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Densità di variabili aleatorie via formule di integrazione per

calore

L'obiettivo per cui il Calcolo di Malliavin è stato inventato era quello di fornire una dimostrazione probabilistica del cosiddetto Teorema di Hörman-

der. Nel prossimo capitolo cercheremo di darne una generalizzazione nel contesto degli spazi di Hilbert, e dunque in dimensione innita. Prima di ciò però, per completezza e in conclusione del capitolo, analizzeremo il caso nito-dimensionale, facendo opportuno uso di alcune proprietà del cosiddetto semigruppo del calore.

Innanzitutto introduciamo questa notazione (vedere anche [9]).

Denizione 11. Dato uno spazio di probabilità (Ω, A, P ) e una variabile aleatoria F : Ω → Rm (m ≥ 1), diciamo che F soddisfa una formula di inte-

grazione per parti se, per ogni i ∈ {1, . . . , m} esiste Hi : Ω → Rm integrabile

tale che

E[∂iϕ(F )] = E[ϕ(F )Hi] per ogni ϕ ∈ Cb1(Rm).

Osserviamo alcune semplici proprietà della variabile aleatoria H = (Hi)mi=1.

Ponendo ϕ(x) costante uguale ad 1, otteniamo che E[Hi] = 0. Inoltre, in-

troducendo la variabile aleatoria E[Hi|F ], si ha, per la regolarità di ϕ, che

dall'identità

E[ϕ(F )Hi] = E[E[ϕ(F )Hi|F ]] = E[ϕ(F )E[Hi|F ]]

segue che si può sostituire Hi con E[Hi|F ].

Inoltre, introducendo l'operatore divergenza di un campo vettoriale b = (bi)mi=1∈ Cb1(Rm,Rm), div b(x) = m X i=1 ∂ibi(x), per x ∈ Rm,

possiamo riassumere la formula d'integrazione per parti in forma vettoriale nel seguente modo:

E[div b(F )] = E[< b(F ), H >] per ogni b ∈ Cb1(Rm;Rm), dove < u, v >= Pm

i=1uivi indica il prodotto scalare tra vettori u, v ∈ Rm.

Infatti, supponendo che F soddis una formula di integrazione per parti, deve esistere H vettore aleatorio integrabile tale che

E[div b(F )] = E[ m X i=1 ∂ibi(F )] = m X i=1 E[∂ibi(F )] = = m X i=1 E[bi(F )Hi] = E[ m X i=1 bi(F )Hi] = E[< b(F ), H >].

Viceversa, basta considerare il campo vettoriale b(x) = (0, . . . , 0, ϕ(x), 0, . . . 0) dove ϕ(x) appare alla componente i, per cui deve valere

E[ϕ(F )Hi] = E[< b(F ), H >] = E[div b(F )] = E[∂iϕ(F )].

Ripetendo il ragionamento per ogni i = 1, . . . , m si ottiene che F soddisfa una formula di integrazione per parti.

Prima di passare al risultato principale, ricordiamo alcune proprietà della trasformazione nota come semigruppo del calore

Cb(Rm) 3 u 7→ P u = (Ptu)t∈[0,T ] ∈ Cb([0, T ] ×Rm)

Ptu(x) =

Z

Rm

u(x +√ty)e−12||y|| 2 dy

(2π)m/2.

Dimostriamo alcune semplici proprietà della mappa P (in realtà vale molto di più di quanto vediamo sotto, ma questo basta per i nostri scopi).

Lemma 2.3.1. Valgono le seguenti proprietà:

1. La mappa P è ben denita, lineare e continua e vale la proprietà di semigruppo

Pt(Psu) = Ps+tu,

2. Se u ∈ C2

b(Rm), allora Ptu ∈ Cb2(Rm) e vale l'identità

Ptu(x) = u(x) +

Z t

0

1

2∆Psu(x)ds

3. per ogni t ∈ (0, T ], si ha Ptu ∈ Cb2(Rm) ed ed inoltre vale che

sup x∈Rm ||∇Ptu(x)|| ≤ √ m √ t x∈supRm |u(x)|. 4. per ogni q ∈ [1, ∞), t ∈ (0, T ], vale

sup x∈Rm |Ptu(x)| ≤ cqt −m 2q( Z Rm |u(x)|qdx)1q,

dove cq ≥ 0 dipende unicamente da q e da m (né da t né da u).

Dimostrazione. 1. Perché P sia ben denita, dev'essere anzitutto che la funzione y 7→ 1

(2π)m/2u(x +

ty)e−12||y|| 2

sia integrabile su Rm per ogni

t ∈ [0, T ], x ∈ Rm, u ∈ C

dunque esiste M > 0 tale che |u(x+√ty)e−12||y|| 2 | ≤ M e−1 2||y|| 2 e la fun- zione y 7→ e−12||y||2

è integrabile. Dev'essere poi che (t, x) 7→ Ptu(x) sia

eettivamente continua e limitata per ogni u ∈ Cb(Rm). Per vederlo,

consideriamo (Bt)t∈[0,T ] moto Browniano a valori in Rm. Possiamo scri-

vere che Ptu(x) = E[u(x + Bt)]. Infatti, ricordiamo che Bt ∼ N (0, tI);

dunque se Z ∼ N(0, I) si ha: E[u(x + Bt)] = Z Ω u(x + Bt)dP = Z Ω u(x +√tZ)dP = = Z Rm u(x +√ty)e −1 2||y||2 (2π)m/2dy = Ptu(x).

Sia ora (tn, xn)n∈N successione in [0, T ] × Rm che converga

a (t, x) ∈ [0, T ] × Rm.

Poiché u è continua si ha che a sua volta u(xn+Btn)converge a u(x+Bt).

Poiché u è anche limitata possiamo applicare il teorema di convergenza dominata e aermare che

lim

n→+∞E[u(xn+ Btn)] = E[u(x + Bt)]

da cui segue la continuità della mappa (t, x) 7→ E[u(x + Bt)] = Ptu(x).

Poiché u è limitata, esiste C ≥ 0 tale che |u(x)| ≤ C per ogni x ∈ Rm.

Dunque troviamo che sup (t,x)∈[0,T ]×Rm |Ptu(x)| ≤ sup (t,x)∈[0,T ]×Rm |E[u(x + Bt)]| ≤ ≤ sup x∈Rm |E[u(x)]| = sup x∈Rm |u(x)| ≤ C < +∞

Abbiamo pertanto ottenuto che la mappa (t, x) 7→ Ptu(x) è anche

limitata. Concludiamo dunque che P è ben denita.

La linearità di u 7→ P u è immediata. Siano infatti α, β ∈ R e u, v ∈ Cb(Rm). Si vede facilmente che

Pt(αu(x)+βv(x)) = E[(αu+βv)(x+Bt)] = E[αu(x+Bt)+βv(x+Bt)] =

= αE[u(x + Bt)] + βE[v(x + Bt)] = αPtu(x) + βPtv(x).

Dai conti fatti in precedenza per dimostrare che Ptu è limitata, segue

sup u6=0 (sup(t,x)∈[0,T ]×Rm|Ptu(x)| supx∈Rm|u(x)| ) ≤ sup u6=0 (supx∈Rm|u(x)| supx∈Rm|u(x)| ) = 1 < +∞ da cui la limitatezza dell'operatore u 7→ P u (come denito tra spazi di funzioni continue). Dato che P è anche lineare, si conclude che P è anche continuo.

La proprietà di semigruppo segue dall'identità Bt+s = (Bt+s− Bs) + Bs

valida per ogni s, t ∈ [0, T ].

Infatti, ricordando che Bt+s − Bs ∼ N (0, tI), per ogni s, t ∈ [0, T ],

x ∈Rm, u ∈ C

b(Rm)si ha

Ps+tu(x) = E[u(x+Bs+t)] = E[u(x+(Bt+s−Bs)+Bs)] = E[u(x+Bt+Bs)] =

= [E[E[u((x + Bt) + Bs)]] = E[Psu(x + Bt)] = Pt(Psu)(x).

2. Sia u ∈ C2 b(R

m). In particolare u risulta essere lipschitziana, ovvero

esiste una costante L > 0 tale che per ogni x, y ∈ Rm vale

|u(x) − u(y)| ≤ L||x − y||.

In particolare dunque, per ogni x ∈ Rm, h ∈ R, t ∈ [0, T ], i ∈ {1, . . . , m}

vale

|u(x+Bt+hei)−u(x+Bt)| ≤ L||x+Bt+hei−(x+Bt)|| = L||hei|| = L|h|

da cui si ricava

|u(x + Bt+ hei) − u(x + Bt) h | ≤ L.

Preso allora i ∈ {1, . . . , m}, per il teorema di convergenza dominata si ha che lim h→0 Ptu(x + hei) − Ptu(x) h = limh→0 E[u(x + Bt+ hei)] − E[u(x + Bt)] h =

= lim h→0E[ u(x + Bt+ hei) − u(x + Bt) h ] = E[limh→0 u(x + Bt+ hei) − u(x + Bt) h ] = = E[∂iu(x + Bt)] = Pt(∂iu)(x).

Si trova dunque che Ptu è derivabile e risulta ∂i(Ptu)(x) = Pt(∂iu)(x)

per i = 1, . . . , m. Le derivate parziali sono inoltre continue e limitate in quanto la mappa x 7→ Ptv(x) è una funzione continua e limitata per

ogni v ∈ Cb. Pertanto si può concludere che Ptu ∈ Cb1(Rm). Si può

ripetere in maniera analoga il ragionamento per la derivata seconda, ottenendo che Ptu ∈ Cb2(Rm). Inoltre vale

i2(Ptu)(x) = ∂iPt(∂iu)(x) = Pt(∂i2u)(x).

Pertanto si trova che ∆Ptu(x) = m X i=1 ∂i2Ptu(x) = m X i=1 Pt(∂i2u)(x) = Pt( m X i=1 ∂i2u)(x) = Pt(∆u)(x).

Per vericare l'identità, possiamo pensare di usare la formula di Ito e poi prendere il valore atteso. Infatti, sia (Xt)t = (Bt)t. Allora (Xt)t

risolve l'equazione dierenziale stocastica dXt= dBt. Consideriamo la

funzione f : Rm R denita da f(y) = u(x + y) per x ∈ Rm. Dal

momento che abbiamo preso u ∈ C2

b(Rm) risulterà anche f ∈ Cb2(Rm).

Applichiamo allora la formula di Ito: df (Xt) = m X i=1 ∂if (Xt)dXti+ 1 2 m X i,j=1 ∂2f ∂xi∂xj (Xt)d[Xi, Xj]t= = m X i=1 ∂iu(x + Bt)dBti+ 1 2 m X i,j=1 ∂2u ∂xi∂xj (x + Bt)d[Bi, Bj]t= = m X i=1 ∂iu(x + Bt)dBti+ 1 2 m X j=1 ∂i2u(x + Bt)dt.

In forma integrale diventa

f (Xt) = f (Bt) = u(x+Bt) = u(x+B0)+ m X i=1 Z t 0 ∂iu(x+Bs)dBsi+ 1 2 Z t 0 m X i=1 ∂i2u(x+Bs)ds.

Ptu(x) = E[u(x+Bt)] = E[u(x)+ m X i=1 Z t 0 ∂iu(x+Bs)dBsi+ Z t 0 1 2 m X i=1 ∂i2u(x+Bs)ds] = = u(x) + m X i=1 E[ Z t 0 ∂iu(x + Bs)dBsi] + E[ Z t 0 1 2 m X i=1 ∂i2u(x + Bs)ds] = = u(x) + Z t 0 1 2E[ m X i=1 (∂i2u)(x + Bs)]ds = u(x) + Z t 0 1 2E[∆u(x + Bs)]ds = = u(x) + Z t 0 1 2Ps(∆u)(x)ds.

3. Siano t ∈ (0, T ], u ∈ Cb(Rm) e x ∈ Rm. Operiamo la sostituzione

z = x +√ty nella denizione di Ptu (il determinante dello jacobiano

della trasformazione risulta uguale a (1 t)

m):

Ptu(x) =

Z

Rm

u(x +√ty)e−12||y|| 2 (2π)(m/2) dy = Z Rm u(z)e−12|| z−x t || 2 (2π)m/2(t)mdz. La funzione denita da g(x) = e−1 2|| z−x t || 2 = e−2t1||z−x|| 2 è di classe C∞(Rm), integrabile su Rm e vale ∂ ig(x) = (zi −xi)e− 12t||z−x||2 t

per i = 1, . . . , m, a sua volta ancora integrabile. Per il teorema del valor medio si ha che per ogni i ∈ {1, . . . , m}, x ∈ Rm, h ∈ R esiste

ξ ∈ {λx + (1 − λ)(x + hei)|λ ∈ [0, 1]} tale che

g(x + hei) − g(x) =< ∇g(ξ), hei >= h∂ig(ξ).

Ma allora, considerando la limitatezza di u, e quindi il fatto che esiste M > 0 tale che per ogni z ∈ Rm vale |u(z)| ≤ M, e prendendo h

opportunamente piccolo, ad esempio h ≤ 1, si ha che < u(z)(e −1 2t||z−x−hei|| 2 − e−1 2t||z−x|| 2 h ) = |u(z) g(x + hei) − g(x) h | ≤ ≤ M |∂ig(ξ)| ≤ M max ||x−w||≤1|∂ig(w)| = M t |zi− ¯wi|e −1 2t||z− ¯w|| 2

dove ¯w è il vettore della palla chiusa di centro x e raggio unitario dove si realizza il massimo della funzione ∂ig.

Possiamo dunque applicare il teorema di convergenza dominata, otte- nendo lim h→0 Ptu(x + hei) − Ptu(x) h = limh→0 Z Rm u(z) (2π)m/2(t)m e−2t1||z−x−hei|| 2 − e−1 2t||z−x|| 2 h dz = = Z Rm u(z)e−2t1||z−x|| 2 (zi− xi) (2π)m/2(t)mt dz = Z Rm

u(x +√ty)e−12||y|| 2√ tyi (2π)m/2t dy = E[u(x+Bt) Bi t t ]. Per cui Ptu ∈ Cb1(Rm).

Si ragiona in modo simile per la derivata seconda, ottenendo Ptu ∈ Cb2(Rm). Inoltre vale

∇Ptu(x) = E[u(x + Bt)

Bt

t ].

Per ottenere la stima sopra, scriviamo esplicitamente la norma di ∇Ptu(x)

e utilizziamo la disuguaglianza di Jensen nel seguente modo: sup x∈Rm ||∇Ptu(x)|| = sup x∈Rm 1 t||E[u(x+Bt)Bt]|| = supx∈Rm 1 t( m X i=1 E[u(x+Bt)Bti]2) 1 2 ≤ ≤ sup x∈Rm 1 t( m X i=1 E[u2(x+Bt)(Bti) 2])12 ≤ sup x∈Rm 1 t( m X i=1 u2(x)t)12 ≤ sup x∈Rm √ m|u(x)|√t t = = √ m √ t x∈supRm |u(x)|.

4. Siano p ∈ [1, +∞), t ∈ (0, T ], u ∈ Cb(Rm), x ∈ Rm. Denotiamo con q

l'esponente coniugato di p, e con ϕ la densità di una gaussiana N(0, I) denita da ϕ(y) = e− 12||y||2

(2π)m/2.

Applicando la disuguaglianza di Hölder, troviamo che |Ptu(x)| = |

Z

Rm

u(x +√ty)e−12||y|| 2 (2π)m/2 dy| ≤ Z Rm |u(x + √ ty)e−12||y|| 2 (2π)m/2 |dy ≤ ≤ ( Z Rm

|u(x+√ty)|pdy)1p)||ϕ||

Lq = ( Z Rm |u(z)|p(1 t) mdz)1pc p = t −m 2pc p( Z Rm |u(z)|pdz)1p

avendo fatto il cambio di variabile z = x +√ty nel primo integrale, e ponendo

cp := ||ϕ||Lq.

Dunque la disuguaglianza voluta segue prendendo il sup per x ∈ Rm.

Teorema 2.3.2. Sia F : Ω → Rm una variabile aleatoria che soddisfa una

formula di integrazione per parti. Allora la legge di F ammette densità f rispetto alla misura di Lebesgue.

Inoltre vale f ∈ Lp(Rm) per ogni p ∈ [1, m m−1).

Dimostrazione. Dato p ∈ (1, m

m−1), poniamo q = p/(p − 1) ∈ (m, +∞).

Data u ∈ C2

c(Rm), passando al valore atteso troviamo che

E[PTu(F )] = E[u(F )] +

Z T

0

1

2E[∆Psu(F )]ds E[∆Psu(F )] = E[div(∇Psu(F ))] = E[< H, ∇Psu(F ) >],

da cui otteniamo l'identità E[u(F )] = E[PTu(F )]−

Z T

0

1

2E[∆Psu(F )]ds = E[PTu(F )]− Z T

0

E[< H, ∇Psu(F ) >]ds.

Da questa il passaggio successivo è di ottenere la diseguaglianza |E[u(F )]| ≤ C(

Z

Rm

|u(x)|qdx)1q

dove C ≥ 0 dipende unicamente da p, T e E[||H||] (in particolare, non dipende da u). Da essa segue che funzionale lineare

U : u ∈ C2

c(Rm) 7→ E[u(F )] è continuo rispetto alla topologia di Lq(Rm),

e pertanto si può estendere ad un funzionale lineare limitato ˜U su Lq(Rm) sfruttando ad esempio la versione funzionale del Teorema di Hahn-Banach. Per il Teorema di Rappresentazione di Riesz si ha che ˜U, e quindi anche U, è rappresentato da un elemento f(x) ∈ Lp(Rm). Tale f ∈ Lp(Rm) è anche

unico, per l'unicità dell'estensione dovuta alla densità di C2

c(Rm)in Lq(Rm).

Infatti se vi fossero due estensioni diverse ˜U e ˜V , data u ∈ Lq(Rm) e data

(un)n∈N ⊆ Cc2(Rm) successione che converge in norma ||.||Lq a u, si avrebbe

che

≤ LU˜||u − un||Lq + L˜

V||u − un||Lq → 0

dove LU˜ e LV˜ le costanti di Lipschitz opportune dei funzionali lineari ˜U e ˜V .

Pertanto le due estensioni devono coincidere. Si trova quindi E[u(F )] =

Z

Rm

u(x)f (x)dx, per ogni u ∈ Cc2(Rm),

e quindi f è la densità della legge di F , in quanto E[u(F )] = RRmu(x)dPF(x)

e i due integrali coincidono su tutte le u ∈ C2

c(Rm), dunque le misure devono

essere uguali (basta approssimare puntualmente ogni indicatrice del prodotto cartesiano di semirette negative con una opportuna successione di funzioni regolari a supporto compatto e poi utilizzare ad esempio il teorema di conver- genza dominata per passare al limite sotto il segno di integrale). Osserviamo che il fatto che f sia una densità ci dice anche che f ∈ L1(Rm). Per mostrare

la stima su E[u(F )], dalla proprietà 4) del lemma precedente, abbiamo |E[PTu(F )]| ≤ E[ sup

x∈Rm |PTu(x)|] = sup Rm |PTu(x)| ≤ cpT− m 2q( Z Rm |u(x)|qdx)1q,

mentre applicando la proprietà 3) e poi ancora la 4), troviamo che

|E[< H, ∇Psu(F ) >]| = |E[< H, ∇Ps2Ps2u(F ) >]| ≤ E[| < H, ∇Ps2(Ps2u)(F ) > |] ≤

per la proprietà di semigruppo PsPtu = Ps+tu,

≤ E[||H||||∇Ps 2P

s

2u(F )||] ≤ E[||H||] sup

x∈Rm

||∇Ps 2P

s

2u(x)|| ≤

per la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz, ≤ E[||H||]√m(s/2)−1/2 sup

x∈Rm

|Ps

2u(x)| ≤

per la proprietà 3) con t = s/2, ≤ E[||H||]√mcp(s/2)− 1 2(s/2)− m 2q( Z Rm |u(x)|qdx)1q

per la proprietà 4) con t = s/2. L'ipotesi q > m implica che m

q < 1 e quindi − 1 2 − m 2q > −1 e Z T 0 s−12− m 2qds = T 1 2− m 2q 1 2 − m 2q < ∞.

Mettendo insieme quanto trovato nora, concludiamo che |E[u(F )]| = |E[PTu(F )] −

Z T

0

1

≤ cpT− m 2q( Z Rm |u(x)|qdx)1q+ Z T 0 1 2E[||H||]cp √ m(s 2) −122qm ( Z Rm |u(x)|qdx)1qds = = cp( Z Rm |u(x)|qdx)1q(T−m 2q + E[||H||] √ m( T 2) 1 2− m 2q 1 2 − m 2q ) = C( Z Rm |u(x)|qdx)1q.

Dunque al tesi vale con C = cp(T−

m 2q + E[||H||]√m( T 2) 1 2− m2q 1 2− m 2q ) e quindi la dimostrazione è conclusa.

Più precisamente, abbiamo ottenuto che, per una opportuna constante cp ≥ 0, vale |E[u(F )]| ≤ cp(T −m 2q + γE[||H||]T 1 2− m 2q)( Z Rm |u(x)|qdx)1q. con γ =√m( 1 2) 1 2− m2q 1 2− m

2q . Ponendo T in modo che T

−m 2q = γE[||H||]T 1 2− m 2q, ossia T = (γE[||H||])−2, si trova che |E[u(F )]| ≤ 2cpT− m 2q( Z Rm |u(x)|qdx)1q = 2c p(γE[||H||]) m q( Z Rm |u(x)|qdx)1q,

da cui segue una disuguaglianza per la norma integrale della densità di f, essendo questa la norma del funzionale lineare continuo u 7→ E[u(F )]: ( Z Rm |f (x)|pdx)1p = sup ||u||Lq≤1 |E[u(F )]| ≤ sup ||u||Lq≤1 2cp(γE[H]) m q||u|| Lq ≤ 2cpγ m q(E[||H||]) m q.

Supponiamo che sia H ∈ Lq(Ω), per qualche q > 1. È possibile migliorare

il risultato ottenendo maggiore regolarità per la densità f? Una risposta parziale la otteniamo nel caso m = 1. Infatti in questo caso speciale sappiamo che la densità ha una forma speciale data da

f (x) = E[I{F ≥x}H].

Dunque la densità appartiene a L∞ in quanto

|E[I{F ≥x}H]| ≤ E[|I{F ≥x}H|] ≤ E[|H|] < ∞

poiché H è integrabile.

A questo punto, prendendo p il coniugato di q e usando la disuguaglianza di Hölder, possiamo dire che

|f (x)−f (y)| = |E[I{F ≥x}H]−E[I{F ≥y}H] = |E[(I{F ≥x}−I{F ≥y})H]| ≤ E[|I{x≤F <y}H|] ≤ ≤ E[|I{x≤F <y}|p] 1 pE[|H|q] 1 q = ( Z y x f (t)dt)1pE[|H|q] 1 q ≤ M |x − y| 1 p dove M = ||f||1p L∞E[|H|q] 1 q.

Abbiamo quindi ottenuto che la densità è Hölderiana con esponente 1 p.

Ricordiamo inne che il risultato di esistenza di una densità per variabili aleatorie in dimensione nita è vero anche sotto diverse ipotesi, che riguar- dano le derivate di Malliavin delle componenti della variabile, come viene enunciato nel seguente Teorema (vedere [12] per i dettagli):

Teorema 2.3.3. Sia F = (F1, . . . , Fm) vettore aleatorio che soddisfa le

seguenti condizioni:

1. Fi ∈D1,ploc per p > 1 e per i = 1, . . . , m;

2. la matrice γF = (< DFi, DFj >)1≤i,j≤m è invertibile q.c.

Capitolo 3

Teorema di Hörmander negli

spazi di Hilbert

In questo capitolo vogliamo studiare una proprietà di una tipologia di equa- zioni dierenziali stocastiche nel senso di Da Prato-Zabczyk, ovvero l'even- tuale esistenza di una densità per i processi soluzione. Quello che vogliamo è cioè una versione innito-dimensionale del Teorema di Hörmander, attraver- so l'uso appropriato dell'analisi stocastica e del Calcolo di Malliavin (vedere in particolare [10]). Ricordiamo infatti che lo stesso Malliavin inventò ta- le strumento proprio per trovare una dimostrazione probabilistica di questo Teorema, almeno nel caso nito-dimensionale. Nella prima parte vedremo, usando opportunamente quanto già sappiamo per il caso in dimensione ni- ta, che è possibile estendere questo risultato almeno per le equazioni in cui compare un generatore di un gruppo fortemente continuo di operatori lineari. In seguito ci concentreremo su qualche esempio signicativo.

Nel capitolo 1 abbiamo denito il concetto di semigruppo di operatori lineari e continui, come un insieme di operatori sull'intervallo [0, +∞). Se invece della semiretta si prende in considerazione l'intera retta reale si de- nisce invece il concetto di gruppo di operatori. Più precisamente, se E è uno spazio di Banach, una famiglia di operatori lineari e continui {Tt}t∈R su

E si dice gruppo di operatori lineari e continui su E se valgono le seguenti proprietà:

• Ts+t = TtTs ∀t, s ∈R

• T0 = I

Se inoltre vale che T·x :R → E è continua ∀x ∈ E allora il gruppo si dice

fortemente continuo. Osserviamo che T è un gruppo fortemente continuo 84

se e solo se le famiglie di operatori denite da T+

t = Tt e Tt− = T−t sono

semigruppi fortemente continui e inoltre TtT−t = I ∀t ≥ 0. In maniera

identica al caso del semigruppo si denisce il generatore di un gruppo. Infatti, per h > 0 si può denire l'operatore ∆h = Thh−I ∈ L(E). Denito poi

l'insieme D(A) = {x ∈ E|∃y ∈ E t.c. limh→0+||∆hx − y|| = 0}, su di esso

è possibile denire l'operatore A : D(A) → E dicendo che Ax è quell'unico elemento y di E t.c. limh→0+||∆hx − y|| = 0. L'operatore A così denito

sarà il generatore del gruppo {Tt}t∈R. Coerentemente a quanto detto prima

si verica che A genera un gruppo fortemente continuo se e solo se A e −A generano semigruppi.

Supponiamo dunque di avere uno spazio di Hilbert H separabile e A : dom(A) ⊂ H → H il generatore di un gruppo fortemente continuo {Tt}t∈R su H. Presentiamo qualche notazione che utilizzeremo. Deniamo il

dominio delle potenze di A come

dom(Ak) = {h ∈ H|h ∈ dom(Ak−1), Ak−1 ∈ dom(A)}. Su tali insiemi deniamo le seguenti norme

||h||2dom(Ak)=

k

X

i=0

||Aih||2

dove h ∈ dom(Ak) e dunque anche in dom(Al) per l ≤ k. Inne deniamo

anche

dom(A∞) = \

k≥0

dom(Ak).

Nelle equazioni di cui tratteremo compariranno dei campi vettoriali regolari deniti sullo spazio di Hilbert H, di cui sarà necessario più avanti considerare i rispettivi dierenziali. Si rimanda all'Appendice per un'esposizione più dettagliata della nozione di dierenziale per mappe tra spazi di dimensione innita, in particolare tra spazi di Fréchet, di cui gli spazi di Hilbert sono un notevole esempio.

Siano α, σ1, . . . , σd : H → H campi vettoriali lisci che verichino le

seguenti proprietà:

• ∀k ≥ 1 α, σ1, . . . , σd siano C∞-limitati su dom(Ak);

• α(H), σ1(H), . . . , σd(H) ⊆ dom(A∞);

• ∀k ≥ 1 le restrizioni di α, σ1, . . . , σd a dom(Ak) abbiano immagine

Sia ora (Bt)t≥0 = (Bt1, . . . , Btd)t≥0 moto browniano d-dimensionale. Con-

sideriamo equazioni di evoluzione del seguente tipo (

drt= (Art+ α(rt))dt +Pdi=1σi(rt)dBti

r0 ∈ H

Tale equazione, per le ipotesi eettuate sui campi α, σ1, . . . , σd e sul grup-

po {Tt}t∈R è reinterpretabile anche con dato iniziale nello spazio di Hilbert

dom(Ak), tramite le seguenti equazioni per ogni k ≥ 1

(

drt= (Art+ α(rt))dt +Pdi=1σi(rt)dBti

r0 ∈ dom(Ak)

Chiameremo (Ek)l'equazione con dato iniziale in dom(Ak)ed (E0)l'equazio-

ne originale con dato in H generico. Osserviamo che un gruppo fortemente continuo di operatori su H è in particolare un semigruppo se restringiamo l'insieme dei tempi alla semiretta [0, +∞). Possiamo applicare dunque tutte le considerazioni e i risultati analizzati nel primo capitolo al ne di chieder- ci se le equazioni che abbiamo appena presentato ammettano soluzione, se questa è unica e di che tipo di soluzione si tratta.

In particolare avremo che una soluzione globale mild continua dell'equa- zione (Ek)con valore iniziale r0 ∈ dom(Ak)sarà un processo stocastico adat-

tato a traiettorie continue (rt)t≥0 che verica la seguente uguaglianza per

t ≥ 0 rt= Ttr0+ Z t 0 Tt−sα(rs)ds + d X i=1 Z t 0 Tt−sσi(rs)dBsi.

Osserviamo peraltro che, come si è dimostrato in precedenza, ogni soluzione forte continua è in particolare una soluzione mild, ovvero del tipo che abbiamo appena visto.

Poiché lo useremo spesso d'ora in avanti, deniamo adesso il campo vettoriale µ, detto drift di Stratonovich, per r ∈ dom(A) come:

µ(r) = Ar + α(r) − 1 2 d X i=1 Dσi(r)σi(r).

Osserviamo che se volessimo che µ sia a valori in dom(Ak), per k ≥ 0,

non basterebbe restringere il campo vettoriale semplicemente a dom(Ak),

ma al sottospazio dom(Ak+1) denso in dom(Ak). Infatti, se r ∈ dom(Ak),

avremo che r ∈ dom(Ak−1) e Ak−1r ∈ dom(A), e questo implicherebbe a

ad arrivare a r ∈ dom(A) e Ar ∈ dom(A). Ma se Ar ∈ dom(A), poiché A(Ar) = A2r ∈ dom(A), si ha per denizione che Ar ∈ dom(A2), e dunque

poiché A2(Ar) = A3r ∈ dom(A) si avrebbe per denizione Ar ∈ dom(A3),

no ad arrivare ad Ar ∈ dom(Ak−2) e Ak−2(Ar) = Ak−1r ∈ dom(A) che im-

plicherebbero Ar ∈ dom(Ak−1) ma nulla più di questo in quanto il massimo

che sappiamo per ipotesi è proprio Ak−1r ∈ dom(A). Abbiamo il seguente

risultato di regolarità, di immediata dimostrazione vista la teoria sviluppata nel primo capitolo, viste le ipotesi di regolarità dei campi vettoriali che deni- scono l'equazione e visto il Teorema di esistenza e unicità forte per equazioni dierenziali stocastiche.

Proposizione 3.0.1. Data l'equazione (Ek), per ogni r0 ∈ dom(Ak) esiste

un'unica soluzione (rt)t≥0 globale mild a traiettorie continue. Le immersio-

ni naturali dom(Ak) → dom(Ak+1) lasciano la soluzione invariante, ovvero

ogni soluzione dell'equazione di (Ek) con valore iniziale in dom(Ak+1) è una

soluzione dell'equazione (Ek+1). Più precisamente, ogni soluzione mild con

valore iniziale in dom(Ak+1) è una soluzione mild di (E

k+1), e dunque una

soluzione forte di (Ek).

Una soluzione mild dell'equazione (Ek)con valore iniziale r0 ∈ dom(Ak+1)

è una soluzione forte dell'equazione (Ek), per cui il processo soluzione risulta

essere una semimartingala e possiamo passare alla scrittura dell'equazione mediante l'integrale alla Stratonovich come segue

drt= µ(rt)dt + d

X

i=1

σi(rt) ◦ dBti.

Se addirittura avessimo che r0 ∈ dom(A∞) allora è possibile costruire un

processo soluzione (rt)t≥0a traiettorie continue a valori in dom(A∞). Infatti,

il Teorema di esistenza e unicità forte è basato sul procedimento di approssi- mazione di Picard e dunque sul Teorema di punto sso delle contrazioni che, dal momento che r ∈ dom(A∞), assicura che la soluzione stia nello spazio di

Hilbert dom(Ak) per ogni k ≥ 1, e dunque in dom(A∞).

Un processo associato a quello della soluzione di un'equazione dierenziale stocastica, che permette di eettuare ulteriori analisi di quest'ultima e che è strettamente connesso al Calcolo di Malliavin è il cosiddetto processo di prima variazione dell'equazione, che moralmente risulta essere il processo che si otterrebbe derivando l'equazione rispetto al dato iniziale. Infatti per ogni k ≥ 1 le soluzioni delle equazioni (Ek) possono essere viste come mappe del

tipo r0 7→ (rt)t∈[0,T ] a valori nello spazio NB([0, T ], dom(Ak)) dei processi

E[ Z T

0

||rs||2dom(Ak)ds] < ∞.

Dunque ha senso considerare J0,T(r0) come il dierenziale di tale mappa nel

punto r0. Il risultato che mette a punto le proprietà della variazione prima

rispetto alle equazioni che stiamo analizzando è il seguente.

Proposizione 3.0.2. Le equazioni della prima variazione di (Ek)per k ≥ 0

sono ben denite su dom(Ak) e sono date da

(

dJs,t(r0)h = (A(Js,t(r0)h) + Dα(rt)Js,t(r0)h)dt +

Pd

i=1Dσi(rt)Js,t(r0)hdBit

Js,s(r0)h = h

per h, r0 ∈ dom(Ak) e t ≥ s. Inoltre, come per l'equazione (Ek) la decompo-

sizione alla Stratonovich è denita su dom(Ak) solo per h, r

0 ∈ dom(Ak+1) ed è data da dJs,t(r0)h = Dµ(rt)Js,t(r0)hdt + X i=1 Dσi(rt)Js,t(r0)h ◦ dBti.

In particolare l'equazione alla It o ha un'unica soluzione globale mild e Js,t(r0)

denisce un operatore lineare continuo su dom(Ak)invertibile se r

0 ∈ dom(Ak+1)

per k ≥ 0; l'aggiunto dell'inverso (Js,t(r0)−1)∗ ammette la seguente decompo-

sizione alla Stratonovich per h, r0 ∈ dom(Ak+1), k ≥ 0 e t ≥ s ≥ 0:

d(Js,t(r0)−1)∗h = −Dµ(rt)∗(Js,t(r0)−1)∗hdt − d X i=1 Dσi(rt)∗(Js,t(r0)−1)∗h ◦ dBti. Inne Js,t(r0) = J0,t(r0)J0,s(r0)−1 q.c. per t ≥ s ≥ 0.

Dimostrazione. Per i risultati noti sulla variazione prima, vista la regolarità dei campi vettoriali che compaiono nell'equazione, il fatto che Js,t(r0)verichi

l'equazione della tesi è immediato. Meno immediata sarebbe la decomposi- zione alla Stratonovich, ma dalla Proposizione precedente si ha che di fatto l'equazione originale si può scrivere utilizzando il drift µ da cui discende immediatamente l'equazione per Js,t(r0).

Siano ora r0, h ∈ dom(Ak+1). Poiché il fatto che A generi un gruppo

fortemente continuo è equivalente al fatto che sia A che −A generino un semigruppo, ha senso considerare la soluzione dell'equazione per l'aggiunta dell'inversa. Si verica che di fatto una soluzione di quest'ultima equazio- ne rappresenta un'inversa in quanto vale che, se Y∗ è una soluzione per

l'equazione dell'aggiunta dell'ipotetica inversa con dato iniziale r0, la se-

mimartingala (< Js,t(r0)h1, Ys,t∗(r0)h2 >dom(Ak))t≥s≥0 è costante rispetto alla

decomposizione di Stratonovich, ovvero si ha

< Ys,t(r0)Js,t(r0)h1, h2 >dom(Ak)=< h1, h2 >dom(Ak)

per h1, h2 ∈ dom(Ak+1), ovvero, per continuità dato che Ak+1 è denso in Ak,

Y è di fatto un'inversa sinistra. Vediamo adesso che ogni inversa sinistra è anche un'inversa destra. Prendiamo {gi}i≥1 base ortonormale di dom(Ak)

completamente contenuta in dom(Ak+1) e consideriamo per

h1, h2 ∈ dom(Ak+1) e N ≥ 1 la semimartingala data da N X i=1 < Ys,t(r0)h1, gi >dom(Ak)< gi, Js,t∗ (r0)h2 >dom(Ak)= = N X i=1 < h1, Ys,t∗(r0)gi >dom(Ak)< Js,t(r0)gi, h2 >dom(Ak) .

Applicando la decomposizione di Stratonovich arriviamo a < Js,t(r0)Ys,t(r0)h1, h2 >dom(Ak)= = lim N →∞ N X i=1

< Ys,t(r0)h1, gi >dom(Ak)< gi, Js,t∗ (r0)h2 >dom(Ak)=< h1, h2 >dom(Ak)

che ci permette di concludere nalmente che Y è inversa destra. Da questo momento scriveremo direttamente J−1 per indicare tale processo.

Inne si verica che il processo (J0,t(r0)J0,s(r0)−1)t≥s soddisfa esattamen-

te la stessa equazione del processo di prima variazione Js,t(r0), dunque per

unicità della soluzione rispetto alla decomposizione trovata si conclude. Osserviamo che uno dei fatti cruciali della dimostrazione appena vista è il fatto che A generi un gruppo e non solamente un semigruppo di operatori lineari continui. Accenneremo in seguito a come superare questa dicoltà.

Uno degli strumenti importanti che useremo d'ora in avanti sarà la nozione di parentesi di Lie tra due campi vettoriali V1, V2 : dom(A∞) → dom(A∞).

Essa si denisce come il campo vettoriale su dom(A∞) dato dalla seguente

uguaglianza per r ∈ dom(A∞)

[V1, V2](r) = DV1(r)V2(r) − DV2(r)V1(r).

Ora, ssato r0 ∈ dom(A∞) ha senso considerare il sottoinsieme D(r0) ⊂ H

Lie iterate a due a due di tali campi e con il campo µ, calcolate nel punto r0.

Più precisamente si deniscono iterativamente D0(r0) = {σi(r0)|i = 1, . . . , d} Dk+1(r0) = {[σi, v](r0)|v ∈ k [ j=0 Dk(r0), i = 1, . . . , d}∪{[µ, v](r0)|v ∈ k [ j=0 Dk(r0)}.

Pertanto D(r0) è denito come

D(r0) = Span(

[

k≥0

Dk(r0)).

Osserviamo che a priori non è chiaro se l'elemento µ(r0)e quindi il sottospazio

da esso generato appartenga o meno a D(r0). Ci piacerebbe dunque denire

le parentesi di Lie che coinvolgono il campo µ anche per elementi al di fuori di dom(A∞). Per far questo abbiamo bisogno del seguente Lemma sulle

parentesi di Lie.

Lemma 3.0.3. Sia V : dom(Ak) → dom(A)campo vettoriale. Allora esiste

un'estensione liscia della parentesi di Lie [µ, V ] : dom(Ak+1) → dom(A).

Dimostrazione. Consideriamo la restrizione di V : dom(Ak) → dom(A) al

sottospazio dom(A∞) ⊂ dom(Ak). Essa è ben denita e liscia. A partire da

essa è possibile denire la parentesi di Lie col campo vettoriale µ e ottenere così un campo vettoriale [µ, V ] : dom(A∞) → dom(A) ben denito. Sia

ora β : dom(Ak) → dom(A) regolare t.c. valga µ(r) = Ar + β(r) per

r ∈ dom(Ak). In particolare si avrà

[µ, V ](r) = AV (r) + Dβ(r)V (r) − DV (r)Ar − DV (r)β(r).

Dal momento che DV (r) : dom(Ak) → dom(A) abbiamo trovato un modo

per ottenere un'estensione liscia della parentesi di Lie voluta su dom(Ak+1).

Veniamo ora al Teorema principale di questa sezione, ovvero una ver- sione del Teorema di Hörmander per spazi innito-dimensionali associati all'equazione stocastica ( drt= (Art+ α(rt))dt + Pd i=1σi(rt)dBit r0 ∈ H

Teorema 3.0.4. Siano r0 ∈ dom(A∞) t.c. D(r0) sia denso in H e

l = (l1, . . . , lk) : H → Rk una k-upla di funzionali linearmente indipendenti.

Allora la legge del processo (l ◦ rt)t>0 ammette densità rispetto alla misura di

Lebesgue su Rk.

Dimostrazione. Sia t > 0. Se (rt)t≥0 è il processo soluzione dell'equazione

stocastica considerata allora la matrice di covarianza di Malliavin γt di rt

può essere scritta come quell'operatore che agisce nel seguente modo (vedere [11] e [12]): < y, γty >= d X p=1 Z t 0 < y, Js,t(r0)−1σp(rs) >2 ds.

Dunque alla luce del fatto che J0,t(r0)J0,s(r0)−1 = Js,t(r0) dimostrato nel-

la Proposizione precedente, ha senso considerare la decomposizione della matrice di covarianza per l ◦ rt come

˜

γt= (l ◦ J0,t(r0))Ct(l ◦ J0,t(r0))T

dove Ct è l'operatore stocastico simmetrico di Hilbert-Schmidt della cosid-

detta covarianza ridotta, denito tramite < y, Cty >= d X p=1 Z t 0 < y, J0,s(r0)−1σp(rs) >2 ds.

Mostriamo che Ctè un operatore positivo. Sia Kt⊂ H il nucleo di Ct. Per la

legge 0-1 di Blumenthal si ha che V = St>0Ktè un sottospazio deterministico

di H, ovvero esiste un insieme trascurabile N t.c. V è deterministico su Nc.

Mettiamoci dunque su Nc.

Sia y ∈ V e (q0

s)s≥0 la semimartingala continua denita da

qs0 =

d

X

p=1

< y, J0,s(r0)−1σp(rs) >2 .

Consideriamo poi il tempo di arresto denito da θ = inf{s|q0s > 0}. Allora si ha θ > 0 q.c. e q0

s∧θ = 0 per s ≥ 0.

Ora, una qualunque semimartingala continua a valori in R di quadrato

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