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La rilevanza della sentenza qui esaminata, naturalmente, non si risolve nei principi appena riassunti, infatti, la Corte è stata chiamata ad affrontare altre due questioni.

Ritenuta, come detto sopra, sussistente la propria competenza a pronunciarsi sul rinvio pregiudiziale, la Corte di giustizia è passata ad esaminare le questioni proposte, partendo dalla domanda circa la necessità o meno di interpretare il principio del ne bis in idem sancito all’articolo 50 della Carta nel senso che esso osta a che siano avviati nei confronti di un imputato procedimenti penali per frode fiscale, una volta che sia già stata inflitta una sovrattassa per gli stessi fatti di falsa dichiarazione152.

La Corte di giustizia ha risposto negativamente, affermando che l’applicazione dell’art. 50 della Carta «presuppone che i provvedimenti già adottati nei confronti dell’imputato ai sensi di una decisione divenuta definitiva siano di natura penale»153.

Dunque, i requisiti che devono risultare soddisfatti sono il carattere definito della sanzione e la sua natura penale.

Con riguardo a questo secondo requisito, richiamando la sentenza Bonda154 del 2012 la Corte ha precisato che «ai fini della valutazione della natura penale delle sanzioni tributarie, sono rilevanti tre criteri: il primo consiste nella qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, il secondo nella natura dell’illecito e il terzo nella natura nonché nel grado di

151 D. VOZZA, I confini applicativi del principio del ne bis in idem interno in materia

penale: un recente contributo della Corte di giustizia dell'Unione europea, reperibile su: www.penalecontemporaneo.it

152 Si tratta, in realtà, della seconda, terza e quarta questione pregiudiziale, che la Corte ha ritenuto di dover esaminare congiuntamente.

153 Par. 33 sent. cit.

severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere»155.

Poi, coerentemente con quanto affermato sull'ambito di applicazione della Carta, la suprema Corte ha aggiunto che «spetta al giudice del rinvio valutare, alla luce di tali criteri, se occorra procedere ad un esame del cumulo di sanzioni tributarie e penali previsto dalla legislazione nazionale sotto il profilo degli standard nazionali (...), circostanza che potrebbe eventualmente indurlo a considerare tale cumulo contrario a detti standard, a condizione che le rimanenti sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive»156.

Successivamente, la Corte ha dichiarato irricevibile la quinta questione, relativa alla compatibilità di una legislazione nazionale, che in caso di frode fiscale, autorizza il cumulo di sovrattasse e sanzioni penali inflitte dallo stesso giudice, con l’art. 50 della Carta.

La Corte ha ritenuto tale questione ipotetica, e pertanto irricevibile, in quanto dalla decisione di rinvio emergeva che «la legislazione nazionale cui si riferi[va] il giudice a quo non è quella applicabile alla controversia principale e che, per il momento, non esiste nell’ordinamento giuridico svedese»157.

Infine, la Corte di giustizia si è occupata della prima questione pregiudiziale proposta dal tribunale di primo grado svedese, concernente la compatibilità con il diritto dell’Unione della prassi giudiziaria nazionale in base alla quale il giudice nazionale può disapplicare una disposizione nazionale in contrasto con un diritto fondamentale garantito dalla CEDU e dalla Carta solo quando tale contrasto risulti chiaramente dai testi interessati o dalla relativa giurisprudenza.

In primo luogo, rispetto al rapporto tra diritto dell’Unione e CEDU, la Corte ha chiarito che «fintantoché l’Unione non vi abbia aderito, la CEDU non costituisce un atto giuridico formalmente integrato nell’ordinamento giuridico dell’Unione e, di conseguenza, il diritto dell’Unione non disciplina

155 Par. 35 sent. cit. 156 Par. 36 sent. cit. 157 Par. 41 sent. cit.

i rapporti tra la CEDU e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri e nemmeno determina le conseguenze che un giudice nazionale deve trarre nell’ipotesi di conflitto tra i diritti garantiti da tale convenzione ed una norma di diritto nazionale»158.

Invece, con riferimento al ruolo del giudice nazionale in caso di disposizioni nazionali in contrasto con la Carta, la Corte ha ricordato che, secondo una costante giurisprudenza, «il giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le norme di diritto dell’Unione ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando, all’occorrenza di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale»159.

Ribadendo quanto già rilevato nella propria sentenza nella causa Melki, la Corte ha aggiunto che «sarebbe incompatibile con le esigenze inerenti alla natura stessa del diritto dell’Unione qualsiasi disposizione facente parte di un ordinamento giuridico nazionale o qualsiasi prassi, legislativa, amministrativa o giudiziaria, che porti ad una riduzione della concreta efficacia del diritto dell’Unione per il fatto che sia negato al giudice, competente ad applicare tale diritto, il potere di fare, all’atto stesso di tale applicazione, tutto quanto è necessario per disapplicare le disposizioni legislative nazionali che eventualmente siano d’ostacolo alla piena efficacia delle norme dell’Unione»160.

Quindi, dopo aver ricordato che il giudice nazionale (quando è chiamato ad applicare il diritto dell’Unione e nutre dei dubbi circa la sua interpretazione) ha, a seconda dei casi, la facoltà o l’obbligo di proporre un rinvio pregiudiziale, la Corte, ha concluso che il diritto dell’Unione osta ad una prassi giudiziaria come quella svedese «dal momento che essa priva il

158 Par. 44; nello stesso senso, v. sentenza del 24 aprile 2012, causa C- 571/2010,

Kamberaj, par.62.

159 Par. 45; si vedano anche le sentenze del 9 marzo 1978, causa C-106/77, Simmenthal, paragrafi 21 e 24, 9 novembre 2009, causa C-314/08, Filipiak, par. 81, e 22 giugno 2010, cause riunite C-188/10 e C-189/10, Melki e Abdeli par. 43

giudice nazionale del potere di valutare pienamente, se del caso con la collaborazione della Corte, la compatibilità di tale disposizione con la Carta medesima»161.