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4.3 Tecniche di positioning con l’utilizzo dell’indicatore RSSI

4.3.6 Altri algoritmi e filtri di segnale

Sin qui abbiamo visto le principali tecniche di posizionamento basate sull’indicatore RSSI, ma la ricerca in questo ambito è molto vasta e in continua evoluzione, pertanto in letteratura e a livello industriale si possono trovare numerosi studi su varianti e nuovi algoritmi, alcuni dei quali custoditi gelosamente. Tra i primi interessanti studi si segnala quello di Liu Chong del 2004 (Sensor localization with ring overlapping based on comparison of received signal strength indicator) [D10] e quello di Patwari Neal del 2001 (Relative location in wireless networks) [D13]. Il primo studio propone una tecnica Range-Free con l’utilizzo di un algoritmo, denominato ROCSSI, dove i valori di

RSSI non vengono utilizzati per calcolare la distanza trasmettitore-ricevitore, bensì per operare un confronto tra i dati di potenza rilevati, considerando anche quelli memorizzati in fase di calibrazione. La tecnica, assumendo semplicemente che la potenza del segnale ricevuto diminuisce con l’aumentare della distanza dal trasmettitore, prevede di utilizzare i dati acquisiti per tracciare degli anelli intorno ai nodi; la posizione del nodo incognito viene stimata all’interno dell’area di intersezione, interessata dal maggior numero di anelli.

Il secondo studio affronta invece la localizzazione con un approccio basato sull’inferenza statistica. La tecnica, denominata ML (Maximum Likelihood), prevede infatti di individuare la posizione del nodo incognito attraverso una formulazione di massima verosimiglianza, basata sulla probabilità di ricevere un determinato valore RSSI in relazione ad ogni potenziale posizione del nodo da localizzare. La formulazione di verosimiglianza di questa tecnica tiene conto, sia delle grandezze calcolate attraverso la classica relazione (4.6) sia di quelle rilevate durante una fase preliminare di acquisizione o calibrazione. In pratica la posizione che massimizza la probabilità viene selezionata quale posizione del nodo incognito.

In letteratura sono disponibili diversi studi comparativi tra le diverse tecniche di posizionamento indoor sin qui viste, a tal proposito si segnala un’interessante ricerca di Zanca et al. (2008) [D21], nella quale è stato stimato l’errore medio di localizzazione di

una WSN (Wireless Sensor Network) a 868.3 MHz. Lo studio ha stimato l’errore medio di posizionamento, sul piano bidimensionale, in funzione del numero di nodi di riferimento (ancore) utilizzati all’interno di un locale di 10 x 10 m.

Nelle condizioni sperimentali, l’algoritmo ML ha fornito prestazioni significativamente migliori all’aumentare del numero dei nodi di riferimento presenti all’interno dell’ambiente. Gli algoritmi ROCRSSI e Multilaterazione hanno invece fornito risultati simili con prestazioni generalmente inferiori alla tecnica ML, mentre il Min-Max, nonostante il suo basso costo computazionale, ha fornito risultati intermedi di buon compromesso.

La ricerca di Zanca evidenzia inoltre, come era intuitivo aspettarsi, che gli errori di localizzazione generalmente diminuiscono in prossimità delle ancore, ma aumentano significativamente vicino agli angoli dell’ambiente. Come vedremo nel prossimo capitolo, anche le sperimentazioni del nostro studio hanno restituito un comportamento simile, che riteniamo, in accordo con Zanca, dovuto principalmente all’incremento del fenomeno del Multi-path, precedentemente descritto.

Per ridurre gli errori di indoor positioning è necessario, in molti casi, utilizzare tecnologie di miglioramento dei segnali ricevuti; generalmente si tratta di filtri in grado di agire sulle forme d’onda ricevute, in modo da ottenere segnali più puliti, oppure escludere quelli inutili o fuorvianti. Nel caso dell’indicatore RSSI lo scopo è sempre quello di ottenere dei valori attendibili di potenza, in grado di restituire localizzazioni con errori accettabili in relazione alla specifica applicazione. Queste tecnologie di miglioramento dei dati ricevuti si basano anche su informazioni note relative al nodo incognito e all’ambiente circostante (posizione iniziale o precedente, velocità di movimento, accelerazione, orientamento magnetico, presenza di ostacoli, dati planimetrici ecc.), al fine di stimare variabili utili all’ottimizzazione del processo di localizzazione. Come tutti i processi di calcolo, anche l’utilizzo di questi filtri comporta un costo computazionale, ma un utilizzo studiato consente in molti casi di aumentare l’accuratezza del sistema di localizzazione senza significativi incrementi di latenza, in particolare quando i filtri vengono utilizzati per scartare dall’elaborazione i dati inutili. Nei sistemi di indoor positioning a radio frequenza sono particolarmente utilizzati i

Particles filters - si tratta di algoritmi statistici, basati sui noti metodi Monte Carlo,

finalizzati a filtrare i dati in modo da escludere o correggere, su base probabilistica, quelli meno attendibili o ritenuti al di fuori dei limiti di interesse.

Map matching filters - si tratta di filtri, generalmente operanti in sinergia con il Particles filter, utilizzati per scartare o correggere quei valori ritenuti in contrasto con i

dati relativi all’ambiente. Il filtro elimina o modifica tutti quei valori che restituiscono posizionamenti certamente errati, come ad esempio quelli che individuano il nodo incognito al di fuori della planimetria dei locali.

Kalman filters

Come si evince dal nome si tratta di una famiglia di algoritmi basati sul noto filtro di Kalman, utilizzato da tempo in numerosi ambiti disciplinari. I Kalman filters sono in

pratica dei programmi ricorsivi in grado di stimare lo stato di un sistema perturbato dal rumore; in particolare questi filtri agiscono molto bene su rumori e disturbi gaussiani a media nulla. Come è noto in queste tipologie di algoritmi la stima del valore atteso si basa su una serie di iterazioni tra due fasi principali, quella di predizione e quella di correzione. Il filtro consente di tener conto sia degli errori di misura (ad esempio a

livello del sensore ricevente) sia di errori di processo (nel nostro caso anche le incertezze nei modelli di ranging o di positioning). Il rumore di misura e le incertezze

sul modello vengono modellate dal filtro come un processo stocastico; in pratica il filtro si comporta come uno stimatore predittore e correttore, finalizzato a minimizzare la covarianza dell’errore di stima (tra la misura predetta e quella rilevata).

Si ritiene che gli aspetti teorici, sin qui trattati, sulle tecniche di posizionamento siano sufficienti per affrontare lo sviluppo del nostro sistema di localizzazione di galleria, pertanto, per ulteriori approfondimenti e per un quadro completo sugli algoritmi di indoor positioning, si rimanda alla letteratura specifica; in bibliografia si riportano alcuni riferimenti in merito [D1][D12][D23].