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Amore per la bellezza del mondo

6 2 Le cerimonie religiose

6.3 Amore per la bellezza del mondo

Con l’amore per la bellezza del mondo l’uomo imita l’amore di Dio che ha creato l’uni- verso di cui fa parte. Ma arrivare ad amare la bellezza del creato significa uscire dalla falsa illusione che ci colloca al centro del creato stesso, rinunciare a una simile credenza vuol dire usare l’intelligenza ma anche la parte immaginativa dell’anima che apre all’uomo gli occhi sull’eternità, fa vedere la vera luce e sentire il vero silenzio.

Abdicare al trono di centro del creato dà all’uomo una nuova prospettiva, gli fa vedere che tutte le altre creature sono parimenti centri con la stessa sua dignità e per questo, si può concludere che allora il centro si debba per forza situare al di fuori del mondo. È un simile consenso, una simile conclusione è amore, è amore per il creato e la sua bellezza. Presso gli antichi, tessere le lodi della bellezza del creato era una forma comune di pre- ghiera, di poesia e di fare filosofia. Con la modernità temo si sia perso questo modo di meravigliarsi davanti alle cose che ci circondano, allo splendore della natura e del creato. San Francesco è forse la figura che più ricordiamo all’interno di una simile visione dell’universo; egli si ritirava in contesti naturali che erano pura poesia e li componeva le sue poesie e i suoi scritti che erano altrettanto poetici. Come lui solo Giovanni della Croce ma si può dire che nella tradizione cristiana l’amore per la bellezza del creato sia quasi del tutto assente.

Tuttavia, per la Weil è il modo più semplice e attuabile dall’uomo per amare Dio, visto che l’amore per le pratiche religiose e quello per il prossimo sono meno accessibili dai più. Il senso del bello nonostante le infinte sventure in cui ognuno di noi può imbattersi, resta intatto e presente nel cuore umano. Se questo impulso addirittura diventasse auten- tico e puro, ci si potrebbe incarnare completamente nella fede, ai piedi di Dio.

Simone va oltre, in questa spiegazione sulla bellezza del creato mette anche in guardia i lettori, dice infatti che Dio entra come un soffio dall’alto nelle anime che osservano la perfezione del creato, ma, si deve stare attenti a non farsi prendere dal vortice della bel- lezza, osservarla sì ma dall’uscio del labirinto quale è.

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Si deve poi ricordare che la bellezza non è un attributo intrinseco della materia ma un rapporto della natura con la sensibilità umana, la natura ha una tale bellezza che può es- sere apprezzata da ogni struttura fisica e psichica di ogni essere pensante esistente o che potrebbe esistere.

Nel mio piccolo, ho sempre pensato che nessuno di noi si accontenti mai della bellezza che possiede, infatti desideriamo sempre qualcosa in più ma soprattutto della bellezza che abbiamo tra le mani, in qualsiasi oggetto sia riversata, la maggior parte delle volte ci chiediamo come poterla utilizzare. Ma non nel senso di utilizzare al fine di qualcosa, ma proprio nel senso di possederla completamente, a volte viene perfino l’impulso di mor- derla, di divorarla, cercare di fagocitare una cosa bella, di farla entrare nel nostro essere per soddisfare l’infinito desiderio di bellezza.

E proprio all’interno di questo scritto weiliano, Simone dice

Il grande dolore della vita umana è che guardare e mangiare siano due operazioni diffe- renti. Solo nell’altro mondo, nel paese abitato da Dio, formano un’unica identica opera- zione.55

Per questo nel paragrafo successivo Simone si domanda se tutti i delitti, le depravazioni e i vizi siano nient’altro che un tentativo di mangiare la bellezza.

Le persone che hanno avuto un contatto vero e sano invece, con la bellezza del creato si può dire siano gli artisti; e questo genere di contatto è classificabile come un sacramento. Tutte le opere, chiamate da Simone, di prim’ordine sono palesemente ispirate da Dio indipendentemente dal soggetto raffigurato. Quello che possono fare le persone che non sono dotate di genio artistico per avere questo genere di contatto col divino è osservare le opere e l’ordine del creato.

Quindi ancora una volta la contemplazione e lo sguardo si rivelano fondamentali per l’uomo che attende lo svelamento di Dio. Quelli che più hanno la possibilità di squarciare

55 Ivi., p.126

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la membrana della d’irrealtà che offusca la bellezza della realtà circostante, sono coloro

che lavorano di fatica, quelli che hanno le membra a pezzi dopo una estenuante giornata di lavoro. Sembra quasi da questa interpretazione che Dio voglia confortare i più sventu- rati dando loro un privilegio in terra che agli altri è riservato nel regno dei cieli, certo è però che per questi non sempre un simile premio è facile da riconoscere, anzi secondo me quasi mai.

Mi metto nei panni di un minatore, se nessuno spiega lui che la fatica e il dolore fisico che sarà costretto a sentire a fine giornata non è altro che un modo che il Signore gli ha dato per ammirare la realtà, penso proprio non ci arriverebbe da solo; anzi sono quasi certa che contemplare la natura diventi l’ultimo dei suoi pensieri. Anche se, nel caso spe- cifico del minatore, proprio il tornare in superficie e vedere il colore del cielo o sentire il canto degli uccelli potrebbe in realtà diventare un sollievo e un miracolo quotidiano. Si- curamente entrambe le mie ipotesi hanno un grado di verità alla luce del pensiero wei- liano.

Raramente sugli scritti che ho analizzato, Simone Weil parla dell’amore fisico e della sessualità; la parte in cui più ne parla è proprio questa dell’amore per la bellezza del creato. Un’altra volta tutta la sua originalità di pensiero salta fuori, la sessualità e l’attra- zione fisica sembra non sia altro che un modo per possedere il creato: quali altri modi ci sono per trasferire fisicamente in un altro essere l’amore per il proprio simile? Il desiderio per l’altro è proprio il desiderio verso la bellezza del mondo, il desiderio per l’Incarna- zione.

Bisogna però tenere a mente che se il desiderio per l’altro è appunto il desiderio per Dio, allora non ci si deve degradare in alcun modo durante il rapporto carnale, perché così facendo si peccherebbe in maniera decisamente grave, sarebbe come fare del male a Cri- sto. Secondo Simone niente è peggio di voler fare a meno del consenso dell’altro,

81 che cosa c’è infatti di più orribile che il non rispettare il consenso di un essere nel quale si sta cercando, sia pure senza saperlo, l’equivalente di Dio?56