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Nell'ambito di questa controversia, la Corte è stata chiamata a interpretare l’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (diritto di proprietà) e il principio di proporzionalità.

Il caso prendeva le mosse da una controversia, pendente innanzi al giudice amministrativo siciliano, tra il sig. Siragusa e la Regione Sicilia – Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Palermo, relativa a un’ordinanza-ingiunzione di rimessione in pristino dello stato di luoghi di proprietà del sig. Siragusa, il quale si era opposto a tale ordinanza- ingiunzione che gli aveva intimato di eliminare le opere abusivamente eseguite in assenza di nulla osta della Soprintendenza.

Nella fattispecie, il ricorrente nella controversia principale era proprietario di un immobile situato in zona paesaggisticamente vincolata sul quale aveva realizzato modifiche non preventivamente autorizzate, e aveva chiesto al Comune di Trabia la concessione edilizia in sanatoria, da concedersi previo nullaosta della Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Palermo.

Il 4 aprile 2011, quest’ultima aveva adottato un’ordinanza-ingiunzione che aveva imposto la rimessione in pristino dello stato dei luoghi mediante la dismissione di tutte le opere abusivamente eseguite, nel termine di 120 giorni dal ricevimento dell’ordinanza stessa.

Tale ordinanza recava come motivazione il fatto che le opere in questione non erano ammissibili all’accertamento della compatibilità

161 Par. 48. V. A. ADINOLFI, A. CIAMPI, F. DONATI (a cura di) La Corte di

giustizia sancisce la continuità tra l'art. 51, par. 1 della Carta dei diritti fondamentali e la giurisprudenza pre-Lisbona sui diritti fondamentali qua principi generali. La sentenza nella causa C-617/10, Akerberg Fransson.

paesaggistica di cui agli articoli 167 e 181 del decreto legislativo n. 42/2004, in quanto opere che avevano comportato un aumento di volume.

Il Tribunale amministrativo siciliano, davanti al quale l’ordinanza era stata impugnata, sosteneva che il diritto dell'UE fosse applicabile e che nello specifico nel diritto dell’Unione, la materia della tutela del paesaggio non è autonoma né concettualmente distinta rispetto alla materia della tutela dell’ambiente, bensì è parte di essa.

Il giudice del rinvio richiamava , a questo proposito, diverse disposizioni del diritto dell’Unione in materia di ambiente, ma nessuna delle disposizioni evocate dal giudice del rinvio deponeva secondo la Corte nel senso indicato

A sostegno di quanto esposto il remittente richiamava :

1.

L’articolo 2, paragrafo 3, lettera a), della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (la c.d. «Convenzione di Aarhus»);

2.

Il regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del

Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale;

3.

L’articolo 2, punto 1, lettera a), della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio;

4.

Gli articoli 1 e 3 della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.

5.

Il giudice del rinvio ricordava, poi, che l’ambiente è materia di competenza dell’Unione europea, ai sensi degli articoli 3, paragrafo 3, TUE, e 21, paragrafo 2, lettera f), TUE, nonché degli articoli 4, paragrafo 2, lettera e), TFUE, 11 TFUE, 114 TFUE e 191 TFUE. Secondo il giudice del rinvio, il sistema nazionale della tutela paesaggistica implicava, per le attività private, vincoli che non erano necessariamente di inedificabilità assoluta. Ne sarebbe conseguito che non ogni attività edificatoria, anche se comportante aumento di volumetria, potesse risultare sempre e comunque lesiva dei valori tutelati dalla normativa in questione.

Secondo il TAR siciliano, un accertamento che include la possibilità di sanatoria dietro pagamento di una sanzione pecuniaria sarebbe potuto essere effettuato in concreto se il decreto legislativo n. 42/2004 non avesse previsto la rigida, astratta e presuntiva esclusione delle opere comportanti «creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati». Infatti, anche in questa ipotesi la tutela del paesaggio poteva risultare, ad una valutazione concreta, compatibile con il mantenimento dell’opera.

Il giudice del rinvio si era chiesto dunque se l’articolo 167 del decreto legislativo n. 42/2004, nell’escludere in modo presuntivo una categoria di opere da qualsivoglia accertamento di compatibilità paesaggistica, assoggettandole alla sanzione demolitoria, potesse configurare una ingiustificata e sproporzionata lesione del diritto di proprietà garantito dall’articolo 17 della Carta, ove questa fosse stata interpretata nel senso che le limitazioni al diritto di proprietà possono essere imposte solo a seguito di un accertamento della effettiva, e non solo astratta, esistenza di un interesse contrapposto.

Il giudice richiamò inoltre anche il principio di proporzionalità in quanto principio generale del diritto dell’Unione.

Il giudice del rinvio ha quindi deciso di sospendere il procedimento e di rivolgersi alla Corte, per domandare, in sostanza, se l’articolo 17 della Carta

e il principio di proporzionalità dovessero essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione di diritto nazionale come l’articolo 167, comma 4, lettera a), del decreto legislativo n. 42/2004.

Il quesito del giudice del rinvio era quindi rivolto ad acclarare se l’articolo 167 del d.lgs. n. 42/2004, nell’escludere in modo presuntivo una categoria di opere da qualsivoglia accertamento di compatibilità paesaggistica, assoggettandole alla sanzione demolitoria, potesse configurare una ingiustificata e sproporzionata lesione del diritto di proprietà garantito dall’articolo 17 della Carta, ove questa fosse interpretata nel senso che le limitazioni al diritto di proprietà possano essere imposte solo a seguito di un accertamento della effettiva, e non solo astratta, esistenza di un interesse contrapposto.