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Lo studio circa l'esistenza di densità per le leggi dei processi soluzioni di equazioni dierenziali stocastiche in dimensione innita si estende nelle ap- plicazioni a seconda della tipologia di equazione con cui si ha a che fare. I risultati ottenuti in questo lavoro si riferiscono, come più volte si è ricorda- to, alle equazioni nel senso di Da Prato-Zabczyk le quali rappresentano una classe signicativa di equazioni. Infatti, molti problemi dierenziali appa- rentemente estranei ad essa vi si possono ricondurre utilizzando speciche tecniche di calcolo. Un esempio storicamente importante e ben noto è dato dall'equazione delle onde, nella sua versione stocastica (vedere anche [18]).

L'equazione delle onde, descritta per t ≥ 0 e ξ ∈ R da ∂2u

∂t2(t, ξ) =

∂2u ∂ξ2(t, ξ)

è stata la prima equazione alle derivate parziali ad essere formulata e studiata, nei lavori di D'Alambert, Bernoulli e Eulero. Esistono numerose generaliz- zazioni del problema, comprese versioni non lineari su domini

∂2u ∂t2(t, ξ) = d X i,j=1 ai,j(ξ) ∂2u ∂ξ∂ξj (t, ξj) − | ∂u ∂t(t, ξ)| p−2∂u ∂t(t, ξ) + f (u(t, ξ)) con opportune condizioni al bordo. I primi risultati su delle versioni stoca- stiche del problema delle onde si sono visti studiando per t > 0 e ξ ∈ D l'equazione

∂2u

∂t2(t, ξ) = ∆u(t, ξ) +

∂tW (t, ξ)

dove W è un Q-moto browniano a valori in L2(D)con Q operatore diagonale

di traccia nita e ∆ è l'operatore laplaciano.

In questa sezione lavoreremo sul problema in un insieme limitato D ⊂ Rd

con frontiera sucientemente regolare, dato da          ∂2u ∂t2(t, ξ) = ∆u(t, ξ) + b(u(t, ξ), ∂u ∂t(t, ξ)) ∂W ∂t (t, ξ), per ξ ∈ D, t ∈ [0, T ] u(t, ξ) = 0, per ξ ∈ ∂D, t ∈ [0, T ] u(0, ξ) = u0(ξ), per ξ ∈ D ∂u ∂t(0, ξ) = v0(ξ), per ξ ∈ D

dove W è un moto browniano standard e il termine di diusione b soddisfa la condizione di crescita data da

|b(ξ1, ξ2)|2 ≤ C12(|ξ1|2+ |ξ2|2)

e la seguente condizione di lipschitzianità

|b(ξ1, ξ2) − b(η1, η2)|2 ≤ C22(|ξ1− η1|2+ |ξ2− η2|2).

I valori iniziali u0 e v0 sono presi in W1,2(D) ed L2(D), rispettivamente.

Quello che adesso vogliamo far vedere è che l'equazione può essere riscritta come un'equazione nel senso di Da Prato-Zabczyk, facendo delle opportune sostituzioni in modo da passare di fatto a un sistema di due equazioni del primo ordine. In particolare l'equazione data è equivalente alla seguente coppia di equazioni per ξ ∈ D e t ∈ [0, T ]:

( ∂u ∂t(t, ξ) = v(t, ξ) ∂v ∂t(t, ξ) = ∆u(t, ξ) + b(u(t, ξ), v(t, ξ)) ∂W ∂t (t, ξ)

In questo caso il laplaciano ∆ è considerato con dominio D(∆) = W2,2(D) ∩ W01,2(D)

Deniamo ora sullo spazio di Hilbert H = D((−∆)12) × L2(D) = W1,2(D) × L2(D) l'operatore A = 0 I ∆ 0  con dominio D(A) = D(∆) × D((−∆)1

2) = (W2,2(D) ∩ W1,2

0 (D)) × W1,2(D).

Tale operatore è il generatore di un C0-gruppo limitato su H, grazie al quale

è possibile riformulare il problema con la seguente equazione dierenziale stocastica

(

dUt = AUtdt + B(Ut)dWt

U (0) = U0

dove W qui è un moto Browniano cilindrico a valori in L2(D), la funzione

B : H → H è denita da Bf g  =  0 b(f, g)  e U0 = u0 v0 

Proposizione 4.2.1. Sia b con le ipotesi prese sopra. Allora la mappa B : H → H è ben denita e lipschitziana con Lip(B) ≤ Lip(b).

Dimostrazione. Per ogni (f, g), (f0, g0) ∈ H si ha

||B(f, g) − B(f0, g0)||2H= Z D |b(f (ξ), g(ξ)) − b(f0(ξ), g0(ξ))|2dξ ≤ ≤ C2 2 Z D (|f (ξ) − f0(ξ)|2+ |g(ξ) − g0(ξ)|2)dξ ≤ C22(||f − f0||2 2+ ||g − g 0||2 2) ≤ ≤ C2 2||(f − f 0 , g − g0)||2H= C22||(f, g) − (f0, g0)||H

da cui segue la lipschitzianità di B come applicazione da H ad H con Lip(B) ≤ Lip(b).

Diremo che un processo adattato u : [0, T ] × Ω × D → R è una soluzione mild dell'equazione delle onde se U(t, ω) =  u(t, ω, ·)∂u

∂t(t, ω, ·)



appartiene ad H ∀(t, ω) ∈ [0, T ] × Ω e il processo associato U : [0, T ] × Ω → H è una soluzione mild dell'equazione nel senso di Da Prato-Zabczyk.

Teorema 4.2.2. Con le ipotesi fatte sopra, l'equazione delle onde originale ammette un'unica soluzione mild.

Dimostrazione. Per la Proposizione precedente, l'operatore B associato a b è lipschitziano. Inoltre, l'operatore A è il generatore di un C0-gruppo su H.

Siamo pertanto sotto tutte le ipotesi del Teorema 1.5.1, che ci permette di concludere che il problema ammette un'unica soluzione mild.

A titolo di esempio, arontiamo esplicitamente il caso lineare su R con un'equazione del tipo

∂2u ∂t2(t, x) = ∂2u ∂x2(t, x) + 2 X i=1 hi ∂W ∂t (t, x) dove h1 = e− x2 2 e h2 = xe− x2

2 . Procedendo con le sostituzioni analizzate

precedentemente, si arriva all'equazione nel senso di Da Prato-Zabczyk dUt= AUtdt + B(Ut)dWt con A =  0∂2 1 ∂x2 0  e B(f, g) =  0 h1+ h2 

. Cerchiamo condizioni anché valga il Teorema di Hörmander, ossia anché scelto U0 =

u0 v0



valga che D(U0) sia denso in H. Come abbiamo già visto negli esempi nali del terzo

capitolo relativi relativi alla casistica lineare, si ha che

D(U0) = Span(h1, h2, Ah1, Ah2, . . . , Anh1, Anh2, . . . ).

Osserviamo che in generale per n ≥ 1 vale An=            0 ∂x∂n−1n−1 ∂n+1 ∂xn+1 0 ! se n dispari ∂n ∂xn 0 0 ∂x∂nn ! se n pari

Pertanto per ogni n ≥ 1 esisterà un polinomio di grado pari Pne un polinomio

di grado dispari Dn tali che

An 0 h1  = An 0 e−x22 ! =            0 ∂x∂n−1n−1 ∂n+1 ∂xn+1 0 ! 0 e−x22 ! = Pn(x)e −x2 2 0 ! se n dispari ∂n ∂xn 0 0 ∂x∂nn ! 0 e−x22 ! = 0 Pn(x)e− x2 2 ! se n pari

An 0 h2  = An 0 xe−x22 ! =            0 ∂x∂n−1n−1 ∂n+1 ∂xn+1 0 ! 0 xe−x22 ! = Dn(x)e −x2 2 0 ! se n dispari ∂n ∂xn 0 0 ∂x∂nn ! 0 xe−x22 ! = 0 Dn(x)e− x2 2 ! se n pari Per costruzione D(U0) è denso in H, dunque per il Teorema 3.0.4 si ha

l'esistenza della densità.

Un altro problema formulabile riguardo l'esistenza o meno di densità di so- luzioni di equazioni dierenziali stocastiche è dato dalla seguente situazione. Consideriamo un'equazione dierenziale stocastica del tipo

drt= Artdt + f dBt

sullo spazio di Hilbert H = H1(R), dove A = d

dx è il generatore innitesimale

del gruppo delle traslazioni. A dierenza dell'ipotesi generale del Teorema di Hörmander, chiediamo in questo caso che il sottospazio D(r0) sia denso

solamente in H1

0([0, 1]). Questo tipo di modellizzazione tiene conto dunque

del fatto che il noise viene pensato al tempo iniziale a supporto contenuto in un intervallo specico, in questo caso [0, 1]. Quello che ci si propone è studiare la propagazione del noise lungo il semiasse positivo, attraverso l'esistenza o meno della densità per opportuni funzionali calcolati nel processo soluzione dell'equazione. In particolare, sia l = (l1, . . . , ld) il vettore di funzionali

linearmente indipendenti denito da li(r) =

Z R+1

R

φi(x)r(x)dx

con R > 1 e φi funzioni reali lisce, per i = 1, . . . , d. In particolare è naturale

domandarsi per quali T il vettore (li(rT))di=1 ha densità. Congetture sensate

potrebbero ad esempio essere quelle che aermano che per T > R + 1 la densità esiste, mentre non esiste per T < R − 1. In quest'ultimo caso infatti, se si considera una soluzione (rt)te la si restringe all'intervallo [R − T, +∞),

moralmente essa risolve un'equazione apparentemente deterministica del tipo drt = (Art+ µ(rt))dt

con dato iniziale r0 ristretto a [R − T, +∞), e se così fosse non ci sarebbe

densità.

Una risposta a un problema analogo a questo, almeno nella versione lineare è data considerando l'equazione

drt= Artdt + hdBt

dove h ha supporto nell'intervallo [0, 1] e il sottospazio generato dalle Anh è

denso in H1

0([0, 1]). La soluzione dell'equazione è data da

rt = r0+

Z t

0

e−(t−s)AhdBs.

Ci si chiede analogamente a prima se (li(rt))di=1ha densità rispetto alla misura

di Lebesgue se per i = 1, . . . , d, li è della forma

li(rt) = c0+ Z R Z t 0 e−(t−s)Ah(x)dBsφi(x)dx = Z t 0 Z R h(x − (t − s))φi(x)dxdBs

con φilinearmente indipendenti a supporto contenuto nell'intervallo [R, R+1]

e t > R − 1.

Deniamo per s, t ≥ 0 e per i = 1, . . . , d la quantità his,t = Z R (x − (t − s))φi(x)dx per cui si ha li(rt) = Z t 0 his,tdBs.

Osserviamo che, per come sono state denite h e φi, il supporto di li(rt) è

contenuto in {x > R|x − (t − s) < 1, 0 ≤ s ≤ t}. Per cui condizione necessaria per l'esistenza della densità è data da R − t − s < 1 e dunque, per s = 0, la condizione attesa t > R − 1.

Riciclando la dimostrazione del Teorema 3.0.4 l'esistenza della densità si basa sull'invertibilità della matrice di Malliavin M i cui elementi sono

Mij =

Z t

0

his,thjs,tds

per i, j = 1, . . . , d. Verichiamo dunque che sia denita positiva. Sia u = (ui)i=1,...,d∈Rd. Allora si ha

< u, M u >=X i,j uiMijuj = Z t 0 X i,j uihis,th j s,tujds = = Z t 0 (X i,j Z R h(x − (t − s))uiφi(x)dx Z R h(x0− (t − s))ujφj(x0)dx0)ds =

= Z t 0 ( Z R h(x−(t−s)) d X i=1 uiφi(x)dx)2ds = Z t 0 ( Z R e−(t−s)Ah(x) d X i=1 uiφi(x)dx)2ds.

Se ora tale forma quadratica fosse uguale a 0, per densità di Span((Anh) n),

si troverebbe, derivando l'equazione, che Pd

i=1uiφi(x)è ortogonale ad

H01([R, R + 1]) e quindi nullo. Per indipendenza lineare dei φi si conclude

dunque che la matrice risulta essere strettamente positiva.

Risolto pertanto questo semplice caso, è ragionevole pensare a cosa cam- bierebbe nella variante di tale problema che prevede, oltre ad Art nel drift,

la comparsa di un termine generico f(rt), mantenendo invece la linearità per

la parte di rumore. La nostra congettura in merito, data la natura del pro- blema, è che la risposta all'esistenza o meno della densità rimanga invariata rispetto al caso precedentemente analizzato nel dettaglio.

Appendice A

Spazi di Fréchet e campi vettoriali

In questa Appendice vogliamo sistemare alcune delle questioni che riguarda- no il background analitico necessario per utilizzare alcune nozioni e risultati di questa tesi. In particolare, nel terzo capitolo, facciamo grande uso di campi vettoriali su spazi di Hilbert sui loro dierenziali. Per una corretta spiegazio- ne di queste nozioni facciamo riferimento alla nozione di dierenziabilità di campi deniti su spazi di Fréchet, di cui gli spazi di Hilbert sono un notevole esempio. Il percorso che seguiremo sarà dunque anzitutto quello di denire cos'è uno spazio di Fréchet e poi di cercare di capire cosa voglia dire che una certa mappa denita su un tale spazio sia dierenziabile.

Denizione 12. Sia X spazio vettoriale. Si dice che p : X → R è una seminorma su X se valgono le seguenti proprietà:

• ∀x, y ∈ X p(x + y) ≤ p(x) + p(y) • ∀x ∈ X ∀α ∈R p(αx) = |α|p(x) • ∀x ∈ X p(x) ≥ 0

Proposizione A.0.1. Siano X spazio vettoriale e p seminorma su X. Allora valgono le seguenti proprietà:

1. p(0) = 0 2. ∀x1, x2 ∈ X p(x1− x2) ≥ |p(x1) − p(x2)| Dimostrazione. 1. p(0) = p(0x) = 0p(x) = 0 2. Siano x1, x2 ∈ X. p(x1) = p(x1 − x2 + x2) ≤ p(x1− x2) + p(x2) 116

p(x1− x2) ≥ p(x1) − p(x2)

p(x1−x2) = p(−(x2−x1)) = |−1|p(x2−x1) = p(x2−x1) ≥ p(x2)−p(x1).

Ma allora vale

p(x1− x2) ≥ |p(x1) − p(x2)|.

Proposizione A.0.2. Siano X spazio vettoriale, Γ insieme di indici, {pγ|γ ∈ Γ} famiglia di seminorme su X, τ la famiglia di sottoinsiemi G di

X tali che per ogni x ∈ G esiste un insieme Ux della forma

Ux= {y ∈ X|pγj(y) ≤ j, j = 1, . . . , n}

per qualche pγj e qualche j > 0, tale che x + Ux ⊆ G. Allora τ è una

topologia su X.

Dimostrazione. Osserviamo che ∅ appartiene banalmente a τ. Altrettanto semplice è dimostrare che X vi appartiene. Infatti ogni insieme U della forma voluta è tale che x + U ⊆ X per ogni x ∈ X. Prima di vericare le ipotesi di chiusura rispetto a unione e intersezione osserviamo che i sottoinsiemi U della forma cercata contengono sempre l'origine, conseguenza del fatto che pγ(0) = 0 < jper qualunque j. Pertanto è chiaro che l'insieme x+U conterrà

sempre x stesso, poiché contiene in particolare x+0 = x. Sia {Gi}i∈I famiglia

di sottoinsiemi di τ. Ciò vuol dire che

∀i ∈ I ∀x ∈ Gi ∃Ui,x t.c. x ∈ x + Ui,x ⊆ Gi.

Se dunque prendiamo x ∈ Si∈IGi, dovrà esistere i ∈ I tale che x ∈ Gi.

Sia quindi Ui,x t.c. x ∈ x + Ui,x ∈ Gi ⊆

S

i∈IGi.

In particolare x + Ui,x∈Si∈IGi, ovvero tale unione appartiene a τ.

Passiamo a dimostrare la chiusura per intersezione nita.

Siano G1, G2 ∈ τ e x ∈ G1∩ G2. Per denizione esisteranno U1,x, U2,x ⊆ X

tali che

x ∈ x + U1,x ⊆ G1 e allo stesso tempo x ∈ x + U2,x∈ G2.

Pertanto vale che x ∈ (x + U1,x) ∩ (x + U2,x) ⊆ G1 ∩ G2. Ci piacerebbe

che (x + U1,x) ∩ (x + U2,x) si scriva come x + U per un opportuno U della

forma corretta.

In eetti il sottoinsieme U corretto è proprio U1,x∩ U2,x. Infatti, siano

u1 ∈ U1,x e u2 ∈ U2,x tali che x + u1 = x + u2 (stiamo dicendo che tale

elemento appartiene a (x + U1,x) ∩ (x + U2,x)). Ma allora dovrà essere che

u1 = u2 ∈ U1∩ U2.

Se invece u ∈ U1 ∩ U2, allora x + u ∈ (x + U1,x) ∩ (x + U2,x), ovvero la

seconda inclusione e dunque l'uguaglianza.

Ci resta da dimostrare che U1∩ U2 è della forma corretta.

Scriviamo esplicitamente chi sono U1,x e U2,x. Per opportuni pγ(1) j , p γj(2) e (1)j , (2)j > 0 si ha che U1,x = {y ∈ X|pγ(1) j (y) ≤ (1)j , j = 1, . . . , n1} U2,x = {y ∈ X|pγ(2) j (y) ≤ (2)j , j = 1, . . . , n2}. Ma allora si ha che U1,x∩U2,x = {y ∈ X|pγ(1) j (y) ≤ (1)j per j = 1, . . . , n1, pγ(2) i (y) ≤ (2)i per i = 1, . . . , n2}.

Osserviamo che se γ ∈ Γ e c > 0, l'insieme G0 = {x ∈ X|pγ(x) < c}

è aperto contenente l'origine. Sia infatti x0 ∈ G0. Deniamo β = pγ(x0).

Osserviamo che β < c dato che x0 ∈ G0.

Dunque consideriamo Ux0 = {x ∈ X|pγ(x) ≤

c−β

2 }. Pertanto se u ∈ Ux0,

allora pγ(u) ≤ c−β2 < c − β, e quindi si ha:

pγ(x0+ u) ≤ pγ(x0) + pγ(u) < β + c − β = c.

Stiamo dunque dicendo che x0 + Ux0 ⊆ G0. Questo ci permette di asse-

rire che G0 è aperto; contiene banalmente l'origine come già osservato nella

dimostrazione della proposizione, poiché ogni seminorma soddisfa pγ(0) = 0.

Nel senso della precedente proposizione, una famiglia di seminorme su uno spazio vettoriale induce dunque una topologia su tale spazio. Di fatto tale topologia lo rende uno spazio vettoriale topologico, ovvero le operazioni di spazio vettoriale sono continue rispetto a tale topologia, come si evince dalla seguente proposizione.

Proposizione A.0.3. Sia X spazio vettoriale con la topologia indotta da {pγ|γ ∈ Γ} famiglia di seminorme. Allora X è uno spazio vettoriale topolo-

gico.

Dimostrazione. Siano x0, y0 ∈ X e sia U intorno di x0 + y0 in X. Per de-

nizione esiste G ⊆ U aperto tale che x0 + y0 ∈ G. Ma allora, visto come

abbiamo costruito la nostra topologia esiste Ux0+y0 della forma

x0+ y0 ∈ x0+ y0+ Ux0+y0 ⊆ G. Sia V = {x ∈ X|pγj(x) ≤

j

2, j = 1, . . . , n}

aperto contenente l'origine. Allora si ha: ∀x, y ∈ V pγj(x + y) ≤ pγj(x) + pγj(y) ≤

j

2 + j

2 = j per j = 1, . . . , n ovvero x+y ∈ Ux0+y0. Stiamo dunque dicendo che V +V ⊆ U0 ⊆ G ⊆ U.

Ma allora (x0+ y0) + (V + V ) ⊆ (x0+ y0) + Ux0+y0 ⊆ G ⊆ U. Per denizione

di topologia prodotto si ha che V × V è aperto in X × X che contiene (0, 0), pertanto (x0, y0) + V × V è aperto in X × X che contiene (x0, y0). Ma

allora l'operazione somma di spazio vettoriale applicata a (x0, y0) + V × V

ci restituisce l'insieme (x0+ V ) + (y0+ V ) = x0+ y0+ V + V ⊆ U. Dunque

preso un intorno U di x0 + y0 abbiamo trovato un intorno di (x0, y0) che

l'operazione somma mappa in un sottoinsieme di U e questo garantisce la continuità di tale operazione.

Per quanto riguarda la moltiplicazione per uno scalare, in analogia al caso precedente, basta dimostrare che per ogni αx + Uαx con

Uαx = {y ∈ X|pγj(y) ≤ j, j = 1, . . . , n} = U, esistono r > 0 e V aperto

contenente 0 tale che (B(0, r) + α)(x + V ) ⊆ αx + U.

Osserviamo che (B(0, r) + α)(x + V ) = B(0, r)V + αV + B(0, r)x + αx. Sia δ > 0.

Deniamo V = δU = {z ∈ X|pγj(z) = pγj(δx) ≤ |δ|j, j = 1, . . . , n} =

= {z ∈ X|pγj(z) ≤ |δ|j, j = 1, . . . , n}. Valgono le seguenti equivalenze:

c ≥ pγj(x) j ∀j ⇔ j ≥ 1 cpγj(x) = pγj( x c) ∀j ⇔ x c ∈ U ⇔ x ∈ cU Inoltre ∀|η| < r con r > 0 vale che per j = 1, . . . , n

pγj(ηx) j = |η|pγj(x) j ≤ rpγj j < rc.

Per quanto detto prima ηx ∈ rcU e dunque B(0, r)x ∈ rcU. Analogamente si ha che, se x ∈ U, per j = 1, . . . , n

pγj(ηδx) |δ|j = |η||δ|pγj(x) |δ|j = |η|pγj(x) j ≤ |η| < r. Pertanto ηδx ∈ rV e quindi B(0, r)V ⊆ rV = rδU. Inne, se x ∈ U, per j = 1, . . . , n pγj(αδx) |δ|j = |α|pγj(x) j ≤ |α|.

Pertanto αδx ∈ |α|V e quindi αV ⊆ |α|V = |α|δU.

A questo punto basta scegliere δ, r, c tali che |α|δ, rδ, rc < 1 3.

Infatti varrà:

(B(0, r) + α)(x + V ) = B(0, r)V + αV + B(0, r)x + αx ⊆ ⊆ αx + rδU + |α|δU + rcU ⊆ 1

3U + 1 3U +

1

3U ⊆ U

Denizione 13. Uno spazio vettoriale topologico localmente convesso è uno spazio vettoriale topologico la cui topologia è indotta a partire da una famiglia di seminorme (vedere anche [19]).

Proposizione A.0.4. Sia X spazio vettoriale topologico localmente convesso la cui topologia è indotta dalla famiglia di seminorme {pγ|γ ∈ Γ}. Allora X

è spazio di Hausdor se e solo se ∀x0 6= 0 ∃γ0 ∈ Γ t.c pγ0(x0) 6= 0.

Dimostrazione. Supponiamo X Hausdor. Allora 0 e x0 6= 0 ammettono

aperti disgiunti G1 e G2. Pertanto esistono U0, Ux0 aperti contenenti l'origine

tali che U0∩ (x0+ Ux0) = ∅. Tali aperti si rappresentano nel seguente modo:

U0 = {x ∈ X|pγ(1) j ≤ (1)j , j = 1, . . . , n} Ux0 = {x ∈ X|pγ(2) j ≤ (2)j , j = 1, . . . , n}.

Supponiamo che per assurdo valga ∀γ ∈ Γpγ(x0) = 0. Ma allora x0 ∈ U0.

Assurdo.

Vediamo il viceversa. Siano x1 6= x2. Vogliamo separarli con due aperti

disgiunti G1, G2. Supponiamo inizialmente x1 = 0. Per ipotesi esiste γ2 ∈ Γ

tale che pγ2(x2) = α > 0

Deniamo dunque G1 = {x ∈ X|pγ2 <

α

2}. Esso è un aperto che contiene

x1 = 0. Allora G2 = x2+G1 aperto che contiene x2. Supponiamo per assurdo

che ∃y ∈ G1 ∩ G2. Poiché y ∈ G2, ∃g ∈ G1 t.c. y = x2 + g = x2 − (−g)

Osserviamo che −g ∈ G1, infatti pγ2(−g) = | − 1|pγ2(g) <

α 2. Dunque si ha: pγ2(y) = p(x2− (−g)) ≥ |pγ2(x2) − pγ2(g)| = |α − pγ2(g)| > |α − α 2| = α 2. Assurdo perché y ∈ G1.

Supponiamo ora x1 6= 0. Allora anche x2 − x1 6= 0, altrimenti sarebbero

uguali. Per il caso precedente dunque ∃G1, G2 aperti disgiunti tali che 0 ∈ G1

Consideriamo x1 + G1. Esso contiene banalmente x1. Sia x ∈ x1 + G1.

Allora ∃g1 ∈ G1 tale che x = x1+ g1.

Poiché G1 è aperto, ∃Ug1 t.c. g1 ∈ g1+ Ug1 ⊆ G1. Ma allora:

x = x1+ g1 ∈ (x1+ g1) + Ug1 ⊆ x1 + G1.

Dunque x1+ G1 è aperto e contiene x1.

L'insieme x1+ G2 invece contiene x2 poiché x2 = x1+ x2− x1 ∈ x1+ G2.

Come prima si verica che è aperto.

Se per assurdo x1+ G1∩ x1 + G2 6= ∅ allora esistono g1 ∈ G1 e g2 ∈ G2

tali che x1 + g1 = x1+ g2. Ma questo equivale a dire che g1 = g2, il che è

assurdo dal momento che G1 e G2 sono disgiunti.

Proposizione A.0.5. Siano X spazio vettoriale topologico localmente con- vesso di Hausdor, la cui topologia è indotta da una famiglia numerabile di seminorme {pn|n ∈N}, d : X×X ∈ R denita da d(x, y) = P ∞ n=1 1 2n pn(x−y) 1+pn(x−y).

Allora d è una distanza che genera la stessa topologia di X.

Dimostrazione. Osserviamo che d è ben denita, in quanto la serie è sempre convergente, per il criterio del confronto con la serie P∞

n=1 1

2n. Consideriamo

la funzione f : [0, +∞) → R denita da f(a) = a 1+a.

Osserviamo che f(a) = a

1+a = 1 − 1

1+a ∀a ≥ 0, dunque f crescente.

Pertanto vale f(a) ≤ f(a + b) ∀a, b ≥ 0. Di contro per a > 0 si ha f (a)

a = 1

1+a, dunque la funzione a 7→ f (a)

a è

decrescente. Pertanto valgono le seguenti disuguaglianze per a, b > 0: f (a) a , f (b) b ≥ f (a + b) a + b f (a) + f (b) ≥ af (a + b) a + b + b f (a + b) a + b = f (a + b) f (a) ≤ f (a + b) ≤ f (a) + f (b). Deniamo d0(x) =P ∞ k=1 1 2k pk(x) 1+pk(x) per x ∈ X.

In questo modo si ha d(x, y) = d0(x − y) ∀x, y ∈ X. Analizziamo alcune

proprietà della funzione d0. Dal momento che le seminorme sono positive, si

ha che d0 ≥ 0. Inoltre se x 6= 0 allora, poiché X è T2, esiste k t.c. pk(x) 6= 0, e

questo implica automaticamente che d0(x) 6= 0. Vale anche la subadditività.

d0(x+y) = ∞ X k=1 1 2k pk(x + y) 1 + pk(x + y) = ∞ X k=1 1 2k(1− 1 1 + pk(x + y) ) ≤ ∞ X k=1 1 2k(1− 1 1 + pk(x) + pk(y) ) = = ∞ X k=1 1 2k pk(x) + pk(y) 1 + pk(x) + pk(y) ≤ ∞ X k=1 1 2k pk(x) 1 + pk(x) + ∞ X k=1 1 2k pk(y) 1 + pk(y) = d0(x)+d0(y).

Vale inoltre che se |λ| ≤ 1, allora d0(λx) ≤ d0(x) ∀x ∈ X. Infatti, se λ = 0 è

banale. Se 0 < |λ| ≤ 1, allora si ha, per x ∈ X: d0(λx) = ∞ X k=1 1 2k pk(λx) 1 + pk(λx) = ∞ X k=1 1 2k |λ|pk(x) 1 + |λ|pk(x) = = ∞ X k=1 1 2k pk(x) 1 |λ| + pk(x) ≤ ∞ X k=1 1 2k pk(x) 1 + pk(x) = d0(x).

Alla luce di queste proprietà abbiamo che d è eettivamente una metrica. Vediamolo nel dettaglio.

Sicuramente si ha che d(x, y) = d0(x − y) ≥ 0 ∀x, y ∈ X.

Inoltre d(x, y) = 0 ⇔ d0(x − y) = 0 ⇔ x − y = 0 ⇔ x = y.

La simmetria è presto vericata dato che d0(x − y) = d0(y − x) e dunque

d(x, y) = d(y, x) per ogni x, y ∈ X.

Per la disuguaglianza triangolare scriviamo:

d(x, y) = d0(x−y) = d0(x−z +z −y) ≤ d0(x−z)+d0(z −y) = d(x, z)+d(z, y)

Dunque d è una distanza. Osserviamo ora che tale distanza è invariante per traslazioni, infatti, per x, y, x0 ∈ X si ha:

d(x + x0, y + x0) = d0(x + x0− y − x0) = d0(x − y) = d(x, y).

Ci manca da vericare che la topologia denita da d è la stessa di quella indotta dalle seminorme.

Siano  ∈]0, 1[ e N ∈ N. Consideriamo x ∈ X t.c. d0(x) ≤ 2N. Allora si

avrà che ∀k 1 2k

pk(x)

1+pk(x) ≤



2N. Dunque per k ≤ N si avrà

pk(x) 1+pk(x) ≤ , ovvero pk(x) ≤ 1− . Se invece supponiamo 1 2N ≤  2 e contemporaneamente pk(x) ≤  2 ∀k ≤ N, si avrà che:

d0(x) = N X k=1 1 2k pk(x) 1 + pk(x) + ∞ X k=N +1 1 2k pk(x) 1 + pk(x) ≤ N X k=1 1 2k  2+ 1 2N ≤  2+  2 = . Siano dunque δ > 0e U = {x ∈ X|pj(x) ≤ δ, j = 1, . . . , N }. Prendiamo 

t.c. 

1− < δ e r =  2N > 0.

Sia x ∈ B(0, r). Ciò implica che d0(x) < r = 2N. Per quanto visto prima

si ha che pj(x) ≤ 1− < δ per j = 1, . . . , N. Abbiamo cioè dimostrato che

assegnato U (e quindi sostanzialmente assegnati N e δ) esiste r tale che B(0, r) ⊆ U. Viceversa, se invece r è dato, scegliamo N t.c. 21N ≤

r 2, e

δ = r2. Se dunque x è tale che pj(x) ≤ δ = r2 per j = 1, . . . , N, per quanto

visto prima si ha che d0(x) ≤ r. Abbiamo pertanto ottenuto che assegnato

un raggio r esiste un aperto U l'origine (e quindi esistono δ e N) tale che U ⊆ B(0, r). Di fatto dunque le palle centrate nell'origine sono intorni di 0, in quanto contengono aperti che contengono lo 0. Dalle due inclusioni di sopra abbiamo dimostrato che {B(0, r) ⊆ X|r > 0} è un sistema fondamentale di intorni di 0. Per via dell'invarianza per traslazioni si ha che per ogni x ∈ X, la famiglia {B(x, r) ⊆ X|r > 0} è un sistema fondamentale di intorni di x. Da questo segue che le due topologie sono le stesse.

Vorremmo adesso un risultato che ci dia il viceversa, ovvero che la to- pologia di uno spazio localmente convesso metrizzabile è generata da una famiglia numerabile di seminorme (vedere anche [20]).

Facciamo alcune premesse.

Denizione 14. Sia X uno spazio vettoriale. Il sottoinsieme M ⊆ X si dice bilanciato se ∀x ∈ M ∀|α| ≤ 1 αx ∈ M.

Denizione 15. Sia X uno spazio vettoriale. Il sottoinsieme M ⊆ X si dice assorbente se ∀x ∈ X ∃α > 0 t.c. x

α ∈ M.

Proposizione A.0.6. Siano X spazio vettoriale, p : X → R seminorma, c > 0 e M = {x ∈ X|p(x) ≤ c}. Allora valgono le seguenti proprietà:

1. M bilanciato 2. M assorbente 3. M convesso

Dimostrazione. 1. Siano x ∈ M e |α| ≤ 1. Allora si ha: p(αx) = |α|p(x) ≤ p(x) ≤ c

2. Siano x ∈ X e α > 0. Allora si ha c ≥ p(x α) = | 1 α|p(x) ⇔ |α| ≥ p(x) c Dunque basta prendere α grande abbastanza. 3. Siano x, y ∈ M e α ∈ [0, 1]. Allora si ha:

p(αx + (1 − α)y) ≤ |α|p(x) + |1 − α|p(y) ≤ αc + (1 − α)c = c. Per cui ogni combinazione convessa di elementi di M appartiene ad M, cioé M è convesso.

Sia ora X spazio vettoriale topologico localmente convesso la cui topologia è indotta dalla famiglia {pγ|γ ∈ Γ} di seminorme. Vediamo che ogni insieme

della forma U = {x ∈ X|pγj(x) ≤ j, j = 1, . . . , n} è convesso bilanciato

e assorbente. Infatti, U si scrive come U = M1 ∩ M2 ∩ · · · ∩ Mn, dove

Mi = {x ∈ X|pγi ≤ i} che so essere convesso bilanciato e assorbente per

i = 1, . . . , n. Mi basta dunque dimostrare che l'intersezione fra due convessi bilanciati e assorbenti resta convessa bilanciata e assorbente

Siano M1 e M2 tali insiemi. Se x, y ∈ M1 ∩ M2 e λ ∈ [0, 1] si ha, per

denizione di convessità, che λx + (1 − λ)y ∈ M1, M2, pertanto appartiene

anche a M1∩ M2. Dunque l'intersezione di convessi è convessa.

Prendiamo adesso x ∈ M1 ∩ M2 e |α| ≤ 1. Allora αx ∈ M1, M2, e

quindi anche all'intersezione M1 ∩ M2. Dunque l'intersezione di bilanciati è

bilanciata.

Se inne prendiamo x ∈ X, esisteranno α1, α2 > 0 t.c. αx

1 ∈ M1 e x α2 ∈ M2. Dunque si avrà p( x α1) ≤ 1 e p( x

α2) ≤ 2. Senza perdita di generalità

possiamo supporre 1 ≤ 2. Ma allora p(αx1) ≤ 1 ≤ 2, ovvero αx1 ∈ M2, e

dunque x

α2 ∈ M1∩ M2. Dunque l'intersezione di assorbenti è assorbente.

Ricordiamo che un sottoinsieme G contenente lo 0 è aperto per la topo- logia indotta dalle seminorme se e solo se per ogni x ∈ X esiste U0 della

forma U0 = {y ∈ X|pγj(y) ≤ j, j = 1, . . . , n} (e dunque convesso, bi-

lanciato e assorbente) tale che x ∈ x + U0 ⊆ G. In particolare si avrà che

0 ∈ U0 ⊆ G, ovvero ogni aperto contenente lo 0, contiene un sottoinsieme

aperto, bilanciato e assorbente.

Viceversa, se uno spazio topologico è tale che ogni suo aperto contenen- te lo 0 contiene un sottoinsieme aperto, bilanciato e assorbente, allora la sua topologia è indotta da una famiglia di seminorme. Cerchiamo di capire perché.

Denizione 16. Sia X spazio vettoriale. Se M ⊆ X è convesso, bilanciato e assorbente, poniamo pM : X →R denita da pM(x) = inf{α > 0|xα ∈ M }.

Tale mappa prende il nome di funzionale di Minkowski di M. Osserviamo che M = {x ∈ X|pM(x) < 1}.

Proposizione A.0.7. Siano X spazio vettoriale, M ⊆ X convesso bilanciato assorente. Allora il funzionale di Minkowski di M è una seminorma su X. Dimostrazione. Sicuramente si ha che pM ≥ 0, dato che l'inf è preso su

un insieme di numeri strettamente positivi. Vediamo la subadditività. Per ipotesi avviamo che, dati x, y ∈ X, per ogni  > 0 si ha che x

pM(x)+,

y pM(y)+

appartengono ad M. Ma allora, per convessità si ha x + y pM(x) + pM(y) + 2 = PM(x) +  pM(x) + pM(y) + 2 x pM(x) +  + pM(y) +  pM(x) + pM(y) + 2 y pM(y) +  ∈ M. Ma allora pM(x + y) ≤ pM(x) + pM(y) + 2 → pM(x) + pM(y).

Per quanto riguarda l'omogeneità, dobbiamo dimostrare che ∀x ∈ X ∀λ ∈R pM(λx) = |λ|pM(x).

Osserviamo dapprima che ogni insieme bilanciato contiene l'origine. Se λ = 0 abbiamo dunque che pM(λx) = pM(0) = 0, ovvero la tesi. Supponiamo quindi

λ 6= 0. Deniamo A(λx) = {α > 0||λ|α x ∈ M } = {α > 0| x α |λ| }. Pertanto |λ|A(x) = {|λ|α > 0|x α ∈ M }.

Sia α ∈ A(λx). Esisterà allora β > 0 t.c. α = |λ|β. Dunque si ha: x β = x α |λ| ∈ M ovvero α ∈ |λ|A(x).

Viceversa, sia |λ|α ∈ |λ|A(x). Ovviamente |λ|α > 0 e si ha |λ|x

|λ|α = x α ∈ M

per cui |λ|α ∈ A(λα). Dunque A(λx) = |λ|A(x), per cui i loro inf sono uguali. Questo basta a concludere che pM(λx) = |λ|pM(x).

Se pertanto uno spazio topologico ha aperti contenenti l'origine che con- tengono sottoinsiemi aperti convessi, bilanciati e assorbenti, ovvero ha un sistema fondamentale di intorni di 0 convessi, bilanciati e assorbenti, pos- siamo associare a tali insiemi i funzionali di Minkowski corrispondenti che risultano essere delle seminorme. La topologia associata a tali seminorme denisce gli aperti contenenti l'origine come quei sottoinsiemi F di X tali che per ogni punto x ∈ F essi contengono un sottoinsieme della forma x+Ux

con Ux = {y ∈ X|pMj(y) ≤ j, j = 1, . . . , n} t.c. x ∈ x + Ux ⊆ F. Ux è

dunque intersezione nita di insiemi del tipo V (p, ) = {y ∈ X|p(y) ≤ } per qualche funzionale di Minkowski p e qualche  > 0. Tali insiemi sono aperti per la topologia originale in quanto le seminorme così costruite sono conti- nue. Infatti, se r > 0, consideriamo l'intervallo (p(x0) − r, p(x0) + r) con x0

ssato. Siano V elemento del sistema fondamentale di intorni e x ∈ x0+ rV

intorno di x0. Allora si ha:

|pV(x) − pV(x0)| ≤ pV(x − x0) = rpV(

x − x0

r ) < r.

Ovviamente, se F contiene l'origine, conterrà un sottoinsieme della tipologia di Ux. Stiamo dunque dicendo che ogni elemento del sistema fondamentale

di intorni di 0 per la topologia indotta dalle seminorme è un elemento della topologia originale. Viceversa U = {y ∈ X|pU(y) < 1} , dunque ogni ele-

mento del sistema fondamentale di intorni di 0 per la topologia originale è un aperto per la topologia indotta dalle seminorme. Questo ci permette di concludere che le due topologie coincidono.

Proposizione A.0.8. Sia X spazio topologico localmente convesso metriz- zabile. Allora esiste una famiglia numerabile di seminorme che inducono la topologia di X.

Dimostrazione. Poiché X è uno spazio metrico, soddisfa il primo assioma di numerabilità, cioé ogni punto possiede un sistema fondamentale di intorni numerabile. In particolare consideriamo un sistema fondamentale di intorni di 0. Ciascun intorno del sistema, per le osservazioni precedenti, conterrà un aperto convesso, bilanciato e assorbente. Siano {An}n∈N tali aperti. Ad essi

associo la famiglia P = {pAn}n∈N dei corrispondenti funzionali di Minkowski.

La topologia generata da tali seminorme è inclusa nella topologia originale. Vogliamo anche l'altra inclusione.

Sia p seminorma e sia B(p) = {x ∈ X|p(x) < 1} intorno aperto convesso bilanciato assorbente di 0. Sicuramente esisterà n ∈ N tale che An ⊆ B(p),

ma quindi An = B(pAn) ⊆ B(p). Stiamo perciò dicendo che ogni intorno di

0 per la topologia indotta è intorno di 0 per la topologia dei funzionali di Minkowski. Questo basta a dimostrare l'equivalenza delle due topologie.

Siamo pronti per la denizione di spazio di Fréchet (vedere anche [21]). Denizione 17. Uno spazio vettoriale topologico localmente convesso me- trizzabile T2 e completo si dice spazio di Fréchet.

Per prima cosa generalizziamo il concetto di integrale (alla Riemann) per funzioni continue su intervallo a valori in uno spazio di Fréchet (vedere [23]). Teorema A.0.9. Siano F spazio di Fréchet, f, g : [a, b] → F continue, p : F → R seminorma continua, c ∈ [a, b] e λ ∈ R. Allora valgono le seguenti aermazioni:

1. ∃! Rb

af (t)dt ∈ F tale che ∀l : F → R funzionale lineare continuo valga

l( Z b a f (t)dt) = Z b a l(f (t))dt 2. p(Rb a f (t)dt) ≤ Rb a p(f (t))dt 3. Rc af (t)dt + Rb c f (t)dt = Rb a f (t)dt

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