A NALISI E COMMENTO
I 29. ET LONGO POST TEMPORE VENIT, POSTQVAM NOS AMA-
4. Altre glosse
4.1. Nozioni enciclopediche
Numerose sono le notizie di tipo naturalistico, storico, geografico ed enci- clopedico in genere, assenti o diverse in Servio, che il nuovo commento aggiun- ge o corregge. Nella quantità delle aggiunte, specialmente per quanto riguarda le nozioni naturalistiche, ma anche nell’attenzione con cui le nozioni trovate nei Commentarii serviani vengono corrette o amplificate, Ilario dimostra una
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14 Servio I 47: «[...] QVAMVIS LAPIS id est quamvis mons sit et lacus: nam a monte
usque ad lacum et inde usque ad arborem quandam fuerat Arrio donata tua possessio».
15 Servio I 70: «IMPIVS MILES iratus Meliboeus impios milites dicit, seu quod agrum
suum teneant, seu quod civile gesserint bellum. IMPIVS MILES qui pro Antonio arma por- tavit. IMPIVS M. quia bella civilia gessit et desiderat. IMPIVS M. hic Vergilius Octavianum Augustum laesit; tamen secutus est veritatem: nam miles portando arma et vincendo alios pietatem praetermittit».
curiosità vivace e ampie conoscenze in campi molto diversi e variegati. L’inse- rimento di tali informazioni nel testo continuo, in modo che risultino chiari i nessi con il passo a cui si riferiscono, rende molto laboriosa la ricerca delle fon- ti. Ho potuto rilevare alcune somiglianze con testi coevi o di poco successivi, come ad esempio le Derivationes di Uguccione da Pisa, ma non posso ancora spingermi fino ad indicare relazioni precise, mi limito per il momento ad offrire alcuni esempi.
Elencando in modo analitico le commoditates e le amoenitates dei pascoli in cui Titiro, fortunate senex, può far pascolare le sue greggi, particolare atten- zione viene data a Buc. I 50 «nec mala vicini pecoris contagia laedent», un verso completamente ignorato da Servio. La spiegazione non si limita a illustrare i rischi dati dalla vicinanza di un altro gregge ma insiste anche sui termini tecnici del fenomeno:
I 49-52. alia commoditas quia sua pecora non contrahent morbum ex alienis. Multotiens enim ex infirmitate unius pecoris totus grex cor- rumpitur et vocatur morbus ille contagio vel contagium, quoniam ex tactu unius descendit in totum gregem.
In alcuni casi l’aggiunta di nozioni è strettamente legata alla comprensione della littera o dell’allegoria. Nelle glosse alla seconda egloga, svolgendo i possi- bili significati allegorici che possono essere attribuiti al giovane Alessi, ad Ama- rillide e a Menalca, Ilario dà un’interpretazione molto precisa al contrasto ni-
ger/candidus su cui si gioca il verso 16. Se si leggono i tre personaggi come im-
magini di Augusto, Cleopatra e Antonio, i colori che distinguono Menalca e Alessi sono da associare ai popoli che componevano le armate dei due rivali:
II 14-16. De Augusto dicatur sic: per Amarillidem intellige Cleopa- tram, per Menalcam eius virum Antonium; quasi dicat: melius esset mihi sub dominio Antonii et Cleopatre vivere, quam sub tuo; quam- vis ille esset niger, idest habens secum Ethiopes et Indos, orientales populos qui sunt nigri, tu vero candidus es, idest habens tecum Gal- los et Fiandrenses et Rutenos, illos flavos populos.
In altri luoghi le notizie sono semplici aggiunte e nulla hanno a che vedere con la comprensione del testo. Il riferimento ai Britanni «penitos toto divisos orbe» di Buc. I 66 apre ad un rapido excursus dove viene nominata l’isola di
Thyle. A questo punto Ilario cita Georg. I 30 «tibi serviat ultima Thyle» e rie- labora la glossa serviana a quel luogo16 secondo le sue conoscenze:
I 64-66. In illa insula dicuntur esse decem et octo noctes sine die, cir- ca Natale Domini, in solsticio hiemali; in estivali vero solsticio, circa festivitatem beati Iohannis, dicuntur ibi esse decem et octo dies sine nocte.
4.2. Riferimenti al senso comune
Uno degli aspetti più particolari delle glose di Ilario sono i riferimenti al senso comune dei suoi ascoltatori/lettori. Si tratta di paragoni molto semplici tra il dettato virgiliano ed esperienze comuni al magister d’Orléans e ai suoi contemporanei. Non si tratta di nozioni da aggiungere al bagaglio culturale del- lo studente, sono piuttosto osservazioni o paragoni che il maestro presuppone come comuni – spesso sono introdotte da enim – e perciò immediati alla comprensione.17 Spiegando l’immagine usata da Virgilio a Buc. I 63, dove Titiro
afferma che devono accadere una serie di impossibilia ante «quam nostro illius labatur pectore vultus», il commentatore interrompe la parafrasi fatta con la prima persona del personaggio, per far posto ad un’osservazione personale:
I 62-63. Ante, inquam, hec contingerent, que impossibilia sunt, quam vultus – idest memoria illius – labatur a meo pectore – idest a mea mente. Rem naturalem dixit quia in mea memoria vultus amici sem- per presens est et impressus.
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16 La glossa di Servio a Georg. I 30 recita: «THYLE insula est Oceani inter septemtriona-
lem et occidentalem plagam, ultra Britanniam, Hiberniam, Orcadas. In hac Thyle, cum sol in cancro est, dies continuus sine noctibus esse dicitur».
17 Alcuni esempi di queste osservazioni: commentando l’espressione «mea regna» detta da
Melibeo a Buc. I 69, Ilario spiega: «Mea regna: ubi dominatus sum, unicuique enim domus sua est regnum»; la glossa a Buc. II 4, «Solus: sine illo amanti, quia videtur enim quod sit solus si quem amat secum non videat, etiam si multi alii secum sint», tende a dare un signifi- cato universale all’essere solus di Coridone: non è solo semplicemente perché si trova tra i boschi, lontano da tutti, ma perché è diviso dall’amato, secondo un’esperienza condivisibile dai lettori; la spiegazione di Buc. II 67 si basa su un’osservazione estremamente semplice: «Et sol decedens – ad occasum vergens – duplicat crescentes umbras. Umbre enim maiores sunt circa vesperam quam circa meridiem».
Si noti il passaggio dalla prima persona di inquam, che ha come soggetto il per- sonaggio, alla terza di dixit, riferibile ancora a Titiro o, se si preferisce, al verso o al poeta. La seconda frase, infatti, è detta dal commentatore che conferma l’immagine del volto indelebile dal petto come naturale in quanto condivisa da lui stesso.
Questo particolare procedimento si aggiunge alle altre osservazioni già fat- te sul carattere profondamente didattico del testo. È, o almeno dovrebbe essere, un atteggiamento tipico di che insegna, quello di avvicinare il testo, oggetto di studio, ai discepoli, in modo da creare quel nesso, a volte sottilissimo ma fon- damentale per qualsiasi studio letterario e umanistico in genere, tra l’esperienza comune dello studente e l’oggetto del suo studio.
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RADIZIONE MANOSCRITTA E STUDIO FILOLOGICOPremessa
Lo studio stemmatico che qui si presenta vuole essere un primo tentativo di far luce sulla tradizione delle glose di Ilario d’Orléans alle Bucoliche, che non ha la pretesa di esaurire tutti i problemi che essa presenta. Un primo risultato ac- quisito è quello di mettere a disposizione la trascrizione e la collazione dell’in- tero commento.1 Per una sezione consistente (l’accessus e le glosse alle egloghe
I-VI) si offre poi una proposta di edizione critica. I criteri di edizione e l’ipotesi proposta per le relazioni tra i testimoni sono stati allestiti sulla base dello stu- dio testuale sistematico dell’accessus e delle prime tre egloghe, e sono stati poi applicati alle egloghe IV-VI. Non tutti i problemi sono stati risolti con sicurez- za, per alcuni è la natura stessa di questa tradizione a non permettere di adden- trarsi più oltre, ma è stata messa in luce la tipologia delle problematiche e, dove possibile, si è suggerita un’ipotesi metodologica per affrontarle. Si è ritenuto tuttavia di avere elementi sufficienti per proporre la plausibilità di un approccio di tipo moderatamente stemmatico-lachmanniano a tradizioni disomogenee e piuttosto mobili, come quelle che dei commenti, testi in qualche misura di “servizio” e soggetti alle modifiche dovute all’utilizzazione da parte delle suc- cessive generazioni di maestri. Tale approccio consente di risalire, se non in tut- ti, in molti luoghi, a un’ipotesi ragionevole su quale potesse essere il dettato originale del magister di Orléans, o quantomeno su quale fosse il testo al mo- mento della prima redazione.
1 In appendice la collazione delle egloghe VII-X, utilizzando il ms. di Berlino come esem-