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Ambiguità e incertezze in ordine al concetto di causalità psichica

Nonostante la dottrina e la giurisprudenza prevalenti facciano ampio ricorso al concetto di causalità psichica ai fini della riconduzione delle ipotesi di partecipazione morale al paradigma di tipizzazione causale, sono diverse le riserve avanzate contro l’impiego di un simile modello di accertamento.

generale dell’agevolazione. Sul punto, L.STORTONI, Agevolazione e concorso di persone nel reato, cit., p. 10 ss.

260 M.DONINI, La partecipazione al reato, cit., p. 221.

261 M.RONCO, Le interazioni psichiche nel diritto penale: in particolare sul concorso psichico, in Ind.

Alcune delle obiezioni “classiche” all’adozione del parametro in questione ricalcano quelle formulate in relazione all’impiego, in termini generali, del criterio causale come canone di individuazione della soglia minima di rilevanza della condotta di partecipazione. Trattasi, innanzitutto, di quegli argomenti di natura normativa, ricavati da una lettura a contrario delle disposizioni degli artt. 114, 115 e 116 c.p., secondo i quali il legislatore avrebbe implicitamente riconosciuto la rilevanza anche di condotte non condizionanti rispetto alla realizzazione della fattispecie plurisoggettiva.Come si è visto262, tali argomentazioni sono frutto di una inversione metodologica nell’analisi della normativa di riferimento, la quale non tiene in debito conto la reale ratio della disposizioni considerate. In secondo luogo, si fa riferimento ai rilievi di ordine teleologico-funzionale, addotti per comprovare l’inidoneità tout court della condicio sine qua non a spiegare la punibilità delle condotte di partecipazione. Anche questi ultimi risultano, tuttavia, superabili sulla scorta delle puntualizzazioni evidenziate in merito al corretto impiego della formula de qua263.

Tuttavia, il concetto di causalità psichica evoca problematiche del tutto proprie – sullo sfondo delle quali riecheggia anche la contrapposizione tra la logica “deterministica” e “indeterministica” –, che, a loro volta, rischiano di minare l’impianto eziologico della compartecipazione morale al reato. Tali problematiche sono strettamente correlate alle peculiarità del fenomeno in questione, la cui struttura è incentrata sul verificarsi di un evento intermedio, attinente al processo motivazionale, di natura totalmente “interiore”. Tanto basta per far dubitare che gli “inafferrabili” meccanismi psicologici, sottesi ai concetti di determinazione e di rafforzamento, possano essere indagati tramite gli ordinari parametri di accertamento della causalità naturalistica.

A ciò si aggiunge l’esigenza di conciliare i presupposti di affermazione della responsabilità del concorrente morale con il principio di autodeterminazione. La causalità psichica presuppone, infatti, un’interazione tra soggetti normalmente autoresponsabili, sicché l’atto istigato (a differenza di quanto avviene nelle ipotesi di cosiddetta “autoria mediata”) proviene solo idealmente dall’istigatore, ma è opera di un autore capace di comprendere il significato delle proprie azioni264. L’istigatore non ha il

262 V., § 5 del Cap. I.

263 Sul punto, §§ 7, 7.1, del Cap. I.

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pieno dominio dell’esecuzione e il suo apporto viene mediato dalla volontà altrui265. Si è, per tale motivo, sostenuto che «il realizzarsi della lesione sfugge a leggi causali naturalistiche, per dipendere dal volontario apporto degli altri soggetti»266. Il paradigma condizionale si rileverebbe, dunque, del tutto inidoneo a fungere da criterio di imputazione delle condotte di partecipazione psichica.

I profili di criticità divengono ancor più evidenti nel momento in cui si debba reperire la legge di copertura capace, secondo i postulati della teoria della causalità scientifica, di fornire una spiegazione ai rapporti intercorrenti tra le condotte di determinazione o rafforzamento e l’altrui decisione di agire267. Tanto ha condotto parte della dottrina ad affermare che «La causalità “psichica” è in realtà figlia di una psicologia indeterministica che ha fatto il suo tempo, se mai ne ha avuto uno, e che sopravvive soltanto nelle pagine di qualche manuale penalistico o di qualche sentenza proclive a motivare ricorrendo a tópoi concettuali frusti e bislacchi»268.

Sotto altri profili, si è osservato che la stessa espressione “causalità psichica” appare, per un verso, imprecisa, e, per altro verso, inesatta. Innanzitutto, perché le ipotesi riconducibili a tale paradigma sono tutte contrassegnate dal fatto che una determinata condotta esercita un influsso di carattere psicologico su un altro soggetto, dunque, più che di “causa”, si dovrebbe parlare di “evento psichico”269. In effetti, la natura “psichica” del fenomeno, non dipende dal tipo di comportamento condizionante, ma dal risultato da questo prodotto, ossia dalla decisione (che rappresenta l’evento intermedio) assunta dal destinatario dell’istigazione270. La locuzione si rivelerebbe, poi, inesatta perché sembra far coincidere due aspetti tra loro antitetici ossia la psiche – che attiene

265 Il che potrebbe anche fare ipotizzare che la libera azione altrui successiva interrompa il nesso causale tra condotta ed evento. In realtà tale soluzione non è plausibile alla luce del disposto dell’art. 41, comma 3, c.p., il quale contempla proprio il concorso causale di plurime attività illecite. Sul punto, D.PIVA,

Presenza sul luogo del reato ed effettività del contributo concorsuale, cit., p. 1549 s.

266 A.PAGLIARO, Il reato: parte generale, cit., p. 384. 267 L.RISICATO, op. cit., p. 5 s.

268 T.PADOVANI, La concezione finalistica dell’azione e la teoria del concorso di persone nel reato, cit., p. 405.

269 L.CORNACCHIA, Il problema della c.d. causalità psichica rispetto ai condizionamenti mentali, cit., p. 199.

alla dimensione dell’inconscio – e la coscienza271. Se, infatti, dietro una certa decisione di agire possono celarsi motivazioni inconsce che provengono dagli strati più profondi della psiche, queste non possono essere oggetto di valutazione giuridica. Ciò che interessa al diritto penale sono solo i motivi «il cui peso è avvertito dal soggetto, che entrano nei suoi calcoli»272.

Al di là di tali profili terminologici, appare, piuttosto, opportuno analizzare più dettagliatamente i tratti caratterizzanti il fenomeno oggetto di trattazione, i quali lo renderebbero, sotto diversi profili, tendenzialmente incompatibile con il tradizionale modello nomologico-deduttivo di esplicazione della causalità naturalistica.

3. I punti di “attrito” tra la causalità psichica e il modello nomologico-deduttivo di