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Capitolo 2. Amine biogene negli alimenti

2.4 Amine biogene nelle uova

Quali amine e a quali livelli di contaminazione possano essere presenti nelle uova subito dopo la deposizione e quali sono i fattori che possono influenzare il profilo e le concentrazioni di amine sono soggetti importanti per nuove ricerche (Feddern et al.2019).

Queste informazioni possono essere utilizzate come indicatore oggettivo e affidabile della qualità delle uova per una valutazione ottimale. La presenza di altre amine oltre a SPM o SPD, come PUT e agmatina, che potrebbero essere presenti in concentrazioni superiori a 1 mg/kg nel tuorlo, potrebbe essere utilizzata come parametro per la qualità dell'uovo fresco durante lo stoccaggio (Oliveira et al., 2009).

E’ stato osservato che le uova fresche (immediatamente dopo essere state deposte) contengono solo SPD a basse concentrazioni (inferiore a 1 mg/kg) nel tuorlo. Pertanto, la presenza di altre AB in uova fresche o livelli di SPD superiori a 1 mg/kg nel tuorlo, può indicare che le uova non sono fresche o che hanno subito una contaminazione microbica. Le concentrazioni di AB sono state valutate da Figueiredo et al. (2013) in uova commerciali prodotte da galline ovaiole di 30 e di 60 settimane. Queste uova erano state stoccate per 28 giorni (a temperatura ambiente o refrigerate) e su queste è stata eseguito un esame cromatografico per la ricerca di AB. E’ stata rilevata solo la presenza di PHE nell’albume (la PHE è l’amina fisiologicamente presente nell’albume, in basse quantità, il livello tossico è 30 mg/kg), indipendentemente dall'età della gallina o dalle condizioni di conservazione, e SPD in tuorlo d'uovo.

E’ stato messo in evidenza che la concentrazione di PHE nell'albume è aumentata significativamente e ha raggiunto livelli superiori a quelli considerati tossici per questa amina, nonostante i bassi livelli di contaminazione microbica trovati nelle uova conservate a entrambe le temperature. Tuttavia, le concentrazioni di AB rilevate nelle uova commerciali (Figueiredo et al., 2014) sono state considerate basse e non sarebbero dannose per la salute del consumatore

Rêgo et al. (2014) hanno valutato le AB e la qualità microbiologica del liquido pastorizzato e refrigerato ottenuto da uova intere dopo 0, 7, 14 e 21 giorni di conservazione. E’ stata rilevata la presenza di PUT, CAD e TIR ed è stato riscontrato che lo stoccaggio ha contribuito all'aumento della concentrazione di queste amine. C'era un'alta correlazione tra coliformi e concentrazione di CAD e una moderata correlazione tra il numero di microrganismi mesofili aerobici e i livelli di tiramina. PUT è stata rilevata dopo 14 giorni, mentre le altre AB sono state rilevate solo a 21 giorni. I valori variavano da 9.1 (tiramina) a 15,3 mg/kg. E’ importante conoscere la concentrazione di AB nelle

43 uova liquide pastorizzate, poiché la loro quantificazione può essere utilizzata come indicatore di qualità.

Di recente, in un altro studio condotto da Assis et al. nel 2016 sulla qualità delle uova commerciali, sono state valutate le concentrazioni di AB. I risultati hanno dimostrato la presenza di PUT in campioni di tuorlo e albume, ma a basse concentrazioni. Sono state rilevate anche altre amine ma con minore frequenza e SPM è stata riscontrata in un solo campione. In conclusione si può affermare che le uova commerciali non sono una fonte importante di AB e che le basse concentrazioni di AB non rappresentano un importante rischio per la salute dei consumatori.

+2.5 Amine biogene negli alimenti di origine vegetale

Le amine biogene si possono riscontrare in una grande quantità di alimenti, anche di origine vegetale, come frutta, noci, prodotti di soia e ovviamente tutte le verdure fermentate (crauti, cetriolini sott’aceto e olive da mensa), ma anche in bevande fermentate come il vino (Santos, 1996; Dugo et al., 2006; Karovičová et al., 2005; Shukla et al., 2010). Dalla letteratura è sorto che in varie specie vegetali, le poliamine sono coinvolte nel controllo dei fenomeni di sviluppo, come fioritura e fruttificazione, ma anche nelle risposte allo stress e agli stimoli ambientali (Kusano et al., 2008). Per queste ragioni, il contenuto delle poliamine nei prodotti fermentati di origine vegetale può avere una duplice origine: endogena, dovuta alle amine normalmente presenti nel prodotto, ed esogena, dovuta alle amine che si formano in seguito ai processi degradativi a carico di aminoacidi e altre amine.

2.5.1 Amine biogene nel vino

Il vino è un prodotto di fermentazione alcoolica del succo di uva fatto da lieviti, i responsabili principali della biotrasformazione degli zuccheri (principalmente glucosio e fruttosio), contenuti nei grappoli, in etanolo, anidride carbonica e altri metaboliti. In realtà, il processo di vinificazione implica diversi microrganismi che cooperano alla semplice fermentazione alcoolica, come lieviti, funghi filamentosi, batteri lattici, altri gruppi di batteri e persino batteriofagi (Fleet, 1999). La vite (Vitis vinifera) contiene AB negli acini, ma è bisogna dire che le diverse pratiche agricole (convenzionale, biologica e biodinamica) e le tecniche di vinificazione possono condizionare molto la quantità finale AB nei vini (Martínez-Pinilla et al., 2013). Infatti, durante i processi di

fermentazione da mosto a vino, i microrganismi possono produrle e la loro presenza nel vino può essere un risultato del metabolismo dei lieviti nella fase di fermentazione primaria e dei batteri in quella malo-lattica. Nel settore enologico la produzione di AB, in particolare di istamina, è collegata soprattutto al metabolismo dei batteri lattici durante la fermentazione malo-lattica, processo che avviene nei vini rossi e, talvolta, in quelli bianchi (Lonvaud-Funel, 2001). In questa fase si ha la disacidificazione del vino attraverso la trasformazione dell’acido malico in acido lattico, ma si possono riscontrare altri cambiamenti metabolici. Alcuni batteri lattici durante il loro sviluppo possono produrre AB ed in particolare l’Oenococcus oeni (batterio Gram+ appartenente alla famiglia delle Leuconostocaceae) ne può generare diverse e in quantità notevoli (Lonvaud- Funel, 2001; Guerrini et al., 2002). Metodi funzionanti nella ricerca di AB sono sia la quantificazione (Önal, 2007), che l’individuazione dei microrganismi produttori (Gardini et al., 2005). Per prevenire è stato proposto da Landete et al. (2007) una metodica:suggeriscono di ridurre al minimo i processi che incrementano il contenuto di aminoacidi nel mosto, come la macerazione delle bucce d’uva o il contatto con le fecce, inibendo i batteri lattici originari ed andando a inoculare starter commerciali di O. oeni, non produttori di AB.

Per la parte della presenza di AB nel vino si è fatto riferimento al lavoro di ricerca bibliografica di Congiu (2013).

2.5.2 Amine biogene nei prodotti a base di soia

La quota di amine biogene nella maggior parte dei prodotti alimentari a base di soia fermentata è di solito entro livelli di sicurezza per il consumo umano (Kim et al., 2011). Nel caso delle salse di soia, il rischio per i consumatori potrebbe non essere così importante, considerando la piccola quantità di assunzione per porzione. L’amina maggiormente rilevabile negli alimenti a base di soia sia fermentati che non, come il Tofu (prodotto a base di latte di soia), è la spermidina, in quanto è essenziale per la crescita e lo sviluppo della pianta (Fuell et al., 2010).

Le azioni che possono essere messe in atto per ridurre la formazione di amine biogene nei prodotti a base di soia ad oggi disponibili, sulla base dei pochi studi presenti in letteratura, sono ad esempio l’uso delle radiazioni (Kim et al., 2003), l’aggiunta di acido nicotinico come inibitore della tirosina decarbossilasi (riduce la tiramina) (Kang et al., 2018) e uso di colture starter di Bacillus (Kim et al., 2012; Kang et al., 2017).

45 E’ stato visto che l’irradiazione di materie prime con dosi di 5, 10, e 15 kGy ha ridotto significativamente il contenuto di istamina, putrescina, triptamina e spermidina di circa il 20-50% (ma non della tiramina, della feniletilamina, della cadaverina, della spermina e dell'agmatina) in un alimento a base di soia fermentata (Kim et al., 2003).

In un altro studio (Kang et al., 2018), l’aggiunta di B. subtilis e B. amyloliquefaciens, isolati da prodotti di soia tradizionalmente fermentati, ha significativamente ridotto la quantità di istamina (fino al 71% della sua concentrazione iniziale nel caso di utilizzo di B. amyloliquefaciens), tiramina (fino al 70% nel caso di utilizzo di B. amyloliquefaciens), putrescina (fino al 92% nel caso di utilizzo di B. subtilis) e cadaverina (fino al 93% nel caso di utilizzo di B. subtilis) in soia cotta dopo 10 giorni di fermentazione.

Sarebbe necessario analizzare e distinguere i ceppi di Bacillus capaci o meno di degradare amine biogene. Ciò consentirebbe il loro uso come colture starter per ridurre il contenuto di amine in alimenti a base di soia. Sarebbe utile identificare e caratterizzare pienamente i geni di Bacillus coinvolti nella formazione e nella degradazione delle amine (Mah et al., 2019).

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