La disamina intorno all’alternativa che si offre agli Organi della procedura in punto di continuità o cessazione delle attività aziendali, allorché il concorso dei creditori sia dichiarato aperto, postula una riflessione – già introdotta nei precedenti capitoli – sulla ratio della liquidazione giudiziale e sugli scopi che il legislatore della riforma ha voluto coltivare.
È fuori dal dibattito che il Codice della crisi e dell’insolvenza, in piena conti- nuità con le opzioni politiche e giuridiche sostenute dalla precedente legislazione, assuma la tutela dei creditori quale principio fondamentale nonché parametro di riferimento per l’articolazione delle varie soluzioni proposte, sia quanto alle proce- dure dismissive sia quanto ai c.d. quadri di risanamento o di ristrutturazione del debito178. L’art. 4 CCII manifesta una chiara indicazione in tal senso, lì dove, al
momento di enumerare i doveri del debitore, pare funzionalizzare gli obblighi di condotta del soggetto esercente l’impresa insolvente o in stato di crisi al solo bene- ficio dei creditori. In particolare, al co. 2, lett. c), è specificato che, durante le pro- cedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza, l’impresa debba essere gestita
178 Cfr. F. D’ANGELO, Introduzione alla riforma delle procedure concorsuali: la nuova liqui-
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“nell’interesse prioritario dei creditori”. Per quanto l’utilizzo del termine “priorita- rio” presupponga l’esistenza di altri “interessi” cui assoggettare gli obblighi di con- dotta del debitore – e, in un senso più lato, la mission delle procedure – è evidente che gli altri stakeholders non possono che essere collocati in una posizione di mar- cata subalternità. Per la dottrina intervenuta sul tema la “gerarchia fra gli interessi” protetti è chiara179, principalmente per due ragioni, strettamente connesse: da un
lato la prioritaria e prevalente attenzione riservata al “migliore soddisfacimento dei creditori” trae forza dalla tradizione e di fronte alla storia secolare degli obiettivi del diritto della crisi, di cui si è offerto una breve ricognizione nel Cap. I, qualsiasi altro interesse dichiarato rilevante non può che tentare di introdursi con discrezione sia nel dibattito dottrinario e giurisprudenziale sia nel tessuto normativo; da altro lato, la tutela dei creditori non è una mera coordinata storica con cui gli interpreti moderni debbono misurarsi al solo fine di comprendere l’evoluzione del sistema, dacché il legislatore del 2019-2020 – come si è appena visto e come verrà ripetuto soprattutto in sede di analisi dell’art. 84 CCI, nel Cap. IV – continua ad eleggere testualmente quale finalità principale delle procedure d’insolvenza la salvaguardia del credito.
In tale quadro si muove la scelta in ordine alle sorti dei complessi aziendali, che dunque deve essere letta e interpretata quale predicato del superiore principio della tutela “prioritaria” degli interessi dei creditori. Solo se il tasso di recovery assicurato dalla continuità sia superiore a quello dell’alternativa liquidatoria, il CCII consente la conservazione dei complessi produttivi e autorizza le Parti a tentare la via del risanamento attraverso la prosecuzione dell’attività aziendale. Tale indicazione di carattere generale trova conferma negli istituti che appresso verranno meglio ana- lizzati.
Quanto alle prospettive che si offrono per i rapporti di lavoro è del tutto evidente che la continuità del compendio aziendale si muove sulla stessa lunghezza d’onda della tutela dell’occupazione e del mantenimento dei posti di lavoro180, dal mo-
mento che non può esservi tutela per il lavoro se e quando viene meno la sede stessa di esecuzione delle prestazioni professionali.
179 D. GALLETTI, Sulla gerarchia fra gli interessi tutelati dal diritto concorsuale: soddisfaci-
mento dei creditori, ristrutturazioni aziendali e conservazione dell’occupazione, in DLRI, 2020, II,
p. 251 ss.; S. DE MATTEIS, L’emersione anticipata della crisi d’impresa. Modelli attuali e prospet-
tive di sviluppo, Giuffrè, 2017, p. 62 ss.
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La liquidazione giudiziale non è, pertanto, la procedura in cui meglio viene va- lorizzata la continuità occupazionale181, al pari di quanto accade per il fallimento
nel vigore della legge fallimentare, posto che le norme dedicate alla regolazione dell’esercizio dell’impresa in liquidazione o delle fattispecie circolatorie si preoc- cupano solo incidentalmente dei rapporti di lavoro. D’altronde essa, al pari del fal- limento, non è preordinata alla ristrutturazione né alla promozione del going con-
cern e, sebbene questi ultimi non siano ormai scopi del tutto estranei della proce-
dura dismissiva182, essa soffre una certa inadeguatezza nella gestione delle attività
produttive, giacché, con lo spossessamento , un soggetto almeno astrattamente do- tato delle capacità per esercitare l’impresa – cioè il debitore – viene sostituito dal curatore, ossia un professionista, dotato delle capacità tecniche per elaborare e por- tare a termine un progetto di liquidazione, ma non delle abilità proprie di chi am- ministra una realtà imprenditoriale.
Il CCII, in materia di trasferimento d’azienda183, replica talune regole già con-
tenute nella legge fallimentare, quasi esattamente mutuate nel nuovo corpus nor- mativo. Gli artt. 212 e 214 riproducono in sostanza i contenuti degli artt. 104-bis e 105 l. fall., per i quali restano valide le osservazioni rese nel Cap. I. In caso di affitto o vendita dell’azienda, oltre all’applicazione della disciplina di cui all’art. 47, L. n. 428/90, le garanzie assicurate dal legislatore si riducono – pertanto – a quelle indi- cazioni per cui: a) secondo l’art. 212, co. 2, “La scelta dell’affittuario deve tenere conto, oltre che dell’ammontare del canone offerto, delle garanzie prestate e della attendibilità del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli occupazionali”, con tutti i limiti che la disposizione porta con sé, dal momento che il mantenimento dei posti di lavoro non può rappre- sentare il criterio prevalente, essendo la soddisfazione dei creditori – e non la tutela dei posti di lavoro – il fine precipuo delle procedure d’insolvenza; b) a mente dell’art. 214, co. 1, “La liquidazione dei singoli (…) è disposta quando risulta pre-
181 P. TULLINI, Tutela dei lavoratori e garanzia dell’occupazione nella liquidazione giudiziale
dell’impresa, in RGL, 2019, IV, p. 595; M.L. VALLAURI, La tutela dell’occupazione nel nuovo Co-
dice della crisi e dell’insolvenza dell’impresa, in LD, 2020, II, pp. 311 ss.
182 A. CAIAFA, I rapporti di lavoro nel codice della crisi e della insolvenza. Tu-tela dell’occu-
pazione, licenziamenti e misure di reimpiego, in NDS, 2018, III, p. 609 ss.
183 P. LAMBERTUCCI, Circolazione d’impresa e rapporti di lavoro, in ADL, 2018, p. 25 ss.; R.
COSIO, op. cit., p. 477; A. PRETEROTI, Il principio di continuità dei rapporti di lavoro nella disci-
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vedibile che la vendita dell’intero complesso aziendale, di suoi rami, di beni o rap- porti giuridici individuabili in blocco non consenta una maggiore soddisfazione dei creditori”, con evidente beneficio – seppure indiretto – per i lavoratori, posto che, essendo collocata la vendita atomistica dei beni strumentali facenti capo all’azienda sul terreno della residualità, risulta più probabile la conservazione dell’azienda come entità unitaria, insieme con i rapporti di lavoro ad essa riferibili.
L’interesse del ceto creditorio è sempre prevalente e ciò secondo una linea di continuità, dal tratto spesso e ben riconoscibile, che collega, nel solco della tradi- zione, il “nuovo” Codice con la “vecchia” Legge. La riforma Rordorf non ha, per- ciò, dato luogo ad alcun sommovimento radicale nel mondo del diritto della crisi, sebbene la nuova filosofia cui sono ispirate talune delle soluzioni adottate dal legi- slatore lasci trasparire una rinnovata e prima assente, certo talvolta timida ma co- munque apprezzabile, attenzione per gli interessi socialmente rilevanti c.d. ulteriori. Non sempre la nuova filosofia perseguita si è tradotta in norme il cui contenuto tecnico possa descriversi come parimenti soddisfacente, soprattutto per ciò che ri- guarda, in riferimento alla liquidazione giudiziale, la materia dei rapporti pendenti.
Atteso ciò, la disamina non potrà che concentrarsi sulla fase dello scioglimento del rapporto di lavoro, sulla sua diversa e articolata fenomenologia e sulle relative norme limitative, ma non senza aver prima inquadrato la figura dell’esercizio dell’impresa del debitore in liquidazione.
2. Dall’esercizio provvisorio all’esercizio dell’impresa del debitore in liquida-