dei connazionali.

Iniziano, così, a nascere diverse banglatown in molte realtà di provin-cia: consistenti collettività di immigrati bangladesi che trovano stabilità lavorativa e residenziale in contesti locali, solitamente a ridosso di grossi centri industriali nelle regioni settentrionali. Tra questi contesti è

possi-bile annoverare quello della Castellana7 entro il quale, appunto, si trova

anche il Comune di Montecchio Maggiore e, soprattutto, la sua frazione, Alte Ceccato.

5 Per ulteriori approfondimenti circa l’immigrazione bangladese in Italia, l’autore rimanda

anche al report How Bangladeshi migrant workers in Northern Italy access and adapt to local

labour markets: Problems and opportunities for pre-departure training, frutto di una ricerca

finanziata da Terres des Hommes Italia e da Warbe Development Foundation.

6 Come accennato precedentemente, diverse sanatorie sono state varate tanto con la L.

40/98, quanto con la L. 189/02 (cfr. Colombo, Sciortino 2002).

7 È così chiamata l’area adagiata ai piedi dei colli sui quali sorgono i castelli di Bella

2 Da immigrazione ‘da lavoro’ a immigrazione ‘da popolamento’:

Nel documento — corpi al lavoro (pagine 78-81)