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Altre Intimità

Chi siamo

Questa ricerca riguarda l'esperienza delle persone che ho intervistato, ma anche quella delle persone che conosco e della cui vita sono partecipe per motivi personali, delle persone che hanno preso parte ai vari momenti dell'autoinchiesta promossa dal SomMovimento NazioAnale, e delle persone che mi hanno reso partecipe della loro vita in modi diversi dall'intervista, ma comunque con lo scopo di collaborare a questa ricerca. Riguarda inoltre, evidentemente, la vita delle persone che fanno parte della rete affettiva di tutti questi soggetti.

Come detto, le partecipanti e i partecipanti sono stati selezionati unicamente in quanto casi positivi, e se ho ricercato una certa varietà rispetto ad alcune caratteristiche quali età, genere, condizione abitativa, orientamento sessuale o abilità, è stato allo scopo di ottenere maggiore profondità analitica, non certo rappresentatività statistica. Dunque se sento il bisogno di descrivere alcune loro caratteristiche, è solamente per permettere a chi legge di situare questa ricerca (Haraway, 1988). Le informazioni che mi appresto a dare non devono essere interpretate indebitamente in senso quantitativo.

Ma subito sorge il problema di chi devo contare come “partecipante”. Se l'obiettivo è quello di situare il sapere che ho tentato di fissare in queste pagine, dovrei parlare delle persone che ho intervistato, delle persone che hanno partecipato all'autoinchiesta del SomMovimento NazioAnale ma anche delle persone che sono in relazione con loro di cui mi hanno parlato, e forse anche delle persone intervistate per la mia tesi di laurea nel 2011 e di quelle che hanno partecipato all'autoinchiesta del Laboratorio Smaschieramenti nel 2009. Mi è sembrato un compromesso ragionevole quello di creare una lista di persone che comprende coloro che ho intervistato nella fase più recente del lavoro di campo, che coincide con il dottorato, più le persone che non ho intervistato ma che, nello stesso periodo di tempo, hanno contribuito in maniera sostanziale e significativa a questa ricerca attraverso conversazioni, scambi non pianificati ma comunque significativamente

ampi, e/o attraverso la condivisione di esperienze. La misura del “sostanziale” e del “significativo” è, per forza di cose, imprecisa e determinata esclusivamente dalla mia percezione soggettiva.49 Fornirò dunque alcune informazioni circa l'età, l'abilità/disabilità, il genere, l'orientamento delle pratiche sessuali, la collocazione geografica, la condizione lavorativa, economica e abitativa di queste persone e, separatamente, delle persone che fanno parte delle loro reti affettive e di cui mi hanno parlato, qualora queste informazioni siano disponibili.

Le persone coinvolte in questa ricerca hanno un'età compresa fra i trenta i cinquant'anni, con una manciata di eccezioni, rappresentate da persone di poco più giovani. La maggior parte delle persone che hanno contribuito in modo più sostanziale a questa ricerca, comunque, si collocano nella fascia d’età compresa fra i 33 e i 43 anni. Più che l’età anagrafica, comunque, rileva il fatto che questa ricerca nasce dall’esperienza di persone ancora abbastanza giovani, ma che avevano tutte alle spalle un’esperienza di vita sufficientemente lunga e una collocazione generazionale tale per cui si erano già confrontate con alcune difficoltà della vita, se non direttamente, come care-givers di genitori o amici/amiche che invecchiano, si ammalano, e a volte vengono a mancare. Nelle loro reti affettive compaiono persone fra i trenta e i cinquant’anni o più anziane: genitori, nonne/i, ma anche, in un paio di casi, amiche/i o compagni e compagne50 più anziane appartenenti alla rete affettivo-politica (v. sotto) dei soggetti. In misura minore, nella rete affettiva compaiono persone significativamente più giovani dei soggetti: alcune amiche poco più che ventenni, oppure bambini/e e adolescenti che sono figli, nipoti, cugini dei/delle partecipanti, o figli/e di loro amiche.

Tutte le e i partecipanti, tranne due, sono abili e in buona salute.

Tutte e tutti vengono percepiti come bianchi e sono cittadine/i legali dell'Unione Europea. Nelle loro reti affettive compaiono solo in pochi casi persone che non sono cittadine dell'Unione Europea e che, vivendo in Italia, si confrontano con il razzismo istituzionalizzato delle leggi sull'immigrazione del nostro paese.

La maggioranza delle partecipanti e dei partecipanti sono cisgender, nel senso che la loro espressione di genere attuale (o meglio, al momento del nostro incontro) è coincidente con il genere assegnato loro alla nascita. Hanno contribuito in modo molto significativo a questa ricerca anche un trans ftm e alcuni trans ft* che hanno un'espressione di genere ambigua, non coincidente con il femminile ma nemmeno col maschile normativo. Il confine fra identificazione lesbica butch ed ft*

49 Per quanto riguarda la descrizione dei partecipanti del 2009-2011 rimando a (Acquistapace, 2013). 50 Da intendersi in senso politico.

è, per alcuni di essi, poco netto sia nell’autopercezione soggettiva, sia per come vengono viste o visti o vist-? dagli altri; altri, pur identificandosi decisamente come trans non binari, raccontano di essere spesso lett* dall'esterno come lesbiche butch e di assecondare questa lettura sia per non dover spiegare a chiunque tutta la propria vita, sia perché in essa vedono comunque un parziale riconoscimento di maschilità.51

La larga maggioranza delle persone coinvolte era stata assegnata femmina alla nascita e cresciuta come una ragazza. Fra queste/i, alcune erano donne cisgenere con pratiche per lo più eterosessuali, altre lesbiche, altri, come detto, trans ftm e ft* i quali condividevano la loro sessualità prevalentemente con lesbiche o con altri trans ft* e ftm. Vi sono poi fra i partecipanti alcuni uomini cisgender gay e alcuni uomini cisgender eterosessuali.52 Nelle reti di relazione di quasi tutti/e i partecipanti figurano persone cis e trans, incluse diverse donne trans, assenti nel "campione" ristretto. Solo i tre uomini cis eterosessuali intervistati non hanno mai nominato esplicitamente nel corso dell'intervista di essere in relazione con gay, lesbiche o trans*.

Tutte le/i partecipanti abitano in aree urbane del centro e del nord Italia, tranne due persone

51 Il tratto distintivo della butch per come è inteso in questo contesto è: lesbica mascolina al punto da non essere percepita come potenziale oggetto sessuale dai maschi cis eterosessuali (per i quali generalmente il lesbismo di per sé non costituisce un’inibizione, ma semmai un incitamento al desiderio/molestia). Questo dà là misura - certo paradossale - del grado di riconoscimento di maschilità che è implicato persino nel misgendering di un trans ft* per lesbica butch. In altri termini butch è una forma di female masculinity (Halberstam, 1998) inequivocabilmente riconosciuta come tale.

52 V. cap. 1, par. “Politica dei generi”per la definizione di cisgender, transgender, ft* ecc. e per la politica adottata rispetto ai generi grammaticali. Non presento separatamente le informazioni riguardanti l'identità di genere e quelle riguardanti l'orientamento sessuale volutamente, perché la matrice della costruzione binaria dei generi e della cisnormatività è l'eterosessualità obbligatoria (Zappino, 2016b), e essere gay/lesbiche visibili significa quasi sempre anche discostarsi dal maschile e dal femminile normativi. Secondo alcuni partecipanti, anzi, il loro orientamento omosessuale nasceva come rifiuto “di quella maschilità lì”, e molte partecipanti lesbiche sottoscrivevano esplicitamente il motto di Wittig (1980) secondo cui “le lesbiche non sono donne”, o comunque avevano una acuta consapevolezza di non essere donne nello stesso senso delle donne eterosessuali (Chechuti (2014) riporta lo stesso fenomeno a proposito di un campione, molto più ampio e teoreticamente rappresentativo, di lesbiche francesi). Se l'insistenza sulla distinzione fra orientamento sessuale e identità di genere, divenuta ormai uno standard dell’ educazione alle differenze, serve a far passare il concetto che le persone trans possono anche non essere eterosessuali, penso che sia più efficace enunciare questo concetto (e questo fatto) come tale. Se deve servire a far passare l'idea che le lesbiche non sono necessariamente donne che vogliono diventare uomini e i gay non sono uomini che vogliono diventare donne, credo che bisognerebbe riflettere sulla transfobia implicita in questa urgenza di puntualizzare.

che vivono in Francia, ma che avevano vissuto a lungo in Italia, due persone che, nel periodo della ricerca, si sono trasferite in altri paesi europei, e una persona che viveva “a metà” fra l'Italia e il Regno Unito.In tutti i casi, compresi quelli di queste ultime cinque persone, una parte significativa della rete affettiva dei soggetti si trovava in Italia, ma nelle reti affettive di diverse/i partecipanti che vivevano in Italia figuravano amici, amiche o partner che vivevano in altri paesi europei e in un caso anche extraeuropei.

Quasi tutti i/le partecipanti vivevano a molte ore di viaggio dal luogo dove viveva la loro famiglia d'origine, che si trovava, nella maggioranza dei casi, al sud o nelle isole o in cittadine della provincia italiana. Di questi/e, quasi tutte si erano trasferiti fra i diciotto e i vent'anni per andare all'università, o “con la scusa dell'università”, come ha detto qualcuno, nel senso che lo studio era solo una delle motivazioni che li/le aveva spinte ad andarsene, e a volte non la principale, ma semplicemente quella più legittimata socialmente. Tre invece erano originari/e delle stesse città in cui vivevano, e una di loro era anche tornata ad abitare temporaneamente con un genitore dopo molti anni di residenza separata.

Tutti i soggetti avevano un diploma di scuola superiore. Quasi tutti erano anche stati iscritti all'università, e circa metà l'aveva completata.

Quasi tutte le persone coinvolte da questa ricerca avevano lavori a termine, a progetto, in nero, o saltuari. Una parte relativamente piccola aveva un posto di lavoro a tempo indeterminato abbastanza garantito dal rischio di licenziamento, o era un/a libera professionista con un'attività abbastanza sviluppata da potersi considerare stabile. È importante sottolineare, però, che anche queste persone risentono della crescente precarizzazione, sia sul posto di lavoro (intensificazione dei ritmi di lavoro, riduzione di fatto di diritti e retribuzione) sia a causa dei tagli ai servizi pubblici. Le persone che facevano parte della rete affettiva dei/delle partecipanti erano per lo più in questa stessa situazione di precarietà, eccezion fatta per genitori o zii/zie, che invece nella maggior parte de casi (ma non in tutti) erano meno precari dei loro figli/e dal punto di vista del reddito.

Le persone con un posto di lavoro stabile lavoravano nel terziario, e in particolare nella scuola, nel sociale, nella ristorazione o nella comunicazione, alle dipendenze di enti pubblici o privati. Anche le persone che svolgevano lavori precari erano/erano state impiegate per lo più nel settore dei servizi e della produzione culturale, ma con una grande variabilità, anche all'interno della biografia di una stessa persona, fra lavori come barista, babysitter, addetta* alle pulizie, insegnante in scuole pubbliche o private, commess*, educatrice/-tore, editor, ricercatore, web-designer, programmatrice, istruttrice sportiv*, giornalista, impiegat*, cuoca, camerier*, Air B&B, ripetizioni,

e senza un'evidente progressione lineare da lavori percepiti come più umili a lavori percepiti come di livello più alto, salvo alcuni casi. Saltuariamente, i soggetti svolgevano anche lavori nel settore agricolo o tecnico-artigianale.

Nessun partecipante aveva un reddito disponibile mensile che lo collocasse molto al di sopra della soglia di povertà assoluta53 anche se ovviamente, a parità di reddito mensile, la posizione dei/delle dipendenti pubbliche, di coloro che avevano una casa di proprietà e di coloro che avevano alle spalle una famiglia che, in caso di bisogno, aveva la possibilità e la volontà di sostenerle è molto diversa da quella di chi non può contare che sul reddito da lavoro e sul welfare per mantenersi. Diverse/i partecipanti ricevevano saltuariamente aiuto economico dalla famiglia d'origine; quattro partecipanti avevano ricevuto questo aiuto sotto forma di una casa di proprietà nella quale abitavano e/o dalla quale percepivano un affitto (a volte da parte dei propri stessi coinquilini), e un altr* l'aveva ereditata. Le famiglie d'origine di quasi tutte le/i partecipanti avevano una situazione economica migliore, e certamente più stabile, di quella dei partecipanti stessi, con un paio di significative eccezioni, ed avevano una collocazione di classe media o talvolta medio-bassa.54

Solo due fra tutte le persone che hanno partecipato a questa ricerca avevano figl*.

La maggior parte dei/delle partecipanti abitava in una casa condivisa con dei coinquilin*, due vivevano da sol*, tre sol* con il/la propria partner, due con un* partner e altri coinquilini/e, un* viveva con due partner, un* con un* figl*, e una con un* figli* più alcun* coinquilin*. Quasi tutti/e, però, avevano fatto l’esperienza di convivere con dei coinquilini/e nel corso della vita.

Come ho già accennato, quello dell’esperienza lesbica ed ftm/ft* (dunque di persone assegnate donne alla nascita, educate come bambine ma che si sono discostate dalla femminilità

53 Per dare quest’ordine di grandezza molto approssimativo ho confrontato il reddito mensile dei soggetti “nell’ultimo periodo” (di solito quest’espressione è interpretata dai soggetti come qualche mese) con il reddito medio mensile che rappresenta la soglia di povertà assoluta per un nucleo formato da una persona nella tipologia di comune e nella zona del paese (nord o centro) dei soggetti, in accordo con i calcoli Istat riferiti al 2015 (http://www.istat.it/it/prodotti/contenuti-interattivi/calcolatori/soglia-di-poverta). La misura è approssimativa sia perché il reddito dei soggetti non è calcolato con precisione e non è un’informazione di cui dispongo per tutt*, sia perché il reddito spesso non è costante (cosa che vanifica molte economie di scala possibili con un reddito fisso), sia perché per delle persone che vivono in case condivise, ma non mettono in comune il reddito con i loro coinquilini e hanno una parte dei consumi condivisa e una parte no, non mi sembra appropriata né la definizione “nucleo di una persona” né l’idea di confrontarli con la soglia di povertà riferita a un nucleo familiare con un numero e una tipologia di componenti corrispondente al numero e all’età dei coinquilini.

normativa ed eterosessuale o dalla femminilità tout court) è il punto di vista che alla fine ha contribuito maggiormente a questa ricerca. Ciò è avvenuto non solo per la consistenza numerica leggermente maggiore di queste soggettività all'interno del "campione", ma anche per la qualità dei racconti e delle riflessioni riportate. Sicuramente il fatto che io stessa sia lesbica con una certa disidentificazione dal femminile ha influito, nel senso che le esperienze delle altre lesbiche e degli ftm/ft* intervistat* avevano maggiore risonanza con la mia. Inoltre, la riflessione sulle altre intimità all'interno del SomMovimento NazioAnale ha una genealogia lesbica, nel senso che la prima proposta è nata – o meglio è stata rilanciata, dopo l'autoinchiesta di Smaschieramenti di qualche anno prima – soprattutto da soggettività lesbiche.55 Il fatto che i racconti delle lesbiche e dei trans ftm ed ft* abbiano contribuito meglio di altri a questo lavoro riflette probabilmente anche il dato culturale più generale per cui essere assegnate-donne alla nascita vuol dire essere educate fin dalla primissima infanzia a dare importanza alle relazioni e a parlare di emotività. Inoltre, si può ipotizzare intuitivamente – ma occorrerebbe un lavoro di indagine ulteriore per supportare tale ipotesi – che la storia delle comunità lesbiche in fatto di “s/famiglia” (Brown, 2002 [1994]; Chetcuti, 2014) cui abbiamo accennato sopra non sia stata “interrotta” da una massiccia sussunzione della sessualità lesbica in spazi di mercato, come è avvenuto invece, nel bene e nel male, per i gay. In effetti, gli spazi di socialità lesbica, nei contesti sociali in cui vivo e in cui vivono le altre partecipanti, sono ancora in gran parte network personali, o al confine fra il personale e il mondo della produzione culturale, o fra il personale e il mondo dell'autorganizzazione politica, mentre i gay hanno ampi spazi di socialità commerciale dedicata ed esplicitamente sessualizzata (saune, club, social network), che a detta di alcuni partecipanti gay ha modificato e impoverito le relazioni e fatto scomparire forme di intimità altra propriamente gay.56

Per ragioni simili (consistenza numerica e qualità della partecipazione), anche l’esperienza di persone precarie di età compresa fra i 33 e i 40 anni emergerà con maggiore evidenza nel corso dell’elaborazione.

Altre intimità

Anche se non amo le tipologie, avendo rinunciato, per le ragioni esposte nel primo capitolo, al

55 In particolare la proposta fu formulata da me e da un'altra attivista e ricercatrice indipendente pansessuale, Babs Mazzotti, sulla base degli spunti emersi nella prima assemblea NazioAnale a Bologna, nella primavera del 2012. 56 Ad esempio un partecipante nota come abbia fatto scoparire i luoghi di battuage, sul cui significato politico e sociale

formato “biografico”, ricorrerò a una sorta di tipologia per dare a* lettor* una prima idea del tipo di esperienze e di legami che ho incontrato nel lavoro di campo. Come detto, e come preciseremo meglio in seguito, ciò che accomuna le esperienze, anche molto diverse, de* partecipanti, è che la loro vita attuale e i loro progetti futuri non sono incentrati sulla coppia, presente o immaginata a venire, né su una persistente condizione di “figlio/a”. Questo non vuol dire che molte non abbiamo relazioni sentimentali e sessuali anche molto profonde, talvolta di lunga durata, nelle quali una buona parte della vita è messa in comune, né che non possano avere rapporti anche molto buoni con la propria famiglia d'origine. Ma queste relazioni di parentela e di coppia non sono messe al centro, la loro importanza, quando si dà, non è naturalizzata, e la/le relazioni sessuali di una certa importanza non sono vissute in conformità alle norme naturalizzate nel contesto sociale in cui i soggetti vivono.

La tipologia che segue è assolutamente approssimativa, sfumata, e non esaustiva dei casi incontrati né dei loro diversi aspetti. Questa lista va intesa come uno stratagemma narrativo scelto a posteriori, nella fase della scrittura, per facilità di esposizione: non si tratta di uno strumento analitico, a differenza delle "dimensioni dell'intimità" che evidenzierò più avanti in questo capitolo. Le relazioni di affetto, intimità e cura che caratterizzano la vita delle persone coinvolte da questa ricerca sono quindi:

• quelle con le amiche e con gli amici, nelle varie accezioni che questo termine può assumere; • con le coinquiline/i, che potevano essere amici già da prima di convivere o esserlo diventati

per effetto della convivenza, possono essere stati scelti nella cerchia degli amici, o essere diventati anche amici/amiche come effetto della convivenza, oppure no;

• con uno/a o più partner sessuali, con i/le quali, oltre alla sessualità, si può condividere una parte più o meno grande della propria vita;

• con persone appartenenti alla propria rete di attivismo politico autorganizzato;

• con i propri/e ex-partner, ex-amiche e amici conviventi o ex-amici molto intimi con i quali si è interrotta la frequentazione a causa di conflitti, ma con i/le quali si è mantenuto un rapporto;

• con i propri figl*, per chi li ha, o con altri bambin* di cui ci si occupa • con gli altri adulti che si occupano di quest* bambin*;

• con alcuni membri del proprio nucleo familiare d'origine, della rete di parentela di primo e secondo grado, o con figure che sono assimilate a membri del nucleo familiare in quanto presenti fin dalla prima infanzia;

• con altre figure che non rientrano in nessuna delle definizioni precedenti.

Ovviamente, nessuna di queste categorie esclude l'altra: il/la partner può essere anche convivente, con o senza la presenza di altri coinquilini, un'amica può essere diventata tale dopo aver avuto una relazione amorosa, i compagni di collettivo possono essere anche amici, coinquilini, ex-coinquilini, ex-amici o partner e così via.

Amic*

“Amica/o” è un'espressione che può avere un'ampia varietà di accezioni e può designare persone molto intime, con le quali ci si confida e sulle quali si può contare, oppure persone con cui si condividono semplicemente momenti di socialità e di svago, con tutte le gradazioni intermedie e con tutte le trasformazioni che un'amicizia può subire nel tempo.

Rispetto alle relazioni di amicizia delle persone coinvolte da questa ricerca, il primo aspetto da sottolineare è che ci sono gli amici “con cui si esce” e gli amici che sono “di casa”, quelli e quelle che hanno la confidenza di passare da casa quasi quotidianamente e che, quando “passano”, vengono coinvolti con naturalezza nell'attività che si sta svolgendo in quel momento, che si tratti di fare da mangiare, di discutere con le altre abitanti della casa su come organizzarsi per il rinnovo del

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